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segue…b) i Piani di rientro

Nel documento Welfare sanitario e vincoli economici (pagine 74-80)

3. La legislazione ordinaria

3.2. segue…b) i Piani di rientro

Anche i Piani di rientro possono essere collocati a pieno titolo tra le fonti atipiche del diritto sanitario.

Tali strumenti sono stati introdotti nel nostro ordinamento dall’art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), che ha previsto che le singole regioni, in cui siano accertati rilevanti disavanzi di gestione nel Servizio sanitario regionale il cui ripiano non sia conseguibile attraverso strumenti ordinari, stipulino accordi con lo Stato volti ad individuare gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico nel rispetto dei Lea. Tali accordi, accompagnati da un Programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio (c.d. Piano di rientro)258, costituiscono la condizione necessaria “per la riattribuzione alla regione interessata del maggiore finanziamento anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla verifica della effettiva attuazione del programma”259.

Tale normativa primigenia ha subito numerose specificazioni e ampliamenti, a partire dalla legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), ove, ai commi 278 e 281, è stato previsto che la stipula di accordi o l’integrazione di accordi già stipulati ai sensi della legge n. 311 del 2004 fosse condizione necessaria per l’accesso ai benefici economici stanziati dallo Stato260.

Gli interventi normativi successivi sono stati diretti ad accentuare il carattere vincolante dei Piani. Così, la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), ha previsto la vincolatività dei Piani per le regioni che abbiano sottoscritto l’accordo e che “le determinazioni da questi previste possono comportare effetti di variazione dei provvedimenti normativi ed amministrativi già adottati dalla medesima regione in materia di programmazione sanitaria”261.

Ancora, il d.l. n. 159 del 2007, convertito in legge n. 222 del 2007, ha previsto che “qualora nel procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di rientro […] si prefiguri il mancato rispetto da parte della regione degli adempimenti previsti dai medesimi Piani, in relazione alla realizzabilità degli equilibri finanziari nella dimensione e nei tempi ivi programmati, in funzione degli interventi di risanamento, riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del sistema sanitario regionale, anche sotto il profilo amministrativo e contabile, tale da mettere in pericolo la tutela dell’unità economica e dei livelli essenziali delle prestazioni […] il Presidente del Consiglio

258 Questa la ricostruzione di M.BELLANTANI L.BUGLIARI ARMENIO, La logica dei piani di rientro e il difficile equilibrio tra autonomia e responsabilità, in (a cura di) R.BALDUZZI –G.CARPANI, Manuale di diritto sanitario, cit.,

393.

259 Cfr. art. 1, comma 180, l. n. 311/2004.

260 Questa la ricostruzione di T.CERRUTI, I Piani di rientro dai disavanzi sanitari come limite alla competenza legislativa regionale, in Rivista AIC, 4/2013, 2.

dei Ministri, con la procedura di cui all’articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, diffida la regione ad adottare entro quindici giorni tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti nel Piano”262.

Inoltre, “ove la regione non adempia alla diffida ovvero gli atti e le azioni posti in essere […] risultino inidonei o insufficienti al raggiungimento degli obiettivi programmati, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, nomina un commissario ad acta per l’intero periodo di vigenza del singolo Piano di rientro. Al fine di assicurare la puntuale attuazione del piano di rientro, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, può nominare, anche dopo l’inizio della gestione commissariale, uno o più subcomissari di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria, con il compito di affiancare il commissario ad acta nella predisposizione dei provvedimenti da assumere in esecuzione dell’incarico commissariale”263.

La vincolatività dei Piani di rientro è stata, poi, ribadita dalla legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010) che ha, inoltre, affermato la prevalenza delle disposizioni del Piano sui provvedimenti regionali, anche di natura legislativa. In particolare, l’art. 2, comma 80, prevede che “gli interventi individuati dal piano sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro. A tale scopo, qualora, in corso di attuazione del piano o dei programmi operativi […], gli ordinari organi di attuazione del piano o il commissario ad acta rinvengano ostacoli derivanti da provvedimenti legislativi regionali, li trasmettono al Consiglio regionale, indicandone puntualmente i motivi di contrasto con il Piano di rientro o con i programmi operativi. Il Consiglio regionale, entro i successivi sessanta giorni, apporta le necessarie modifiche alle leggi regionali in contrasto, o le sospende, o le abroga”264.

Qualora il Consiglio regionale non provveda in tal senso, il Consiglio dei Ministri esercita il suo potere sostitutivo ai sensi dell’art. 120 della Costituzione265.

La vincolatività del Piano è riaffermata, in via generale, al comma 95 dell’art. 2 della legge n. 191 del 2009, laddove si afferma che “gli interventi individuati dal piano di rientro sono vincolanti per la

262 Cfr. art. 4, comma 1, d.l. n. 159/2007, convertito in l. n. 222/2007. 263 Cfr. art. 4, comma 2, d.l. n. 159/2007, convertito in l. n. 222/2007. 264 Cfr. art. 2, comma 80, l. n. 191/2009.

regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro”266.

La vincolatività è stata, da ultimo, portata alle estreme conseguenze dal d.lgs. n. 149 del 2011, il quale ha previsto il c.d. fallimento politico del presidente della regione, disponendo che in caso di grave dissesto finanziario, considerato grave violazione di legge, “con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell’articolo 126, comma primo, della Costituzione, sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale nonché la rimozione del Presidente della Giunta regionale per responsabilità politica nel proprio mandato di amministrazione della regione […]”267.

Tuttavia, come si avrà modo di approfondire nel secondo capitolo, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’istituto con sentenza n. 219 del 2013.

Ora, la tematica dei Piani di rientro verrà ulteriormente approfondita nei capitoli a seguire, soprattutto al fine di evidenziare come detti strumenti costituiscano una particolare forma di ingerenza dello Stato nell’autonomia legislativa e financo politica delle regioni.

Ciò che rileva ai presenti fini, invece, è la determinazione della natura giuridica dei Piani.

Da un punto di vista formale, il Piano di rientro altro non è se non un “accordo” tra due soggetti pubblici: lo Stato (rappresentato dai Ministri dell’economia e delle finanze e della salute) e la regione interessata (rappresentata dal rispettivo Presidente). Talché, in astratto, “potrebbero ad esso applicarsi i principi dettati dalla giurisprudenza amministrativa per inquadrare gli effetti giuridici degli accordi negoziali tra pubbliche amministrazioni. Tra questi principi, vi è quello che prevede che, in mancanza di espressa disposizione legislativa, non è consentita alcuna alterazione delle competenze attribuite dalla legge agli organi deputati ad esprimere la volontà delle singole amministrazioni in relazione all’oggetto degli atti posti in essere”268. Ciò vuol dire che, in mancanza di una previsione legislativa espressa, dovrebbe escludersi che il Piano di rientro possa apportare deroghe all’ordinario sistema delle competenze e condizionare la legislazione regionale269.

Tuttavia, le norme di cui al, già citato, art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, sono assolutamente esplicite nel prevedere questa significativa deroga al sistema delle fonti, ove richiedono che i Consigli regionali adeguino la propria azione provvedimentale e legislativa alle determinazioni contenute nel Piano.

Peraltro, la stessa giurisprudenza costituzionale conferma la possibilità di comprimere l’autonomia legislativa delle regioni in materia di tutela della salute, al fine di provvedere al risanamento del

266 Cfr. art. 2, comma 95, l. n. 191/2009. 267 Cfr. art. 2, comma 2, d.lgs. n. 149/2011.

268 Cfr. E.GRIGLIO, La legislazione regionale alla prova dei Piani di rientro dai disavanzi sanitari: possibile la ratifica, non la conversione in legge, del Piano, in Rivista AIC, 3/2012, 5.

269 Così E.GRIGLIO, La legislazione regionale alla prova dei Piani di rientro dai disavanzi sanitari: possibile la ratifica, non la conversione in legge, del Piano, cit., 5.

disavanzo finanziario, facendo leva, da un lato, su un’interpretazione della materia del coordinamento della finanza pubblica che, come già emerso, è estensiva della competenza “di principio” che spetta allo Stato nelle materie concorrenti, dall’altro, sull’argomento dell’adesione volontaria delle regioni agli accordi costituenti i Piani di rientro.

Così, ad esempio, nella sentenza n. 91 del 2012, la Consulta, richiamando alcune sue precedenti pronunce, ha affermato che “l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa, peraltro in un quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario270”. Pertanto, continua la Corte, “il legislatore statale può legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari271”.

Sulla base di queste premesse, il giudice delle leggi qualifica la norma di cui all’art. 1, comma 796, lett. b), della legge n. 296 del 2006, che, come poc’anzi messo in luce, ha reso vincolanti le determinazioni contenute nei Piani di rientro, come “espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica”272.

Da ultimo, ed è probabilmente questo l’aspetto che più rileva in questa sede, la Corte utilizza l’argomento dell’adesione volontaria della Regione al Piano per giustificarne la vincolatività, laddove dichiara: “d’altro canto, la scelta delle Regioni di aderire alle intese ed agli accordi (…) non può neppure ritenersi coartata, dal momento che le Regioni potrebbero pur sempre scegliere di non addivenire alle intese in questione, facendo fronte al deficit con i propri strumenti finanziari ed organizzativi”273.

Come dire che la natura vincolante del Piano e la sua attitudine a derogare al sistema delle fonti del diritto trova la sua ragione in una volontaria autolimitazione della regione che aderisce all’accordo, in un’ottica di scambio (l’autonomia per l’aiuto finanziario) che ricorda più le cessioni di sovranità a favore di ordinamenti sovranazionali274 che i rapporti infrastatali tra centro e periferia.

270 Cfr. Corte cost., sent. n. 91/2012, punto 1.1.1 del Considerato in diritto, in cui la Corte richiama la precedente sent. n. 193/2007.

271 Cfr. Corte cost., sent. n. 91/2012, punto 1.1.1 del Considerato in diritto, ove la Corte richiama le precedenti sentt. nn. 163/2011 e 52/2010.

272 Cfr. Corte cost., sent. n. 91/2012, punto 1.1.1 del Considerato in diritto, ove la Corte richiama le precedenti sentt. nn. 163/2011, 123/2011, 141 e 100/2010.

273 Cfr. Corte cost., sent. n. 91/2012, punto 1.1.1 del Considerato in diritto, ove la Corte richiama la precedente sent. n. 98/2007.

274 In particolare, le vicende che vedono coinvolti Stati membri in deficit, da un lato, e il Fondo monetario internazionale, la Commissione europea e la Banca centrale europea, dall’altro.

Occorre, poi, sottolineare come la giurisprudenza costituzionale, forte delle proprie argomentazioni, spinga alle estreme conseguenze le proprie conclusioni in punto di legittimità della compressione dell’autonomia legislativa regionale in virtù dell’esistenza di un Piano di rientro.

I poteri provvedimentali del commissario ad acta, eventualmente nominato, infatti, sono considerati idonei a prevalere sul potere legislativo dei Consigli regionali, determinando di fatto un “una sorta di «capovolgimento» della gerarchia delle fonti, poiché le norme di legge regionale sono tenute a conformarsi, seppur indirettamente, a provvedimenti di natura amministrativa”275.

Detto più chiaramente, la delibera governativa di commissariamento determinerebbe una sorta di divieto di esercizio della funzione legislativa in ambito sanitario276, ponendosi essa quale norma interposta integrante il parametro di costituzionalità277 .

Le disposizioni dei piani di rientro sembrano operare “alla stregua dei principi fondamentali, quale vincolo alla legislazione regionale; inoltre, poiché i poteri del Commissario ad acta trovano nella delibera la loro fonte e legittimazione, è evidente che sia alla luce di quest’ultima che debba essere risolta l’antinomia tra leggi regionali e atti commissariali”278.

Ne deriva che “qualsiasi legge regionale in contrasto con le misure adottate dal Commissario in attuazione di quanto previsto dalla delibera sarà incostituzionale per violazione dell’articolo 120 Cost. e dei principi fondamentali di coordinamento finanziario, che attraverso i piani di rientro s’impongono alle Regioni”279.

Anche su questi aspetti si tornerà più avanti.

Conviene, invece, da ultimo, svolgere qualche considerazione conclusiva sulla seconda linea argomentativa adottata dalla Corte; ossia, l’elemento della volontarietà dell’adesione all’accordo.

L’argomento, infatti, si scontra con l’evidenza legislativa che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Consulta, prescrive l’obbligo di stipulare un Piano di rientro in caso di raggiungimento o superamento dello standard dimensionale del disavanzo sanitario strutturale280.

275 Cfr. N.VICECONTE, Gli atti dei commissari ad acta in sanità tra “forma” amministrativa e “sostanza” legislativa: la Corte asserisce ma non chiarisce, in Giur. Cost., 6/2014, 4733.

276 In questi termini G. FONTANA, L’incostituzionalità delle interferenze regionali sui poteri commissariali del Presidente della Giunta, in Giur. Cost., 2/2011.

277 Così M.BELLETTI, Percorsi di ricentralizzazione del regionalismo italiano nella giurisprudenza costituzionale, Roma, Aracne, 2012, 237.

278 Cfr. N.VICECONTE, Gli atti dei commissari ad acta in sanità tra “forma” amministrativa e “sostanza” legislativa: la Corte asserisce ma non chiarisce, cit., 4733.

279 Cfr. N.VICECONTE, Gli atti dei commissari ad acta in sanità tra “forma” amministrativa e “sostanza” legislativa: la Corte asserisce ma non chiarisce, cit., 4733.

280 Così l’art. 2, comma 77, l. n. 191/2009, ai sensi del quale “definito quale standard dimensionale del disavanzo sanitario strutturale, rispetto al finanziamento ordinario e alle maggiori entrate proprie sanitarie, il livello del 5 per cento, ancorché coperto dalla regione, ovvero il livello inferiore al 5 per cento qualora gli automatismi fiscali o altre risorse di bilancio della regione non garantiscano con la quota libera la copertura integrale del disavanzo. Nel caso di raggiungimento o superamento di detto standard dimensionale, la regione interessata è tenuta a presentare entro il successivo 10 giugno un piano di rientro di durata non superiore al triennio, elaborato con l’ausilio dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS) ai sensi dell’articolo 1, comma

Deve, pertanto, ritenersi cheil piano di rientro rappresenti “un accordo che la Regione sottoscrive non per sua autonoma scelta, bensì per ottemperare ad un obbligo di legge rispetto al quale è prevista un’apposita procedura sostitutiva”281.

Inoltre, nella stipulazione dell’accordo, quale rappresentante della Regione, viene coinvolto solo il presidente della giunta, rimanendo escluso, invece, il Consiglio regionale, il quale sarà poi chiamato a dare attuazione al Piano, come visto, “con interventi sia passivi (di abrogazione di norme incompatibili con il piano), sia attivi (consistenti nell’approvazione di disposizioni finalizzate a dare attuazione alle relative previsioni)”282.

Tali perplessità possono ritenersi superabili laddove la regione interessata ratifichi il Piano di rientro con legge regionale. In quel caso, infatti, si modificherebbe “astrattamente […] il parametro che configura come vincolanti le misure previste dal piano, che verrebbe così a coincidere non più con una norma di principio statale attinente al coordinamento della finanza pubblica, bensì con una norma regionale (come tale auto-limitante)”283. Più chiaramente, i vincoli derivanti dal Piano verrebbero interiorizzati, in modo tale da “escludere, almeno sul piano formale, che vi sia stata una lesione dell’autonomia regionale”284.

D’altro canto, la ratifica con legge regionale inciderebbe anche sull’altro aspetto critico evidenziato, nel senso che le determinazioni del Piano verrebbero condivise sostanzialmente dal Consiglio regionale.

180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, per le parti non in contrasto con la presente legge, che contenga sia le misure di riequilibrio del profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza, per renderlo conforme a quello desumibile dal vigente piano sanitario nazionale e dal vigente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di fissazione dei medesimi livelli essenziali di assistenza, sia le misure per garantire l’equilibrio di bilancio sanitario in ciascuno degli anni compresi nel piano stesso”.

281 E.GRIGLIO, La legislazione regionale alla prova dei Piani di rientro dai disavanzi sanitari: possibile la ratifica, non la conversione in legge, del Piano, cit., 10.

282 E.GRIGLIO, La legislazione regionale alla prova dei Piani di rientro dai disavanzi sanitari: possibile la ratifica, non la conversione in legge, del Piano, cit., 11.

283 E.GRIGLIO, La legislazione regionale alla prova dei Piani di rientro dai disavanzi sanitari: possibile la ratifica, non la conversione in legge, del Piano, cit., 14.

CAPITOLO II

Nel documento Welfare sanitario e vincoli economici (pagine 74-80)

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