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Il feudo come strumento formale di ricomposizione

4 Nascita delle signorie territoriali di banno

7. Il feudo come strumento formale di ricomposizione

La feudalizzazione, secondo l’immagine più corrente di «sistema», si era frattanto invece realizzata nei regni normanni d’Inghilterra e del Mezzogiorno d’Italia, nei principati franco-latini d’Oriente nati dalle crociate: in questi re gni, dove le tradizioni vassallatico-beneficiarie erano esito di un’importazione imposta da un ceto militare proveniente dall’esterno, il potere discendeva dav vero dal re ai baroni per delega feudale22. Tuttavia fra i secoli XII e XIII anche al trove – intorno ai

re in Francia, nei principati territoriali in Germania, sotto la dinastia sveva e nelle aree di dominazione comunale in Italia – cominciò a essere considerata legittima solo la trasmissione feudale del potere.

Quando con un’investitura vassallatica è trasmesso il potere, si parla di feudo «di signoria». Ebbene, la gran parte dei feudi di signoria del secolo XIII nacque dalla legittimazione di un frazionamento già realizzato secondo il per corso signorile prima descritto. Ma l’esercizio di tradizionali poteri signorili veniva giustificato a posteriori dai giu- risti (i redattori delle Consuetudines Mediolani in Lombardia, Philippe de Beaumanoir in Francia) come «iurisdictio descendens» dal re. Gli allodi signorili esistevano ma – poiché le comunità contadine erano divenute più consapevoli e si ribellavano23 – non erano più tollerati,

dovevano trasformarsi in feudi «di signoria» detti anche «nobili». Purché 22 Sono i «feudalesimi d’importazione» definiti da Boutruche, Signoria e feudalesimo, I, cit., p. 221 sgg.; tale risulta nell’Italia meridionale in H. Takayama, The Administration of

the Norman Kingdom of Sicily, Leiden New York 1993, ma per la stessa Inghilterra sussi-

stono ora i dubbi di S. Reynolds, Fiefs and Vassals. The Medieval Evidence Reinterpreted, Oxford 1994.

23 R. Comba, Rivolte e ribellioni fra Tre e Quattrocento, in La storia, II/2 cit., pp. 669- 688.

ciò avvenisse, a re e principi conveniva spesso accontentarsi di ricono- scimenti formali. Ricevevano in dono da potenti locali allodi signorili e immediatamente ne reinvestivano feudalmente gli stessi potenti: sicuri, costoro, dell’ormai so lida ereditarietà del feudo, e avvantaggiati dalla legittimazione che derivava loro dall’investitura. È questa la diffusis- sima procedura razionalizzante del fief de reprise o feudo «oblato».

In generale, se nel tardo medioevo re e principi volevano delegare un po tere, si trovavano di fronte a una duplice possibilità, affidare un castello a un funzionario oppure assegnarlo per feudo: ma quando il castello era già signo rile non rimaneva che la seconda soluzione. È vero allora che a partire dal Duecento, se pur in quel modo formale che abbiamo già incontrato nelle parole di Duby, la società europea assunse una coloritura feudale: ma Tabacco ci av verte che persino a questo punto non si può parlare di stato feudale, bensì di «stato a orientamento feudale»24. Uno stato fondato su due presupposti: che

lo sviluppo signorile si fosse già realizzato e che fosse nel frattempo restaurata una qualche nozione chiara di res publica.

L’ Europa del Tre-Quattrocento era, nei suoi diversi ambiti, esito di co struzioni in cui convivevano, in parallelo, una rete di funzionari e l’inquadramento dei signori feudalizzati: a questi ultimi si aggiungeva qualche nuovo signore potenziato attraverso feudi di signoria. Dunque per gli ultimi secoli del medioevo e i primi dell’età moderna si può parlare di un ‘feudalesimo signorile’ che finalmente vediamo assomi- gliare al feudalesimo delle concezioni ancor oggi spesso correnti.

E alle concezioni più correnti e generiche corrispondono altri elementi del medioevo tardo. Feudum a partire dal secolo XII pote- va indicare qualunque servizio purché non troppo umile (come una responsabilità direttiva in un’azienda agricola) e, in un ulteriore di- stacco dal significato originario, di venne sinonimo di terra accensata. Di fianco a questa dequalificata esube ranza terminologica comparve anche qualche feudum rusticanum, che preve deva davvero una fedeltà vassallatica, anche se non militare, utile per raffor zare un semplice contratto agrario.

Pertanto i secoli XIV e XV apparvero, agli uomini dei secoli suc- cessivi, in tegralmente ‘feudali’, e noi abbiamo constatato che effettiva- mente erano stati molto più feudali delle età precedenti. Gli intellet- tuali dell’evo moderno si abi tuarono a immaginare tutto il millennio medievale simile alla sua parte finale. È una deformazione prospetti-

114 ANTIDOTI ALL’ABUSO DELLA STORIA

ca25 tipica della conoscenza umana nei rapporti con la storia: si vede

e si comprende di più ciò che è più vicino, quindi più re cente, e si interpreta ciò che è avvenuto prima alla luce dei suoi esiti.

Ma da oltre mezzo secolo la ricerca medievistica sta consolidando ri sultati di cui la restante cultura prende atto a fatica26, anche perché

suggestio nata da pubblicazioni diverse – meno tecniche e più colori- stiche – emerse dalla recente rivisitazione del medioevo. Quei risultati ci presentano una Europa teatro di un generale sviluppo signorile che solo a posteriori si feu dalizza: non è una distinzione meramente terminologica, è la presa d’atto di una totale diversità dei meccanismi di formazione dei poteri medievali. Per fare storia comparata serve a ben poco un concetto generico di feudalesimo, così privo di caratteriz- zazioni da indurci a trovare qualche cosa di simile nell’antico Egitto, a Bisanzio, nell’Islàm: ben più interessante è scoprire, sulle orme di Ganshof e di Boutruche, che il solo feudalesimo davvero paragonabile a quello dei Franchi è stato quello del Giappone dei samurai.

25 Concetto e definizione in Sergi, L’idea di medioevo cit., pp. 14-17; per importanti ar- gomentazioni su un più ricco concetto di «distanza» C. Ginzburg, Occhiacci di legno. Nove

riflessioni sulla distanza, Milano 1998; utile P. Rizzi, I percorsi del tempo. Sulla psicogenesi della temporalità, Milano 1988.

26 A. Brusa, Le sfide dell’insegnamento della storia, in La storia è di tutti, a cura di A. Brusa, L. Cajani, Roma 2009, pp. 13-28.

LA TRANSIZIONE VISTA DAL BASSO: