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segue…d) il d.p.c.m del 12 gennaio 2017, di aggiornamento dei Lea

Nel documento Welfare sanitario e vincoli economici (pagine 125-131)

Universalismo e decentramento alla prova dei vincoli di bilancio

3. Il modello attuale di finanziamento della sanità in Italia: a) la delega sul federalismo fiscale e il d.lgs n 68 del

3.3. segue…d) il d.p.c.m del 12 gennaio 2017, di aggiornamento dei Lea

Nel discorso relativo ai caratteri finanziari dell’attuale modello di tutela della salute, un’importanza cruciale riveste la tematica dei livelli essenziali di assistenza, soprattutto alla luce del loro recente aggiornamento, per troppo tempo atteso, avvenuto con d.p.c.m. del 12 gennaio 2017.

Come già anticipato, i Lea, già previsti dal legislatore del 1978, che adottò la formula “livelli uniformi di assistenza”, acquistano la qualità di “essenziali” con le riforme bis e ter degli anni ‘90 del secolo scorso e travalicano i confini del diritto sanitario per porsi come vincolo generale al legislatore nazionale con la riforma del Titolo V della Costituzione, avvenuta con la legge cost. n. 3 del 2001.

Da un punto di vista contenutistico, i Lea possono definirsi come quel “nucleo imprescindibile delle prestazioni che [devono] essere assicurate dal Ssn, la cui individuazione [deve] essere contestuale all’indicazione delle risorse stanziate per il finanziamento della sanità”470.

Pare che tale clausola coincida con quel “nucleo irriducibile” del diritto che la Corte costituzionale individua come limite alle operazioni di bilanciamento che il legislatore è chiamato ad effettuare tra la tutela della salute ed altri interessi costituzionalmente rilevanti, tra cui spiccano, perché ricorrenti e soprattutto perché assiologicamente incomparabili col “diritto a”, le esigenze di bilancio.

La diversità assiologica tra i due interessi è tale che il bilanciamento tra di essi, ossia tra esigenze economico-finanziarie ed esigenze sociali, viene, a ragione, definito quale “bilanciamento ineguale”, in cui “il fine è sempre e solo il soddisfacimento dei diritti della persona, non mai l’efficienza economica in sé e per sé”471.

Per tale via, si arriva a sostenere che di un vero e proprio bilanciamento, che avviene sempre tra “eguali”, non potrebbe neppure parlarsi, data l’impossibilità di porre sullo stesso piano il fine (ovvero il soddisfacimento dei diritti sociali) e il mezzo (ossia l’efficienza economica)472.

Ed effettivamente non può essere ignorata la profonda lontananza assiologica tra i diritti sociali, intimamente connessi sia alla supremazia della “persona” nel disegno complessivo della Carta costituzionale, sia al medesimo modello dello Stato democratico473, e le esigenze di bilancio,

470 Cfr.N.VICECONTE, L’introduzione dei costi standard e il finanziamento dei livelli essenziali della salute, cit., 79. 471 Così M.LUCIANI, Sui diritti sociali, cit., 127.

472 In questi termini M.LUCIANI, Sui diritti sociali, cit., 126. Si veda, altresì, M.BENVENUTI, Diritti sociali, cit., 257, secondo il quale sarebbe improprio ermeneuticamente il tentativo di “[…] ricondurre l’argumentum della limitatezza delle risorse disponibili – o, a fortiori, del condizionamento finanziario dei diritti sociali – all’interno di un percorso argomentativo che lo assume assiologicamente contrapposto a questi ultimi”.

473 Sulla consustanzialità tra eguaglianza e democrazia si veda M.LUCIANI, Sui diritti sociali, cit., 104 ss., secondo il quale l’idea stessa di democrazia presuppone che “del demos facciano parte tutti coloro che si trovano in possesso di determinati requisiti formali, del tutto indipendenti dalla loro collocazione e dal loro ruolo sociale […] ciò che conta è che tutti siano posti in condizione di decidere delle cose comuni, con gli stessi identici diritti. In democrazia, insomma, non si pesa, ma si conta […] senza suffragio universale, dunque, niente democrazia. Ma il principio dell’universalità del suffragio si fonda direttamente sull’idea della irriducibile eguaglianza di tutti i titolari dell’elettorato attivo. Se così non

riassumibili nella formula dell’equilibrio finanziario, carenti della stringente logica che accompagna, invece, le prime.

Eppure, di un bilanciamento nel discorso in oggetto pare non se ne possa fare a meno. Se si considera quanto emerso a proposito della definizione del fabbisogno sanitario nazionale, ossia l’impossibilità di servirsi di una metodologia che privilegi esclusivamente le esigenze prestazionali a scapito di una, seppur limitata, considerazione del tetto di spesa, ci si avvede dell’imprescindibilità di un’operazione di ponderazione tra le due istanze.

Certo, seguendo la giurisprudenza della Consulta, ciò non può significare una compressione del diritto tale da renderlo irriconoscibile.

Detto altrimenti, se è vero che la “crisi fiscale dello Stato sociale” determina l’emersione del condizionamento finanziario dei diritti474, quest’ultimo, tuttavia, non può risolversi in una compressione e violazione della tutela; può, al più, determinare l’emersione della necessità di “fare i conti con le risorse organizzative e finanziarie di cui il decisore dispone”475.

Da ciò deriva, se si ammette l’identità tra nucleo irriducibile del diritto e livelli essenziali delle prestazioni, che le esigenze di “contenimento della cassa” non possono ritenersi sufficienti a dispensare il legislatore dall’apprestare la tutela del diritto alla salute, non solo nell’an, ma anche nel quantum476.

Tale imprescindibilità, tuttavia, raramente è stata presente al legislatore che, di contro, ha, da un lato, adottato formule di determinazione della spesa sanitaria che sembrano tradire l’impostazione sommariamente descritta, dall’altro, tardato ingiustificatamente nell’adozione di un provvedimento di aggiornamento dei Lea.

Nella prima direzione, rivelatrice si dimostrano le disposizioni di cui agli artt. 25 e 26 del d.lgs. n. 68/2011, ai sensi dei quali la determinazione di fabbisogno e costo standard deve avvenire “compatibilmente” con i (e “nel rispetto” dei) vincoli di finanza pubblica477.

Diversamente, il legislatore della riforma sanitaria ter, aveva stabilito che “l’individuazione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza assicurati dal Servizio sanitario nazionale, dovesse essere effettuata contestualmente all’individuazione delle risorse finanziarie destinate al Servizio sanitario nazionale, nel rispetto delle compatibilità finanziarie definite per l’intero sistema di finanza pubblica nel documento di programmazione economico-finanziaria”478. Tale scelta correggeva l’impostazione

fosse, l’esigenza del suo conferimento a tutti – indistintamente – i cittadini non avrebbe senso. Contare e non pesare si può solo se ciò che viene contato (le teste) viene presunto eguale”.

474 Si veda in questo senso R.FERRARA, Salute (diritto alla), cit., 521. 475 Cfr. R.BALDUZZI, Salute (diritto alla), cit., 5397.

476 Così E.VIVALDI, Garanzia dei diritti sociali e livelli essenziali delle prestazioni, cit., 289. 477 In questo senso si vedano gli artt. 25 e 26, d.lgs. n. 68/2011.

della precedente riforma bis del 1992 ove si stabiliva che i livelli essenziali fossero determinati “in coerenza” con le risorse finanziarie disponibili479.

Ora, la differenza tra le due scelte lessicali non è meramente terminologica. Dall’avverbio “contestualmente”, scelto nel 1999, emerge un momento temporale (“contestualmente” infatti corrisponderebbe a “contemporaneamente”) che esclude ogni tipo di subordinazione della garanzia dei livelli essenziali al vincolo finanziario480.

Di contro, la locuzione “compatibilmente” pare una riproposizione aggravata della scelta del legislatore del 1992481. Le espressioni “in coerenza” e “compatibilmente” (il discorso vale probabilmente a fortiori per quest’ultima) esprimerebbero un vincolo “negativo, di non contraddizione e di formale congruenza”482, che rimanda a rapporti di subalternità tra la consistenza dei livelli essenziali e il, seppure imprescindibile, condizionamento finanziario. Con il rischio, in quest’ultimo caso, che si arrivi a garantire solo livelli “minimi” di prestazioni sanitarie e, più in generale, sociali, in netta contraddizione con la ratio dell’espressione utilizzata dal legislatore costituzionale del 2001, “livelli essenziali”, che rimanda alla necessità non di contenere le sperequazioni sociali, bensì di superarle483. In sostanza, il riferimento ai livelli essenziali “pone un

479 Su tali rilievi si veda L.CUOCOLO, I “costi standard” tra federalismo fiscale e centralismo, cit., 108, secondo il quale, testualmente, la scelta del 1992, “che pur trovava una giustificazione fattuale nella disperata situazione delle finanze pubbliche (era il tempo dell’uscita dell’Italia dallo Sme), fu – negli anni successivi – messa in discussione da una parte della dottrina, arrivando alla fine del decennio alla riforma sanitaria ter, che richiedeva la determinazione dei livelli essenziali «contestualmente» alle risorse disponibili, così abbandonando ogni subordinazione logica dei primi alle seconde e, per contro, postulando una pariordinazione cronologica”.

480 Su questi rilievi G.GRASSO, Federalismo, federalismo fiscale, federalismo sanitario. Il lessico costituzionale alla prova dei costi standard, cit., 177.

481 Così L.CUOCOLO, I “costi standard” tra federalismo fiscale e centralismo, cit., 108, secondo il quale la scelta del legislatore del 2011 riporta “la memoria al lontano 1992, anno in cui la riforma bis del Sistema sanitario nazionale dispose che i livelli essenziali fossero determinati «in coerenza» con le risorse finanziarie disponibili”.

482 Cfr.G.GRASSO, Federalismo, federalismo fiscale, federalismo sanitario. Il lessico costituzionale alla prova dei costi standard, cit., 177.

483 In questi termini: E.VIVALDI, Garanzia dei diritti sociali e livelli essenziali delle prestazioni, cit., 289, la quale richiama l’espressione di M.LUCIANI, A mo’ di conclusione: le prospettive del federalismo in Italia, in (a cura di) A.

PACE, Quale dei tanti federalismi?, Atti del Convegno Internazionale organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza

dell’Università “La Sapienza”, Roma 31 gennaio-1 febbraio 1997, Padova, Cedam, 1997, 260. In questo senso si veda altresì E.BALBONI, Il concetto di “livelli essenziali e uniformi” come garanzia in materia di diritti sociali, cit., 109-10,

secondo cui “per minimo si può pensare ad un parametro che effettivamente faccia riferimento quasi esclusivamente alla dimensione finanziaria: sono minimi i livelli che il sistema pubblico riesce a garantire a fronte di una dotazione vincolata di risorse, a prescindere dai principi ispiratori dello stesso sistema di erogazione. La valenza di «minimo» sembrerebbe pertanto riferita non alla situazione di bisogno del fruitore del servizio, bensì alla capacità finanziaria del sistema erogatore dei servizi […] per garantito si può invece pensare ad un parametro che fa riferimento essenzialmente ad una scelta politica: sono garantiti i livelli che il sistema pubblico valuta come adeguati, sulla base di un insieme di considerazioni – che possono essere tecniche, finanziarie ma anche culturali ovvero, tout court, ideologiche. In tal modo si sposta l’attenzione più sulla volontà del sistema erogatore che sullo stato di bisogno dei soggetti fruitori”. In sostanza, “[…] i livelli delle prestazioni sembrano dovere raggiungere un grado che si considera soddisfacente non più in relazione ai vincoli economico-finanziari, bensì in relazione a obiettivi di benessere e di equità che vanno oltre il piano strettamente finanziario”.

vincolo al legislatore non solo sull’an della loro definizione [derivante già di per sé dalla menzione nel testo costituzionale del diritto alla salute], ma anche, in qualche misura, sul quantum”484.

Sul secondo versante, ossia il ritardato aggiornamento dei Lea, conviene svolgere qualche considerazione più tecnica.

Fin dal principio l’individuazione dei Lea è stata un’operazione problematica, dal momento che gli atti normativi di programmazione nazionale (ossia i Piani sanitari nazionali) hanno disatteso, per tutti gli anni ’90 del secolo scorso, il compito loro attribuito dalla legge di indicare e fissare le prestazioni da erogarsi necessariamente a carico del Servizio sanitario nazionale, e, di conseguenza, quelle escluse dall’assistenza pubblica. Il Psn per gli anni 1994-1996 e quello per gli anni 1998-2000

indicavano esclusivamente le prestazioni non erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale, e, dunque, i Lea venivano ricavati per differenza.

Com’è noto, il d.l. n. 347 del 2001, convertito in legge n. 405 del 2001, ha rimesso ad una fonte secondaria, ovvero ad un d.p.c.m., da concertarsi in sede di Conferenza Stato-Regioni, la definizione dei Lea. Tale definizione è avvenuta con il d.p.c.m. 29 novembre 2001, che ha suddiviso i livelli di assistenza nelle tre macroaree dell’assistenza sanitaria in ambiente di vita e di lavoro, assistenza distrettuale, assistenza ospedaliera.

L’aggiornamento dell’elenco dei Lea, che avrebbe dovuto avvenire periodicamente485, si è fatto attendere fino al gennaio del 2017. Le uniche e sporadiche modifiche che sono intervenute medio tempore sono: il d.p.c.m. 16 aprile 2002, con cui si è proceduto all’inserimento nell’elenco del 2001 di un allegato n. 5, contenente “Linee guida sui criteri di priorità per l’accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi di attesa”; al d.p.c.m. 28 novembre 2003, che ha inserito nell’elenco alcune certificazioni mediche in precedenza escluse; al d.p.c.m. 7 marzo 2007, con il quale è stata estesa la portata di alcune prestazioni già presenti nell’elenco del 2001.

Tale situazione di paralisi, che, a ben vedere, è da attribuirsi alla precarietà delle condizioni politiche che ha accompagnato questi primi diciotto anni del XXII secolo, oltre che, chiaramente, ai “vincoli sempre più stringenti di carattere economico-finanziario che rendono più difficile la

484 Cfr. E.VIVALDI, Garanzia dei diritti sociali e livelli essenziali delle prestazioni, cit., 289. Sul significato della clausola di cui all’art. 117, comma 2, lett. m) si veda M.LUCIANI, I diritti costituzionali tra Stato e Regioni (a proposito

dell’art. 117 c. 2° lett. m) della Costituzione), in Pol. dir., 2002, 345 ss. Sui rapporti tra Stato e Regioni in materia di livelli essenziali sanitari: ID., I livelli essenziali delle prestazioni in materia sanitaria tra Stato e Regioni, cit., 9 ss. Per una ricognizione sulla giurisprudenza costituzionale sull’art. 117, c. 2, lett. m) della Costituzione, si rinvia a: M.BELLETTI,

Le Regioni “figlie di un Dio minore”. L’impossibilità per le Regioni sottoposte a Piano di rientro di implementare i livelli essenziali delle prestazioni, cit.; E.FRONTONI, Determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti

civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, cit., 149 ss.;

485 L’art. 1, comma 10, lett. b), del d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal d.lgs. n. 229/1999, infatti, prevedeva che il Piano sanitario nazionale indicasse, tra le altre cose, “i livelli essenziali di assistenza sanitaria da assicurare per il triennio di validità del Piano”.

sostenibilità del costo delle prestazioni”486, si è conclusa con l’emanazione del d.p.c.m. del 12 gennaio 2017, sebbene segni anticipatori devono intravedersi nel Patto per la salute 2014-2016, con il quale si era manifestata l’esigenza stringente di procedere ad un aggiornamento dei Lea, e nella legge di stabilità per il 2016, che aveva vincolato 800 milioni, dei 111 miliardi di euro destinati al finanziamento del Fondo sanitario nazionale, all’aggiornamento dei Lea.

Il decreto del gennaio 2017, che si è sostituito completamente al precedente del novembre 2001, a differenza di quest’ultimo, si dimostra estremamente descrittivo: in luogo della precedente puntuale nomenclatura, “si è preferito definire e descrivere con i conseguenti margini di elasticità, quale deve essere l’oggetto delle prestazioni più che indicarle specificamente”487.

Ciò evidenzia la particolare attenzione del provvedimento all’appropriatezza delle prestazioni a carico del Ssn, secondo un cambio di rotta rispetto all’atteggiamento del legislatore degli ultimi decenni, il quale privilegiava l’effettiva uguaglianza nel godimento del diritto piuttosto che l’uniformità delle prestazioni da erogare488.

Il carattere dell’appropriatezza delle prestazioni, peraltro, è normativamente previsto. Esso, infatti, “dopo aver tratto le sue origini da atti internazionali (una raccomandazione del 1997 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa agli Stati membri e, soprattutto, sempre nello stesso anno, la Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina), viene recepito nella legge finanziaria per il 1998 (l. n. 449/997), per trovare nel Psn 1998-2000 (d.p.r. n. 323/1998) una sua amplia disciplina, che ne evidenzia subito le tre valenze o dimensioni tipiche: a) quella clinica (o specifica), commisurata al beneficio effettivo, rispetto al rischio clinico, dell’intervento sanitario, e che avrebbe una sua proiezione oggettiva, valida per la generalità dei pazienti, rientrante nei livelli essenziali, e una personale, soggettiva, che invece sfuggirebbe, per forza di cose, a questi ultimi; b) quella organizzativa (o generica), commisurata al livello assistenziale e organizzativo in cui la prestazione sanitaria è resa (scelta nel caso concreto tra reparto per acuti, day hospital, ambulatorio specialistico, medicina di base); c) quella temporale, che si collega indissolubilmente alla questione dei tempi (ragionevoli e proporzionati) dell’erogazione della prestazione e quindi, in particolare, delle liste d’attesa negli ospedali”489.

486 Tali ragioni sono sottolineate da F.ANGELINI, Dalla fine di un irragionevole divieto al caos di una irragionevole risposta. La sentenza n. 162 del 2014 della Corte costituzionale, lo Stato e le Regioni sulla fecondazione assistita eterologa, in Istituzioni del federalismo, 1/2015, 75, nt. 41.

487 Cfr. V. ANTONELLI, La garanzia dei livelli essenziali di assistenza nei primi 40 anni del Servizio sanitario nazionale: dall’uniformità all’appropriatezza, in Federalismi.it, 28 marzo 2018, 14-5.

488 Così V.ANTONELLI, La garanzia dei livelli essenziali di assistenza nei primi 40 anni del Servizio sanitario nazionale: dall’uniformità all’appropriatezza, cit., 21.

489 Cfr. M.COSULICH G.GRASSO, Le prestazioni sanitarie, in (a cura di) R.BALDUZZI-G.CARPANI, Manuale di diritto sanitario, cit., 349.

In questo senso, allora, al decreto del 12 gennaio 2017 è possibile attribuire natura costitutiva per i nuovi livelli essenziali, nel senso che il medesimo deve considerarsi non come un mero aggiornamento del precedente provvedimento, bensì una riscrittura totale, secondo una nuova «concezione» di assistenza sanitaria”490.

Contenutisticamente491, l’art. 1 del decreto individua quali livelli di assistenza da assicurare: prevenzione collettiva e sanità pubblica; assistenza distrettuale; assistenza sociosanitaria; assistenza ospedaliera; assistenza specifica a particolari categorie.

Le successive disposizioni elencano, poi, analiticamente le prestazioni e le attività da ascriversi a ciascuna macroarea, allargandone considerevolmente il numero e la tipologia rispetto a quanto precedentemente previsto.

Particolare importanza, in questo senso, rivestono la menzione del Piano nazionale vaccini, che prevede l’introduzione di nuove profilassi, tra cui l’anti papilloma virus, l’anti pneumococco e l’anti meningococco, e la fecondazione eterologa gratuita, che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 162 del 2014, ha ritenuto legittima “qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute o irreversilibili”492.

L’introduzione di nuove prestazioni comporta un delisting delle prestazioni obsolete.

Il documento stabilisce, inoltre, la percentuale di interventi chirurgici trasferibili dal regime di day surgery al regime ambulatoriale e l’obbligo per le regioni di adottare misure che incentivino il passaggio dal ricovero ordinario a quello diurno per tutta una serie di prestazioni 493.

Il decreto ha previsto che i Lea vengano aggiornati ogni anno da un comitato permanente, la “Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA e la promozione dell’appropriatezza nel

490 M.BERGO, I nuovi livelli essenziali di assistenza. Al crocevia fra la tutela della salute e le esigenze di bilancio, in Rivista AIC, 2/2017.

491 Per una disamina approfondita del contenuto del d.p.c.m. del 12 gennaio 2017 si rimanda a G.GUERRA, I nuovi livelli essenziali di assistenza sanitaria, in Politiche Sanitarie, n. 1/2017.

492 Per un commento alla sentenza n. 162/2014, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 4, comma 3, l. n. 40/2004, si rinvia a: F.ANGELINI, Dalla fine di un irragionevole divieto al caos di una irragionevole

risposta. La sentenza n. 162 del 2014 della Corte costituzionale, lo Stato e le Regioni sulla fecondazione assistita eterologa, cit.; M.P.IADICICCO, La medicina nella Corte costituzionale italiana. Osservazioni sul diritto alla salute tra

legislatore, scienza medica e giudice costituzionale, in (a cura di) L.CHIEFFI, La medicina nei tribunali, Bari, Cacucci

Editore, 2016, 58 ss.

493 Così l’art. 41, comma 2, d.p.c.m. del 12 gennaio 2017, ai sensi del quale “le regioni e le province autonome adottano entro il 15 marzo 2017 adeguate misure per incentivare il trasferimento dal regime di day surgery al regime ambulatoriale degli interventi chirurgici elencati nell’allegato 6B in una percentuale, sul totale dei ricoveri di day surgery, fissata per ciascuna classe, entro il 28 febbraio 2017, dalla Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA e la promozione dell’appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale di cui all’art. 1, comma 555, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, nonché per disincentivare i ricoveri inappropriati. Le regioni possono prevedere l’erogabilità di ulteriori interventi chirurgici, precedentemente erogati in day surgery, nelle strutture ambulatoriali a ciò specificamente accreditate e tenute alla compilazione di idonea documentazione clinica, dandone tempestiva comunicazione alla suddetta Commissione nazionale ai fini dell’eventuale aggiornamento dell’allegato 4 al presente decreto, e al Ministero della salute ai fini della fissazione della corrispondente tariffa”.

Servizio sanitario nazionale”, istituita, poi, dall’art. 1, comma 556, della legge n. 208 del 2015 (Legge di stabilità per il 2016)494.

Nel documento Welfare sanitario e vincoli economici (pagine 125-131)

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