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Il “coordinamento della finanza pubblica” come ratio del sistema dei Piani di rientro: la compressione dell’autonomia legislativa, organizzativa e finanziaria delle regioni in

Nel documento Welfare sanitario e vincoli economici (pagine 170-182)

Universalismo e decentramento alla prova dei vincoli di bilancio

3. Il “coordinamento della finanza pubblica” come materia concorrente sui generis

3.2. Il “coordinamento della finanza pubblica” come ratio del sistema dei Piani di rientro: la compressione dell’autonomia legislativa, organizzativa e finanziaria delle regioni in

materia sanitaria

Quanto sin qui affermato ha trovato peculiare applicazione con riguardo alla tematica dei Piani di rientro, dal momento che detti strumenti sono stati riconosciuti dalla Corte costituzionale come principi fondamentali della materia “coordinamento della finanza pubblica”.

637 Cfr. Corte cost., sent. n. 117/2018, punto 4.2 del Considerato in diritto. 638 Cfr. Corte cost., sent. n. 117/2018, punto 4.2 del Considerato in diritto. 639 Cfr. Corte cost., sent. n. 117/2018, punto 4.2 del Considerato in diritto.

640 Cfr. M.BELLETTI, Corte costituzionale e spesa pubblica: le dinamiche del coordinamento finanziario ai tempi dell’equilibrio di bilancio, cit., 109.

Come già anticipato, i Piani di rientro sono stati introdotti nel nostro ordinamento dall’art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), che ha previsto che le singole regioni, in cui siano accertati rilevanti disavanzi di gestione nel Servizio sanitario regionale il cui ripiano non sia conseguibile attraverso strumenti ordinari, stipulino accordi con lo Stato volti ad individuare gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico nel rispetto dei Lea. Tali accordi, accompagnati da un Programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio (c.d. Piano di rientro)641, costituiscono la condizione necessaria “per la riattribuzione alla regione interessata del maggiore finanziamento anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla verifica della effettiva attuazione del programma”642.

Tale normativa ha, poi, trovato ulteriore specificazione in una cospicua serie di interventi legislativi, tutti diretti ad accentuare sia il carattere vincolante dei Piani di rientro sia il relativo sistema “sanzionatorio”.

Così, in primo luogo, con i commi 278 e 281 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) è stato stabilito che la stipula di accordi o l’integrazione di accordi già stipulati ai sensi della legge n. 311 del 2004 fosse condizione necessaria per l’accesso ai benefici economici stanziati dallo Stato643.

In secondo luogo, la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), ha previsto la vincolatività dei Piani per le regioni che abbiano sottoscritto l’accordo e che “le determinazioni da questi previste possono comportare effetti di variazione dei provvedimenti normativi ed amministrativi già adottati dalla medesima regione in materia di programmazione sanitaria”644.

Ancora, il d.l. n. 159 del 2007, convertito in legge n. 222 del 2007, ha introdotto in materia un meccanismo sostitutivo nei casi di inadempimento alle prescrizioni contenute nei Piani, prevedendo la nomina di un Commissario ad acta. In particolare, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto, “qualora nel procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di rientro […] si prefiguri il mancato rispetto da parte della regione degli adempimenti previsti dai medesimi Piani, in relazione alla realizzabilità degli equilibri finanziari nella dimensione e nei tempi ivi programmati, in funzione degli interventi di risanamento, riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del sistema sanitario regionale, anche sotto il profilo amministrativo e contabile, tale da mettere in pericolo la

641 Questa la ricostruzione di M.BELLANTANI L.BUGLIARI ARMENIO, La logica dei piani di rientro e il difficile equilibrio tra autonomia e responsabilità, in (a cura di) R.BALDUZZI –G.CARPANI, Manuale di diritto sanitario, cit.,

393.

642 Cfr. art. 1, comma 180, l. n. 311/2004.

643 Questa la ricostruzione di T.CERRUTI, I Piani di rientro dai disavanzi sanitari come limite alla competenza legislativa regionale, in Rivista AIC, 4/2013, 2.

tutela dell’unità economica e dei livelli essenziali delle prestazioni […] il Presidente del Consiglio dei Ministri, con la procedura di cui all’articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, diffida la regione ad adottare entro quindici giorni tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti nel Piano”645.

Inoltre, ai sensi del successivo comma 2 del medesimo art. 4, “ove la regione non adempia alla diffida ovvero gli atti e le azioni posti in essere […] risultino inidonei o insufficienti al raggiungimento degli obiettivi programmati, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, nomina un commissario ad acta per l’intero periodo di vigenza del singolo Piano di rientro. Al fine di assicurare la puntuale attuazione del piano di rientro, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, può nominare, anche dopo l’inizio della gestione commissariale, uno o più subcomissari di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria, con il compito di affiancare il commissario ad acta nella predisposizione dei provvedimenti da assumere in esecuzione dell’incarico commissariale”646.

Peraltro, l’art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010) ha previsto che “gli interventi individuati dal piano sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro. A tale scopo, qualora, in corso di attuazione del piano o dei programmi operativi […], gli ordinari organi di attuazione del piano o il commissario ad acta rinvengano ostacoli derivanti da provvedimenti legislativi regionali, li trasmettono al Consiglio regionale, indicandone puntualmente i motivi di contrasto con il Piano di rientro o con i programmi operativi. Il Consiglio regionale, entro i successivi sessanta giorni, apporta le necessarie modifiche alle leggi regionali in contrasto, o le sospende, o le abroga”647.

Qualora il Consiglio regionale non provveda in tal senso, il Consiglio dei Ministri esercita il suo potere sostitutivo ai sensi dell’art. 120 della Costituzione648.

Della natura giuridica e della vincolatività dei Piani di rientro si è già detto nel primo capitolo. Ciò che rileva ai presenti fini è, invece, l’attitudine di detti strumenti a fungere da veicolo di un

645 Cfr. art. 4, comma 1, d.l. n. 159/2007, convertito in l. n. 222/2007. 646 Cfr. art. 4, comma 2, d.l. n. 159/2007, convertito in l. n. 222/2007. 647 Cfr. art. 2, comma 80, l. n. 191/2009.

riaccentramento delle competenze. E, in questa direzione, importanza cruciale riveste la tematica relativa ai poteri del commissario ad acta.

Ora, la nomina del commissario ad acta costituisce esercizio del potere sostitutivo spettante al Governo ex art. 120, comma 2, della Costituzione649 e si basa sulla ricorrenza di due presupposti: in primo luogo, da un punto di vista sostanziale, deve sussistere una condizione di inadempienza rispetto al raggiungimento degli obiettivi individuati dal Piano di rientro; secondariamente, sul piano procedurale, occorre che la Regione interessata sia stata diffidata e che, nonostante la diffida, persista l’inadempimento. Soddisfatte queste due condizioni, il Governo può esercitare il potere sostitutivo conferitogli dalla Costituzione, nominando un commissario.

A questa prima fase di commissariamento se ne aggiunge una seconda, “anch’essa a carattere eventuale, che si attiva in caso di inadempienza del Commissario ad acta per la redazione e l’attuazione del piano ai sensi dell’articolo 2, comma 79 (riscontro negativo del Consiglio dei Ministri sul piano di rientro ovvero mancata presentazione del piano medesimo) o comma 83 (inadempienza regionale sull’attuazione del piano di rientro). In tali ipotesi, il Consiglio dei Ministri, in attuazione dell’articolo 120 della Costituzione, è legittimato ad adottare tutti gli atti necessari ai fini della predisposizione del piano di rientro e della sua attuazione, fino anche alla nomina di uno o più Commissari ad acta di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria per l’adozione e l’attuazione degli atti indicati nel piano e non realizzati”650.

Il potere sostitutivo esercitato dal Governo nel caso di inadempimento alle prescrizioni dei Piani di rientro è certamente di natura normativa. L’art. 8, comma 1, della legge n. 131 del 2003, di attuazione del disposto costituzionale di cui all’art. 120, comma 2, richiamato dall’art. 4, comma 1, del d.l. n. 159 del 2007, infatti, prevede espressamente l’adozione, in via sostitutiva, anche di atti di natura normativa.

L’impostazione del legislatore del 2003 sembra trovare il proprio fondamento teorico, innanzitutto, “nella considerazione per cuinon appare pienamente corretto sostenere il carattere del tutto liberodella funzione legislativa, a fronte del carattere vincolato, o al limite discrezionale, della funzione amministrativa”. Secondariamente, gli interessi tutelatidall’articolo 120 della Costituzione

649 Sul potere sostitutivo di cui all’art. 120, comma 2, della Costituzione si vedano, ex plurimis: E.GIANFRANCESCO, Il potere sostitutivo, in (a cura di) T.GROPPI –M.OLIVETTI –A.D’ATENA, La Repubblica delle autonomie: regioni ed

enti locali nel nuovo titolo 5, Torino, Giappichelli, 2003, 235 ss. M.P.IADICICCO, Il potere sostitutivo dello Stato nel

sistema di attuazione degli obblighi comunitari, in (a cura di) L.CHIEFFI, Regioni e dinamiche di integrazione europea, Torino, Giappichelli, 2003, 95 ss.; ID., La nuova disciplina costituzionale sulla sostituzione statale, in (a cura di) F.PINTO,

Il nuovo regionalismo nel sistema delle fonti, Torino, Giappichelli, 2004; C.DE MARCO, Sussidiarietà, federalismo,

potere sostitutivo, in L’attuazione del Titolo V della Costituzione, Atti del Convegno di studi di scienza dell’amministrazione, Varenna, settembre 2004, 839 ss.; L.DICKMANN, Note sul potere sostitutivo nella giurisprudenza

della Corte costituzionale, in L’attuazione del Titolo V della Costituzione, cit., 853 ss.

650 Cfr. E.GRIGLIO, Il legislatore “dimezzato”: i Consigli regionali tra vincoli interni di attuazione dei piani di rientro dai disavanzi sanitari ed interventi governativi sostitutivi, in Le Regioni, 3/2012, 488.

“non sempre si prestano ad essere garantiti solo sul versante amministrativo, richiedendo in molti casi un intervento a carattere politico, come tale destinato a tradursi in un atto normativo”. Infine, si consideri che “le autonomie regionali non sono dotate di strumenti normativi idonei a far fronte alle situazioni di emergenza: gli stessi Consigli regionali, infatti, mancano di un potere analogo a quello della decretazione d’urgenza, sicché paradossalmente sarebbe più agevole immaginare un intervento sostitutivo dello Stato piuttosto che un intervento normativo regionale nei casi in cui l’inerzia amministrativa richieda un intervento tempestivo e «conformante» del legislatore”651.

Che il potere sostitutivo qui esercitato sia di natura normativa, non significa, tuttavia, che esso possa concretarsi nell’adozione di atti di natura legislativa. Infatti, “l’idea che un organo esecutivo statale solo eccezionalmente titolare di potestà normativa di rango primario possa sostituirsi ad un organo legislativo regionale che, in quanto espressione diretta della volontà popolare, è titolare non solo di una propria legittimazione democratica, ma anche di una propria potestà legislativa costituzionalmente garantita pone […] non pochi problemi sul piano dell’assetto istituzionale degli organi di governo e del sistema costituzionale delle fonti”652.

La Corte costituzionale, a proposito delle ordinanze commissariali, ha dichiarato che esse si presentano come “una mera parvenza di legge, priva dei necessari requisiti previsti dalla Costituzione per poter essere ritenuta atto legislativo, e pertanto insuscettibile fin dalla sua origine di determinare effetti di alcun genere”653, e che ne deriva la loro “inesistenza, per la parte in cui incidono su atti legislativi”654.

Nonostante questa presa di posizione della Consulta, non si può non rilevare come nel caso di regioni sottoposte a Piano di rientro una prevalenza degli atti commissariali sulle leggi regionali sia, non solo, legislativamente prescritta, ma, altresì, fortemente legittimata dalla giurisprudenza costituzionale che ha ritenuto leciti alcuni interventi del Commissario ad acta di chiara natura normativa.

Come sopra ricordato, infatti, l’art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010) ha previsto che, qualora, in corso di attuazione del Piano di rientro, il Commissario ad acta rinvenga ostacoli derivanti da provvedimenti legislativi regionali, il Consiglio si adegui alle indicazioni del Commissario, modificando la legislazione regionale.

651 Cfr. E.GRIGLIO, Il legislatore “dimezzato”: i Consigli regionali tra vincoli interni di attuazione dei piani di rientro dai disavanzi sanitari ed interventi governativi sostitutivi, cit., 465.

652 Cfr. E.GRIGLIO, Il legislatore “dimezzato”: i Consigli regionali tra vincoli interni di attuazione dei piani di rientro dai disavanzi sanitari ed interventi governativi sostitutivi, cit., 472.

653 Cfr. Corte cost., sent. n. 361/2010, punto 5 del Considerato in diritto. 654 Cfr. Corte cost., sent. n. 123/2011, punto 3 del Considerato in diritto.

Sul piano giurisprudenziale, occorre prendere in esame la sentenza n. 2 del 2010655, con la quale la Corte costituzionale ha affermato il principio secondo il quale, una volta attivata la procedura di sostituzione, la regione non avrebbe possibilità di salvaguardare le proprie competenze legislative, intervenendo tardivamente per conformarsi alle prescrizioni contenute nel Piano di rientro.

Più precisamente, secondo la Consulta sarebbe da disattendere “la tesi prospettata dalla Regione Lazio, secondo cui, «in pendenza del potere sostitutivo» statale, non solo resterebbe ferma la competenza legislativa regionale, ma addirittura si «determinerebbe la cessazione» del potere sostitutivo, qualora si realizzi – come sarebbe avvenuto nel caso di specie – «l’adempimento, sia pure tardivo, degli obblighi gravanti sulla Regione»”656.

In senso contrario, la Consulta richiama quanto già a suo tempo dalla stessa osservato “nel vagliare la legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 277, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), sospettato di essere irragionevolmente rigido, non prevedendo la possibilità di un intervento, «ancorché tardivo», del Presidente della Giunta regionale proprio in relazione alle misure da adottare per il ripiano dei disavanzi in materia sanitaria. La constatazione che tale disposizione fosse sopraggiunta «all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali», espressiva «della volontà di sottrarsi ad un’attività provvedimentale pur imposta dalle esigenze della finanza pubblica», è stata ritenuta un’idonea «giustificazione del divieto legislativo di adottare, da parte di un organo già inadempiente, ulteriori misure», valutandosi, inoltre, le stesse come suscettibili «di vanificare l’obiettivo di risanamento» del servizio sanitario regionale (sentenza n. 193 del 2007)”657.

Sulla base di questo principio e posta la sussistenza del potere sostitutivo governativo nonostante l’intervento tardivo regionale, la Corte ritiene di dover valutare se le funzioni attribuite al commissario ad acta, in virtù della relativa deliberazione governativa di nomina, siano state “sostanzialmente limitate se non addirittura svuotate”658.

Ciò premesso, la Corte stabilisce che la regione non può incidere in senso limitativo nei confronti dei poteri del commissario ad acta e dichiara l’illegittimità dell’art. 85 della legge regionale Lazio n. 14 del 2008, che aveva individuato negli organi ordinari della regione i soli legittimati ad apportare modifiche alle disposizioni finanziarie, di bilancio e contabili della regione, nella parte in cui non esclude dall’ambito della sua operatività le funzioni e le attività del commissario ad acta nominato dal Governo per l’attuazione del piano di rientro.

655 Per un commento della sent. n. 2/2010 si rinvia a R.DICKMANN, Il Commissario ad acta può esercitare il potere sostitutivo in via normativa?, in Federalismi.it, n. 3/2010.

656 Cfr. Corte cost., sent. n. 2/2010, punto 4 del Considerato in diritto. 657 Cfr. Corte cost., sent. n. 2/2010, punto 4 del Considerato in diritto. 658 Così Corte cost., sent. n. 2/2010, punto 4 del Considerato in diritto.

Più nel dettaglio, secondo la Consulta, “sebbene tale comma sia collocato tra le disposizioni dedicate al settore sanitario (settore non individuato, peraltro, con un capo o un titolo autonomo nel testo legislativo de quo), esso si riferisce all’intero contenuto della legge regionale di assestamento del bilancio, non ricavandosi dalla lettura della norma argomenti, di segno diverso, che inducano a ritenere le disposizioni dallo stesso enunciate limitate esclusivamente alla sanità regionale. Ne consegue che il comma 85 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo solo nella parte in cui non esclude dall’ambito della sua operatività le funzioni e le attività del commissario ad acta nominato dal Governo per l’attuazione del piano di rientro”659.

Tale conclusione sarebbe imposta dalla constatazione che “la scelta di riservare esclusivamente agli organi ordinari della Regione la modifica delle «disposizioni finanziarie, di bilancio e contabili», pur quando esse presentino profili di interferenza con l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, si risolve in un obiettivo svuotamento dei poteri del commissario ad acta, e dunque in una violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.”660.

Le conclusioni cui perviene la Corte costituzionale661, hanno delle evidenti ripercussioni sia sul sistema delle fonti sia sull’assetto istituzionale e sulla forma di governo regionale.

Infatti, sul primo versante, l’asserito divieto di interferenza con i poteri provvedimentali del commissario ad acta determina “una sorta di «capovolgimento» della gerarchia delle fonti, poiché le norme di legge regionale sono tenute a conformarsi, seppur indirettamente, a provvedimenti di natura amministrativa”662, che, pertanto, prevalgono sul potere legislativo dei Consigli regionali.

Più precisamente, stando alla ricostruzione giurisprudenziale del potere sostitutivo in commento, la delibera governativa di conferimento dell’incarico avrebbe tra i suoi effetti quello di “orientare finalisticamente tutta la successiva attività legislativa consiliare in quella materia, che dovrà anch’essa conformarsi agli obiettivi imposti al Commissario, venendo valutata e sindacata in ragione di quelli, perdendo così i tradizionali caratteri di attività discrezionale”663.

Inoltre, a seguito della delibera governativa di commissariamento si avrebbe una sorta di sospensione della potestà legislativa regionale in ambito sanitario664.

Come visto, la sorte della legislazione regionale in contrasto con tali principi è la declaratoria di incostituzionalità.

659 Cfr. Corte cost., sent. n. 2/2010, punto 6.1 del Considerato in diritto. 660 Cfr. Corte cost., sent. n. 2/2010, punto 6.1 del Considerato in diritto.

661 Tali conclusioni verranno, poi, ribadite nelle successive sent. nn. 78 del 2011, 28 e 104 del 2013, 278 del 2014, 106 del 2017 e, da ultimo, 117 del 2018.

662 Cfr. N.VICECONTE, Gli atti dei commissari ad acta in sanità tra “forma” amministrativa e “sostanza” legislativa: la Corte asserisce ma non chiarisce, cit., 4733.

663 Cfr. M.BELLETTI, Percorsi di ricentralizzazione del regionalismo italiano nella giurisprudenza costituzionale, cit., 236.

664 In questi termini G. FONTANA, L’incostituzionalità delle interferenze regionali sui poteri commissariali del Presidente della Giunta, cit.

Sembrerebbe, dunque, che la delibera governativa si ponga quale norma interposta integrante il parametro di costituzionalità665 .

Le disposizioni dei Piani di rientro, cioè, opererebbero “alla stregua dei principi fondamentali, quale vincolo alla legislazione regionale; inoltre, poiché i poteri del Commissario ad acta trovano nella delibera la loro fonte e legittimazione, è evidente che sia alla luce di quest’ultima che debba essere risolta l’antinomia tra leggi regionali e atti commissariali”666.

E, infatti, come più volte sostenuto dalla Corte, la legge regionale in contrasto con le misure adottate dal commissario in attuazione di quanto previsto dalla delibera deve considerarsi incostituzionale per violazione dell’articolo 120 della Costituzione, nonché “dei principi fondamentali di coordinamento finanziario, che attraverso i piani di rientro s’impongono alle Regioni”667.

Sul piano istituzionale, il potere sostitutivo esercitato in costanza di Piano di rientro determina una alterazione dell’assetto decisionale regionale, con una chiara preminenza dei poteri esecutivi del presidente della regione, nominato commissario ad acta. Tale anomalia è conseguenza del c.d. “doppio binario”, ossia del meccanismo secondo il quale l’incarico commissariale viene affidato al presidente della regione, che, pertanto, cumula funzioni di indirizzo politico e funzioni manageriali di ristrutturazione finanziaria del Servizio sanitario regionale668.

Si tratta, com’è evidente, di una scelta di tipo conservativo, che sembrerebbe legata alla necessità di individuare un soggetto imputabile politicamente, data l’ampiezza delle funzioni che vengono attribuite al commissario ad acta669.

665 Così M.BELLETTI, Percorsi di ricentralizzazione del regionalismo italiano nella giurisprudenza costituzionale, cit., 237.

666 Cfr. N.VICECONTE, Gli atti dei commissari ad acta in sanità tra “forma” amministrativa e “sostanza” legislativa: la Corte asserisce ma non chiarisce, cit., 4733.

667 Cfr. N.VICECONTE, Gli atti dei commissari ad acta in sanità tra “forma” amministrativa e “sostanza” legislativa: la Corte asserisce ma non chiarisce, cit., 4733.

668 Il cumulo di funzioni è espressamente previsto dall’art.1, comma 174, della l. n. 311/2004. È opportuno evidenziare che, come rileva E.GRIGLIO, Il legislatore “dimezzato”: i Consigli regionali tra vincoli interni di attuazione dei piani di

rientro dai disavanzi sanitari ed interventi governativi sostitutivi, cit., 489, “il testo originario dell’art. 4 del d.l. 159/2007, convertito in legge dalla l. 22/2007, prevedeva un inciso con cui si stabiliva che «la nomina a Commissario ad acta è incompatibile con l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento». Tale previsione, che chiaramente avrebbe impedito la presenza di Presidenti-Commissari ad acta, è rimasta inattuata, in quanto con il successivo d.l. 112/2008 – contestualmente al commissariamento della prima Regione in disavanzo, la Regione Lazio – si è soppresso il periodo sopra richiamato, e si è quindi proceduto con l’affidamento

Nel documento Welfare sanitario e vincoli economici (pagine 170-182)

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