6. Il diritto alla salute come diritto di libertà A) Il diritto all’integrità psico-fisica
6.1. segue…B) Il diritto dell’individuo di non sottoporsi o di rifiutare le cure
Come già sinteticamente evidenziato, il secondo comma dell’art. 32 della Costituzione attribuisce all’individuo il diritto di autodeterminarsi in relazione alla propria sfera “salutare”. Secondo il testo costituzionale, cioè, nessuno può essere coartato nella scelta di un trattamento sanitario, nel senso più ampio della locuzione, rientrando nella libertà di salute tutte le decisioni individuali attinenti sia all’aspetto preventivo-conservativo, sia a quello curativo-modificativo. È, parimenti, oggetto di tutela la forma negativa della libertà di salute, il diritto di non adottare comportamenti diretti a prevenire e curare malattie, conservare o aumentare il proprio livello di benessere psico-fisico153.
La libertà di cui si discute va, però, bilanciata con l’interesse alla salute della collettività, previsto dal primo comma dell’art. 32, in cui trova il suo limite. Nel caso in cui l’interesse del singolo si sovrapponga all’interesse collettivo, devono ritenersi legittimi trattamenti sanitari obbligatori o coattivi. In ciò si sostanzia l’ulteriore situazione giuridica soggettiva imputabile alla disposizione di
148 Così M.LUCIANI, Salute I) Diritto alla salute – dir. Cost., cit. 6. 149 Cfr. C.TRIPODINA, Art. 32 Cost., cit., 324.
150 Cfr. F.MINNI –A.MORRONE, Il diritto alla salute nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana, cit., 3, i quali richiamano la storica sent. della Corte di Cassazione n. 5172/1979.
151 Ad esempio, nelle sent. nn. 210 e 641/1987, 218/1994 e, più recentemente, nella sent. sul caso Ilva, n. 85/2013. 152 Così ad esempio nell’ord. n. 365/1993.
cui all’art. 32, precedentemente definita come “dovere dell’individuo di sottoporsi a trattamenti sanitari”.
Le due garanzie che la norma pone a tutela della legittimità di eventuali limitazioni della libertà di salute, nella forma di imposizione di trattamenti sanitari obbligatori, sono la riserva di legge, comune a tutte le previsioni costituzionali in tema di libertà, e il limite del rispetto della persona umana.
Si discute in dottrina se la riserva di legge citata debba considerarsi “assoluta” o “relativa”. Pare, però, di potersi evincere dalla lettera dalla disposizione che l’art. 32 riservi in via assoluta al legislatore ordinario tanto l’imposizione quanto la disciplina dell’imposizione stessa. A favore di una simile conclusione militerebbero ragioni di ordine testuale. Se, infatti, si confronta “la disposizione in esame con quella dell’art. 23 Cost., considerata – questa sì pressoché unanimamente – come recante una riserva relativa, la differenza sembra emergere in maniera sufficientemente apprezzabile. Mentre per l’art. 23 l’imposizione di prestazioni personali e patrimoniali non è possibile se non «in base alla legge», nell’art. 32, invece, l’obbligo al trattamento non è ammesso se non «per disposizione di legge». Da ciò consegue che, nella prima formulazione, quello alla «legge» è da intendersi come un riferimento a un atto che si colloca a fondamento (alla base) di un’ulteriore normazione posta da fonti subordinate. Diversamente, nell’art. 32 manca tale apertura ad atti di natura secondaria, richiedendosi piuttosto che attraverso una specifica disposizione di legge, o atto equiparato, si prevedano i casi e le condizioni in cui si possa intervenire a limitare, con successivi provvedimenti puntuali e concreti, la libertà di salute”154.
L’ulteriore limite che l’art. 32 pone al legislatore ordinario è il rispetto della persona umana. È da ritenersi che tale principio, come sostenuto dal Mortati, proprio per la sua genericità, sia “necessariamente soggetto ad assumere contenuti variabili nel tempo secondo l’evoluzione della coscienza popolare, che per il prodursi di circostanze varie, può condurre a far considerare opportuno o necessario ciò che prima si riteneva inibito”155. Tuttavia, tale elasticità “non può considerarsi illimitata dovendo invece contenersi entro limiti tali da non potere essere superati se non a patto di uscire fuori dal sistema costituzionale”156.
Inoltre, in ordine alla definizione del limite del rispetto della persona umana sembrerebbe utile, se non doveroso, riferirsi non solo alla natura delle misure sanitarie coattive ma, altresì, alle finalità attraverso le medesime perseguite, alle condizioni della loro adozione, che complessivamente considerate vi attribuiscono un significato specifico, rendendole ammissibili o meno a seconda dei casi157. In questo senso, si consideri che la stessa sterilizzazione potrebbe essere diretta al
154 Cfr. D.MORANA, La salute come diritto costituzionale, cit., 47-8.
155 Cfr. C.MORTATI, La tutela della salute nella Costituzione italiana, cit., 441-2. 156 Cfr. C.MORTATI, La tutela della salute nella Costituzione italiana, cit., 442. 157 Ibidem.
raggiungimento di obiettivi estremamente eterogenei: dalle ragioni di ordine terapeutico a quelle eugenetiche o di difesa della purezza razziale158.
Inoltre, sembrerebbe che, nel caso in cui i trattamenti sanitari siano non solo obbligatori ma anche coattivi, debbano adottarsi garanzie ulteriori a presidio della libertà di salute. In questo caso dovranno rispettarsi tutte le procedure previste dall’art. 13 della Costituzione a presidio della libertà personale159. La coattività, infatti, determina la conversione del mero obbligo “in una soggezione all’esecuzione coercitiva, che consente di eseguire il trattamento senza la collaborazione del destinatario o ricorrendo all’uso della forza. Si è in presenza, così, di una delle «altre» restrizioni della libertà personale, cui fa riferimento il secondo comma dell’art. 13 Cost., che condividono con quelle espressamente indicate il carattere di restrizione fisica, e tra le quali già in Assemblea costituente si riconobbe che potessero rientrare quelle richieste da impellenti esigenze sanitarie”160.
Con riguardo alle indicazioni della giurisprudenza costituzionale, nella sentenza n. 307 del 1990, in tema di vaccinazione poliomelitica, la Consulta ha delineato i principi che regolano i trattamenti sanitari obbligatori, dichiarando che “la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 della Costituzione se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale”161. Ne deriva che “un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili”162.
Di contro, con riferimento “all’ipotesi di ulteriore danno alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio - ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica - il rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività non è da solo sufficiente a giustificare la misura sanitaria. Tale rilievo esige che in nome di esso, e quindi della
158 Così D.MORANA, La salute come diritto costituzionale, cit., 50.
159 Così M.LUCIANI, Salute I) Diritto alla salute – dir. Cost., cit. 10. Di questo avviso anche A.PACE, Libertà personale (diritto costituzionale), in Enc. Dir., XXIV, Giuffrè, Milano, 1974, 296 ss.; S.P.PANUNZIO, Trattamenti
sanitari obbligatori e Costituzione (a proposito della disciplina delle vaccinazioni), in Diritto e società, 1979, 888 ss.; A. CERRI, Libertà, II) Libertà personale – dir. cost., in Enc. Giur., XXI, Treccani, Roma, 1990, 9; D.MORANA, La salute
come diritto costituzionale, cit., 185; A.A.NEGRONI, Trattamenti sanitari obbligatori e tutela della salute individuale e
collettiva, in Forum di Quaderni costituzionali, 11/2017, 2. Contra D.VINCENZI AMATO, Art. 32, 2° comma, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione, Rapporti etico-sociali, Zanichelli-Il Foro italiano, Bologna Roma,
1976, 167 ss.; V.CRISAFULLI, In tema di emotrasfusioni obbligatorie, in Diritto e società, 1982, 560; B.CARAVITA, La
disciplina costituzionale della salute, cit., 53 ss.; M.COCCONI, Il diritto alla tutela della salute, Cedam, Padova, 1998,
96 ss.
160 Cfr. D.MORANA, La salute come diritto costituzionale, cit., 55. 161 Cfr. Corte cost., sent. n. 307/1990, punto 2 del Considerato in diritto. 162 Cfr. Corte cost., sent. n. 307/1990, punto 2 del Considerato in diritto.
solidarietà verso gli altri, ciascuno possa essere obbligato, restando così legittimamente limitata la sua autodeterminazione, a un dato trattamento sanitario, anche se questo importi un rischio specifico, ma non postula il sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri.
Un corretto bilanciamento fra le due suindicate dimensioni del valore della salute - e lo stesso spirito di solidarietà (da ritenere ovviamente reciproca) fra individuo e collettività che sta a base dell’imposizione del trattamento sanitario - implica il riconoscimento, per il caso che il rischio si avveri, di una protezione ulteriore a favore del soggetto passivo del trattamento. In particolare, finirebbe con l’essere sacrificato il contenuto minimale proprio del diritto alla salute a lui garantito, se non gli fosse comunque assicurato, a carico della collettività, e per essa dello Stato che dispone il trattamento obbligatorio, il rimedio di un equo ristoro del danno patito. E parimenti deve ritenersi per il danno - da malattia trasmessa per contagio dalla persona sottoposta al trattamento sanitario obbligatorio o comunque a questo ricollegabile - riportato dalle persone che abbiano prestato assistenza personale diretta alla prima in ragione della sua non autosufficienza fisica (persone anche esse coinvolte nel trattamento obbligatorio che, sotto il profilo obbiettivo, va considerato unitariamente in tutte le sue fasi e in tutte le sue conseguenze immediate)”163.
Riassuntivamente, come specificato dalla Corte nella sentenza n. 258 del 1994, devono ritenersi condizioni di legittimità dei trattamenti sanitari obbligatori: a) che “il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale”; b) che vi sia “la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili”; c) che “nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio – ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica - sia prevista comunque la corresponsione di una «equa indennità» in favore del danneggiato”164.
Tali principi, sono, poi, stati estesi anche ai trattamenti sanitari non obbligatori. Infatti, nella sentenza n. 107 del 2012, la Consulta ha previsto il diritto all’indennizzo anche in relazione al danno derivante da vaccinazioni “raccomandate”, sulla base della considerazione che “la ragione determinante del diritto all’indennizzo è l’interesse collettivo alla salute e non l’obbligatorietà in quanto tale del trattamento, la quale è semplicemente strumento per il perseguimento di tale interesse;
163 Cfr. Corte cost., sent. n. 307/1990, punto 2 del Considerato in diritto.
e che lo stesso interesse è fondamento dell’obbligo generale di solidarietà nei confronti di quanti, sottoponendosi al trattamento, vengano a soffrire di un pregiudizio”165.