1 O dea] yddea Fl42 2 muova] muoui Fl42 3 per dir] dire Rn a dire Vl1 • gli ostinati] gli ostinanti Fn54 • il vero.] il nero Tr2 4 canto] piango Rn 5 e quel] e qvl Fn5 • dir] dire Vl1 cio Rn 6 è ’l chiaro stato] al chiaro stato Fl42 • ch’ ho del tinto] che di tinto Rn che del tinto Tr2 chi de biancho Vl1 chi di biancho Fn54 ch’ ho dal tinto Lu3 • in nero] mero Tr2 7 gli orecchi suo] l’orecchie suo Fr8 Lu3 Prm l’orecchie sue Fn5 Tr2 gli occhi suoi Fl42 gli orocchi
suoi Vl1 • chi] che Vl1 • ’l tuo pensiero] ’l suo pensiero Rn Fl42 al tuo pensiero Vl1
8 che·ssi tolga] che ’l si tolga Rn che si toglia Vl1 • ragione] a ragione Vch1 Fn5 10 dell’error]
dell’erro Rn ch’ all’ error
c
de l’orror Tr2 • ch’al piacer] che ’l piacer Prm del piacer Fn54 del piaciere Vl1 • carnal] carnale Lu3 Rn Fr8 Vl1 • l’ induce] la ’nduce Prm inducie Rn11 imaginazion] inmaginaçione Rn in maginatione Vl1 • cupida] chupidal Fn5 12 e vedrà] ei uedra Vch1 e uedrai Fn54 et vidrai Vl1 • vende] il uende Tr2 13 sua libertà] suo libertà Fn5 Rn
c
• come occhio di occhio] con gli ochi d’ochi Vch1 chomoccho docchio Fn5 chochio chi do chi Rn cho gli occhi doccho Fl42 chogliocchi adocchi Fn54 chomocchio docchio Fr8 chagliocchi ad occhi Vl1 comochio dochio Prm Tr2 come occhio d’occhio Lu3 • in luce] in luca Fl42 lucec
14 chi in sé] che ’n se Prm • riguarda,] risguarda Vl1 15 veggia] veggo Fn5 • tua deità] tuo deità Fn5 Prm tue deità Rn1-3. Ironica captatio benevolontiae nei confronti della dea Venere. Si costruisca ed intenda: ʻPer il fatto che io stia per rivelare (per dir) la verità in merito ai tuoi tanto ottusi quanto irriducibili seguaci (de gli ostinati tuoi), o dea Venere, da cui ha origine il desiderio passionale dell’amore (madre del disio), la collera (l’ira) non ti induca a compier vendetta (non ti muova) contro di me (ver’ me)ʼ.
1. Venus: Venere, dea dell’amore. Per quanto concerne l’invocazione a questa divinità (sebbene in un contesto opposto a quello chiaramente negativo della canzone del Soldanieri), cfr. es. “O Venus, Dea d’amore, abbi pietà di me tua nuora,”, F. Ceffi, Epistole eroiche di Ovidio volgarizzate, ep. Dido, 63; “o Venus, pace de’ fedeli amanti, / tu, alta donna, valorosa dea,”, F. Sacchetti, La Battaglia delle belle donne di Firenze con le vecchie, I, ott. 2, vv. 2-3.
Si osservi la struttura metrica di questo verso. Come si può notare esso risulterebbe ipometro se non si applicassero alcuni determinati fenomeni metrici.
Gli unici luoghi del verso in corrispondenza dei quali è possibile intervenire a tal proposito sono necessariamente dea e Venus. Si potrebbe dunque applicare la dieresi al termine dea, considerando di conseguenza tale termine nella sua valenza bisillabica. Così operando, si otterrebbe un endecasillabo con un marcato accento metrico in quinta posizione, ribattuto da un altrettanto marcato accento in sesta posizione (oltre al consueto accento in decima posizione). Per quanto concerne il sostantivo “dea” dieretico, cfr. es. “E se la dëa Venus me donasse”, Antonio da Ferrara, Bench’io porti nel petto più pensieri, v. 31.
Interessante e nel contempo estremamente affascinante è la proposta interpretativa concernente il sostantivo “Venus”. Considerando infatti la difficoltà e la ritrosia tipica del volgare toscano ad accogliere vocaboli terminanti in consonante, è possibile ipotizzare una valenza parossitona di questo termine come se esso fosse avvertito, in sede di lettura o di declamazione del testo, di natura trisillabica (es. ʻVenusseʼ,? Specialmente davanti a parola incominciante per consonante). Di conseguenza si potrebbe restituire un verso distinto dai canonici accenti in quarta ed in sesta posizione. In posizione prevocalica invece, cfr. es. Niccolò Soldanieri,Venùs al suo Cupido, per diletto, v. 1.
madre: cfr. “madre d’Amore, mi confortò di questa disiosa via.”, “madre de’ volanti amori”, Ovidio, Heroides. Volgarizzamento fiorentino trecentesco di Filippo Ceffi. A cura i M. Zaggia, Firenze, Sismel, Ed. del Galluzzo, 2009, ep. XVI, p. 203.
2. ti: pronome accusativo. ira: soggetto di muova.
3. Proposizione causale. Si osservi inoltre il valore ʻincoativoʼ (di anticipazione di un avvenimento futuro; vd. G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. Sintassi e formazione delle parole, pp. 100-101) che la costruzione di “per” con un verbo infinito sembra poter acquisire in questo particolare contesto sintattico.
Dal punto di vista metrico si applichi la sinalefe in gli ˆ ostinati e la dialefe in tuoi ˇ il. ostinati tuoi: i caparbi ʻfedeliʼ di Venere.
4. il pianto altrui: ʻle altrui sofferenze d’amoreʼ. Si osservi l’antitesi speculare costituitasi con canto, tesa ad evidenziare le differenti condizioni esistenziali rispettivamente dell’io lirico e degli innamorati (vd. canto / pianto : altrui / mio).
Per quanto concerne la coppia canto (sost.)-pianto, cfr. es. “Venuto è a meno il gaudio del cuore nostro; il nostro ordine del canto è rivoltato in lamentevole pianto.”, Anonimo, Bibbia volgare, Lam 5, 15; “Questo mutamento fece la diritta mano de l’alto Dio quando il canto di pianto si convertìo in canto di loda, quando colui al quale aveano cominciato l’ufficio per li morti, lodarono poi con laude di martiri.”, Anonimo, Beato Iacopo da Varagine, Leggenda Aurea, Volgarizzamento toscano del Trecento, cap. 11, S. Tommaso Cont., 136, 13.
che già fu mio: prop. relativa; ʻsofferenze, che in passato anch’io sperimentai in prima personaʼ. 5. a dir mi tira: ʻmi costringe con forza (lett. trascinare) a cantareʼ.
6. Costruzione metaforica del verso. Si intenda: ʻ(ciò che mi induce a parlare) è la nitida e lucida consapevolezza che ho della questione concernente la passione, dal momento che anch’io ho patito i suoi dolorosi effettiʼ.
Lett. ʻè la conoscenza (stato) che io possiedo (ch’ho) limpida (chiaro) di ciò che costituisce l’argomento oggetto di discussione (del tinto in nero).
7. Apra gli orecchi: (chi, soggetto); prestare attenzione. Cfr. “Apri gli orecchi e rico’ queste verba”, Niccolò Soldanieri, Non far contro al dover, ché forse forse, v.7; “Apra gli orecchi ogn’uomo a questo salmo”, F. Petrarca, Rime disperse e attribuite, Non pone il dipintor suo color netto, v. 12; Dante, “apra gli orecchi suoi e lo ’ntelletto.”, Pieraccio Tedaldi, Qualunque vòl saper far un sonetto, v. 4.
7-8. chi … / sèguita: vd. ostinati del v. 3. 7. tuo: rif. a Venus del v. 1.
8. ssì che: correlazione consecutiva.
7-10. si tolga ragione … / dell’error: ʻsi elimini la ragion d’essere di questo comportamento non consono alla normalità e alla realtà dei fattiʼ; ʻsi estirpi la radice di questo sbaglioʼ.
9. udendo la cagione: gerundio con valore strumentale; ʻcon il conoscere la causa (di questo error)ʼ.
10. ch’ al piacer carnal l’induce: lett. ʻsbaglio che (ch’; pron. rel. rif. a error) conduce il seguace di Venere (l’induce; rif. a chi del v. 7) all’amore sensuale (al piacer carnal)ʼ.
al piacer carnal: cfr. es. Neri Pagliaresi, Leggenda di santo Giosafà, pt. 1, 41, v. 6; Guittone, Degno è che che dice omo el defenda, v. 44; Un Canzoniere taliano inedito del secolo XIV (Beinecke Phillipps 8826), Era di stelle il cielo ancor dipinto, v. 55.
l’induce: si osservino le opposte ʻurgenzeʼ e le necessità parallele espresse da questo verbo ed il precedente tira del v. 5.
11. imaginazion cupida: il delirio, il fervore dei sensi.
il: (rif. a chi; v. 7) pron. accusativo di terza persona singolare in posizione preconsonantica. 12. e vedrà: il soggetto è sempre chi del v.7.
vende: barattare. Per quanto concerne l’espressione “vendere la libertà”, cfr. es. “et Seneca De li benefici disse: beneficio ricevere è libertà vendere.”, Anonimo, Trattati di Albertano da Brescia volgarizzati, De amore, L. II, cap. 20, 16. Sebbene in un contesto differente si consideri anche: Anonimo, Esopo toscano, cap. 12, 100.
13. come occhio di occhio: passo di difficile comprensione, ma soprattutto di non pacifica restituzione al testo a causa di una tradizione manoscritta, nella sua omogeneità, alquanto variegata. Questa varietà di lezioni, infatti, seppur minime, inficiano la possibilità di precisare la fisionomia del verso e di conseguenza anche il suo significato più stretto.
Si provi dunque ad intendere: lett. ʻcome un occhio (vede?) da un altro occhioʼ.
Sembra che ci si debba confrontare con una singolare e imprecisata perifrasi volta ad indicare un particolare rapporto di dipendenza tra due soggetti. Tali soggetti infatti compaiono l’uno a diretto confronto con l’altro, cosicché l’uno possa apprendere senza alcuna diffrazione quanto l’altro intende insegnare e mostrare (vd. es. l’espressione “a occhio a occhio” o “occhio e occhio”; cfr. F. degli Uberti, I’ guardo in fra l’erbette per li prati, v. 84). Si ricordi che questa spiegazione vuole essere unicamente un’ipotesi interpretativa di un verso che rimane pur sempre oscuro. Il Corsi invece propone una differente ricostruzione di questo passo: vd. “come ch’i’ adocchio in luce”, indicando in nota la seguente delucidazione: “secondo quanto io scorgo chiaramente.” (G. Corsi, Rimatori del Trecento, p. 767).
Si consideri inoltre la seguente simile espressione: “Co gli occhi agli occhi e con parlar coperto / mostrava a me di me che fosse presa:”, Niccolò Soldanieri, Donne, e’ fu credenza d’una donna, vv. 4-5; oppure ancora il medesimo poliptoto “S’agli occhi gli occhi piatà di costei / mostran di me, perché no il cor di lei?”, Niccolò Soldanieri, vv. 1-2.
in luce: lett. ʻalla luceʼ, ʻin vistaʼ. Cfr. es. “e metteroe in luce la sua scienza;”, Anonimo, Bibbia volgare, Sap 6, 24; “darà il giudicio suo in luce, e non sarà nascoso;”, ibidem, Sof 3, 5.
In questo frangente la locuzione in luce sembra acquisire il significato avverbiale di “apertamente”, “in maniera evidente”.
14-15. Prop. finale. Si costruisca ed intenda: ʻaffinché colui che (chi) osserva attentamente la sua coscienza (’n sé riguarda), con l’ascoltare le mie parole (udendo me), comprenda (veggia) che la tua essenza divina (tua deità) è fasulla ed ingannatrice (falsa e bugiarda)ʼ.
udendo me: gerundio con valore strumentale; ʻattraverso l’ascolto della mio cantoʼ.
14. riguarda: scrutare con attento discernimento; cfr. es. D. Cavalca, Esposizione del Simbolo degli Apostoli, L. 1, cap. 41, 46; Boccaccio, Commedia delle ninfe fiorentine (Ameto), cap. 13, 710; Boccaccio, Filocolo, L. 2, cap. 67, 226.
15. veggia: acquisire consapevolezza.
tua deità: rif. a Venus; ʻil tuo essere considerata una divinitàʼ.
falsa e bugiarda: dittologia sinonimica. Si consideri ovviamente: “nel tempo de li dèi falsi e bugiardi.”, Dante, Inf. I, v. 72. Ma anche: “Imperò che si leveranno li falsi profeti e bugiardi, e faranno grandi segni e meraviglie, in tal modo ch’etiam gli eletti verrebbeno in errore, se essere potesse.”, Anonimo, Bibbia volgare, Mt 24, 24.