Universalismo e decentramento alla prova dei vincoli di bilancio
2. Il diritto alla salute tra Stato e regioni: a) l’assetto costituzionale delle competenze legislative
2.2. segue c) l’autonomia finanziaria delle region
Dal punto di vista strettamente finanziario, le istanze federaliste, che sono confluite, prima della riforma costituzionale del 2001, nel d.lgs. n. 56 del 2000 e, successivamente, nel nuovo art. 119 della Costituzione, vorrebbero che “il finanziamento delle funzioni delle regioni (ivi compresa, quindi, la sanità) avvenga per il tramite di tributi ed entrate propri e della compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio”590.
Com’è emerso nella prima sezione del presente capitolo, “già prima della riforma del Titolo V della Costituzione il d.lgs. n. 56 del 2000 aveva tentato di gettare le basi per la realizzazione di un sistema di fiscalità regionale. Tale normativa infatti prevedeva l’abbandono del modello di finanza derivata e della spesa storica, abolendo i trasferimenti erariali (e in particolare quelli a favore del Fondo sanitario nazionale), in luogo dei quali si stabilivano nuove fonti di finanziamento delle spese regionali (compartecipazione al gettito dell’Iva; addizionale regionale sull’Irpef; Irap; compartecipazione accresciuta all’accisa sulla benzina; autofinanziamento regionale). Cessavano, quindi, seppur con alcuni limiti, i vincoli di destinazione per le somme assegnate alle regioni. Tuttavia, la normativa in questione ha subito profonde inattuazioni e numerose deroghe, specie nel settore della sanità”591.
589 Ibidem.
590 Cfr. A.PIOGGIA, Diritto sanitario e dei servizi sociali, cit., 135.
591 Cfr. Così N.VICECONTE, Corte costituzionale e autonomia finanziaria delle regioni: il problema della spesa sanitaria, cit., 225.
Dal canto suo, l’art. 119 della Costituzione, come modificato dalla riforma del 2001592, al comma 1, afferma pienamente la garanzia costituzionale dell’autonomia finanziaria di tutti gli enti territoriali, senza alcun rinvio ad una apposita legge statale593 e con l’unico limite, poi introdotto dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, “dell’equilibrio dei relativi bilanci”594. Si tratta, cioè, di una “sfera direttamente delimitata dalla disposizione costituzionale in parola e che non può quindi in alcun modo essere negata”595.
L’art. 119, inoltre, al comma 2 prevede che le autonomie territoriali dispongano di risorse autonome e che, a tal fine, si dotino di tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi dettati dallo Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, disponendo, al contempo, di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio596.
Al fine di evitare situazioni di squilibrio, l’art. 119, comma 3, dispone l’istituzione, con legge dello Stato, di un fondo perequativo senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante597. A tale forma di perequazione territoriale, il successivo comma 4 aggiunge la previsione di risorse aggiuntive e interventi speciali a favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni, diretti a promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni598.
Dunque, “dal complesso dei mezzi di finanziamento così istituiti per le autonomie territoriali consegue che ciascun ente è chiamato all’autosufficienza finanziaria mediante tre canali: tributi propri; compartecipazione al gettito di tributi erariali riscontrabili sul territorio secondo il criterio della territorialità dell’imposta – principio maggiormente innovativo, sotto il profilo del federalismo fiscale – e risorse derivanti dal fondo perequativo. Le tre componenti devono coprire integralmente le spese che ciascun ente territoriale è chiamato a sostenere, secondo il fondamentale e innovativo principio del finanziamento integrale delle funzioni (art. 119, quarto comma, Cost.). Ne consegue che le risorse aggiuntive e gli interventi speciali previsti dall’art. 119, quinto comma, Cost. per tutti i
592 Per un commento all’art. 119 della Costituzione, come modificato a seguito della l. cost. n. 3/2001, si vedano G. FRANSONI –G.DELLA CANANEA, Art. 119, in R.BIFULCO,A.CELOTTO,M.OLIVETTI (a cura di), Commentario alla
Costituzione, cit., 2358-2378.
593 La formulazione del comma 1 dell’art. 119 precedente alla riforma del 2001, invece, com’è noto, attribuiva autonomia finanziaria esclusivamente alle regioni e “nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Provincie e dei Comuni”.
594 Così l’art. 119, comma 1, Cost.
595 Cfr. G.RIVOSECCHI, Il coordinamento della finanza pubblica: dall’attuazione del Titolo V alla deroga al riparto costituzionale delle competenze?, Relazione presentata al Convegno “Il regionalismo italiano tra giurisprudenza costituzionale e involuzioni legislative dopo la revisione del Titolo V”, tenutosi a Roma il 13 giugno 2013, reperibile sul sito www.issirfa.cnr.it, 2.
596 Così l’art. 119, comma 2, Cost. 597 Così l’art. 119, comma 3, Cost. 598 Così l’art. 119, comma 5, Cost.
livelli territoriali di governo, costituiscono risorse straordinarie finalizzate alla promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale e si configurano quali interventi di carattere ulteriore rispetto all’ordinario sistema di finanziamento delle funzioni”599.
Da ultimo, l’art. 119, al comma 6, prescrive che gli enti locali possano ricorrere all’indebitamento esclusivamente per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio600, con l’esplicita esclusione di qualsiasi forma di garanzia da parte dello Stato sui prestiti da essi contratti.
La disposizione costituzionale avrebbe dovuto trovare attuazione nella legge delega n. 42 del 2009, e nei conseguenti decreti legislativi attuativi.
La legge delega, che, infatti, ha realizzato il federalismo fiscale dettato dalla Costituzione, ha, tra le altre cose, previsto l’abolizione del sistema di finanza derivata, sancendo, dunque, l’eliminazione, dei trasferimenti statali, una maggiore autonomia impositiva delle regioni e l’introduzione dei meccanismi del fabbisogno e dei costi standard601.
Più nel dettaglio, ai sensi dell’art. 7 della c.d. delega sul federalismo fiscale, i decreti legislativi di successiva attuazione avrebbero dovuto disciplinare i seguenti tributi regionali: 1) i tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle regioni; 2) le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali; 3) i tributi propri istituiti dalle regioni con proprie leggi in relazione ai presupposti non già assoggettati ad imposizione erariale.
Si è previsto, inoltre, che, per i tributi propri derivati, le regioni, con propria legge, possono modificare le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e secondo criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto della normativa comunitaria, e che per le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali le regioni, con propria legge, possono introdurre variazioni percentuali delle aliquote delle addizionali e possono disporre detrazioni entro i limiti fissati dalla legislazione statale.
Com’è noto, l’attuazione del federalismo fiscale è stato, di fatto, interrotto dagli interventi resi necessari dalla crisi economica; su tale profilo si tornerà più avanti all’interno della più generale trattazione relativa allo stato di incompiutezza dell’autonomia di entrata delle regioni.
Se quello appena descritto, ovvero un sistema di competenze a “cascata” il cui snodo cardinale è costituito dal livello di governo regionale, è formalmente il modello organizzativo e gestionale
599 Cfr. G.RIVOSECCHI, Il coordinamento della finanza pubblica: dall’attuazione del Titolo V alla deroga al riparto costituzionale delle competenze?, cit., 3.
600 La previsione di una necessaria predisposizione di piani di ammortamento è stata aggiunta dalla l. cost. n. 1/2012. 601 Sulla legge n. 49/2009 si vedano: V.NICOTRA,F.PIZZETTI,S.SCOZZESE (a cura di), Il federalismo fiscale, cit.; R. BIFULCO, Osservazioni sulla legge n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale, cit.
prescelto, tuttavia, la crisi e le conseguenti esigenze di contenimento della spesa ne hanno alternato, almeno in parte, la fisionomia.
Le esigenze di cassa hanno inciso sull’allocazione delle competenze legislative, sul sistema delle fonti e sull’autonomia politica, organizzativa e finanziaria dell’ente regione.
In particolare, gli obiettivi federalisti, propri della disposizione di cui all’art. 119 della Costituzione, non sembra che siano stati raggiunti dalla legislazione attuativa, costruita, invece, in direzione centripeta.
Si consideri, infatti, che sull’autonomia di spesa ha inciso significativamente la legge costituzionale n. 1 del 2012 e, in particolare: l’introduzione del principio dell’equilibrio di bilancio, predicato per tutti i livelli di governo; la previsione di limiti all’indebitamento, come visto, più stringenti per gli enti territoriali; l’ascrizione della materia “armonizzazione dei bilanci pubblici” alla competenza esclusiva dello Stato, che precedentemente era inquadrata tra le materie di competenza concorrente, al pari del “coordinamento della finanza pubblica”.
Ciò si è tradotto in una cospicua serie di interventi statali limitativi dell’autonomia di spesa delle regioni, tra cui rientra, per quel che riguarda in maniera specifica l’ambito sanitario, il sistema dei Piani di rientro. I suddetti interventi sono stati legittimati dalla giurisprudenza costituzionale che ha fornito una definizione atipica della clausola del coordinamento della finanza pubblica, ampliando, oltre i confini della legislazione di principio, le competenze statali in materia.
Del pari, l’autonomia di entrata, predicata sia dall’art. 119 della Costituzione sia dalla c.d. delega sul federalismo fiscale, non può dirsi ancora a regime. Come si avrà modo di evidenziare più avanti, infatti, da un lato, i margini di autonomia tributaria delle regioni a statuto ordinario sono attualmente modesti, e, dall’altro, l’effettiva rideterminazione della principale fonte di entrata delle regioni e la soppressione dei trasferimenti erariali sono state, più volte, rimandate.
Le considerazioni che seguono sono dirette ad evidenziare detto processo di ri-centralizzazione delle competenze. A tal fine, si avrà riguardo alle tematiche relative: al “coordinamento della finanza pubblica”, quale veicolo di interventi statali limitativi dell’autonomia regionale, non solo legislativa ma, altresì, finanziaria; al conseguente sistema dei Piani di rientro, che di dette limitazioni costituisce l’esempio più significativo; all’inattuazione della c.d. delega sul federalismo fiscale, soprattutto per quel che riguarda l’attuale incompiutezza dell’autonomia di entrata delle regioni.