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Il diritto alla salute come diritto sociale

Nel documento Welfare sanitario e vincoli economici (pagine 51-56)

Si è già detto che le situazioni giuridiche soggettive riferibili all’art. 32 possono essere suddivise in due categorie di diritti. Nella trattazione abbiamo ascritto alla categoria dei diritti di libertà il diritto alla propria integrità psico-fisica e il diritto di non sottoporsi o rifiutare le cure. Sono, invece, da ascriversi alla categoria dei diritti a prestazioni: il diritto dell’individuo ai trattamenti sanitari preventivi ed il diritto di essere curato, l’interesse della collettività a che la Repubblica tuteli la salute, il diritto degli indigenti a ricevere cure gratuite.

La prima situazione giuridica soggettiva non costituisce un “diritto alla salute”, posto che questa è un bene naturale e insuscettibile di divenire oggetto di un diritto166, ma un diritto alla tutela, cioè ad “un’azione pubblica diretta alla tutela della salute”167.

La seconda, invece, i cui titolari sono solo gli indigenti, consiste nel diritto all’accesso gratuito alle prestazioni sanitarie apprestate dalla Repubblica168.

L’elemento della gratuità viene riferito esclusivamente alla categoria degli “indigenti”, pur con le cautele che nell’interpretazione di detta clausola vanno assunte, come sopra sottolineato, mentre il diritto alle cure va inteso quale diritto a ricevere le cure anche se a pagamento169. L’esclusione della gratuità o, meglio, la circoscrizione della gratuità alla sola categoria degli “indigenti”, comporta che le prestazioni sanitarie possano essere offerte anche in forma di compartecipazione o a totale carico del destinatario.

Dal punto di vista strutturale, i diritti in questione si atteggiano come diritti relativi, esercitabili, cioè, nei confronti di uno o più soggetti determinati, indifferentemente di natura privata o pubblica. L’art. 32, infatti, non impone il carattere pubblico dei soggetti erogatori ma ammette la possibilità del coinvolgimento di soggetti privati nell’attività assistenziale. Ciò che certamente non può essere oggetto di rinuncia è il dovere, da considerarsi pertanto inderogabile, della Repubblica di adoperarsi

165 Cfr. Corte cost., sent. n. 107/2012, punto 3 del Considerato in diritto. Invero, la Corte aveva già espresso detto orientamento con la più risalente sent. n. 27/1998.

166 Così G.CHIARELLI, Lo Stato e l’assistenza sanitaria, in Federazione medica, 10/1957, 5.

167Ibidem. In questo senso anche E.DE PALMA RAINONE, La tutela della salute come diritto pubblico soggettivo, cit., 7.

168 Così D.MORANA, La salute come diritto costituzionale, cit., 74. 169 CosìM.LUCIANI, Salute I) Diritto alla salute – dir. Cost., cit., 8.

per la tutela della salute, assicurando l’erogazione di prestazioni adeguate allo scopo, garantendo, inoltre, la gratuità delle cure agli indigenti.

Tale inderogabilità connota il dovere della Repubblica di tutelare la salute in termini, lo si ribadisce, di “funzione pubblica”, della quale “non ci si può spogliare, in quanto il suo esercizio è indeclinabile perché connesso ed implicato con le ragioni e le motivazioni profonde dello «Stato sociale di diritto»”170.

Simile indeclinabilità non esclude, tuttavia, che residuino spazi di discrezionalità per il legislatore ordinario circa le forme e i mezzi di attuazione del dovere individuato.

La “programmaticità” dell’art. 32 emerge proprio nella considerazione del necessario intervento legislativo per l’effettiva tutela del bene salute. E la scelta di indicare genericamente la Repubblica quale unico titolare del dovere posto dalla norma costituzionale ne può essere considerato, come sopra messo in luce, carattere sintomatico.

Ciò non significa, certamente, che il destino del diritto alla salute sia abbandonato alla piena disponibilità del legislatore ordinario. Se così fosse, infatti, “la tutela costituzionale della posizione giuridica soggettiva degraderebbe a quella di rango meramente legislativo, annichilendo la portata prescrittiva della previsione costituzionale”171.

Più chiaramente, l’an e il quid della tutela, posto il loro ancoraggio costituzionale, devono considerarsi inderogabili172; al legislatore non spetta la scelta sul “se” assicurare o meno la tutela del diritto alla salute. Ad esso residuano, piuttosto, margini di discrezionalità sul quomodo, sulle modalità, cioè, attraverso le quali assicurare le prestazioni sanitarie. Ma tale spazio di discrezionalità non può considerarsi pieno, assoluto e insindacabile. Le scelte del legislatore ordinario, infatti, possono essere oggetto del sindacato della Corte costituzionale tutte le volte in cui esse mettano “in pericolo la salvaguardia dello stesso diritto alla salute”173. Detto altrimenti, i diritti sociali, e tra questi in primo luogo il diritto alla salute, non solo riconosciuti in Costituzione ma anche garantiti nell’an e nel quid della loro tutela, “abilitano la Corte costituzionale a sindacare l’attività legislativa ove, nel determinare il quomodo e il quando della garanzia dei diritti sociali, il legislatore non abbia usato la dovuta ragionevolezza nel ponderare l’attuazione dei diritti stessi all’interno del bilanciamento con gli altri interessi primari garantiti dalla Costituzione e con le imprescindibili esigenze di bilancio”174, secondo la riserva del “possibile” o del “ragionevole”175.

170 Cfr. R.FERRARA, Salute (diritto alla), cit., 520.

171 Cfr. D.MORANA, La salute come diritto costituzionale, cit. 72. 172 Su questi rilievi A.BALDASSARRE, Diritti sociali, cit., 31. 173 Cfr. D.MORANA, La salute come diritto costituzionale, cit., 73. 174 Cfr. A.BALDASSARRE, Diritti sociali, cit., 31.

175 Sulla riserva del possibile o del ragionevole si vedano: A.BALDASSARRE, Diritti sociali, cit., 31; M.LUCIANI, La produzione economica privata nel sistema costituzionale, Padova, Cedam, 1983, 238, nt. 72.

L’ambito di intervento del legislatore ordinario sul quomodo e sul quando della tutela abbraccia, chiaramente, non solo il profilo strettamente organizzativo, ma anche quello prettamente finanziario.

Anzi, si può dire che accanto alla volontà politica di dare corso al “programma” costituzionale della tutela della salute gioca un ruolo fondamentale la maggiore o minore disponibilità di risorse finanziarie.

Ed è proprio in relazione a questo aspetto che la dottrina, a proposito del diritto alla salute, parla di diritto finanziariamente condizionato176.

La giurisprudenza costituzionale in tema di diritto alla salute è indice delle problematicità evidenziate. La Corte, infatti, pare indirizzata a “sottolineare il condizionamento finanziario nei casi in cui viene in rilievo non direttamente il diritto individuale alla salute da tutelare, quanto piuttosto la distribuzione delle risorse finanziarie tra i vari soggetti che operano nel Ssn e a rimarcare, negli altri casi, che le esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nel bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana”177.

Così, ad esempio nella sentenza n. 455 del 1990, la Consulta ha precisato che il carattere condizionato del diritto “non implica certo una degradazione della tutela primaria assicurata dalla Costituzione a una puramente legislativa, ma comporta che l’attuazione della tutela, costituzionalmente obbligatoria, di un determinato bene (la salute) avvenga gradualmente a seguito di un ragionevole bilanciamento con altri interessi o beni che godono di pari tutela costituzionale e con la possibilità reale e obiettiva di disporre delle risorse necessarie per la medesima attuazione: bilanciamento che è pur sempre soggetto al sindacato di questa Corte nelle forme e nei modi propri all’uso della discrezionalità legislativa”178.

La successiva giurisprudenza ha ribadito tale orientamento, affermando, ad esempio, che “la tutela del diritto alla salute non può non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone”179, o, ancora, che “l’esigenza di assicurare la universalità e la completezza del sistema assistenziale nel nostro Paese si è scontrata, e si scontra ancora attualmente, con la limitatezza delle disponibilità finanziarie che annualmente è possibile destinare, nel quadro di una programmazione generale degli interventi di carattere assistenziale e sociale, al settore sanitario”180.

176 Sul diritto alla salute come diritto finanziariamente condizionato si vedano: R.FERRARA, Salute (diritto alla), cit., 531; M.LUCIANI, Salute I) Diritto alla salute – dir. Cost., cit., 9; R.BALDUZZI, Salute (diritto alla), cit., 5397; D.

MORANA, La salute come diritto costituzionale, cit., 83 ss.

177 Cfr. R.BALDUZZI, Salute (diritto alla), cit., 5398.

178 Cfr. Corte cost., sent. n. 455/1990, punto 3 del Considerato in diritto. 179 Cfr. Corte cost., sent. n. 309/1999, punto 3 del Considerato in diritto. 180 Cfr. Corte cost., sent. n. 248/2011, punto 6.1 del Considerato in diritto.

Ma, accanto a ciò, la Consulta ha sempre chiarito che, benché la tutela del diritto alla salute non possa non subire condizionamenti finanziari, “le esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nel bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana. Ed è certamente a quest’ambito che appartiene il diritto dei cittadini in disagiate condizioni economiche, o indigenti secondo la terminologia dell’art. 32 della Costituzione, a che siano loro assicurate cure gratuite”181.

Anche quest’orientamento ha trovato conferma nella giurisprudenza successiva della Corte, la quale ha avuto modo di sottolineare che il “nucleo irriducibile” del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, “impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto”182.

Da questo punto di vista un ruolo fondamentale ha assunto l’introduzione, nella legislazione ordinaria di settore, tema che si approfondirà successivamente, della nozione di livelli essenziali di assistenza (Lea), intesi quali “nucleo imprescindibile delle prestazioni che [devono] essere assicurate dal Ssn, la cui individuazione [deve] essere contestuale all’indicazione delle risorse stanziate per il finanziamento della sanità”183.

Come si avrà modo di chiarire, la nozione di “livelli essenziali” è stata, poi, “costituzionalizzata” alla lett. m) del comma 2 dell’art. 117 che attribuisce alla competenza esclusiva statale la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.

La dottrina che si è chiesta se ci fosse identità tra quel “nucleo irriducibile”, sopra richiamato, e i “livelli essenziali” sembra aver fornito risposta positiva, con la precisazione che “mentre il primo concetto, pur necessitando di contestualizzazioni e precisazioni, si presta a una formalizzazione e concettualizzazione, il secondo trova nel contesto e nell’attuazione concreta gli elementi della sua definizione operativa”184.

181 Cfr. Corte cost., sent. n. 309/1999, punto 3 del Considerato in diritto. 182 Cfr. Corte cost., sent. n. 509/2000, punto 4 del Considerato in diritto.

183 Cfr.N.VICECONTE, L’introduzione dei costi standard e il finanziamento dei livelli essenziali della salute, in (a cura di) R.NANIA, Attuazione e sostenibilità del diritto alla salute, Atti della Giornata di studio, 27 febbraio 2013,

Sapienza Università di Roma, 79.

SEZIONE II

Le fonti del diritto sanitario

SOMMARIO: 1. Premessa; - 2. Le altre fonti costituzionali: a) i principi fondamentali; - 2.1. segue…b) l’art. 38 della Costituzione; 2.2. segue…c) le norme del Titolo V - 3. La legislazione ordinaria; - 3.1. segue…Le tre riforme della sanità;- 4. Le fonti atipiche: a) i Patti per la salute; - 4.1. segue…b) i Piani di rientro.

1. Premessa

La presente sezione è diretta, nelle intenzioni di chi scrive, a porre le basi del discorso argomentativo che seguirà nei capitoli successivi; risponde, cioè, ad esigenze di completezza espositiva.

In questa sede, gli strumenti normativi verranno considerati brevemente e troveranno, invece, più approfondita analisi nel prosieguo della trattazione, allorché ad ognuno di essi verrà attribuita una collocazione sistematica critica.

L’intenzione primaria della presente parte sarà l’individuazione delle fonti, ulteriori rispetto all’art. 32 della Costituzione, del sistema di tutela oggetto di analisi.

Come si vedrà, il welfare sanitario trova, infatti, la propria disciplina in una molteplicità di fonti del diritto, tipiche e atipiche.

L’analisi si concentrerà, in primo luogo, sulle ulteriori fonti costituzionali del diritto alla tutela della salute e, in particolare, sulle disposizioni di cui agli artt. 2, 3, 38 e 117.

In secondo luogo, verrà presa in considerazione la legislazione ordinaria, che rappresenta lo strumento primario di disciplina del sistema.

Infine, particolare attenzione sarà dedicata ai Patti per la salute e ai Piani di rientro, che rappresentano le fonti “atipiche” del diritto sanitario.

I Patti per la salute, che rispondono strutturalmente agli schemi delle intese e sono diventati il luogo privilegiato della determinazione delle politiche sanitarie, soprattutto di ordine finanziario, hanno il pregio di comporre interessi territoriali differenti, costituendo essi un momento di sintesi tra il livello statale e quello regionale, in un’ottica di cooperazione e stabilizzazione delle scelte.

Di contro, i Piani di rientro si sostanziano in accordi tra lo Stato e le regioni, in cui siano accertati rilevanti disavanzi di gestione nel Servizio sanitario regionale, volti ad individuare gli interventi necessari al fine di ristabilire l’equilibrio economico.

Questi, come si vedrà più avanti, superano la dimensione concertativa e costituiscono, nei fatti, uno strumento di ingerenza da parte dello Stato nell’autonomia regionale.

Nel documento Welfare sanitario e vincoli economici (pagine 51-56)

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