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Il dualismo delle istituzioni carolinge: funzionari e vassall

FEUDALESIMO DA CIRCOSCRIVERE

2. Il dualismo delle istituzioni carolinge: funzionari e vassall

Dopo il più stabile insediamento a ovest del Reno era in crisi la solida- rietà tribale e i Franchi non erano più un esercito ‘di popolo’. Così il potere regio fece ricorso a sostegni sostitutivi: i funzionari e i vassalli. Già i re Merovingi avevano costruito un inquadramento provinciale, affidandolo a conti e marchesi. Ma i Carolingi del secolo VIII, prima come maestri di palazzo d’Austrasia e poi come re, presero atto del- l’insufficienza di quell’impianto di matrice romana e promossero a un superiore livello militare un tipo di com mendatio, di legame personale,

5 Boutruche, Signoria e feudalesimo, cit., p. 37.

6 F. L. Ganshof, Che cos’è il feudalesimo?, trad. it. Torino 1989: si noti che, non a caso, quest’opera, che era già stata edita in una decina di paesi del mondo, è stata tradotta in Italia con ben quarantacinque anni di ritardo. L’opera era apprezzata da Duby, Le società

medievali cit., pp. 91-100, che ne auspicava l’allargamento a problemi di mentalità e ai

caratteri specifici del feudalesimo tardomedievale.

7 Tabacco, Il feu dalesimo, cit.; Id., Dai re ai signori cit.; Sergi, Lo sviluppo signorile e

l’inquadramento feudale cit., 1/II, pp. 369-393; G. Albertoni, L. Provero, Il feudalesimo in Italia, Roma 2003; Bordone, Sergi, Dieci secoli cit., p. 52 sgg.

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che fin allora aveva previsto, in cambio della protezione del potente su un subordinato, un servizio di modesti contenuti: i vassi o vassalli si impegnarono, a partire da quella fase, a combattere in difesa del loro se nior.

Il vassaticum si diffuse rapidamente come elemento di coesione delle famiglie aristocratiche impegnate nelle imprese militari. Le clien- tele aristocra tiche di questo tipo erano diverse dalla trustis merovingia, che era un seguito regio di giovani guardie del corpo mantenute a corte. Le clientele vassallatiche nacquero in più luoghi del regno e con diversi seniores. Non occorreva una ca tena di rapporti che conducesse alla supremazia regia: era sufficiente che il re richiamasse agli obblighi militari i conti (perché erano suoi ufficiali), i suoi vassalli – i cosiddetti vassi dominici – (perché si erano assunti direttamente l’impegno), ve- scovi e abati (perché facevano parte di un vertice di ottimati del regno), e i grandi latifondisti (perché erano suoi sudditi come gli altri), per conseguire, grazie all’esistenza di una pluralità di clientele vassallatiche di ciascuno, lo scopo di una mobili tazione ampia ed efficace.

Pertanto la diffusione del vassaticum anche fuori della corte era non solo accettata, ma anche tutelata dal potere regio, ad esempio con provvedimenti contro le diserzioni dalle clientele. Un capitolare di Carlo Magno dell’808 mo stra bene che, quando scatta il ‘banno’ regio – il supremo potere franco che si manifestava nel diritto di con- vocazione militare – c’era ormai un dualismo dell’esercito: gli ufficiali dovevano portare in campo i liberi homines, gli altri potenti do vevano portare le loro clientele. Il re franco sapeva di poter disporre di una trama di rapporti irregolari, correlabili in caso di necessità, e si impe- gnava a coordinare nell’esercito gruppi disparati.

Qualche accenno di legame ‘a catena’ c’era: i vassi dominici avevano loro vassalli; i conti avevano loro vassalli; i conti erano più facilmente reclu tati fra coloro che erano già vassalli. Ma era molto frequente che grandi signori privati fossero seniores di loro clientele, e questi seniores non erano necessa riamente commendati al re o a un vassallo del re: in molti casi dunque la ca tena si in terrompeva o non esisteva affatto.

Qualunque membro dell’aristocrazia, in grado di mantenere ca- vallo e armatura, poteva giurare fedeltà vassallatica a un altro aristo- cratico che lo proteggesse, questo a sua volta poteva essere vassallo di un altro e quest’altro poteva essere vassallo del primo. Può cioè avvenire – ed è difficile immaginarlo se ci si affida solo ai ricordi sco- lastici – che A sia vassallo di B, che B sia vas sallo di C e, attenzione,

che C sia vassallo di A: è una rete non necessaria mente gerarchica di raccordi, rispondente a un bisogno di solidarietà assimilabile a forme di parentela artificiale8.

Nel rituale che dava luogo al rapporto, il vassallo si affidava al senior po nendo le sue mani fra quelle del protettore: è l’immixtio ma- nuum che più tardi assunse il nome di homagium; il vassallo doveva anche prestare giuramento di fedeltà tenendo la mano su oggetti sacri; opzionale era il bacio fra i due con traenti, l’osculum.

Il senior garantiva la sua protezione (tuitio) sul vassus; il servitium di quest’ultimo da principio non comportava necessariamente una rimunera zione, perché c’era un compenso implicito nel mantenimento nella casa del si gnore. Ma poi il servitium sempre più frequentemente militare e l’accresciuto livello sociale dei vassi resero troppo basso quel compenso: e si instaurò l’uso di remunerare il vassallo con un benefi- cium, consistente per lo più in terre prese dal patrimonio fondiario del senior e lasciate in uso al vassallo per la du rata della sua fedeltà. I re carolingi attingevano regolarmente anche al patri monio ecclesiastico, secondo una prassi che risultava spontaneamente giusti ficata: dato che l’apparato regio serviva a difendere le chiese, era considerato normale che le chiese mettessero a disposizione le loro terre che fungessero da benefici per mantenere efficiente quell’apparato. Il rapporto tra fedeltà (elemento personale) e beneficio (elemento reale), prima solo possibile, diventò gradualmente essenziale, e introdusse un maggiore equilibrio tra la figura del senior e quella del vassallo. Nell’avanzato secolo IX si fece strada l’idea che il servizio del commendato doves- se commisurarsi all’entità del beneficio: e così si rese possibile una pluralità di vincoli personali, perché a un certo numero di benefici di limitata entità il vassallo poteva far corrispondere diverse limitate promesse di servizio a diversi signori. Mentre diventava normale, no- nostante vari provvedimenti, una pluralità di omaggi originariamente impensabile, dalla fine del secolo IX a metà dell’XI si affermava anche l’ereditarietà del beneficio, favorita dal regno impegnato a diminuire la fluidità della rete clientelare e a tutelare i vassalli rispetto all’arbitrio dei seniores.

Parallelamente alla sua crescita d’importanza e alla sua tendenziale ere ditarietà, la remunerazione, fin allora chiamata normalmente bene-

8 Famille et parenté dans l’Occident médiéval (Actes du colloque de Paris, 6-8 juin 1974), a cura di G. Duby, J. Le Goff, Rome 1977 (Collection de l’Ecole française de Rome, 30).

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ficium, fu sempre più frequentemente indicata con un altro termine, prima sporadica mente usato: feudo. Few o feo designava in origine la quota di un gregge, spesso usata come premio o compenso nella fase seminomadica della tradi zione franca.

Una considerazione deve essere fatta subito. Il beneficio o feudo di età ca rolingia e dei primi anni postcarolingi non aveva contenuto giurisdizionale, ma solo economico: chi riceveva terre in feudo non riceveva il diritto di comandare sugli abitanti di quelle terre.