3 schiaro] schiario Lu1 • ov’era] ch’era Fl42 4 vilume] volume Prm 5 disegnare] dinsengnare Prm 6 propio l’uomo] l’huomo propio Vch1 perpro l’uomo Prm • sua] suo Prm 7 fece] felicie Prm fe Lu1 • pura] dura Lu1 8 gli alitò] l’alito Lu1 • e di quel] et di quello Prm 9 E sì] i si Prm • gli] li Lu1 10 fece] feco Vch1 11 darli] dargli Fl42 • ragion] ragione Vch1
14 sol] solo Fl42 • oprar] operare (a) Fl42 Rn operar Prm Lu1 15 e ’n ciel] en cielo (a) Rn Fl42 in ciel Prm in cielo Lu1 • ne ritornasse] ne ’n tornasse Fl42 ne vi tornasse Prm
1-4. Ampia proposizione temporale, la cui costruzione è caratterizzata dall’omissione nel verso iniziale della prep. impropria dopo e da una marcata anastrofe del participio passato dato; quest’ultimo grammaticalmente retto da fu.
Tale costruzione sembra ricalcare quella latina dell’ablativo assoluto con l’intento di esprimere l’idea di posteriorità dell’azione descritta nella proposizione principale (vd. vv. 5-6). Soprattutto l’autore ricalca la struttura sintattica del passo biblico “Factumque est ita”, Gn 1, 9.
1. Si intenda dunque: ʻdopo che fu donato la luce a questo mondoʼ. Il compl. oggetto di dato è lume.
Il verso rinvia palesemente al testo veterotestamentario della Genesi ed in particolare all’atto primigenio con cui Dio diede avvio alla creazione del mondo: cfr. “Dixitque Deus: «Fiat lux». Et facta est lux. Et vidit Deus lucem quod esset bona et divisit Deus lucem ac tenebras. Appellavitque Deus lucem Diem et tenebras Noctem. Factumque est vespere et mane, dies unus.”, Gn 1, 3-5.
Per quanto concerne l’incipit di questa canzone, si confronti: “Poscia che dato fu al mondo luce / per lo [so]mmo[o] Fattor della natura, / sovr’ogni crïatura / di senno e cortesia costei avanza;”, Matteo Frescobaldi, Amor, dacché ti piace pur ch’io dica, vv. 34-37.
2. Si rinvia al terzo giorno della creazione: “Dixit vero Deus: «Congregentur aquae, quae sub caelo sunt, in locum unum, et appareat arida ».”, Gn 1, 9.
letto: lett. il fondo, le terre su cui il mare si distende; cfr. F. Petrarca, Or che ’l ciel et la terra e ’l vento tace, R.V.F. n. 164, v. 4; Anonimo, La Metaura d’Aristotile volgarizzata, L. 2, cap. 22, ch., 271.24; A. Pucci, Libro di varie storie, cap. 7, 34.
3. Cfr. “Dixit autem Deus: «Fiant luminaria in firmamento caeli, ut dividant diem ac noctem et sint in signa et tempora et dies et annos, ut luceant in firmamento caeli et illuminent terram.»”, Gn 1, 14-15.
schiàro: aggettivo verbale derivante da “chiarare” (“rendere chiaro”, “mostrare” vd. TLIO, chiarare, 1; 1.1) e retto da dopo che fu fatto, qui invece omesso. Forma sostitutiva del participio debole chiarato (cfr. Filippo da Santa Croce, Deca prima di Tito Livio volgarizzata, L. 7, cap. 36, 2, 203) di cui ricopre le medesime funzioni (vd. G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. Morfologia, pp. 375-377).
In merito alla dipendenza di questo aggettivo da “fare” si confronti l’analoga costruzione: “l’oriente tutto bianco e li surgenti raggi per tutto il nostro emisperio avevan fatto chiaro”, Boccaccio, Decam., V, introduzione, 2.
la terra: compl. oggetto. Si spiega dunque la declinazione al genere maschile dell’agg. schiaro. 4. Cfr. “Fecitque Deus duo magna luminaria: luminare maius, ut praeesset diei, et luminare minus, ut praeesset nocti, et stellas. Et posuit eas Deus in firmamento caeli, ut lucerent super terram et praeessent diei ac nocti et dividerent lucem ac tenebras.”, Gn 1, 16-18.
5-6. Dopo aver descritto alcuni degli avvenimenti occorsi nei primi sei giorni della creazione, Soldanieri affida alla proposizione principale il racconto della creazione dell’uomo. Cfr. “Et ait Deus: «Faciamus hominem ad imaginem et similitudinem nostram; (…)». Et creavit Deus hominem ad imaginem suam; ad imaginem Dei creavit illum; masculum et feminam creavit eos.”, Gn 1, 26-27.
6. propio: avverbio; ‘esattamente’, ‘precisamente’.
a sua figura: locuzione preposizionale, con il suo aspetto, a sua somiglianza (vd. TLIO, figura, 1.5; 6.1).
7. Cfr. “non enim pluerat Dominus Deus super terram, et homo non erat, qui operaretur humum, sed fons ascendebat e terra irrigans universam superficiem terrae tunc formavit Dominus Deus hominem pulverem de humo et inspiravit in nares eius spiraculum vitae, et factus est homo in animam viventem.”, Gn 2, 5-7.
Di terra: compl. di materia (vd. “de humo”, di sopra citato); cfr. Ecli 17, 1; F. Sacchetti, Sposizioni di Vangeli, Sp. 27, 198; Sp. 39, 243; Sp. 44, 259.
il: pronome di terza persona singolare di caso accusativo (vd. G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. Morfologia, pp. 151-153); rif. a l’uomo del verso precedente.
en sulla terra pura: vergine, in quanto creata da Dio e non ancora contaminata dall’essere umano (vd. “super terram, disopra citato). Cfr. “Ma egli [rif. Adamo] fu formato di terra, ma vergine;”, Anonimo, De contemptu mundi di Lotario Diacono volgarizzato, Libro I, cap. 2, 83; Anonimo, Delle caducità della vita umana, v. 22.
8. in bocca gli alitò: cfr. “lo motor primo a lui si volge lieto / sovra tant’ arte di natura, e spira / spirito novo, di vertù repleto”, Dante, Purg. XXV, vv. 70-72.
di quel: compl. di specificazione; dell’uomo.
9. E sì gli piacque: cfr. “Et vidit Deus quod esset bonum.”, Gn 1, 25; “Viditque Deus cuncta, quae fecit, et ecce erant valde bona.”, Gn 1, 31.
10. Cfr. “«(…) et praesint piscibus maris et volatilibus caeli et bestiis universaeque terrae omnique reptili, quod movetur in terra».”, Gn 1, 26.
che: cong. consecutiva in correlazione con sì del verso precedente. ’l: pron. personale di terza persona soggetto; rif. a Dio.
tra gli animali: tra gli esseri dotati, secondo la concezione aristotelica, del solo intelletto sensitivo.
un lui: ovvero un uomo. In questo occorrenza Soldanieri utilizza il pronome personale in funzione sostantivale.
11. con darli: ʻdando a luiʼ. Il valore circostanziale espresso da questa determinata costruzione sintattica, sembra tuttavia mostrare anche una sfumatura causale. Concedendo all’uomo la ragione, Dio lo distinse dal resto degli animali creati.
la ragion dello ’nteletto: ovvero, in termini generali, l’anima intellettiva con le sue specifiche facoltà o virtù, le quali consentono all’uomo (così come Soldanieri puntualmente precisa nei
versi successivi) di riconoscere il suo particolare legame con il Sommo Bene, suo creatore. Di conseguenza nell’uomo l’attività morale e quella della ragione risultano essere indistricabilmente legate. In termini prettamente filosofici: l’intelletto possibile. (ivi, Il ciel che le virtù di nöi aspetta, v. 16)
12-15. Ampio periodo finale. Si costruisca: acciò che (ragion dello ’ntelletto, soggetto) ponesse ’l suo diletto solo in ritornare a Lui, e sol virtù pensasse, per qui oprar, - venne di cielo – e ne ritornasse ’n ciel.
12. ’l suo diletto: compl. oggetto; ʻogni suo piacere e desiderioʼ. Per estensione: ʻla sua volontàʼ (vd. TLIO, diletto, 1; 1.4); “La concreata e perpetüa sete”, Dante, Par., v. 19.
13. ponesse solo: rivolgere, indirizzare esclusivamente.
in ritornare a·lLui: dopo la morte del corpo l’anima dell’uomo ritorna a Dio (Lui, in contrapposizione con lui del v. 10), in quanto da questi creata. (vd. ivi, Il ciel che le virtù di nöi aspetta, vv. 4-7).
Cfr. “che lo sommo desiderio di ciascuna cosa, e prima dalla natura dato, è lo ritornare allo suo principio. E però che Dio è principio delle nostre anime e fattore di quelle simili a sé (…), essa anima massimamente desidera di tornare a quello.”, Dante Alighieri, Il Convivio, IV, cap. 12, 338.
14. Si intenda: ʻe affinché pensasse unicamente alle virtù, per vivere rettamenteʼ. per qui oprar: prop. subordinata di secondo grado finale.
qui: nel mondo.
oprar: operare, comportarsi; per estensione, dunque, vivere secondo virtù. Si osservi la costruzione brachilogica del verso, in quanto il termine virtù è legato semanticamente sia ad oprar che a pensasse.
15. -venne di cielo-: prop. incidentale, di carattere marcatamente oratorio, tesa ad evidenziare la naturale consequenzialità del ragionamento svolto, ribadendo la dipendenza dell’uomo da Dio.