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lascio a chi n’ha il dispensar potere

1 son oggi] sono ogi Vb3 sono oggi Rn Fl42 2 domane] doman saro quelchora Vb3 4 Passat’ho acque] pasato aquele Vb3 passare o aque Tr2 • selve et aspri poggi] selue e pogi Vb3 scelue e

asperi poggi Tr2 5 con opre vili] chon opere uili Vb3 con opere vibi Tr2 cun opre uilli Tr2 6 l’uman mortal] lo mal mortal Vb3 Tr2 l’uman morltale Fl42 7 dico] dichan Tr2 • ch’io] chi

Fl42 Tr2 • Pier] piero

h

Rn Fl42 Tr2 • se] si Tr2 • ier] eri Tr2 • fui] fu Vb3 8 quel nome m’ho]

quel nome Vb3 quel uo mo Tr2 quel nome o mo Tr 2

• delle fonti] dalle fonti Fl42 • trassi] mi trassi Tr2 11 tenni] teni Rn venni Tr2 12 ché veggio] uegiendo

h

• avvisi] aviza Tr2 • e

senni] a seni Vb3 esseni Tr2 e senti Tr2 13 mondan] modan Vb3 menda Tr2 • fallir] falire Vb3

fallire

a

• bench’ alcun] bene chalquno Vb3 ben che si Tr2 • metta vaio] menta inuano Vb3

metta in uayo Tr2 mettan vaio Tr2 14 e cerco] e cierto Vb3 e certo Tr2 • voler volere] uolere

uolere Rn 15 lascio] laso Vb3 lassio Tr2 lasso Tr2 • a chi n’ ha] chi ma Vb 3

1-3. Soldanieri rappresenta liricamente la mutevolezza dell’essere umano mediante la contrapposizione iperbolica delle differenti personalità, delineatesi nel corso della sua esistenza. L’autore dunque, sottolinea il perenne divenire dell’uomo nel tempo, ricorrendo all’istituto retorico del paradosso. Egli infatti dichiara sia di non riconoscersi nella persona che era stata il giorno precedente sia di non sapere in che modo il futuro potrà influenzarlo e di conseguenza mutarlo.

1. Cfr. “Neuno di noi è oggi quello che fue ieri, ché ciò che vedi corre col tempo e neuna cosa nata è stabile o ferma e noi quelle desideriamo sì come sempre durino o come noi sempre l’abiamo.”, Anonimo, Fiori e vita di filosafi e d’altri savi e d’imperadori, 193.

Si osservi come l’opposizione delle due ʻpersonalitàʼ dell’io lirico si rifletta specularmente nella struttura del verso: ieri : uno : altro : oggi.

3. sarò quel ch’ora: sotto inteso son (v. 1); ʻil medesimo di adessoʼ. né a cui vicino: ʻ(e non so) né a chi (domane) sarò somiglianteʼ.

4-6. In questi versi l’autore descrive il suo avventuroso passato trascorso tra le le lusinghe del secolo.

4. Cfr. “da po’ son gito per selve et per poggi; (…) / Selve, sassi, campagne, fiumi et poggi, quanto è creato, vince et cangia il tempo”, F. Petrarca, A la dolce ombra de le belle frondi, v. 15; vv. 25-26; “O poggi, o valli, o fiumi, o selve, o campi,”, F. Petrarca, Perché la vita è breve, v. 37.

aspri: lett. impervi (vd. TLIO, aspro, 2.3; 5; 7). In questo contesto allusivo delle insidie che la vita terrena offre all’uomo, l’aggettivo “aspro” può essere accolto anche nella sua accezione figurata di “ostile”, “crudele”, “in grado di addurre dolore”.

5. vili: aggettivo, con connotazione spregiativa indicante la bassezza ʻistintivaʼ dell’azioni che contraddistinguono l’uomo nella sua dimensione limitatamente corporea.

vane: futili, prive di alcuna utilità e tipiche dello stolto. 6. venendo: gerundio con valore temporale.

per l’uman mortal cammino: metafora per indicare la vita terrena dell’uomo. Per quanto concerne l’aggettivo “umano” associato a “cammino”, cfr. es. Guido da Pisa, Declaratio super Comediam Dantis, proemio, v. 6.

7. Si intenda: ʻnon affermo di essere mutato tanto radicalmente da ritenermi una persona totalmente differente da quella che ero in precedenzaʼ.

Pier…Martino: nomi propri utilizzati per indicare due soggetti indefiniti a scopo esemplificativo. Cfr. “ma solamente si può pensare, perocch’ella ha l’essere generale, siccome l’uomo non si può vedere in genere, ma puossi vedere in ispezie, siccome vedere Piero, o Martino;”, Anonimo, Pistole di Seneca volgarizzate, n. 58, 126.

8. quel nome m’ ho: ʻio ho un mio nomeʼ; lett. a me ho nome. Costruzione da connettere al dativo di possesso latino, es. mihi nomen est.

che: pron. relativo riferito a nome.

trassi: lett. ricavare, prendere; in questo frangente nel significato estensivo di “ricevere”. Cfr. Anonimo, Commento ai Rimedi d’Amore di Ovidio (Volg. B), ch. 111, 864; Anonimo, L’Ottimo Commento della Commedia, Inferno, c. 18, 334.

delle fonti: dalla fonte battesimale; dunque, al battesimo. Cfr. D. Velluti, Cronica domestica, 111; Paolino Pieri, La Storia di Merlino, 6, 9.

9-11. Seconda parte della stanza dedicata ad illustrare l’attuale condizione esistenziale del soggetto lirico; condizione, quest’ultima, differente da quella precedentemente descritta (rif. a ma, v. 9).

9. per diversi passi: compl. moto attraverso luogo; ʻper differenti sentieriʼ. In antitesi con l’uman mortal cammino del v. 6.

10. al dì sezzaio: derivativo di “sezzo” (< lat. sētĭus), ultimo; ʻl’ultimo giorno di vitaʼ.

Cfr. Anonimo, Leggenda Aurea (Iacopo da Varagine, Volgarizzamento toscano del Trecento), cap. 55, S. Ambrogio, 500.

11. Si intenda: ʻevitando determinate strade, dal momento che le percorsi già in passatoʼ.

torcendo: gerundio con valore strumentale. Dal verbo “torcere” nella sua accezione di “abbandonare”, “deviare”, “allontanarsi”.

Cfr. Anonimo, L’Ottimo Commento della Commedia, Purgatorio, c. 31, 547; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, Rubr. 221, 81.

12-13. ché … fallir: prop. subordinata causale.

avvisi: persone accorte, esperte e ragionevoli (avvisi, vd. TLIO, avviso, 3.2). e senni: persone dotate di buon senso (senni).

mondan’: uomini del mondo; profondamente radicati nella mentalità del secolo.

bench’ alcun metta vaio: ʻsebbene alcune di queste persone (rif. a avvisi e senni mondan, vv. 12- 13) siano dei giudici chiamati a discernere ciò che è giusto e a condannare il reoʼ.

vaio: mantello con cappuccio foderato di pelliccia e distintivo delle classi sociali più agiate; utilizzato in particolare dai giudici e dai cavalieri. Cfr. “Tal porta in capo il vaio / che ha cervel di pecora.”, F. Petrarca, Rime disperse e attribuite, Acorr’uomo! ch’io muoio, v. 144-145. Si consideri anche: A. Pucci, Il Centiloquio, c. 10, t. 45, 1, 115; F. Sacchetti, Il Trecentonovelle, 127, 281.

14. Si costruisca e intenda: ʻe nel desiderare ricerco i desideri onestiʼ.

onesto: agg. riferito a volere, il cui significato può assumere anche una sfumatura avverbiale. 15. Non volendo peccare di superbia, l’autore affida il compito di giudicare il bene ed il male a chi a tal compito è di natura predisposto.

Però che fa tutte le cose il tempo,