Universalismo e decentramento alla prova dei vincoli di bilancio
3. Il modello attuale di finanziamento della sanità in Italia: a) la delega sul federalismo fiscale e il d.lgs n 68 del
3.2. segue…c) il patto per la salute 2014-2016 e i successivi sviluppi finanziari del Servizio sanitario nazionale
Al fine di tracciare la linea evolutiva del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale degli ultimi quattro anni, è opportuno prendere le mosse dal Patto per la salute 2014-2016, siglato con l’Intesa Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano del 10 luglio 2014454.
Il documento, fin dalle premesse, si dimostra orientato a “potenziare l’intero sistema di governance della sanità”, al fine di “garantire l’equità e l’universalità del sistema, nonché i livelli essenziali di assistenza (LEA) in modo appropriato e uniforme”.
Ulteriore obiettivo del Patto è quello di “incidere sugli assetti organizzativi del SSR tramite misure […] rivolte a conseguire la razionalizzazione e l’efficientamento dei sistemi”455.
Poste queste premesse, l’art. 1 delinea il quadro economico per il triennio 2014-2016, individuando quali livelli di finanziamento: 109,928 miliardi di euro per l’anno 2014; 112,062 miliardi di euro per l’anno 2015; 115,444 miliardi di euro per l’anno 2016. La disposizione fa,
452 Così Corte cost. sent. n. 10/2015, punto 8 del Considerato in diritto.
453 Cfr. G.RIVOSECCHI, L’equilibrio di bilancio: dalla riforma costituzionale alla giustiziabilità, in Rivista AIC, 3/2016, 22.
454 Per un’analisi compiuta del Patto si rimanda al volume a cura di R.NANIA, Il diritto alla salute fra Stato e Regioni: il Patto per la Salute 2014-2016, cit.
comunque, salve “eventuali modifiche che si rendessero necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e a variazioni del quadro macroeconomico […]”456.
Sul versante dell’organizzazione sanitaria, il Patto per la salute interviene sui Servizi sanitari regionali, sui servizi ospedalieri, sui servizi di assistenza territoriale457.
Nella prima direzione, al fine di razionalizzare e ridurre i costi, già nelle premesse, si prevede di rivedere “gli assetti organizzativi dei servizi sanitari regionali, individuando le dimensioni ottimali delle aziende al fine di migliorare la qualità e l’efficienza nella gestione dei servizi stessi […] e in funzione del grado di centralizzazione, tendenzialmente sovraziendale, delle attività di amministrazione generale e di supporto tecnico logistico, con particolare e prioritario riferimento all’acquisto di beni e servizi, al reclutamento ed alla gestione degli aspetti retributivi, contributivi e previdenziali del personale, ai sistemi informatici e all’area tecnico-professionale”.
Sui servizi ospedalieri le indicazioni del Patto sembrano tese “a promuovere i processi di de- ospedalizzazione e appropriatezza nel ricorso alle strutture […]”458. Infatti, l’art. 3 prescrive l’adozione del regolamento di definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, in attuazione dell’articolo 15, comma 13, lett. c), del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012, con cui si era stabilita la riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti459.
È, inoltre, prescritta la stipula dell’Intesa Stato-Regioni, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003, sugli indirizzi per realizzare la continuità assistenziale dall’ospedale al domicilio del cittadino-paziente.
456 Cfr. art. 1, comma 1, dell’Intesa Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano del 10 luglio 2014. 457 Questa la sintesi di S.NERI, Garantire l’equità e l’universalità del SSN in epoca di crisi: il Patto per la Salute 2014-2016, in Politiche sociali, 3/2014, cui si rimanda per una ricostruzione dei principali contenuti del Patto per la salute 2014-2016.
458 Cfr. S.NERI, Garantire l’equità e l’universalità del SSN in epoca di crisi: il Patto per la Salute 2014-2016, cit., 481.
459 Più nel dettaglio, ai sensi della disposizione citata, “al fine di razionalizzare le risorse in ambito sanitario e di conseguire una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi […] sulla base e nel rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera fissati, entro il 31 ottobre 2012, con regolamento approvato ai sensi dell’articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché tenendo conto della mobilità interregionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, nel rispetto della riorganizzazione di servizi distrettuali e delle cure primarie finalizzate all’assistenza 24 ore su 24 sul territorio adeguandoli agli standard europei, entro il 31 dicembre 2012, provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici ed assumendo come riferimento un tasso di ospedalizzazione pari a 160 per mille abitanti di cui il 25 per cento riferito a ricoveri diurni. La riduzione dei posti letto è a carico dei presidi ospedalieri pubblici per una quota non inferiore al 50 per cento del totale dei posti letto da ridurre ed è conseguita esclusivamente attraverso la soppressione di unità operative complesse […]”.
Ora, le intenzioni del tavolo concertativo, soprattutto dal punto di vista finanziario, sono state smentite nel giro di pochi mesi. E, in effetti, l’epilogo si poteva presagire, considerando che il Patto contiene la clausola “salvacondotto”460 che permette di preservare le “eventuali modifiche che si rendessero necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e a variazioni del quadro macroeconomico […]”461.
La rettifica non si è fatta attendere e, con l’Intesa fra Stato e Regioni raggiunta il 26 febbraio 2015 è stata stabilita una riduzione del fondo sanitario di 2.352 milioni di euro per gli anni 2015 e 2016, sebbene con la condizione di non ridurlo al di sotto del 113 miliardi di euro per l’anno 2016.
La legge di stabilità per il 2016 ha, poi, fissato il livello di finanziamento del fondo sanitario nazionale in 111 miliardi di euro (comprensivi di 800 milioni di euro per la ridefinizione e finanziamento dei Lea) ma ha, nel contempo, sancito che “regioni e province autonome […] assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 3.980 milioni di euro per l’anno 2017 e a 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 […] da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio di ciascun anno” 462. L’intesa è stata raggiunta l’11 febbraio del 2016 e si è tradotta in una effettiva riduzione della spesa sanitaria nazionale di 3.500 milioni di euro per l’anno 2017 e 5.000 milioni di euro per gli anni 2018 e 2019.
Per comprendere più nel dettaglio quanto accaduto, è utile svolgere qualche sintetica considerazione sul sistema di contribuzione a carico delle regioni.
Queste, com’è noto, sono chiamate dall’art. 119 della Costituzione, risultante dalla modifica apportata dalla riforma del Titolo V del 2001, a concorrere ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea. In virtù di tale disposizione di principio, sono state introdotte diverse forme di concorso alla finanza pubblica e, in particolare: il patto di stabilità interno, sostituito dal 2016 dall’equilibrio di bilancio di cui alla legge n. 243 del 2012; il taglio dei trasferimenti dello Stato; il versamento di risorse al bilancio dello Stato; la revisione della spesa, con correlati risparmi/versamenti per il bilancio dello Stato; l’assunzione di funzioni statali, con correlati risparmi per il bilancio dello Stato; obblighi di contenimento di specifiche voci di spesa (riguardanti il personale di rappresentanza, convegni, autovetture, formazione, ecc.)463.
460 Così N.CARTABELLOTTA, Definanziamento della sanità: numeri, non opinioni, sulla rubrica Sanità 24 de Il sole 24 ore del 5 dicembre 2017, cui si rimanda per una sintesi delle misure finanziarie in materia sanitaria degli ultimi 5 anni.
461 Cfr. art. 1, comma 1, dell’Intesa Stato, Regioni e Province autonome del 10 luglio 2014. 462 Cfr. art. 1, comma 680, l. n. 208/2015.
463 Sul punto si veda la Relazione per la Commissione Parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, dal titolo Le manovre di finanza pubblica a carico delle regioni e degli enti locali, del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Con riguardo al settore sanitario, ciò si è tradotto nell’adozione di manovre che si sono sostanziate in una diminuzione del livello di fabbisogno sanitario programmato, in virtù della quale “le regioni sono corrispondentemente chiamate a ridurre il livello di spesa, al fine di renderlo coerente con il livello del finanziamento, ovvero ad adottare interventi diretti ad incrementare le entrate, laddove tale livello programmato di finanziamento venga superato”464.
Così, di manovra di finanza pubblica a carico delle regioni si è trattato per l’Intesa fra Stato e Regioni raggiunta il 26 febbraio 2015 che ha operato, come visto, una riduzione del fondo sanitario di 2.352 milioni di euro per gli anni 2015 e 2016, in virtù della previsione contenuta nella legge di stabilità per il 2015 di una contribuzione di 4 miliardi di euro. E il meccanismo si è riprodotto con la legge di stabilità per il 2016 e la successiva intesa dell’11 febbraio 2016.
In sostanza, il Governo chiede alle Regioni di partecipare alla finanza pubblica, ma, dal momento che le Regioni sono incapaci di soddisfare la suddetta richiesta, questa si trasforma in una compartecipazione indiretta gravante sul Fondo sanitario nazionale.
Successivamente, con la legge di bilancio per il 2017 le risorse già assegnate al Fondo sanitario nazionale sono state così redistribuite: 113 miliardi di euro per l’anno 2017; 114 miliardi di euro per l’anno 2018; 115 miliardi di euro per l’anno 2019.
Tuttavia, il Documento di economia e finanza per l’anno 2017 ha previsto che il rapporto percentuale tra spesa sanitaria e Pil diminuirà dal 6,7 % del 2017 al 6,4 % del 2019465.
Inoltre, con il dm del 5 giugno 2017 è stato rideterminato il fabbisogno sanitario nazionale standard riducendolo di 423 milioni di euro per l’anno 2017 e 604 milioni per il 2018466 e con la nota di aggiornamento del Def del 23 settembre 2017 si è ulteriormente ridotto il rapporto spesa sanitaria/Pil dal 6,6 % del 2017 al 6,3 del 2020467.
Infine, la legge di bilancio per il 2018 ha previsto una rideterminazione in riduzione del fondo sanitario nazionale pari a 1.124.767 euro annui, a decorrere dall’anno 2018468. Ciò significa che il Fondo sanitario nazionale nel 2018 risulta pari a 113.396 milioni di euro, anziché a 114.000 milioni di euro com’era stato previsto dalla legge di bilancio per il 2017, cui occorre aggiungere 30 milioni di euro che vengono destinati ai Fondi contrattuali per il trattamento economico accessorio della dirigenza medica, sanitaria e veterinaria469.
464 Cfr. Relazione per la Commissione Parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, cit., 49-50. 465 Ciò è quanto si evince dalla tabella II.2.2 del Def 2017.
466 Così l’art. 1 del d.m. del 5 giugno 2017.
467 Così la tavola III.1b) della nota di aggiornamento del Def del 23 settembre 2017. 468 Così l’art. 1, comma 827, l. n. 205/2017.