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Le vicende politiche di Cagliari dalla metà del duecento all'inizio del Trecento Nella prima metà del Duecento (1217-1258), nella stessa area,

convivevano l'antico centro giudicale di Santa Gilla e il nuovo castello, accanto agli insediamenti portuali – innanzitutto quello de Gruttis – e religiosi come il monastero di San Saturnino. Castrum Castri fu rapidamente organizzato urbanisticamente e popolato da pisani, divenne un importante mercato, collegato alle precedenti strutture portuali e al nuovo porto di Bagnaria. Pisani furono presenti a Santa Gilla prima della costruzione della nuova roccaforte e dopo, al seguito dei Visconti e dei Gherardesca. Queste famiglie signorili nei primi decenni si contesero il controllo di parte dell'isola111.

108 ) ASP,

diplomatico Alliata, 1315, settembre 1.

109 ) ASP,

diplomatico Alliata, 1307, ottobre 24. Da un altro documento si conoscono i capitani e i gonfalonieri

delle rughe del castello che insieme agli anziani e il console del porto e ai castellani nominarono, nel 1324, l'ambasciatore da inviare al re aragonese: ACA, Cancilleria. Varia, reg. 357, f. 6r-v.

110 ) ASP,

diplomatico Alliata, 1315, settembre 12-19.

111 ) S.PETRUCCI, Tra S. Igia e Castel di Castro di Cagliari: politica, società, insediamenti pisani nella prima

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SANDRO PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365). Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’

(XX ciclo), Università degli Studi di Sassari a.a. 2005-2006

Tra il 1217 e il 1220 si svolse una vasta iniziativa dei Visconti nei giudicati sardi di Cagliari, Logudoro ed Arborea, imprese militari che potevano contare anche sugli uomini del castello di Cagliari e di importanti esponenti della nobiltà pisana (Gualandi, Sismondi, ecc.), e che si conclusero con unioni matrimoniali che sancirono in quel momento l'egemonia della famiglia pisana, ai vertici anche del Comune toscano: Ubaldo, figlio di Lamberto, si unì con Adelazia, fioglia di Mariano, giudice di Torres, (1219), e Diana Visconti, figlia dello stesso Ubaldo, con Pietro de Bas, giudice d'Arborea (1220)112.

Negli anni seguenti Lamberto assoldò uomini anche nel senese – a Siena era stato podestà nel 1220 – per l'isola e, nonostante le scomuniche pontifice, con gli altri Visconti proseguì nelle iniziative militari. In particolare Ubaldo I, negli anni venti più di una volta podestà a Pisa, controllava il giudicato cagliaritano, la terram kallaritanam, come ricordò nel suo testamento113. In occasione del suo ritorno a Pisa, Benedetta, sposatasi di nuovo con Enrico de Ceole, unione gradita al pontefice III, approfittò per tentare una ripristino del suo potere giudicale, sotto la tutela della Sede Apostolica, giurando nelle mani del legato pontificio. La reazione dei Visconti significò l'arresto della giudicessa e di suo marito nel 1226. Per gli anni seguenti le vicende intorno al giudicato di Cagliari si presentano ancora convulse114.

Per tutta la prima metà del Duecento convissero la sede giudicale di Santa Gilla e il nuovo castello: nella prima risiedevano anche esponenti dei Visconti e dei Gherardesca legati alla famiglia giudicale, rivali nell'isola come a Pisa: nel 1237 si giunse ad un accordo in cui trovarono definizione questioni cittadine e sarde115.

Negli anni cinquanta erano cambiati i protagonisti della vita politica sia nel giudicato di Cagliari, che a Pisa. Le iniziative dell'intraprendente giudice e marchese

112 ) PETRUCCI,

Re in Sardegna, a Pisa cittadini, cit., pp. 22-41.

113 )

Ibidem, p. 37.

114 )

Ibidem, p. 37-38.

115 ) E. CRISTIANI,

Nobiltà e Popolo nel Comune di Pisa. Dalle origini del podestariato alla signoria dei Donoratico, Istituto italiano per gli studi storici, Napoli 1962; M. RONZANI, Pisa nell’età di Federico II, in Politica e

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di Massa Chiano, a metà del decennio, vanno inquadrate nel contesto di un più ampio scontro tra la città marinara toscana e quella ligure e alle divisioni interne alla prima nel momento in cui prendeva forma il nuovo regine di Popolo, e sono da ricondurre al desiderio di affermare la giurisdizione giudicale e di controllare il territorio, compreso il castello edificato dai pisani, in modo più efficace. Nel 1254 egli era presente entro le mura, dove nominava i suoi eredi: in esso aveva stabilito relazioni con ecclesiastici o con alcuni burgenses, abitanti di origine pisana che vivevano stabilmente nel castello e che erano anche rappresentati – o almeno partecipavano alla loro elezione – nella magistratura degli anziani. L'evoluzione della politica del giudice si mosse verso un progressivo distacco dalla protezione egemonica di Pisa, a metà del 1255, potendo contare anche si settori significativi della società cagliaritana probabilmente desiderosi di maggiore autonomia dalla madre-patria toscana. Dalle successive iniziative del Comune pisano sembrerebbe che la società del nuovo castello sardo fosse attraversata da divisioni e che la personalità del giudice e la sua politica fossero capaci di esercitare attrazione su una parte degli abitanti del centro116. A dicembre dello stesso anno un ambasciatore del Comune pisano si garantì l'alleanza con il giudice d'Arborea, quindi, all'inizio dell'anno successivo giunse a Cagliari dove in un'assemblea generale riunitasi nel castello, riaffermò i poteri del castellano – allora era uno solo – nominato da Pisa, e degli anziani, la magistratura locale, punendo i burgenses traditori: due di essi si sarebbero dovuti presentare al podestà pisano117. Si trattò di una prova di forza con cui forse si tentò di prevenire ulteriori adesioni a favore del giudice il quale fu spinto definitamente all'alleanza con Genova sottoscritta in aprile: Chiano sarebbe divenuto civis januensesis, mentre il Comune ligure lo avrebbe difeso, ottenendo i controllo politici del castello di Cagliari. Nel maggio 1256 Chiano si trova dentro il castello dove ratificò l'accordo118.

116 ) A.BOSCOLO,

Chiano di Massa, Guglielmo Cepola, Genova e la caduta del giudicato di Cagliari (1254- 1258), in IDEM, Sardegna, Pisa e Genova nel Medioevo, SASTE, Cuneo-Genova 1978, pp. 51-69.

117 ) PETRUCCI,

Re in Sardegna, a Pisa cittadini, cit., p. 60.

118 )

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A metà ottobre, però, Chiano era già morto e i genovesi, a Santa Gilla, concessero in feudo a Guglielmo di Cepola, marchese di Massa, giudice di Cagliari e cugino del defunto Chiano, da questi già scelto come suo erede nel 1254, le terre, le ville i castelli «que sunt in regno et Iudicatu», eccetto Santa Gilla, che passava a Genova con le stesse modalità di Bonifacio, e il castello di Cagliari, ebbene allora perduto119. Nello stesso 1256 giunse anche la pace tra Pisa e le città toscane, alla quale si era opposta Genova, che chiedeva che anche le questioni del giudice di Cagliari e del castello venissero in essa definite120.

Tra il 1257 e il 1258 – secondo alcune cronache la guerra durò quattordici mesi - l'alleanza pisana composta dal Comune, dal giudice d'Arborea, il conte Guglielmo da Capraia, Ugolino di Gherardesca-Donoratico e il giudice di Gallura Giovanni Visconti, attraverso una spedizione, portò a termine la riconquista del castello di Cagliari, nel 1257 ancora in mano genovesi, e la presa di Santa Gilla: una vicenda bellica, caratterizzata anche dai tentativi di recupero da parte ligure e, almeno a partire dal maggio 1258, da contatti e trattative tra le parti combattenti e la Sede Apostolica. Essa si concluse con la vittoria pisana: il castello di Cagliari passava alle dirette dipendenze del Comune toscano, mentre le terre del giudicato erano divise in tre parti di cui divennero signori gli alleati: il Capraia, Ugolino di Donoratico e il giudice di Gallura, Nino Visconti, domini tertie partis regni kallaretani, chiamati nella documentazione anche domini Sardinee. La parte dei Donoratico, a sua volta, fu divisa tra due rami familiari, in due steste parti. Sembrerebbe che la spartizione del giudicato fosse stata concepita e probabilmente sottoscritta prima del 1256, al momento quindi delle prime iniziative di Chiano in senso filo-genovese, anche se non tutti i passaggi risultano chiari. Per Santa Gilla, la cui giurisdizione era affidata ad un podestà o ad un rector dipendente, come il castello di Cagliari, dal Comune pisano e beni e le attività culturali – Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma 2000, vol. I/6, doc. 1054 (1256, maggio 25).

119 )

Ibidem, doc. 1055 (1256, ottobre 15).

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non dai domini Sardinee che non potevano risiedervi, con la resa del 20 luglio 1258, fu decretata la distruzione. Finiva il giudicato di Cagliari, sorgevano nuove signorie, sulla base di un accordo con il Comune di Pisa cui i domini Sardinee dovevano prestare omaggio, analogamente ai giudici sardi. Cagliari, finito il centro di Santa Gilla i cui abitanti, almeno in parte, si trasferirono nel nuovo insediamento urbano di Stampace, dominava l'area del golfo e quindi i commerci e i porti che ad esso facevano riferimento, oltre che il retroterra, in un nuovo assetto non solo politico, ma anche economico della parte meridionale dell'isola121. Come si è visto, ad ovest, negli anni seguenti sorse, per iniziativa signorile, Iglesias.

Un nuovo momento di tensione di cui le fonti forniscono indizi significativi si verificò all'indomani della sconfitta del Comune di Pisa alla Meloria, nell'agosto 1284, da parte di Genova, e dell'ascesa di Ugolino di Donoratico e Nino Visconti -

domini Sardinee in quanto su signori rispettivamente di un sesto e di un terzo del

giudicato di Cagliari, e il secondo anche giudice di Gallura – ai vertici del potere cittadino, con le cariche di podestà e di capitano del Popolo, che intervennero in modo deciso nella vita pubblica ed istituzionale di Cagliari. Nel 1286 – secondo la testimonianza di diverse cronache – Ugolino di Donoratico inviò suo figlio Guelfo a reggere Cagliari come signore della città122. L'anno successivo la nuova linea signorile trovò conferma con la riforma statutaria, per cui la nomina dei castellani di

121 ) P.F.SIMBULA P.FABRICATORE, La caduta di S. Igia, in in S. Igia capitale giudicale. Atti del Convegno

Storia, ambiente fisico e insediamenti umani nel territorio di S. Gilla (Cagliari, 3-5 novembe 1983), ETS, Cagliari 1986, pp. 243-248;PETRUCCI,Re in Sardegna, a Pisa cittadini, cit., pp. 65-71

122 ) Secondo il contemporaneo domenicano Tolomeo da Lucca, che colloca l'episodio all'anno 1286, Guelfo «rexit

castrum castri totamque regionem kalaritanam», dove era stato spedito dal padre per recuperare i beni del Comune e

quelli suoi propri: «tam castra sui patrimoni quam etiam comunis Pisani, quia pater suus sic eum iusserat». THOLOMEI

LUCENSIS, Anales, in Monumenta Germaniae Historiae. Scriptores Rerum Germanicarum, n. s. VIII, Berolini 1930. La

difesa dunque della principale città sarda e delle fortificazioni minacciate sia dai genovesi che dai nemici interni al fronte pisani, era lo scopo della missione di Guelfo. Gli Annales Januenses ricordano che Guelfo dominium tenebat a Cagliari, nel contesto del racconto delle iniziative dei domini Sardinee, Ugolino di Donoratico e Nino Viconti, volte ad alimentare un'attività di pirateria nella città meridionale dell'isola e ad Oristano, il centro dell'Arborea il cui giudice, Mariano II de Bas, allora era alleato del podestà di Pisa: proprio, nel 1286, la figlia di quest'ultimo, Gugliemina si unì in matrimonio con il figlio di Mariano, Giovanni, un'alleanza anche in funzione anti-Capraia, cui apparteneva Anselmo che rivendicava la titolarità della sesta parte del giudicato cagliaritano e l'eredità del giudice Guglielmo. Annales

januenses, cit., V, p. 95. PETRUCCI,Re in Sardegna, a Pisa cittadini, cit., p. 91. La Memoria de las cosas, cit., p. 30,

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Cagliari veniva sottratta agli anziani e affidata al podestà e al capitano del Popolo, cioè ad Ugolino di Donoratico e Nino Visconti: una scelta che segnava una vera svolta e manifestava anche una volontà di contrastare coloro che quella nomina da tempo controllava, cioè le famiglie di Popolo che ricoprivano la carica di anziano. Il carattere signorile dell'iniziativa è sottolineata dall'espressione «secundum voluntatem

dictorum Comitis et Iudicis gallurensis». La novità risulta anche dal fatto che il passo

degli stessi Statuti in cui si precisava che l'elezione dei castellani cagliaritani affidata ai due domini rappresentava un'eccezione rispetto a quelle di tutti gli officiali del contado e delle zone marittime e dell'isola, compresa Sassari, che rimanevano competenza degli anziani123.

Ricondurre l'invio di Guelfo e la riforma statutaria alle necessità di una più efficace difesa dell'isola dai genovesi, secondo il racconto di alcune cronache, non deve far sottovalutare che essa rappresentava una rottura dell'equilibrio, seppure precario, fissato dopo la distruzione di Santa Gilla, oltre al suo carattere signorile. Quale applicazione ebbe non è possibile dirlo, dal momento che non sono rimaste notizie riguardanti la scelta di castellani da parte del podestà e del capitano del Popolo: nel 1288 a Cagliari signore era ancora Guelfo.

La caduta di Ugolino di Donoratico e di Nino Visconti, nel 1288, ebbe come immediata conseguenza una sollevazione a Cagliari contro Guelfo, secondo il acconto degli Annales Januenses: «Illi vero de Calaro is auditis [la nuova situazione Pisa] procurabant caper dictum comintem filium condam dicti comitis Ugolinis qui

dominuium illius loci tenebat»124.

Sembra che Guelfo fuggisse da Cagliari, inseme ai fratello Lotto e Matteo, eredi di Ugolino, riparando nei castelli e nei territori della sua sesta parte del giudicato di Cagliari. La notizia della rivolta degli abitanti della città sarda rivela che

123 )

I brevi del Comune e del Popolo di Pisa dell'anno 1287, a cura di A. Ghignoli, Istituto storico italiano per il

medioevo, Roma 1998 (Fonti per la storia dell'Italia medievale: Antiquitates, 11), pp. 74, 113.

124 )

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essi erano rimasti, almeno nella gran parte, fedeli al Comune pisano, che probabilmente non avevano gradito la riforma statutaria che attribuiva ai due domini

Sardinee l'elezione dei castellani e forse ancor prima l'invio di Guelfo, il quale

sembra non essere stato riuscito a conquistare un seguito consistente, né un controllo sicuro del più importante centro isolano. Nelle cronache protagonisti dell'iniziativa anti-Guelfo sono indicati nelle cronache i burgernses che si sarebbero mossi in modo autonomo da Pisa dove, infatti, lo scontro interno non permise, se non negli anni successivi, di inviare truppe comunali in Sardegna contro il Visconti e i figli di Ugolino. Secondo gli Annales janunenses, un burgensis fu eletto capitano a capo della città e della sua autonoma amministrazione: «se ceperunt regere per se ipsos». Più articolato il racconto della pisana “cronaca roncioniana”: i burgenses, una volta sollevatisi, si sarebbero rivolti a Pisa, dal momento che temevano di non poter difendere il castello da un eventuale attacco di Guelfo che oltre che conservare un proprio seguito personale, poteva contare sugli uomini dei domìni sardi. Gli stessi abitanti cagliaritani – visto il mancato aiuto dalla madre-patria – offrirono a Guelfo di poter tornare, concedendogli di ottenere la signoria e di mandare al confino chi avesse sospettato, ma il Donoratico considerò la proposta una trappola: «altri vi si

rinchiuderà in castello che el Conte Guelfo», rispose.

Le conferme che negli anni seguenti Cagliari si reggesse in forma automa, per le difficoltà di Pisa ad intervenire, vengono da più fonti. Per gli Annales

januneses nel 1289, alla richiesta genovese di cedere Cagliari, secondo quanto

prevedeva il trattato dell'anno precedente125, Pisa rispose che «castrum Calari non

habent in suo exforcio», espressione che va intesa con il fatto che non ne aveva un

controllo effettivo.

Nel 1292 a capo di Cagliari vi era ancora un capitaneus comunis castelli

125 ) O.B

ANTI,I trattati tra Genova e Pisa dopo la Meloria fino alla metà del secolo XIV, in Genova, Pisa e il

Mediterraneo tra Due e Trecento. Per il VII centenario della battaglia della Meloria (Genova, 24-27 ottobre 1984), Società Ligure di storia Patria, Genova 1984, pp. 349-366.

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Castri, Grazia Alberti. Il suo nome si trova in un'iscrizione che ricorda la costruzione

delle mura dalla parte di Stampace, opera difensiva nella parte occidentale verso i domìni dei Donoratico, spiegabile forse con il timore, se non con tentativi più concreti, di iniziative del nuovo dominus Sardinee, di riprendere possesso di Cagliari126.

Solo nel 1294 il Comune pisano inviò a Cagliari un rector – non ancora i castellani – nella persona di Ranieri Sampante, uomo politico e giurista di primo piano che aveva già rappresentato la città toscana nella pace con Genova e che in seguito fu ambasciatore proprio per le questioni isolane e contribuì alla riforma del

breve della città di Iglesias127. Nello stesso anno si aprì la guerra tra il Comune di Pisa

e i figli di Ugolino e Nino Visconti che, fattisi cives janunenses, avevano ristabilito con la città ligure lo stesso rapporto di fedeltà vassallatica che, in quanto domini

Sardinee, avevano già tenuto con la loro madre-patria. Pisa aveva ritrovato il

sostegno, considerato vitale per la conoscenza del territorio e la disponibilità degli uomini, del giudice d'Arborea, Mariano II de Bas che nello scontro tra il Comune toscano e i domini Sardinee scelse il primo, nonostante i legami parentali con Ugolino: le ragioni della decisione, oltre che nel vincolo feudale, vanno probabilmente ricondotte al timore del prevalere di Genova e dei domini che da essa provenivano, come i Doria, forti nel Logudoro dove il giudice d'Arborea manteneva le sue tradizionali mire. Secondo le cronache, lo stesso Mariano, sborsando somme cospicue di denaro, riuscì a far abbandonare a Sassari e ai signori genovesi l'alleanza con il Visconti, e a prendere Iglesias, mentre Cagliari costituì il centro di confluenza e di coordinamento delle forze pisane e di quelle del giudice Mariano.

126 ) Lo attesta un'epigrafe che fa riferimento alla costruzione della torre de lo Speró e alla porta corrispondente. Il

testo è in A.CAPRA, Le fortificazioni di Cagliari secondo un Cronista del Secolo XVII, in «Archivio Storico Sardo», V (1909), p. 334: «In nomine Domini amen. Hoc opus/fuit perfectum tempore/ capitani domini Gratie Alberti capitanei.

Com/unis et populi Castelli/ Castri curren/tibus annis MCC/LXXXXIII». A.COSSU, Storia militare di Cagliari, 1217-

1866, Anatomia di una piazzaforte di prim’ordine, 1217-1993, Cagliari 1994, p. 32; URBAN, Cagliari aragonese, cit. p.

75.

127 ) A. BOSCOLO, Un giurista pisano: Ranieri Sampante, in «Anuario de estudios medievales», 3 (1966), pp. 489-

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La guerra tra i due fronti coinvolse gran parte dell'isola, dal Logudoro all'Arborea, e soprattutto all'iglesiente, dove la città dell'argento fu la base del potere dei figli di Ugolino Guelfo e Lotto che riuscirono a controllare anche altri castelli e terre dell'altro ramo dei Donoratico, quello di Fazio e Nieri, e si attribuirono a loro stessi il titolo di domini tertie partis regni kallaretani. Tra il 1295 e il 1296 vennero

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