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La specificità non riconosciuta del feudalesimo medievale

FEUDALESIMO DA CIRCOSCRIVERE

1. La specificità non riconosciuta del feudalesimo medievale

Che «feudalesimo» sia un concetto passe-partout applicato con eccessiva generosità al medioevo e ai suoi lasciti istituzionali è già stato soste- nuto in varie sedi1. La storia della genesi e del perdurare usurpante

del concetto è stata ripercorsa in pagine lucidissime2. È tuttavia da

riconoscere che esiste un feudalesimo diverso, non medievale ma di prima età moderna, che merita – pur con le necessarie distinzioni – di essere compreso e valutato nelle sue peculiarità: l’importante è non giudicarlo residuale, bensì specifico3. Proprio tenendo conto

di questa lunga durata della terminologia feudale, non è fuori luogo tollerarne un’accezione ‘larga’, non tecnica e non esclusivamente me- dievale, come è stato fatto da parte di medievisti normalmente rigorosi nel distinguere il rapporto vassallatico-beneficiario dalla più generica nozione di «feudale»4.

1 Sergi, L’idea di medioevo cit., p. 43 sgg.; molto incisivo è il passo in cui Boutruche,

Signoria e feudalesimo, cit., p. 35 sgg. ci ricorda che il «linguaggio dotto» è «incline a definire

con questa parola ogni cedimento dell’autorità pubblica» sottolineando come sia sempre spontaneo collegare l’idea di feudalesimo a «spezzettamento dell’autorità, torbidi interni, scatenamento degli interessi pri vati (...) azione brutale e forza oppressiva»; qualche con- trasto fra intenti, concettualizzazione e terminologia in F. Senatore, Medioevo: istruzioni

per l’uso, Milano 2008.

2 G. Tabacco, Il feu dalesimo, in Storia delle idee politiche, economiche e sociali, a cura di L. Firpo, II, Torino 1983, pp. 55-115.

3 R. Ago, La feudalità in età moderna, Roma Bari 1994.

4 Pierre Toubert e Georges Duby, in apertura e chiusura del convegno Structures féodales

et féodalisme dans l’Occident méditerranéen (Xe-XIIIe siècles). Bilan et perspectives de recherches, Roma 1980 (Collection de l’Ecole française de Rome, 44); Cammarosano, Studi di storia

medievale cit., pp. 255-277; C. Wickham, Le forme del feudalesimo, in Il feudalesimo nell’alto medioevo (XLVII Settimana del Centro italiano di studi sull’alto medioevo, Spoleto 8-12

102 ANTIDOTI ALL’ABUSO DELLA STORIA

Lo scopo di queste pagine è, in primo luogo, quello di condurre alcune verifiche sulla difficoltà della ricerca specialistica a raggiungere con le sue precisazioni la cultura diffusa; in secondo luogo di sche- matizzare in modo elementare la realtà vassallatico-beneficiaria dei secoli VIII-XII; in terzo luogo di indicare alcuni funzionamenti del medioevo che devono essere ‘defeudalizzati’ per essere compresi nei loro veri meccanismi.

Può essere che la cultura italiana sia stata più impermeabile di altre alle correzioni dei medievisti. Lo fa pensare il fatto che Georges Duby nel 1978 si rivolgesse ai lettori del quotidiano «Le Monde» con questa frase ottimistica: «che cos’è il feudalesimo? (...) solo vent’anni fa gli sto rici rispondevano senza esitazioni. Parlavano, naturalmente, di un’aristocrazia militare che at traverso il potere signorile sfruttava il popolo delle campagne. Invece (...) l’uso del contratto vassallatico e del feudo non fu mai altro che una copertura su perficiale delle strut- ture vive dei rapporti sociali, di una spinta spontanea che trascinò l’insieme della società europea fra il X e il XIII secolo».

Ancora più ottimistiche, ed estranee ai nostri normali orizzonti mentali, sono le parole Robert Fossier: «nella me moria collettiva una parola riassume in sé meglio di altre l’età medievale: si gnore. Non hanno lo stesso potere evocatore i monaci, le catte drali, le minia ture, il feudalesimo, le crociate. La signoria è davvero il quadro della vita quo tidiana di quasi tutta l’Europa; ma al passaggio fra medioevo ed età moderna il feudo e la cavalleria nascondono la signoria e occupano tutta la scena; così vediamo più agevolmente come ‘feudatari’ quei ‘signori’ che in re altà furono proprietari fondiari e autonomamente detentori di poteri pubblici» (p. 283 del suo L’infanzia dell’Europa, tradotto nel 1987).

Attraverso le due citazioni siamo entrati in un mondo cultural- mente lon tano da quello italiano, un mondo dove la parola «signore» non è condizionata in modo esclusivo dall’immagine delle «signorie cittadine» degli Scaligeri e dei Visconti, e dove a quella parola, e non a «feudatario», si attribuisce un grande potere evocativo. In entrambe le testimonianze è accennato che i concetti feu dali servirono a ‘coprire’ in modo formale processi e funzionamenti animati invece da una diversa sostanza: quanti, nella cultura italiana, lo sanno? Certamente pochi:

un uso tecnico della terminologia anche in culture storiografiche di tradizione marxista si veda Hou Janxin, A discussion of the concept of “feudal”, in «Front. Hist. China», II/1 (2007), pp. 1-24.

ecco perché, anche se non in seguito a scoperte recentis sime, proviamo a comunicare all’esterno una delle più delicate revisioni storio grafiche della medievistica. È un allievo di Marc Bloch, Robert Boutruche, a indi carci la strada fin dagli anni Sessanta: «cocciutamente noi teniamo per fermo che senza contratto vas sallatico, senza feudo, senza una organizzazione sociale e politica fondata su vincoli privati di natura particolare, non esiste regime feudale. Bisogna strap parlo al linguag- gio pretenzioso che lo avviluppa (...) e, dopo averlo riportato nel suo ambiente, riguardarlo con gli occhi dei suoi contemporanei»5. Il tono

di Boutruche è giustificato dalle constatate resistenze ad accogliere la messa a punto del più grande feudista del Novecento, François-Louis Ganshof (un allievo di Henri Pirenne) che sin dal 1944 aveva risposto con rigore e chiarezza alla domanda che dava il titolo al suo libro: Che cos’è il feudalesimo? 6.

Appunto sulla base delle opere di Bloch, di Ganshof, di Boutruche e di altre sintesi più recenti7 passiamo ora in rassegna le diverse fasi

del medioevo, e di ciascuna vediamo che cosa era feudale, che cosa non lo era, che cosa può prestarsi alla confu sione. Compiamo questo percorso in modo volutamente divulgativo, desumendo l’informazione dalle opere già citate.