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L’incompiuta autonomia di entrata delle regioni La direzione centralista del d.lgs n 68 del

Nel documento Welfare sanitario e vincoli economici (pagine 182-187)

Universalismo e decentramento alla prova dei vincoli di bilancio

4. L’incompiuta autonomia di entrata delle regioni La direzione centralista del d.lgs n 68 del

Da ultimo, della suddetta tendenza accentratrice pare rivelatrice la stessa disciplina attuativa della delega sul federalismo fiscale.

Come si è già avuto modo di evidenziare, la legge n. 42 del 2009 ha inteso dare attuazione all’art. 119 della Costituzione.

Ai sensi dell’art. 7 della c.d. delega sul federalismo fiscale, i decreti legislativi di successiva attuazione avrebbero dovuto disciplinare i seguenti tributi regionali: 1) i tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle regioni; 2) le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali; 3) i tributi propri istituiti dalle regioni con proprie leggi in relazione ai presupposti non già assoggettati ad imposizione erariale.

Si è previsto, inoltre, che, per i tributi propri derivati, le regioni, con propria legge, possono modificare le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e secondo criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto della normativa comunitaria, e che per le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali le regioni, con propria legge, possono introdurre variazioni percentuali delle aliquote delle addizionali e possono disporre detrazioni entro i limiti fissati dalla legislazione statale.

Peraltro, si è stabilito che le modalità di attribuzione alle regioni del gettito dei tributi regionali istituiti con legge dello Stato e delle compartecipazioni ai tributi erariali dovessero essere definite in conformità al principio di territorialità di cui all’articolo 119 della Costituzione. A tal fine, le suddette modalità avrebbero dovuto tenere conto: del luogo di consumo, per i tributi aventi quale presupposto i consumi (per i servizi, il luogo di consumo può essere identificato nel domicilio del soggetto fruitore finale); della localizzazione dei cespiti, per i tributi basati sul patrimonio; del luogo di prestazione del lavoro, per i tributi basati sulla produzione; della residenza del percettore, per i tributi riferiti ai redditi

delle persone fisiche. Il gettito dei tributi regionali derivati e le compartecipazioni al gettito dei tributi erariali avrebbero dovuto considerarsi senza vincolo di destinazione.

Ai sensi del successivo art. 8, i conseguenti decreti legislativi, al fine di adeguare le regole di finanziamento alla diversa natura delle funzioni spettanti alle regioni, nonché al principio di autonomia di entrata e di spesa fissato dall’articolo 119 della Costituzione, avrebbero dovuto, tra le altre cose:

- classificare le spese connesse a materie di competenza legislativa di cui all’articolo 117, comma 3 e 4, della Costituzione nonché delle spese relative a materie di competenza esclusiva statale, in relazione alle quali le regioni esercitano competenze amministrative, e, in particolare: spese riconducibili al vincolo dell’articolo 117, comma 2, lett. m), della Costituzione; spese non riconducibili al vincolo dell’art. 117, comma 2, lett. m), della Costituzione; spese finanziate con i contributi speciali, con i finanziamenti dell’Unione europea e con i cofinanziamenti nazionali;

- definire le modalità per cui le spese riconducibili al suddetto vincolo di cui all’art. 117 sono determinate nel rispetto dei costi standard associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale in piena collaborazione con le regioni e gli enti locali, da erogare in condizioni di efficienza e di appropriatezza su tutto il territorio nazionale;

- definire le modalità per cui le spese vincolate ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. a), della Costituzione, sono finanziate con il gettito, valutato ad aliquota e base imponibile uniformi, di tributi propri derivati, dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e della compartecipazione regionale all’Iva, nonché con quote specifiche del fondo perequativo, in modo tale da garantire nelle predette condizioni il finanziamento integrale in ciascuna regione;

- definire le modalità per cui le spese non vincolate ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. m), della Costituzione sono finanziate con il gettito dei tributi di cui all’articolo 7, comma 1, lett. b), e con quote del fondo perequativo di cui al successivo art. 9;

- sopprimere i trasferimenti statali diretti al finanziamento sia delle spese vincolate sia delle spese non vincolate ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. m), ad eccezione dei contributi erariali in essere sulle rate di ammortamento dei mutui contratti dalle regioni;

- definire le modalità per cui le aliquote dei tributi e delle compartecipazioni destinati al finanziamento delle spese vincolate ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. m), della Costituzione, sono determinate al livello minimo assoluto sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni in una sola regione;

- definire, altresì, le modalità per cui al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni nelle regioni ove il gettito tributario è insufficiente concorrono le quote del fondo perequativo di cui al successivo art. 9;

- definire le modalità per cui l’importo complessivo dei trasferimenti statali diretti al finanziamento delle spese non vincolate ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. m), della Costituzione, fatta eccezione per quelli già destinati al fondo perequativo di cui all’articolo 3, commi 2 e 3, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e attualmente corrisposti a valere sul gettito dell’IRAP, è sostituito dal gettito derivante dall’aliquota media di equilibrio dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche. Il nuovo valore dell’aliquota deve essere stabilito sul livello sufficiente ad assicurare al complesso delle regioni un ammontare di risorse tale da pareggiare esattamente l’importo complessivo dei trasferimenti soppressi;

- definire le modalità per cui agli oneri delle funzioni amministrative eventualmente trasferite dallo Stato alle regioni, in attuazione dell’articolo 118 della Costituzione, si provvede con adeguate forme di copertura finanziaria coerenti con i principi della medesima legge n. 42 del 2009 e secondo le modalità di cui all’articolo 7 della legge n. 131 del 2003 e successive modificazioni.

Riassuntivamente, la delega individua nei tributi regionali derivati, ossia quelli istituiti con legge statale, e nell’addizionale Irpef “le fonti primarie di finanziamento autonomo, che si aggiungono alla compartecipazione all’Iva di cui fa menzione l’art. 7, comma 1, lett. a). Lo spazio dei cosiddetti tributi regionali autonomi (cioè quelli che saranno istituiti con legge regionale) è minore, in conformità a quanto avviene in altri ordinamenti […]”682.

Inoltre, viene espressamente prevista una distinzione tra le varie tipologie di spesa, che rileva ai fini delle fonti di finanziamento. In particolare, le spese riconducibili al vincolo di cui all’art. 117, comma 2, lett. m), “sono da finanziare integralmente soprattutto con il gettito dei tributi propri derivati, dell’addizionale regionale all’Iva, nonché con quote specifiche del fondo perequativo […]”683, mentre le spese non riconducibili al suddetto vincolo, c.d. spese libere, “per le quali non si prevede l’obbligo del finanziamento integrale, sono sostenute ricorrendo a entrate definite […] in modo vago”.

Tra gli interventi attuativi della legge n. 42 del 2009 riveste particolare importanza il d.lgs. n. 68 del 2011, che ha dettato “Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario”.

Se l’obiettivo principale del d.lgs. n. 68 del 2011 era quello di assicurare l’autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e la conseguente soppressione di trasferimenti statali, un simile progetto pare che non sia stato raggiunto.

682 Cfr. L. ANTONINI, La manovrabilità dei tributi propri (commento all’art. 7), in V.NICOTRA,F.PIZZETTI,S. SCOZZESE (a cura di), Il federalismo fiscale, cit., 132.

Si consideri, infatti, da un lato, che i margini di autonomia tributaria delle regioni a statuto ordinario sono attualmente modesti, dall’altro, che l’effettiva rideterminazione della principale fonte di entrata delle regioni e la soppressione dei trasferimenti erariali sono state, più volte, rimandate.

Nella prima direzione, occorre rilevare come il grado di autonomia tributaria, aumentato lentamente nella prima metà degli anni Novanta e incrementato radicalmente negli anni 1997 e 1998, conosce una netta riduzione negli ultimi anni, a causa, soprattutto, della riduzione del gettito Irap e del blocco delle aliquote dell’addizionale regionale all’Irpef. A ciò si aggiunga che nell’ultimo periodo i trasferimenti statali sono aumentati “al fine di controbilanciare i forti effetti negativi sul gettito conseguenti alla riduzione del prodotto interno lordo”684.

L’art. 6 del decreto d.lgs. n. 68 del 2011, originariamente, aveva previsto che a decorrere dall’anno 2012 ciascuna regione a Statuto ordinario avrebbe potuto, con propria legge, aumentare o diminuire l’aliquota dell’addizionale regionale all’Irpef di base.

Tuttavia, a partire dal 2016, con legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016)685 è stata disposta la sospensione, poi reiterata dalle leggi nn. 232 del 2016 (legge di stabilità per il 2017)686 e 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018)687, delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle regioni e agli enti locali.

Sul secondo versante, il termine previsto dall’art. 2 del decreto per la rideterminazione dell’addizionale Irpef, diretta a garantire “al complesso delle regioni a statuto ordinario entrate corrispondenti al gettito assicurato dall’aliquota di base vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, ai trasferimenti statali soppressi”, è stato differito dalla legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per l’anno 2018) all’anno 2020688.

Stessa sorte per l’effettiva soppressione dei trasferimenti erariali. Infatti, l’art. 7 del decreto, che aveva previsto inizialmente che la soppressione avvenisse a partire dall’anno 2013, ha subito quattro modifiche dilatorie, l’ultima delle quali è intervenuta con la legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018) che ne ha differito l’entrata in vigore all’anno 2020.

Com’è evidente, il mancato raggiungimento dell’obiettivo è dipeso da una sorta di «gioco all’ulteriore rinvio», per il quale “gli effetti di alcune norme strategiche in materia di entrate regionali sono rimasti congelati, a causa di ripetuti spostamenti in avanti della loro decorrenza”689.

684 Cfr. N.DIRINDIN S.PELLEGRINO, Federalismo fiscale regionale, autonomia finanziaria e costi standard: quali prospettive?, cit., 128, cui si rimanda anche per le considerazioni precedenti.

685 Così l’art. 1, comma 26, l. n. 208/2015. 686 Così l’art. 1, comma 42, l. n. 232/2016. 687 Così l’art. 1, comma 37, l. n. 205/2017.

688 Così l’art. 1, comma 778, comma 1, lett. a), l. n. 205/2017. 689 Cfr. A.D’ATENA, Diritto regionale, cit., 239.

A ciò deve aggiungersi quanto già evidenziato a proposito del meccanismo di determinazione del fabbisogno sanitario nazionale e dei fabbisogni sanitari regionali.

Si è detto che il sistema dei costi standard, diretto per espressa previsione legislativa al superamento del criterio della spesa storica, costituisce esclusivamente un metodo di riparto tra le regioni del fabbisogno sanitario individuato in sede politica.

Il legislatore, cioè, nella determinazione dell’ammontare complessivo di spesa da dedicare al settore sanitario, ha scelto di utilizzare il metodo economico c.d. top down, il cui punto di partenza è costituito dal vincolo di bilancio. Il finanziamento complessivo della sanità rimane un dato fissato esogenamente, coerentemente con il quadro macroeconomico e i vincoli di finanza pubblica690.

La determinazione della spesa sanitaria complessiva, dunque, avviene a monte, “secondo logiche politiche e in base alle disponibilità finanziarie, con successiva distribuzione alle regioni”691. Infatti, ai sensi dell’art. 26, comma 1, del d.lgs. n. 68 del 2011, “[...] il fabbisogno sanitario nazionale standard è determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria [...]”692.

In conclusione, il decreto sui costi standard si muove in direzione contraria rispetto al federalismo fiscale. Emerge, infatti, “una forte tenuta al centro e una sostanziale limitazione all’autonomia di programmazione e di spesa delle regioni”693.

690 Cfr. G.PISAURO, Retorica e realtà nella determinazione dei fabbisogni standard nella sanità, cit. Si vedano, altresì, in tal senso E.CARUSO-N.DIRINDIN, Costi e fabbisogni standard nel settore sanitario: le ambiguità del decreto legislativo

n. 68 del 2011, cit..

691 Così N.VICECONTE, L’introduzione dei costi standard e il finanziamento dei livelli essenziali della salute, cit., 87. 692 Su tali rilievi si veda C.CISLAGHI-F.GIULIANI, Costi standard: ma di che cosa stiamo parlando?, cit., 67, per i quali “se la legge 42 in qualche modo può aver fatto una affermazione difficilmente realizzabile per la sanità, il legislatore non ha però ripetuto questo errore nella stesura del decreto attuativo sui costi standard in sanità, in cui è chiara la consapevolezza che il finanziamento può solo esser determinato con una decisione macroeconomica dal Parlamento su proposta del Governo”.

CAPITOLO III

Nel documento Welfare sanitario e vincoli economici (pagine 182-187)

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