46 Io guardo] io guando Rn • il poverello] al poverello Fn5 Fr8 (57) Fr12 Lu3 47 il quale] il qual Bu4 Lu3 • è infermo] infermo Bu4 Fr8 (58) Fr12 48 da·llui] da suoi Lu1 • a’ miei pensieri] co’
mie pensieri (59) Fr12 a mie pensieri Prm 49 me ho condannato,] m’ ha condennato Bu4 me e condannato Rn 50 ché rende] che ’l rende Fn5 51 giudìci, in sé mirando] In se mirando Bu4 giudichi in se mirando (62) Fr12 giudia in se mirando Prm • un altro, veri.] in altrui iudicii ueri
Bu4 un altro o ueri Rn un altro ieri Lu1 Fn5 un altro iieri (62) Fr12
52 invecchiando,] uigghiando Vch1 • ch’i’torni] che torni Bu4 Fl42 • in ieri] imperi Bu4 in eri Prm ieri Lu1 53 a disideri miei,] ahi desiderii mei Bu4 e disideri miei Fn5 • cercando avere,] circando hauete Bu4 54 torre] terre Fl42 • e tenere?] o tenere Lu3 55 al ciel] al cielo Fn5 Fr8 Lu3 56 talor] dalhor Bu4 • mi tocca.] me toccha Bu4 57 I’ col dito] È col detto Bu4 e col dito Rn 58 penso di scaricarmi] io penso di cascarmi Bu4 penso sognarmi Lu1 • del letto;] di letto Bu4 de letto Rn Lu1 Lu3 59 e ’n questo] è in questo Bu4 e questo Fl42 • sto,] son Bu4 • ché per la chioma] per che la chioma Bu4 che per la ch (?) Lu3 60 mi tira] potera Lu1
46-49. L’io lirico si immagina di fronte ad un specchio e commenta l’immagine di sé che tale specchio riflette; immagine reputata dal soggetto non corrispondente a quella mentale che egli ha di se stesso.
48. Si costruisca ed intenda: ʻ(“e osservo”; sotto inteso) quanto (che) nei miei pensieri (a’ miei pensieri) io sia differente da questa persona anziana (da lui).
vario: diverso, molteplice. da·llui: rif. a il poverello del v. 46.
a’ miei pensieri: lett. rispetto ai miei pensieri; αa quanto io ritengo di essereʼ. 49. Pensando questo: ovvero, ʻconstatando questa differenzaʼ.
Pensando: gerundio con valore causale.
49. Si intenda: lett. ʻio ho giudicato me stesso colpevole di calunniaʼ.
In questo frangente il verbo condannare può essere anche inteso nel suo significato di “biasimare”, “rimproverare” (vd. TLIO, condannare, 2; 4).
50-51. Si costruisca ed intenda: ʻdal momento che (ché) tale specchio restituisce (rende), osservando (mirando) a sua volta riflesso in sé un'altra persona (un altro), la verità (giudìci veri)ʼ.
50. Per quanto concerne l’immagine dello specchio, cfr. es. “Ma quando lo specchio è lordo l’uomo sì i vede bene la nuota e l’ordura. Ma quelli che in tale specchio si mira non vede la sua macchia se non come fae nello specchio ch’è laido, e pieno di nuote; ma quando lo specchio è ben chiaro e ben netto, allora si puote l’uom mirar, e conoscere sue macchie.”, Zucchero Bencivenni, Esposizione del Paternostro, 98; “Però che come nello specchio meglio si vede la macula della faccia dell’uomo specchiandosi dentro nello specchio, così l’anima che, con vero cognoscimento di sé, si leva per desiderio con l’occhio dell’intelletto a raguardarsi nello specchio dolce di Dio, per la purità, che vede in lui, meglio cognosce la macula della faccia sua.”, Caterina da Siena, Libro della divina dottrina, cap. 13, 31; “Segui’ già le sperançe e ’l van desio; / Or ò dinançi agli occhi un chiaro specchio, / Ov’ io veggio me stesso e ’l fallir mio; E quanto posso, al fine m’ apparecchio, / Pensando al breve viver mio, nel quale / Stamane era un fanciullo ed or son vecchio,”, F. Petrarca, I Trionfi, T. Temporis, vv. 55-60; “Io, che talor menzogna e talor vero / ò ritrovato le parole sue, / non so s’i ’l credea, et vivomi intra due: né sì né no nel cor mi sona intero. / In questa passa ’l tempo, et ne lo specchio / mi veggio andar ver’ la stagion contraria / a sua impromessa, et a a mia speranza. / Or sia che po’: già sol io non invecchio; / già per etate il mio desir non varia; ben temo il viver breve che n’avanza.”, F. Petrarca, Amor, mi manda quel dolce pensero, R.V.F. 168, vv. 5-14.
51. mirando: gerundio la cui valenza presenta una sfumatura causale. 52. invecchiando: gerundio con valore temporale; ʻmentre invecchioʼ.
torni in ieri: lett. tornare indietro, retrocedere, regredire; cfr. es. Boccaccio, Elegia di Madonna Fiammeta, cap. 5, par. 18, 126; Cecco Angelieri, I’ potre’ anzi ritornare in ieri, v. 1; Poesie musicali del Trecento, ball. 14, Anonimo, Donna, tu pur invechi, v. 2.
53. a disideri miei: ai miei desideri della gioventù. cercando avere: ʻricercando la ricchezzaʼ.
cercando: gerundio con valore strumentale. Il termine “avere” è qui inteso nel suo valore di infinito sostantivato. Il significato del verso non muta anche nel caso in cui si dovesse interpretare tale termine nella sua precipua funzione verbale (es. “d’avere”).
54. l’altrui tαrre e tenere?: ʻcercando (sotto inteso) di sottrarre e possedere l’avere (sotto inteso) altruiʼ.
Cfr. “O avaritia nimica di dio, / Tu ài sì strutto il mondo e fatto rio, / Che a mal torre e tener s’à rispetto:”, Graziolo Bambaglioli, Trattato delle volgari sentenze sopra le virtù morali, vv. 554- 556.
55. Si intenda: ʻe dimostrando di aver (avendo) il medesimo rispetto nei confronti di Dio (al ciel) che può avere una persona irriconoscente (come ingrato)ʼ.
come ingrato: come un uomo privo di gratitudine; cfr. “Di coloro che ricaggiono in quelli medesimi peccati de’ quali furono altra volta confessati e prosciolti, dicono alcuni che si debbono riconfessare da capo; ma pare a coloro che meglio intendono, che non sia di bisogno, ma basta che il peccatore dica: - Di questo o di simile peccato del qual io ora mi confesso, altra volta me ne confessai e fûnne prosciolto; e poi come ingrato del beneficio ricevuto, anche ci sono ricaduto. -”, J. Passavanti, Lo Specchio della vera penitenza, dist. 5, cap. 6, 156.
avendo: gerundio con valore temporale.
al ciel rispetto: in merito alla costruzione di “rispetto” con la preposizione “a”, cfr. es. “ben dico, avendo rispetto al loro appetito, al quale, per merito della richiesta, prestamente è seguito l’effetto.”, Boccaccio, Il Corbaccio, parr. 351-60, 103; “avendo rispetto al nobile dono gli fece l’ammiraglio di Dommasco, come addietro è conto.”, Simone Sigoli, Viaggio al monte Sinai, 233; “che in cinque dì Iddio abbi riguardo e abbi rispetto al suo popolo d’Israel”, Anonimo, Bibbia volgare, Gdt 8, 32.
56. la coscienza … mi tocca: lett. ʻla coscienza (la consapevolezza morale, la contrizione; vd. TLIO, coscienza, 2; 2.4) mi tocca con il rimorsoʼ.
pur: avv. ancora.
57-58. In questi versi, con ogni probabilità, l’autore intende alludere al pentimento (o al sacramento della confessione?) in merito al male compiuto.
57. Si intenda: ʻcessando opportunamente di parlare e facendo silenzio in segno di arrendevole e giusta contrizioneʼ.
Cfr. “Ego autem tamquam surdus non audiebam et sicut mutus non aperiens os suum; et factus sum sicut homo non audiens et non habens in ore suo redargutiones.”, Ps 38, 14-15; “Rispose Iob, e disse: Io v’ addomando che voi udiate li miei sermoni, e facciate penitenza. Sostenete me, acciò ch’io favelli; e dopo le mie parole, se i parerà, ridete. Or non è contro all’uomo la mia disputazione, acciò che per merito non mi debba contristare? Attendete a me, e maravigliatevi, e ponete lo dito sopra la bocca vostra. E io, quando me ne ricorderò, comincio a temere, e percuote lo tremore la mia carne.”, Anonimo, Bibbia volgare, Gb 21, 1-6; “(in rif. a Gb 29, 8-9) “Che fusse [rif. Giobbe] rigido osservatore di iustizia si mostra per quello, che egli stesso dice: quando tenia ragione, li principi cessavano del parlare e ponevansi lo dito alla bocca.”, Guido da Pisa, Fiore di Italia, cap. 52, 119.
58. Si intenda: ʻmi propongo (penso) di confessare le mie colpe, sgravando il peso di tali colpe (scaricarmi) dalla mia coscienza (fuor del letto)ʼ.
scaricarmi: scaricare; sgravare, liberare; “Se tu ti vuogli scaricare de’ tuoi vizj, e’ ti conviene partire, e allungare dagli essempri de’ vizj.”, Anonimo, Pistole di Seneca volgarizzate, 104, 343. Soprattutto si consideri (anche in relazione al verso successivo): “Se tu discarghi il cargo, che mi preme, / Io laverò con lagrime lo letto, / E lo mio Interno e notte e giorno inseme.”, Dante, I sette salmi penitenziali, Salmo 1, 6, vv. 4-6;
del letto: la coscienza. A fondamento di questa metafora si pone il seguente passo scritturale e precedentemente ricordato: “Laboravi in genitu meo: lavabo per singulas noctes lectum meum: lacrymis meis stratum meum rigabo.”, Ps 6, 6-7. A tal proposito si consideri anche: “Di questo dice il Salmista: Io laverò per ciascuna notte, cioè per ciascun peccato, il letto mio, cioè la mia coscienza.” D. Cavalca, Specchio di croce, cap. 43, 201.
59. e ’n questo: rif. a letto. Si intenda: ʻe in questo stato di contrizioneʼ.
per la chioma: lett . per i capelli; cfr. Niccolò Cicerchia, La Passione, ott. 116, v. 6; A. Pucci, La Reina d’Oriente, II, ott. 10, v. 3.
60. altro pensier: soggetto; un pensiero opposto e contrario a quello di pentimento suscitato dalla coscienza.
mi tira: ʻmi conduce con forzaʼ.
a crescer soma: ʻad incrementare il peso rappresentato dal carico dei peccati e dei rimorsiʼ. Cfr. “perocché quanto l’uomo più sta in peccato, più grande fa la soma: e se male la può portare l’un dì, peggio la può portare l’altro. Onde stolti sono quegli, che ripensando i loro peccati, e quasi tentando di levarglisi da dosso, e gettargli; gli lasciano stare, parendo loro troppo difficile, anzi giungendove anche de gli altri”, D. Cavalca, Diciplina degli Spirituali, cap. 22, 177; “Ma il peccare de’ peccatori non è ricadere, anzi è uno profondare (…). Onde nonè detto ricadere, ma profondare, però ch’ogne peccato è un pezzo di legne ch’arroge a la soma, onde i peccatori, quanti più peccati fanno, tanto fanno maggior soma, ma il ricadere è detto quando, poi che sono fatto sano, ricaggio ne la ’nfertà. Questa infertà è molto peggiore e molto più pessima che quella di prima, e ’l secondo ricadimento è peggiore che ’l primo, e ’l terzo peggiore e più grave che ’l secondo, e così va sempre, peggiore sempre l’uno che l’altro.”, Giordano da Pisa, Quaresimale fiorentino, 20, 99.