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Gli altri “pilastri” della sanità

Nel documento Welfare sanitario e vincoli economici (pagine 134-149)

Universalismo e decentramento alla prova dei vincoli di bilancio

4. Gli altri “pilastri” della sanità

Da un punto di vista finanziario, il modello descritto, se certamente deve considerarsi il “pilastro” fondamentale del sistema sanitario, non è tuttavia l’esclusivo.

Accanto ad esso, infatti, sussistono il c.d. secondo pilastro della sanità, introdotto a partire dalle riforme degli anni ‘90 del secolo scorso e concretantesi in forme di sanità integrativa del Servizio sanitario nazionale, affidata prevalentemente ad agenti no profit, e il c.d. terzo pilastro della sanità, ovvero un sistema di sanità privata, integrativa o sostitutiva514, gestito dalle compagnie di assicurazione515.

Con riguardo al “secondo pilastro”, è opportuno osservare come la storia della sanità integrativa nel nostro paese abbia origini lontane e si radichi nel, già citato, fenomeno delle società di mutuo

512 Cfr. E.FERRARI, Bilancio, ticket sanitari, prestazioni imposte e livelli essenziali delle prestazioni, cit., 7.

513 Su questi rilievi M.BERGO, I nuovi livelli essenziali di assistenza. Al crocevia fra la tutela della salute e le esigenze di bilancio, cit., 16.

514 Come evidenzia A. PIPERNO, La previdenza sanitaria integrativa, Rapporto per l’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Roma, 2017, 12, “la copertura dominante del mercato assicurativo privato […] è di natura sostitutiva e, cioè, riguarda nominalmente le prestazioni già elencate nella copertura del Ssn. Le imprese, infatti, vendono polizze a copertura completa che riguardano i ricoveri ospedalieri e tutte le altre prestazioni non residenziali connesse al ricovero […]. Le imprese di assicurazione sono presenti anche nell’area dell’assistenza integrativa di vario tipo, ma secondo modalità diverse da quelle praticate dal settore mutualistico in senso lato, fondi o casse che siano. Le polizze integrative, infatti, si esplicano per lo più nel pagamento di indennità monetarie nel caso la prestazione sia stata consumata nel contesto dell’assistenza del Ssn”.

515 Sulla suddivisione in tre “pilastri” del sistema sanitario italiano si veda L.ANZANIELLO, Il Secondo pilastro della Sanità, in Quaderno ANSI, 2/2015. Qualifica la sanità privata, comprensiva delle assicurazioni sanitarie, come “terzo pilastro del sistema sanitario italiano” anche S.FERNÁNDEZ MARTÍNEZ, Assicurazioni sanitarie aziendali, in (a cura di)

soccorso, in breve tempo accresciutosi “in numero e in potenza”516 e regolamentato per la prima volta con la legge n. 3818 del 1886.

Da questo primo provvedimento normativo, a tutt’oggi in vigore, l’approccio dello Stato alla salute dell’individuo ha subito, come visto, profonde trasformazioni: l’ideologia liberale, innanzitutto, ha ceduto il passo alla forma sociale dello Stato e ciò si è tradotto nell’introduzione nell’ordito costituzionale del diritto e del correlativo dovere della Repubblica alla tutela della salute; questa responsabilità dello Stato nei confronti dell’individuo e della collettività tutta, poi, è stata strutturata, in un primo tempo, in senso previdenziale, secondo il modello decritto dall’art. 38 della Costituzione, per trasformarsi, in un secondo momento, in un servizio sanitario dall’architettura universalistica.

Pertanto, il momento integrativo necessitava che venisse individuato un raccordo col Servizio sanitario nazionale, troppo distante, storicamente e ideologicamente, dal contesto in cui il fenomeno delle società di mutuo soccorso aveva visto luce.

Così, con il d.lgs. n. 502 del 1992, il legislatore ha tentato per la prima volta di coniugare la sanità integrativa con il modello universale e basato sulla fiscalità generale, facendo del primo un pilastro ancillare del secondo517.

L’art. 9 del decreto, nel testo risultante dalle modifiche apportate, dapprima, con il d.lgs. n. 517 del 1993 e, successivamente, dal d.lgs. n. 229 del 1999, disciplina i c.d. fondi “doc”, prevedendo che al fine di favorire l’erogazione di forme di assistenza sanitaria integrative rispetto a quelle assicurate dal Servizio sanitario nazionale e, con queste comunque direttamente integrate, possano essere istituiti fondi integrativi, la cui denominazione deve contenere l’indicazione “fondo integrativo del Servizio sanitario nazionale”, finalizzati a potenziare l’erogazione di trattamenti e prestazioni non comprese nei Lea518.

Il legislatore sottolinea, dunque, il carattere subalterno dello strumento integrativo rispetto al complesso di prestazioni (Lea) che rientrano nella responsabilità costituzionale del sistema pubblico.

Il decreto individua quali fonti istitutive dei fondi integrativi: a) i contratti e gli accordi collettivi, anche aziendali; b) gli accordi tra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi dai loro sindacati o da associazioni di rilievo almeno provinciale; c) i regolamenti di regioni, enti territoriali ed enti locali; d) le deliberazioni assunte, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, da organizzazioni non lucrative operanti nei settori dell’assistenza socio-sanitaria o dell’assistenza sanitaria; e) le deliberazioni assunte, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, da società di mutuo soccorso riconosciute; f) gli atti assunti da altri soggetti pubblici e privati, a condizione che

516 Cfr. G.CANNELLA, L’assicurazione contro le malattie e contro la tubercolosi, cit., 16. 517 Così ANIA, Fondi sanitari, la necessità di un riordino, 2015, 2.

contengano l’esplicita assunzione dell’obbligo di non adottare strategie e comportamenti di selezione dei rischi o di discriminazione nei confronti di particolari gruppi di soggetti.

Quest’ultima clausola, ossia la condizione di non adottare politiche di selezione dei rischi, è, comunque, espressa in via generale per tutti i soggetti, tra quelli poc’anzi elencati, che intendano istituire fondi sanitari integrativi519.

Da questa circostanza e dall’esplicita menzione degli “atti assunti da altri soggetti pubblici e privati” tra le fonti istitutive dei fondi integrativi, sembrerebbe doversi evincere l’idea che tra i soggetti “possano ricomprendersi anche istituzioni con finalità di lucro (come ad esempio le società di assicurazione), che sono chiamati per questa ragione a rendere esplicita l’assunzione dell’obbligo di non discriminazione di particolari tipologie di persone”520.

Il campo di applicazione dei fondi è individuato in via generica nelle: a) prestazioni aggiuntive, non comprese nei livelli essenziali ed uniformi di assistenza e con questi comunque integrate, erogate da professionisti e da strutture accreditati; b) prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale comprese nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza, per la sola quota posta a carico dell’assistito, inclusi gli oneri per l’accesso alle prestazioni erogate in regime di libera professione intramuraria e per la fruizione dei servizi alberghieri su richiesta dell’assistito di cui all’articolo 1 , comma 15, della legge n. 662 del 1996; c) prestazioni sociosanitarie erogate in strutture accreditate residenziali e semiresidenziali o in forma domiciliare, per la quota posta a carico dell’assistito.

Peraltro, come chiarisce il successivo comma 5, fra le suddette prestazioni devono ritenersi ricomprese: a) le prestazioni di medicina non convenzionale, ancorché erogate da strutture non accreditate; b) le cure termali, limitatamente alle prestazioni non a carico del Servizio sanitario nazionale; c) l’assistenza odontoiatrica, limitatamente alle prestazioni non a carico del Servizio sanitario nazionale e comunque con l’esclusione dei programmi di tutela della salute odontoiatrica nell’età evolutiva e dell’assistenza, odontoiatrica e protesica, a determinate categorie di soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità.

Il decreto, inoltre, prevede che i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale siano autogestiti. Essi possono, altresì, essere affidati in gestione mediante convenzione, da stipulare con istituzioni pubbliche e private che operano nel settore sanitario o sociosanitario da almeno cinque anni. Le regioni, le province autonome e gli enti locali, in forma singola o associata, possono partecipare alla gestione dei fondi521.

519 Così il comma 3 dell’art. 9, d.lgs. n. 502/1992.

520 G.LABATE – A.TARDIOLA, La sanità integrativa in Italia, paper per il 1° sottogruppo “Andamenti della spesa, sostenibilità e modelli di finanziamento” del gruppo di studio Astrid su “Le politiche sanitarie”, 4.

Ai sensi dei successivi commi, infine, detta disciplina di principio avrebbe dovuto trovare più puntuale specificazione, da un lato, con decreto del ministro della sanità, in ordine alle prestazioni da porsi a carico dei fondi integrativi522, dall’altro, con regolamento attuativo, in ordine agli aspetti organizzativi e funzionali dei fondi 523.

Dei due provvedimenti solo il primo ha visto la luce. Con il decreto ministeriale del 31 marzo 2008 (c.d. decreto Turco), poi modificato dal decreto ministeriale del 27 ottobre 2009 (c.d. decreto Sacconi), infatti, si è proceduto alla determinazione specifica delle prestazioni ricadenti dell’ambito di applicazione dei fondi integrativi ed alla istituzione dell’Anagrafe dei fondi sanitari integrativi.

In particolare, vi si stabilisce524 che gli ambiti di intervento dei Fondi sanitari integrativi del servizio sanitario nazionale, comprendono le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie di prevenzione, cura e riabilitazione già definite dall’art. 9 del d.lgs. n. 502 del 1992 e, inoltre, le prestazioni socio- sanitarie di cui all’art. 3-septies del d.lgs. n. 502 del 1992525, le prestazioni di cui all’art. 26 della legge n. 328 del 2000526, in quanto non ricomprese nei Lea e quelle finalizzate al recupero della salute di soggetti temporaneamente inabilitati da malattia o infortunio per la parte non garantita dalla normativa vigente, le prestazioni, infine, di assistenza odontoiatrica non comprese nei Lea per la prevenzione, cura e riabilitazione di patologie odontoiatriche.

522 Così il comma 6 dell’art. 9, d.lgs. n. 502/1992, ai sensi del quale “con decreto del Ministro della sanità, previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disciplina del trattamento fiscale ai sensi del comma 10, sono individuate le prestazioni relative alle lettere a), b) e c) del comma 5, nonché quelle ricomprese nella lettera c) del comma 4, le quali, in via di prima applicazione, possono essere poste a carico dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale”.

523 Ai sensi del comma 8 dell’art. 9, d.lgs. n. 502/1992, infatti, “entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della disciplina del trattamento fiscale ai sensi del comma 10, è emanato, su proposta del Ministro della sanità, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il regolamento contenente le disposizioni relative all’ordinamento dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale. Detto regolamento disciplina: a) le modalità di costituzione e di scioglimento; b) la composizione degli organi di amministrazione e di controllo; c) le forme e le modalità di contribuzione; d) i soggetti destinatari dell’assistenza; e) il trattamento e le garanzie riservate al singolo sottoscrittore e al suo nucleo familiare; f) le cause di decadenza della qualificazione di fondo integrativo del Servizio sanitario nazionale”.

524 In particolare l’art. 1, d.m. 31 marzo 2008.

525 Come chiarisce l’art. 3-septies, commi 1 e 2, d.lgs. n. 502/1992, “si definiscono prestazioni sociosanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione. Le prestazioni sociosanitarie comprendono: a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite; b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute”.

526 L’art. 26, l. n. 328/2000 estende l’ambito di applicazione dei fondi integrativi di cui all’art. 9 del d.lgs. n. 502/1992 alle “spese sostenute dall’assistito per le prestazioni sociali erogate nell’ambito dei programmi assistenziali intensivi e prolungati finalizzati a garantire la permanenza a domicilio ovvero in strutture residenziali o semiresidenziali delle persone anziane e disabili”.

Anche il decreto Turco, dunque, ribadisce la subalternità dei fondi integrativi rispetto al principale modello di finanziamento che deve farsi carico dell’imprescindibile assicurazione dei Lea sull’intero territorio nazionale.

Ciò, a ben vedere, giustifica la disciplina fiscale di favore che l’art. 10, comma 1, lett. e-ter), del d.lgs. n. 917 del 1986 (TUIR) prevede per i fondi integrativi “doc”, laddove stabilisce che i contributi versati ad essi, fino ad un massimo di 3.615,20 euro, si deducono dal reddito complessivo delle persone fisiche.

Infatti, “la previsione e lo sviluppo di forme differenziate e integrative di assistenza anche di natura privata ha la principale finalità di assorbire la sempre più crescente «domanda sanitaria», consentendo al servizio pubblico di affrontare in modo più rapido ed efficace la richiesta ad esso rivolta favorendo così una ridistribuzione del «carico» prestazionale su soggetti diversi con una conseguente migliore allocazione delle risorse disponibili anche in termini di costi”527.

Accanto alla categoria dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, il nostro ordinamento contempla anche i fondi non “doc”, ossia quelli che l’art. 51, comma 2, lett. a) del TUIR definisce come “enti, casse e società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fini assistenziali”. Il requisito dell’esclusività si considera soddisfatto laddove detti fondi dimostrino di aver erogato annualmente a favore degli iscritti prestazioni rientranti nell’ambito di operatività dei fondi “doc” in misura non inferiore al 20% dell’ammontare complessivo delle attività528.

La distinzione tra fondi “doc” e fondi non “doc” concerne sostanzialmente le prestazioni sanitarie oggetto dell’ambito di intervento delle due categorie. Se, come visto, i fondi integrativi possono riguardare esclusivamente prestazioni non rientranti nei Lea, al contrario, ai sensi dell’art. 1, comma 3, del decreto ministeriale del 31 marzo 2008 (decreto Turco), gli ambiti di intervento dei fondi non “doc” “comprendono il complesso delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie da essi assicurate secondo i propri statuti e regolamenti, nonché i costi di compartecipazione alla spesa sostenuti dai cittadini nella fruizione delle prestazioni del servizio sanitario nazionale e gli oneri per l’accesso alle prestazioni erogate in regime di libera professione intramuraria”.

527 Cfr. M.PANERI, I fondi sanitari integrativi, in (a cura di) R.BALDUZZI-G.CARPANI, Manuale di diritto sanitario, cit., 420.

528 Così l’art. 1, comma 2, del decreto Turco. Il requisito è, poi, stato ulteriormente specificato dal successivo decreto ministeriale del 27 ottobre 2009 (c.d. decreto Sacconi), il quale all’art. 5 ha stabilito che “la soglia delle risorse vincolate si intende rispettata a condizione che, su base annua, le risorse specificamente impegnate per l’erogazione delle prestazioni di cui all’art. 2, comma 2, lettera d), non siano inferiori al 20 per cento del totale delle risorse impegnate per l’erogazione complessiva delle prestazioni garantite ai propri assistiti al netto delle spese gestionali, in coerenza con i dati comunicati all’Anagrafe dei fondi sanitari ai sensi dell’art. 3, comma 4. Il rispetto della soglia delle risorse vincolate, su base annua, a partire dall’anno gestionale 2010, costituisce condizione per considerare rispettati gli ambiti di intervento fissati dal Ministro della salute e conseguentemente, a partire dall’anno 2012, per beneficiare, annualmente, del trattamento fiscale agevolato ai sensi dell’art. 51, comma 2, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. Il presente decreto verrà inviato alla Corte dei conti per la registrazione e alla Gazzetta Ufficiale per la pubblicazione”.

Gli enti, le casse e le società di mutuo soccorso, insomma, possono finanziare anche l’accesso a prestazioni rientranti nei Lea, non soffrendo esse la limitazione posta per i fondi “doc” dall’art. 9 del d.lgs. n. 502 del 1992, oltre che ticket, fruizione di servizi alberghieri, prestazioni socio-sanitarie, per la parte a carico dell’assistito, medicina non convenzionale, cure termali, assistenza odontoiatrica non garantita dal Servizio sanitario nazionale529.

I fondi erogati dalle casse e dalle società di mutuo soccorso, dunque, oltre ad essere integrativi del servizio sanitario nazionale possono, altresì, essere sostitutivi del medesimo.

E, ciononostante, anche per questa tipologia di fondi è previsto un regime fiscale di favore. Ai sensi del già citato art. 51, comma 2, lett. a), del TUIR, modificato in questo senso dall’art. 1, comma 197, lett. b), della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2007), infatti, “non concorrono a formare il reddito [da lavoro dipendente] […] i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale […] per un importo non superiore complessivamente ad euro 3.615,20”.

Il meccanismo di sgravio fiscale, dunque, si applica solo laddove la contribuzione sia avvenuta per effetto di disposizioni contenute in contratti, accordi o regolamenti aziendali; è, cioè, prevista solo per i lavoratori dipendenti, restando, invece, esclusi dalla disciplina di favore i lavoratori autonomi o i soggetti che si iscrivono spontaneamente a tale tipologia di fondi530.

Da ciò emerge inequivocabilmente, nonostante ad oggi non esista ancora una disciplina organica del settore531, l’intenzione del legislatore di promuovere il fenomeno dei fondi sia doc, caratterizzati in senso integrativo rispetto al Servizio sanitario nazionale, sia non “doc”, la cui natura, come visto, è anche sostitutiva. Nel lungo termine, questa tendenza potrebbe trasformare l’attuale sistema sanitario, con una graduale sostituzione del secondo pilastro all’attuale modello universale e l’introduzione di una nuova forma di assistenza sanitaria di stampo assicurativo/mutualistico strettamente connessa alla qualità di lavoratore dipendente. Com’è emerso, infatti, il meccanismo di sgravio fiscale per i fondi non “doc”, opera esclusivamente solo laddove la contribuzione sia avvenuta

529 Di questo avviso G.LABATE – A.TARDIOLA, La sanità integrativa in Italia, cit., 2.

530 Infatti, come chiarisce l’AGENZIA DELLE ENTRATE nella risoluzione n. 107-E del 2014, “mentre l’art. 10, comma 1, lett. e-ter) disciplina gli oneri deducibili dal «reddito complessivo», ricomprendendo, tra questi, i contributi versati ai fondi integrativi nazionali, ma non a quelli versati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale, l’art. 51, comma 2, lett. a), si riferisce specificamente al reddito da lavoro dipendente, prevedendo espressamente la deducibilità dei contributi versati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale, ma non a quelli versati ai fondi integrativi del servizio sanitario nazionale. La differenza tra i fondi sanitari integrativi e gli enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale consiste proprio nel fatto che i primi […] sono finalizzati all’erogazione di prestazioni non comprese nei livelli essenziali di assistenza, mentre i secondi possono finanziare anche prestazioni sostitutive rispetto a quelle già erogate dal servizio sanitario nazionale”.

531 È, infatti, ancora assente una regolamentazione organica della struttura e del funzionamento dei fondi integrativi. Come evidenziato il regolamento dei fondi “doc” previsto dall’art. 9 del d.lgs. n. 502/1992 non è mai stato emanato. Inoltre, i fondi non “doc” sono citati solamente dalla normativa fiscale e dal decreto Turco ai fini della determinazione delle prestazioni ricadenti nel loro ambito di operatività.

per effetto di disposizioni contenute in contratti, accordi o regolamenti aziendali, applicandosi dunque esclusivamente ai lavoratori dipendenti e non anche agli autonomi.

Questa ricostruzione è, poi, avvalorata dalla disciplina fiscale introdotta dalla legge n. 232/2016 (legge finanziaria per il 2017) per le assicurazioni sanitarie stipulate dal datore di lavoro a favore dei propri dipendenti.

All’interno di quello che viene definito “terzo pilastro della sanità”, ossia il settore della sanità privata, grandissimo interesse suscita il fenomeno delle assicurazioni sanitarie aziendali. In generale, il c.d. welfare aziendale “riguarda le provvidenze che i datori di lavoro possono offrire e offrono ai dipendenti e ai loro famigliari relativamente ad una vasta gamma di beni e servizi che vanno dai buoni pasto agli asili nido fino all’area dell’assistenza sanitaria. La base secondo cui si istituiscono questi benefici sta nel contratto di lavoro che lega il dipendente al datore di lavoro”532.

Più nello specifico, le assicurazioni sanitarie aziendali sono dei contratti assicurativi “a favore di terzi aventi ad oggetto il trasferimento del rischio legato a problemi di salute. In particolare, il datore di lavoro, con la stipula della polizza sanitaria collettiva a favore dei lavoratori (terzi assicurati), si obbliga a versare alla compagnia assicurativa il relativo premio. L’adesione del lavoratore alla polizza può essere volontaria o obbligatoria”533.

Questi strumenti assicurativi sono solitamente esclusi dai regimi di esenzione d’imposizione sul reddito. Esiste, tuttavia, una fattispecie di deducibilità introdotta dall’art. 1, comma 161, della legge n. 232 del 2016 (legge finanziaria per il 2017), che ha aggiunto la lett. f) quater al comma 2 dell’art. 51 del TUIR, la quale prevede che non concorrono a formare reddito da lavoro dipendente “i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana […] o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie”.

5. Conclusioni

Dalle considerazioni svolte emergono due linee evolutive del sistema di assistenza sanitaria italiano.

532 Cfr. A.PIPERNO, La previdenza sanitaria integrativa, cit., 14.

533 Cfr. S.FERNÁNDEZ MARTÍNEZ, Assicurazioni sanitarie aziendali, in (a cura di) ADAPT AIWA, Dizionario breve sul welfare aziendale, 1.

In primo luogo, è certamente in atto un processo di definanziamento, che trova la sua origine nell’attuale contesto di crisi economica e finanziaria e nell’esigenza di mantenere a livelli di “accettabilità” il deficit pubblico.

Come visto, infatti, il novellato art. 81 della Costituzione pone una sorta di tetto di spesa al legislatore nazionale, privandolo di quella discrezionalità politica, che, si ritiene, dovrebbe invece

Nel documento Welfare sanitario e vincoli economici (pagine 134-149)

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