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Le tensioni tra Cagliari e Bonaria Il progetto di Alfonso – di impedire il

E LA FINE DELLA GUERRA

4. Le tensioni tra Cagliari e Bonaria Il progetto di Alfonso – di impedire il

flusso di merci dall'interno e di navi dall'esterno della Sardegna verso Cagliari, concentrandolo a Bonaria, come condizione per la cessione della città in mano ai pisani - incontrò subito molte difficoltà, non solo per il faticoso sviluppo di Bonaria e del suo porto, ma anche perché le iniziative dei pisani e quelle delle autorità aragonesi, entrambe volte al controllo del territorio e dei commerci, determinarono, già nei mesi dopo la pace, uno stato di tensione probabilmente inevitabile tra i due

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

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centri, tra l'altro in un contesto economico problematico caratterizzato, nel 1324, da una «maxima penuria grani»484 che si ripeté anche nel 1325485, conseguenza della guerra e dell’abbandono di terreni. In quei due anni il rifornimento cerealicolo risultò difficoltoso, tanto da vietare l’esportazione di grano non solo dalle terre sarde della Corona aragonese, ma anche dall’Arborea e dai territorio dei Doria486. Si trattava di un provvedimento che se era reso necessario dal primario interesse di rifornire l’esercito e i pobladors di Bonaria, contrastava, però con il progetto di attrarre mercanti al nuovo porto, sulla base dell’offerta cerealicola, secondo quanto aveva immaginato l’infante. Nel 1324 l'approvvigionamento di grano a Bonaria fu garantito da consistenti importazioni dalla Sicilia.

Tra le responsabilità che la corte aragonese e il Comune pisano si attribuivano a vicenda vi erano episodi di violenza tra abitanti e mercanti pisani e catalani487. I contrasti tra Cagliari e Bonaria, però, interessarono soprattutto l’approvvigionamento dall’interno e dal mare, come denunciarono gli rappresentanti pisani nei capitoli di un'ambasciata degli inizi del 1325. Essi lamentavano che gli officiali regi obbligavano che grano e victualia arrivassero a Bonaria, prima che a Cagliari, vietando ai sardi di trasportare le loro merci nel castello e nelle appendici controllati dai pisani. Si impediva alle navi di approdare al porto cagliaritano a favore di quello di Bonaria, decisione che costituiva, a parere di Pisa, una «novitas gravis et

gravissima» rispetto a quanto era stato sottoscritto nel tratto di pace. La risposta di

Giacomo II, da una parte, prendeva in considerazioni i problemi contingenti, ma dall'altra, ribadiva la piena autorità del sovrano di intervenire. La carestia di cereali aveva costretto a proibirne l'esportazione, ma gli abitanti di Cagliari erano riusciti a portarne nel castello più di quanto servisse al loro autoconsumo, «pro victu

484 ) L’espressione è di Giacomo II in risposta ad un’ambasciata pisana dell'inizio del 1325: ACA, Cancilleria, reg.

342, f. 275r.

485 ) TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., doc. IX (1325, luglio 10): lettera di

Alfonso agli officiali dell’isola.

486 )

Ibidem, pp. 79-81.

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incolarum», con danno per i sudditi del re: per questo era stato ordinato – proseguiva

Giacomo II - che le strade su cui passavano i carri dei sardi carichi di frumento venissero deviate a favore di Bonaria – «itinera publica que sunt vicina castro de

Bonaria divercerent» – costringendo così gli abitanti di Cagliari a rifornirsi a

Bonaria. Quest’opera di deviazione dei tradizionali percorsi pubblici che univano Cagliari alle ville frumentarie dell’interno, a favore del nuovo insediamento catalano- aragonese, era giustificata da Giacomo II con la rivendicazione della potestà regale che prevedeva tali modifiche, se necessarie a conservare i diritti del principe e il bene dei sudditi: «ad regaliam ciuusque principis […] itinera mutare et ordinare pro

suorum iurium conservatione et rei publice utilitate». L’ordine alle navi di dirigersi al

porto di Bonaria, anziché a quello di Cagliari, era invece spiegata come risposta ad alcune azioni di assalto di cagliaritani nei confronti di mercanti catalani di cui aveva avuto notizia da Bernat de Fornells, inviato dall'ammiraglio Francesc Carrós: un mercante catalano era stato derubato nel porto di Cagliari, erano stati assaliti «ales

faldes de Estampax» due uomini provenienti da Iglesias, e stessa sorte aveva subìto

un uomo presso il colle di San Michele, vicino a Cagliari, mentre altri due uomini erano stati uccisi negli orti ubicati vicini al monastero di San Saturnino, ad est del castello, da una squadra di quattro cavalieri usciti da porta San Pancrazio. Inoltre un valenzano era stato ammazzato presso la bastida di Sarroch, nella curatoria di Nora, dove si era recato a prendere legname, mentre due galee di provenzali, passate dal porto cagliaritano a quello di Bonaria dove avevano commesso furti, ottenendo dai castellani di Cagliari rifugio. Oltre a questi episodi, Bernat de Fornellls accusava i pisani di aver preso le stesse iniziative che gli ambasciatori del comune toscano attribuivano agli officiali regi di Bonaria, cioè di costringere i sardi a portare a Cagliari «bestiar e pa e fruytes e galines e volateries» destinati a Bonaria. Sempre a Cagliari – denunciava l’inviato del Carrós, il maggior rappresentante del “partito” della guerra – era stato ordinato di non far uscire nessuna merce, né di andare a

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vendere e comprare a Bonaria, e ai barcaioli, pescatori ed artigiani di non recarvisi488. Ad un anno dalla pace il flusso di cereali verso Cagliari continuava dalle ville vicine, in particolare da quelle dei conti di Donoratico. Come risulta dal lungo, dettagliato e più volte citato memoriale di Alfonso ai maggiori officiali, essi arrivavano da Capoterra, Santa Maria Maddalena, sulla costa settentrionale della curatoria di Nora, e Decimo, appartenenti, la prima, al pisano Giacomo Villani, familiare del giudice d’Arborea, e le altre, a Ranieri Donoratico. Alfonso minacciò di requisire Capoterra, se il frumento fosse stato inviato a Cagliari. Inoltre, dal momento che i sardi di quella villa, come di quella di Villa Domini, raggiungevano Cagliari attraverso lo stagno di Santa Gilla, propose la costruzione di un fossatum che, presieduto da soldati, avrebbe dovuto impedire il passaggio di carri carichi di grano destinati alla città dei pisani. Auspicava anche di scambiare la villa di Santa Maria Maddalena con un’altra, così pure invitava a verificare la possibilità di realizzare un insediamento presso Santa Gilla per impedire l’arrivo di carri di frumento da Decimo, grosso ed importante centro vicino a Cagliari489. Ancora nel settembre 1325, quando Bonaria risultava particolarmente sguarnita per la partenza di truppe dirette a Sassari, allora ribellatasi, i probi homines denunciavano che Cagliari continuava a rifornirsi dalle terre del conte Ranieri e che i suoi abitanti attaccavano sardi e catalani, rendendo insicure le strade che collegavano con Iglesias e le altre località dell'isola490. Aldilà dell’atteggiamento dei conti di Donoratico opportunistico e comunque

488 ) I capitoli dell’ambasciata e le relative risposte del re si trovano in ACA, Cancilleria, reg. 342, ff. 268v-275v.

Le carte non sono datate e si trovano tra altri documenti del marzo 1325. Si tratta della stessa ambasciata ricordata da TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., p. 131, e ARRIBAS PALAU, La conquista de

Cerdeña, cit, p. 320, sulla base della notizia data da Jeronimo Zurita: v. ZURITA, Anales, cit., l. VI, cap. LX, secondo il

quale gli ambasciatori arrivarono a Valenza il 21 febbraio. Il primo, senza conoscerne i capitoli, la data al dicembre 1324 e ricorda che il Comune pisano ordinò il suo rientro all’inizio di febbraio del 1325; il secondo la situa alla seconda metà del febbraio 1325. E’ possibile che l’ambasciata si sia prolungata alcuni mesi, dal momento che non era riuscita, in un primo momento, ad incontrare l’infante, e che quindi le risposte di Giacomo II risalissero al marzo 1325. CADEDDU, Giacomo II d'Aragona e la conquista del regno di Sardegna e Corsica, cit., p. 292, colloca l’ambasciata al dicembre

1324. Essa era composta da Cello Agnelli (o dell’Agnello), dal giurisperita Ranieri Danguyani e dal notaio Gaddo di Castel Anselmo. Il primo e il terzo sono ricordati anche da Zurita. Su Cello Agnelli, attivo mercante a Cagliari ed Iglesias, v. TANGHERONI, La città dell’argento, cit., pp. 177-179.

489 ) TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., doc. IX (1325, luglio 10).

490 )

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non pregiudizialmente ostile verso l’Aragona, tra le loro ville, alcune delle quali grosse produttrici di cereali, e Cagliari continuavano i soliti ed antichi rapporti che garantivano l'approvvigionamento cittadino. La questione dei territori dei conti pisani, nonostante l’accordo raggiunto con Alfonso, era considerata aperta per alcuni settori dei comandi aragonesi favorevoli alla ripresa della guerra e non soddisfatti di quanto raggiunto dalla pace del giugno 1324. Essi erano rappresentati in particolare dall’ammiraglio Francesc Carrós, ostile nei confronti dei signori sardi, dai Donoratico ai Doria, ai Malaspina, al giudice d’Arborea: il riconoscimento feudale dei loro territori era di fatto un impedimento ad una più ampia concessione di terre a heretats catalano-aragonesi. Il Carrós, infatti, arrivò a chiedere che alcune ville dei conti pisani fossero date in feudo a sudditi della Corona491.

L’approvvigionamento di Cagliari dalle terre dei Donoratico – nodo centrale delle relazioni con Bonaria e i catalano-aragonesi -, secondo quanto prevedeva e garantiva il trattato di pace, insieme ad altre questione relative ai conti pisani, fu sollevata nella ricordata ambasciata di Pisa al re aragonese all'inizio del 1325. Alla richiesta di non vietare il trasporto di grassa da quelle località a Cagliari e al suo porto, Giacomo II rispondeva che non si doveva impedire l’esportazione dalle ville dei Donoratico «ad alia loca», espressione generica con cui si evitava un preciso riferimento a Cagliari, come invece desideravano i rappresentanti pisani492. Inoltre, la soluzione di questi ed altri problemi era affidata dal sovrano a Pere Magnet, scrivano dell’infante, che sarebbe stato inviato a Pisa, prima di trasferirsi nell’isola accompagnato da un rappresentante del Comune toscano493. Sulla questione dei flussi

491 ) ACA,

Cancilleria, Cartas reales Jaume II, c. 788 (1328, gennaio 7): lettera di Francesc Carrós all’infante in

cui lo supplicava di concedere la metà della villa di Quartu, appartenente al conte di Donoratico, a Gayllart de Malleon, nel caso decidesse di dare in feudo quelle terre. Infatti, l’altra metà, che l’infante aveva concesso al Malleon, era stata già assegnata a Guillem de Llor.

492 ) ACA,

Cancilleria, reg. 342, ff. 268v-275v.

493 ) Il re aragonese annunciò agli ambasciatori pisani l'invio, da parte dell'infante, di Pere Magnet che tra gli altri

aveva per destinatari non solo il Comune toscano, ma anche Ranieri di Donoratico e sua moglie Ginevra: TANGHERONI,

Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., p. 140. Egli avrebbe discusso, infatti, anche della

concessione di una parte dei diritti delle miniere d'argento al conte pisano, che, secondo Giacomo II, era condizionata alle enormi spese di guerra nell'isola.

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delle merci a Cagliari, le istruzioni affidategli stabilivano che essi, in tempo di proibizione dell’esportazione, dovevano limitarsi a quelli necessari all’alimentazione degli abitanti, «pro incolarum eius victu»494. Pere Magnet avrebbe dovuto anche

lamentarsi delle ricordate prevaricazioni a danno di mercanti catalani. Giunto a Pisa495, a maggio, ricevette le risposte del consiglio dei savi di Pisa496, che contemporaneamente incontrò gli ambasciatori di Cagliari497,

Uno sviluppo di queste relazioni fu l'invio di Bene da Calci, già rappresentante pisano nella prima pace, a Cagliari, per discutere con gli officiali regi le questioni ancora aperte, in particolare, la restituzione di beni a pisani e burgenses e il rifornimento del castello498.

Non solo quello dall’interno, ma anche il rifornimento dal mare per Bonaria risultò difficoltoso. Nell’ottobre 1324 vennero acquistate dalla Sicilia ben 15.000 salme di grano499, ma i mari erano resi insicuri dalla pirateria dei pisani500. La volontà di impedire i rifornimenti di Cagliari via mare fu ribadita da Alfonso, nel luglio 1325, quando ordinò che tutte le navi che, cariche di grano, fossero approdate tra Capo Carbonara e Capoterra, sarebbero state costrette a scaricare nel porto di Bonaria501. All’inizio dell’anno – secondo quanto relazionato dai castellani di Cagliari agli anziani pisani – la città sarda era riuscita a rifornirsi di grano e vino – segno che i collegamenti con l’interno continuavano con una certa regolarità, ma risultava carente

494 ) ACA,

Cancilleria, reg. 342, f. 274r-v.

495 ) La missione del Magnet prevedeva di fermarsi a Savona per incntrare i capi ghibellini, a Genova, per parlare

con Luchino Fieschi, capitano della città, quindi a Lucca, per discutere con Castruccio Castracani. TANGHERONI, Alcuni

aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., p. 140.

496 ) TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., doc. VII (1325, maggio 6, 27).

ACA, Cancilleria, reg. 342, ff. 274r-v. L'ambasciatore aragonese chiese anche la franchigia per i mercanti catalani a Pisa, ma i magistrati della città toscana la negarono.

497 ) TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., doc. VI (1325, maggio 5).

498 )

Ibidem, doc. VIII (1325, maggio 5): istruzioni del Comune di Pisa al notaio Bene da Calci, ambasciatore.

499 ) ACA,

Cancilleria, reg. 307, f. 232r (1324, ottobre 5). Sui rifornimenti dalla Sicilia in questo anno, vedi

TANGHERONI, Aspetti del commercio dei cereali nei paesi della Corona d'Aragona.I. La Sardegna, cit., p. 80. 500 ) ACA,

Cancilleria, reg. 342, ff. 274v-275r: il documento non datato contiene le risposte del re all'ambasciata

pisana. I mercanti valenzani Jacme Piquo, Joan Miyavila, Domingo Cardona e Ramon de Lansa avevano denunciato al re che nel mese di giugno del 1324, Pietro Garces originario di Marsiglia ma abitante di Pisa, aveva catturato un legno con le loro merci e lo aveva portato a Pisa.

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il flusso di altre merci – probabilmente quelle provenienti dal commerci marittimo -,

«propter devetum qud Catalani fecerunt», per cui i magistrati pisani concessero

licenza a chiunque avesse voluto portare aliquam grassam da Pisa e dal suo contado a Cagliari502.

Le ricordate ambasciate incrociate tra Pisa e l'Aragona non sortirono alcun effetto positivo e la tensione tra Cagliari e Bonaria crebbe fino a provocare una totale una chiusura reciproca. Il trattato di pace prevedeva che i mercanti catalani potessero accedere liberamente nel castello di Cagliari e godere di ogni franchigia nei commerci in città e nel porto: questa possibilità, però, contrastava con la volontà di Alfonso di fare di Bonaria il centro commerciale alternativo a Cagliari esclusivo dei commerci dei catalani già alla fine del 1324, Giacomo II si era già lamentato con gli ambasciatori pisani che tale clausola, prevista dalla pace, non veniva rispettata503, Alfonso, nel luglio del 1325, accusava i castellani cagliaritani di impedire l’ingresso dei suoi sudditi entro le mura del castello e, ribaltando le condizioni del trattato - di un libero e franco commercio dei catalani a Cagliari -, proibì a quest’ultimi di frequentare quel mercato e agli abitanti della città ancora pisana di entrare a Bonaria, mentre nessuna società commerciale tra catalani e pisani e tra quest’ultimi e i sardi doveva essere permessa504. Accanto alle reciproche proibizioni, si aprì una guerra tariffaria sui commerci: le autorità pisane ed aragonesi si scambiavano le medesime accuse, di aver stabilito l'imposta di 12 denari per lira sulle importazioni ed esportazioni, le prime sui catalani che operavano a Pisa e a Cagliari; le seconde sui mercanti pisani in Sardegna505.

Un altro motivo di contrasto riguardava il caso dei burgenses del castello cagliaritano passati a quello di Bonaria e alla cui restituzione ai castellani della prima

502 ) ASPI,

Comune A, reg. 50, f. 55r (1325, gennaio 30).

503 ) ACA,

Cancilleria, reg. 324, f. 273v.

504 ) TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II, cit., doc. IX (1325, luglio 10). Gli

abitanti di Cagliari erano definiti familiari nemici più pericolosi della peste «nulla sit peior quam familiaris inimicus».

505 )

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città – come si è visto - si opponeva Berenguer Carrós, allora governatore. Questi, come il padre Francesc, assai ostile alle presenze non iberiche pretendeva pure che gli officiali pisani a Cagliari, soggetta al re aragonese, partecipassero ad una spedizione contro una villa i cui abitanti si erano ribellati al nuovo sovrano506.

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