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REGIONI ALPINE E PROBLEMI DI METODO

3. Alpi attraversate

Una contraddittoria caratteristica segna storicamente l’arco alpino: quella di essere attraversato dai lunghi percorsi dei grandi mercanti, ma di avere, invece, un mercato locale di scarsa importanza. Ciò spiega perché, negli anni scorsi, hanno prevalso le ricerche sui tratti alpini delle vie com merciali di rilievo europeo. All’interesse prima domi- nante per i «capoli nea» e i flussi del grande commercio si è affiancata successivamente l’attenzione per le condizioni materiali e umane del traffico alpino – penso alle ricerche di Pio Caroni33 – ma anche per

dimensioni più regionali degli scambi34. Aggiungo poi che il bel libro

di Hans Conrad Peyer35 è andato a riempire il vuoto segnalato a suo

tempo da Bergier, che lamen tava assenza di informazioni sulle con- dizioni di ospitalità e sulle soste.

Sempre in tema di Alpi attraversate, mentre le ricerche sui pelle- grinaggi e sui contatti religiosi sono abbondanti (anche per la ricchezza

31 Billet, Les Congrès d’économie alpine, témoins d’une pensée éco nomique régionale cit. 32 Sulla «fisarmonica del rapporto fra uomo e spazio alpino» rinvio ora a G. Sergi, Le

Alpi, limite da interpretare, in Alpi da scoprire. Arte, paesaggio, architettura per progettare il futuro, a cura di A. De Rossi, G. Sergi, A. Zonato, Borgone di Susa 2008, p. 20 («nella

storia la pratica e l’immaginario dell’agire umano hanno fatto intendere come “spazio al- pino” ora i luoghi più prossimi al crinale, ore le pianure alla base della catena montuosa, fino a comprendere anche città rilevanti che, viste da lontano, sono considerate alpine a tutti gli effetti»).

33 P. Caroni, Zur Bedeutung des Warentrasportes für die Bevölkerung der Passgebiete, in «Schweizerische Zeitschrift für Geschichte», XXIX (1979).

34 E. Demo, Le fiere di Bolzano e il commercio fra area atesina e area tedesca fra Quattro

e Cinquecento, in Le Alpi medievali nello sviluppo cit., pp. 69-98; P. Mainoni, Attraverso i valichi svizzeri: merci d’oltremare e mercati lombardi (secoli XIII-XV), in op. cit., pp. 99-122;

D. Degrassi, Attraversando le Alpi orientali: collegamenti stradali, traffici e poteri territoriali

(IX-XIII secolo), in op. cit., pp. 123-148; F. Morenzoni, La via del Vallese e il commercio internazionale e regionale alla fine del Medioevo, in op. cit., pp. 149-166.

35 H. C. Peyer, Viaggiare nel medioevo. Dall’ospitalità alla locanda, trad. it. Roma Bari 1990.

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delle fonti)36, molto ancora rimane da studiare a proposito di migra-

zioni37: ciò che sappiamo lo dobbiamo alle ricerche sulle migrazioni ‘a

raggio lungo’ – con migrazioni di popolo o importanti colo nizzazioni – dell’alto medioevo, o su quelle ‘a raggio corto’ del medioevo più tardo38. Abbastanza conosciuti sono anche i grandi ‘svuotamenti’ del-

le valli nel Quattrocento (considerati talora come premesse di una costante tendenza all’abbandono), ma nell’insieme ci sono secoli di cui sappiamo an cora poco – quelli intorno al Mille – e problemi che occorrerà approfondire: penso, come modello, alle belle indagini di Pierrette Paravy39 che, studiando il Delfinato, ha fatto emergere mi-

grazioni che, pur essendo a raggio corto, non risultano essere stagio- nali o temporanee, bensì definitive, con muta mento della geografia insediativa e sociale dei due versanti.

Temi che dovranno impegnare a fondo gli studiosi sono quelli del- la cir colazione di modelli e della trasmissione d’esperienze. Qualcosa si è avviato nel campo della cultura ‘alta’ (basti accennare alle ricerche storico-artistiche di Enrico Castelnuovo40). Ma dovranno avere ulte-

riore sviluppo studi su mo delli culturali folclorici: nelle vallate alpine l’immagine fantastica del mondo risulta dall’ascolto di narrazioni pro- venienti dall’esterno se si pon mente, come ha fatto Bergier, all’origine

36 Valgano per tutti, anche per la bibliografia, gli atti di due convegni recenti: per i pellegrinaggi, Pellegrinaggi e santuari di San Michele nell’Occidente medievale (Atti del II Convegno internazionale dedicato all’arcangelo Michele, Sacra di San Michele 26-29 settembre 2007), a cura di G. Casiraghi, G. Sergi, Bari 2009; per la mobilità religiosa,

Attraverso le Alpi: S. Michele, Novalesa, S. Teofredo e altre reti monastiche (Atti del Con-

vegno internazionale, Cervére-Valgrana, 12-14 marzo 2004), a cura di F. Arneodo, P. Guglielmotti, Bari 2008.

37 P. Sibilla, Aspetti antropologici del fenomeno migratorio in alcune co munità delle Alpi

occidentali: caratteri culturali e forme di aggregazione so ciale, in Migrazioni attraverso le Alpi occidentali (Atti del Convegno inter nazionale, Cuneo, 1-3 giugno 1984), Torino 1988.

38 G. Audisio, Une grande migration alpine en Provence (1460-1560), Torino 1989; J. P. Boyer, Notes sur les migrations intra-alpines: l’exemple du Haut Pays Niçois au XVe siècle, in

Migrazioni attraverso le Alpi cit.

39 P. Paravy, Les recherches régionales sur la population à la fin du moyen age. Sondage sur ce

problème des mouvements migratoires à travers le té moignage des révisions des feux du Dauphiné,

in Travail et migrations dans les Alpes françaises et italiennes (Actes du VII Colloque franco- italien d’hi stoire alpine, Annecy, 29-30 sept. 1981), Grenoble 1982; anche R. Comba, Il

retroterra economico-sociale dell’emigrazione montana, e N. Coulet, L’immigration piémontaise à Aix-en-Provence au XVe siè cle. Une enquête a partir des testaments 1401-75, entrambi in

Migrazioni attraverso le Alpi occidentali cit.

40 E. Castelnuovo, La frontiera nella storia dell’arte, in La frontiera da stato a nazione. Il

caso Piemonte, a cura di C. Ossola, C. Raffestin, M. Ricciardi, Roma 1987; E. Castel-

nuovo, Scultori romanici sulle vie delle Alpi, in Dal Piemonte all’Europa: esperienze monastiche

nella società medievale. Nel millenario di S. Michele della Chiusa (XXXIV Congresso storico

scandinava di alcune componenti della leg genda di Guglielmo Tell41.

E dovranno essere completate e approfondite le ri cerche su funzionari e intellettuali come portatori di modelli: in questa di rezione Cancian e Fissore, studiando il raggio d’azione dei notai, hanno già constata- to una mobilità notevole ma sempre all’interno di uno solo dei due versanti del principato sabaudo42. Discorso diverso – e che per ora

ha impegnato ben poco gli storici – è quello della trasmissione dell’e- sperienza: una trasmissione che, come dimostra la vicenda dei Walser, fu più efficace se collegata alle lente migrazioni interne43.

Bergier44 ha giustamente insistito sull’ «interdipendenza» fra Alpi

attra versate e Alpi vissute. Possiamo aggiungere che è opportuno ricor- dare che le Alpi possono essere attraversate sia da uomini di pianura, sia da abitanti delle Alpi stesse. Le società alpine avevano ‘bisogno’ delle realtà esterne ma rispetto alle innovazioni si comportavano in modo differenziato, manife stando diffidenza verso gli estranei importa- tori, e disponibilità invece verso l’importazione esercitata dagli abitanti stessi delle Alpi: di conseguenza l’apertura verso le novità l’avevano quelle zone i cui abitanti viaggiavano molto, in misura ben maggiore rispetto alle zone attraversate e frequentate da esterni45.

Da Lucio Gambi e da altri abbiamo imparato, in questi anni, a non connettere troppa importanza all’ «isolamento naturale» del mondo alpino46. La società alpina non è una società sedentaria di altipiano,

41 J.-F. Bergier, Guglielmo Tell. L’esperienza e il mito della libertà di un popolo, Lugano 1991; meccanismi simili si trovano, ovviamente, anche in aree non alpine e con genesi più antiche o più recenti: L.-M. Günther, Erode il Grande, trad. it. Roma 2007, afferma giustamente che «quanto più è nota la figura del protagonista, tanto più alterata è la per- cezione del cosiddetto contenuto fattuale, per via della molteplicità delle fonti e soprattutto delle interpretazioni che si sono accumulate nel tempo».

42 P. Cancian, G. G. Fissore, Mobilità e spazio nell’esercizio della profe ssione notarile: l’esem-

pio dei notai torinesi (secoli XII-XIII), in Progetti e di namiche nella società comunale italiana,

a cura di R. Bordone, G. Sergi, Napoli 1994; P. Cancian, Notai e cancellerie: circolazione

di espe rienze sui due ver santi alpini dal secolo XII ad Amedeo VIII, in La frontière. Necessité ou arti fice? (Actes du XIIIe colloque franco-italien d’études alpines, Grenoble 8-10 octobre 1987), Grenoble 1989; G. G. Fissore, Notariato alpino. Un’introduzione alla discussione; P. Cancian, Aspetti problematici del notariato nelle Alpi occidentali; R. Härtel, Il notariato fra Alpi

orientali e Adriatico, tutti e tre in Le Alpi medievali nello sviluppo cit., pp. 239-281.

43 La questione Walser (Atti della prima giornata internazionale di studio, Orta, 4 giugno 1983), Anzola d’Ossola 1984 e ora A. Vasina, Il rifugio etnico: fu il caso dei Walser?, in «L’Alpe», 5 (giugno 2002), pp. 10-15.

44 Bergier, Le trafic cit.

45 G. Scaramellini, Fra unità e varierà, continuità e fratture: percorsi di riflessione e ambiti

di ricerca nello studio del popolamento alpino, in Lo spazio alpino cit.

46 L. Gambi, Generi di vita o strutture sociali?, in Una geografia per la storia, Torino 1973.

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non è parago nabile al Tibet o alle Ande, ma è piuttosto una società mobile di valle. Quindi la caratteristica del mondo alpino è la sua verticalità, con «disposi zione scalare degli insediamenti come rispo- sta alla dislocazione altitudinale degli ambienti». Uomini e animali si spostano fra i diversi livelli, e uno dei temi-guida della ricerca dei medievisti potrebbe essere la lotta contro le forze condizionanti della verticalità47. Guichonnet ha dimostrato che le comunità di villaggio

effettuavano incessanti spostamenti fra livelli diversi di sfrutta mento e popolamento: questa è la mobilità alpina interna, fortemente influen- zata dalla dimensione della verticalità48.

La mobilità verso l’esterno degli uomini delle Alpi fu sempre, in- vece, piuttosto contenuta. Le ricerche ulteriori dovranno confermarlo, ma i rap porti trasversali (dalla montagna alla pianura) sembrano aver sempre pre valso sui rapporti longitudinali (fra aree alpine diverse). Ciò che, nelle di verse valli, appare simile, non dipende necessariamente da contatti, ma per lo più da condizioni concrete, da costrizioni: il rapporto con le popolazioni di pianura ha andamenti e caratteri molto simili da valle a valle, tanto da risultare uno degli elementi più obbli- gati della vita alpina.