3. Le direttive europee in materia assicurativa
3.1. Le «direttive di prima generazione»
Le «prime direttive» avevano quale obiettivo principale quello del riconoscimento della libertà di stabilimento in capo a tutte le imprese assicuratrici operanti in ambito comunitario; per il
(144) Cfr., G. Giudici, Introduzione alle norme comunitarie in materia d’impresa e intermediazione assicurativa, in
raggiungimento di tale obiettivo era necessario prevedere una disciplina comune per quanto riguardava le condizioni di accesso e relativo esercizio dell’attività assicurativa, onde evitare possibili restrizioni al godimento della libertà di stabilimento da parte dei singoli paesi membri.
Come suindicato, il legislatore indicava all’art. 57 del TCEE il diritto, in capo alle Istituzioni europee, di prevedere l’adozione di direttive di coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative dei singoli paesi membri anche in materia assicurativa. Il successivo art. 52 del TCEE definiva il concetto di stabilimento e di libera prestazione di servizi; dove per «libertà di stabilimento» si intendeva il diritto riconosciuto a qualsiasi cittadino europeo di svolgere la propria attività professionale in modo continuativo, stabile e permanente in un altro Stato, e per «libera prestazione di servizi» la libertà di esercitare in modo temporaneo la propria attività in un altro Stato (145).
Partendo dalla base giuridica di cui all’art. 57 del TCEE, il legislatore ha dato avvio al procedimento per l’adozione della «prima generazione» di direttive. Il progetto del legislatore prevedeva l’adozione di due coppie di direttive: la prima coppia si riferiva al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l’assicurazione diversa dall’assicurazione sulla vita (si trattava più segnatamente delle direttive: 73/236/CEE, 73/239/CEE e 73/240/CEE); la seconda coppia riguardava l’adozione della Direttiva 79/267/CEE per quanto riguardava il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l’assicurazione diretta sulla vita.
La Direttiva 73/236/CEE viene, solitamente, indicata come la prima direttiva la quale introduce una disciplina comune per il comparto danni (o non life); differentemente, la Direttiva 73/239/CEE introduceva il divieto generale di restrizione della libertà di stabilimento in favore delle imprese assicuratrici provenienti da altri paesi comunitari. La contemporanea Direttiva 73/240/CEE prevedeva, infine, la soppressione di qualsiasi forma di restrizione all’apertura da parte di un impresa assicuratrice di una agenzia o filiale in un altro Stato membro o che comunque comportano un trattamento discriminatorio nei loro confronti. Dall’altro lato, la Direttiva 79/267/CEE introduceva analoga disciplina per quanto concerne il settore delle assicurazioni dirette sulla vita.
La «prima generazione» di direttive in materia assicurativa introduceva, per entrambe le coppie, una serie di principi fondamentali di assoluta rilevanza, i quali possono essere sintetizzati in alcuni punti: in primo luogo, veniva previsto il divieto generale in capo alle imprese di nuova costituzione di esercitare contemporaneamente il ramo vita e il ramo danni (c.d. «divieto di cumulo»), ad
(145) Per una trattazione più specifica in materia di libertà di prestazione di servizi e stabilimento delle imprese di assicurazione, soprattutto con riferimento alle criticità riscontrate in ambito comunitario, si v. infra, cap. IV.
esclusione delle imprese già operanti in entrambi i rami nei confronti delle quali veniva comunque introdotto l’obbligo di gestione separata (146); in secondo luogo, veniva introdotto l’obbligo del rilascio dell’autorizzazione amministrativa per l’accesso all’attività assicurativa con l’indicazione dei presupposti per concederla, rifiutarla o revocarla e dei rimedi in caso di rifiuto o revoca; in terzo luogo, oltre all’obbligo di disporre delle «riserve tecniche» veniva introdotto l’obbligo di disporre del «margine di solvibilità»; in quarto luogo, era previsto l’obbligo di istituire e mantenere un fondo di garanzia non inferiore ad un terzo del margine di solvibilità; in ultimo luogo, venivano introdotte misure adeguate in caso di dissesto dell’impresa (147).
Le direttive di «prima generazione» non si limitavano unicamente ad introdurre una serie di principi fondamentali relativamente all’accesso e al relativo esercizio dell’attività assicurativa in regime di libero stabilimento, ma prevedevano anche una disciplina distinta nei confronti delle imprese di assicurazione extracomunitarie; la motivazione posta a fondamento di tale disciplina risiede nel fatto che le imprese comunitarie sono sottoposte, in base alle direttive, ad un quadro normativo uniforme che assicura il rispetto delle condizioni di accesso e di esercizio comuni. Per le imprese extracomunitarie, non essendo estendibile tale disciplina, si riteneva necessario prevedere un controllo della conformità ai principi fondamentali della normativa comunitaria (148). È da rilevare, inoltre, che le prime direttive prevedevano in capo alle imprese di assicurazione comunitarie il diritto di potersi liberamente stabilire in un altro Stato membro senza che quest’ultimo potesse limitarlo o impedirlo, salvo per particolari condizioni espressamente previste dalle direttive (interesse generale o sicurezza pubblica). Differentemente, nel caso in cui fosse stata un’impresa extracomunitaria ad aprire una filiale o una agenzia in uno altro Stato membro della CEE, in quel caso lo Stato ospitante (o di destinazione del trasferimento) sarebbe stato libero di riconoscere o meno l’autorizzazione all’impresa richiedente; lo Stato comunitario avrebbe anche potuto riconoscere l’autorizzazione subordinata al rispetto di determinate condizioni o vincoli previsti dalla propria legislazione nazionale, sempre se compatibili con la normativa comunitaria (149).
Le direttive di «prima generazione» (o anche solo prime direttive) sono state recepite all’interno dell’ordinamento giuridico italiano con la l. 10 giugno 1978, n. 295 (in GU, n. 176 del 26 giugno,
(146) In Italia, il divieto di esercizio congiunto di entrambi i rami assicurativi era già stato introdotto dal Testo unico delle leggi sull’esercizio delle assicurazioni private (art. 32 del dpr. n. 449/1959).
(147) Cfr., C. G. Corvese, L’attuazione delle III direttive CEE in materia di assicurazioni vita e danni. I decreti 17
marzo 1995 NN. 174 e 175: prime considerazioni e testi normativi, Padova, Cedam, 1997, p. 2.
(148) Cfr., G. Volpe Putzolu, op. cit. p. 13. (149) Ibidem.
suppl. ord.) e con la l. 22 ottobre 1986, n. 742 (in GU, n. 295 del 7 novembre, suppl. ord.). Il legislatore nazionale nel recepimento delle prime direttive, rimanendo coerente con la scelta in ambito comunitario di adottare le direttive (danni e vita) a distanza temporale le une dalle altre, ha dato: in un primo momento, attuazione alla legge sull’esercizio delle assicurazioni contro i danni (1978); e, successivamente, attuazione alla legge sull’esercizio delle assicurazioni sulla vita (1986).
Differentemente rispetto a quello che è accaduto in ambito bancario, dove al legislatore europeo per la costituzione del mercato unico dei servizi bancari sono state sufficienti due direttive (almeno per gli elementi essenziali della disciplina: Direttiva 77/780/CEE e Direttiva 89/646/CEE), nel settore assicurativo, per la costituzione di un mercato unico dei servizi assicurativi, sono stati necessari ulteriori interventi di armonizzazione, realizzati concretamente con l’adozione delle seconde e terze direttive assicurative.