2.1 La globalizzazione delle produzioni e dei consum
2.1.2 Analisi del mercato italiano
La produzione: analisi dei dati anno 2014 109
Il dato 2014 di produzione di vino è 41 milioni di ettolitri, in calo del 9% rispetto al 2013 e del 3% più basso della media dei 5 anni precedenti.
La macro regione più colpita in questa cattiva annata sembra essere stato il centro Italia, anche se i dati sono soltanto leggermente meno negativi per il Nord e il Mezzogiorno. Tutte le regioni mostrano un andamento calante della produzione soprattutto in Sicilia, Trentino Alto Adige, Marche e Campania; si salvano Lombardia, Liguria, Friuli Venezia Giulia e Puglia.
La produzione nel Nord Italia è calata dell’8%, il 3% sotto la media storica. Nel Nord, le regioni più produttive, che sono il Veneto e l’Emilia Romagna, hanno subìto un calo dell’11% e del 6% rispettivamente.
Le altre regioni del Nord offrono un panorama variegato: vendemmia pessima in Trentino Alto Adige e relativamente cattiva anche in Piemonte, giù del 3%. La Lombardia è invece rimasta molto stabile.
In Centro Italia tutte le quattro regioni (Umbria, Marche, Lazio, Toscana) hanno dati produttivi negativi. L’ultima nominata, la Toscana, regione critica, cala del 3% ma è stabile rispetto agli ultimi 5 anni.
Infine al Sud, spicca la Puglia, dove nel 2012 e 2013 ha avuto testimonianza di annate molto cattive.
Nel 2014 si è verificato un incremento del 13% che sembra essere più un ritorno a livelli produttivi consoni con il passato che altro. La Sicilia, invece, dal canto suo, perde il 20% della produzione rispetto al 2013, ma in questo caso fu la produzione 2013 a essere eccezionale. Infatti, la produzione siciliana del 2014 ricade perfettamente in un range di valori accettabile e nella media.
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I consumi: analisi dei dati anno 2014110
Torniamo sul tema dei consumi di vino. A fronte di un generalizzato calo del consumo, esistono apparentemente delle aree, come per esempio Bolzano, dove la penetrazione del consumo sembrerebbe quasi aumentare e fasce di età, come quella dei ventenni, afflitte da un minor calo del livello di consumo.
Lo stesso può dirsi per le grandi città rispetto ai piccoli centri.
Alcune tendenze di lungo termine possono essere colte: 1) le regioni del Nord viaggiano intorno al 53-55% di bevitori sulla popolazione, contro il 44-47% delle regioni del Sud; 2) la curva di penetrazione del consumo per età si sta “schiacciando”: oggi sopra i 25 anni la penetrazione varia tra il 52% e il 60%, il minimo storico: fino al 2012 i dati mostravano un “gap” tra chi beveva meno di oltre 10 punti.
Nel dettaglio troviamo che nel 2014 le regioni con la massima penetrazione del consumo di vino sono la Valle d’Aosta, l’Emilia Romagna e il Friuli Venezia Giulia, seguite dal Trentino Alto Adige e poi la maggior parte delle regioni del Nord e del centro (+50%). Sono in meno a bere vino – ma non meno di prima – in Sicilia, Puglia, Basilicata e Sardegna (sotto il 47%). Lombardia e Trentino sono zone dove in particolare la propensione al consumo non sta scendendo, anzi sono particolarmente ricche e con un andamento economico migliore della media.
Parlando di fasce di età, troveremo dei dati interessanti. Tra il 2007 e il 2014, le fasce con il maggior calo di consumo sono quelle dei giovani con meno di 20 anni. Curiosamente, però, la fascia di età che tendenzialmente traina di più il consumo verso l’alto è quella dei 20-24 anni. Sono praticamente stabili i dati sulla penetrazione di consumo della popolazione tra i 65 e 74 anni.
I forti bevitori stanno ormai scomparendo al 2,4% del totale nel 2014 e crescono invece i bevitori sporadici, in tutte le fasce di età.
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Le principali aziende vitivinicole italiane per fatturato111
Da un’analisi e ricognizione dei dati sul fatturato delle aziende prese in esame da Mediobanca, si evince che nel 2014 è finalmente accaduto ciò che nel 2013 rappresentava una speranza, ovvero un certo consolidamento del settore vitivinicolo, soprattutto nella fascia 50-100 milioni di fatturato, anche se, a dire il vero, la crescita media delle aziende incluse è di un solo punto percentuale, che diventa +1,5% se restringiamo il confronto alle prime dieci aziende del campione. Negli ultimi due anni sono state soprattutto le aziende private a spingere il fatturato del settore, mentre le grandi cooperative hanno marciato sul posto.
Le prime dieci aziende hanno fatturato 1,96 miliardi di euro (+1,5% rispetto al 2013). Mettendo a 100 il fatturato delle prime cinque o sei aziende e delle prime cinque o sei cooperative nel 2008, riscontriamo che le aziende sono cresciute di circa il 10% in più delle cooperative (in termini cumulati). Se invece ci limitiamo a impostare questo confronto nel 2014, il campione delle cooperative ha un fatturato stabile mentre le grandi aziende private sono cresciute del 2,9% rispetto allo scorso anno.
Passando alla mera graduatoria, vediamo che le gerarchie del 2013 sono state rispettate.
L’unica variazione nella zona alta delle prime dieci è Zonin che supera l’azienda spumantistica Martini al sesto posto.
Tra le grandi aziende, nel 2014 GIV ha avuto un fatturato stabile, Caviro è calata del 2% e crescono invece molto bene Antinori e Santa Margherita, che sono poi tra le aziende che generano più profitti. Tra le cooperative, gli andamenti sono stati buoni per le grandi cooperative del Trentino Alto Adige, Cavit e Mezzacorona.
Allargando lo sguardo ai 5 anni troviamo che Botter, Zonin e Cevico sono cresciute a un ritmo annuo superiore al 10%. Non a caso tutte e tre realtà più attive nella commercializzazione che nella produzione integrata di vino.
111 Fonte: I numeri del vino. Elaborazione dati Mediobanca 2014. Disponibile all’indirizzo: http://www.inumeridelvino.it/2015/11/classifica-fatturato-aziende-vinicole-italiane-2014-fonte- mediobanca.html
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Su 10 anni, nessuno è riuscito tra i grandi a superare il 10%: Zonin e Cantine Riunite CIV sono al 9% annuo. Poi Botter, Frescobaldi, Mezzacorona, Antinori, Cantina di Soave e Santa Margherita al di sotto del 9%.
L’export italiano e l’internazionalizzazione
La crescita del vino italiano è legato ai consumi dell’Asia e degli Stati Uniti.
Secondo Area di studi Mediobanca, dal 2014 più export in Asia. Solo il 5% del fatturato estero del vino italiano è stato qui realizzato, ma c’è da scommettere che presto questo dato dovrà essere aggiornato visto che nel 2014 l’Asia si è rivelata la destinazione che ha incrementato maggiormente le vendite con un +16,9%.
Energica anche la crescita del Nord America (+6,1%), dove si realizza il 32% dell’export, mentre rallentano le esportazioni italiane di vino nei paesi UE (+1,7% sul 2013), che tuttavia si confermano la prima piazza estera per il vino italiano assorbendo il 50% dell’export totale. In flessione invece le esportazioni in Africa, Medio Oriente e gli altri Paesi Europei (non nell’UE) che calano del 3,3%, per una quota pari all’11% del totale; il residuo 1% delle esportazioni va in Sud America.
Lo confermano i dati elaborati da Wine Monitor Nomisma112, secondo cui lo
spostamento dei consumi mondiali di vino dai Paesi tradizionalmente produttori e consumatori (come Italia, Francia e Spagna) verso nuove aree di consumo ha infatti dato un forte impulso agli scambi internazionali di settore, che nel giro di quindici anni sono quasi raddoppiati.
Denis Pantini, Direttore dell’area agroalimentare di Nomisma, osserva che «la crescita
dei consumi nei nuovi mercati continuerà». Sia all’Est per l’adozione di modelli
alimentari occidentali e l’aumento del potere d’acquisto, sia nel Nord America perché oggi il 40% dei consumi di vino è concentrato in soli cinque Stati e tende a spostarsi anche negli altri, specie per il fenomeno dell’abbandono della birra.
I produttori vitivinicoli italiani hanno colto al volo l’opportunità di estendere il proprio raggio di azione all’estero sulla scia dell’effetto globalizzazione: nel decennio 2004-2014 le vendite di vino Made in Italy sui mercati esteri sono passate da 2,8 a 5,1 miliardi di
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euro. L’importanza del ruolo dei mercati internazionali per il vino è confermata dal fatto che nel 2014, per la prima volta, le esportazioni a volume hanno raggiunto dimensioni analoghe ai consumi interni: poco più di 20 milioni di ettolitri.
Afferma Pantini che «non a caso negli ultimi anni il fatturato del settore è stato
trainato dalla domanda estera un dato che è destinato ad accentuarsi ancor di più negli anni a venire. Per esempio nel primo trimestre del 2015 il nostro export in Cina è balzato del 14,3%».
Negli ultimi quindici anni i consumi interni italiani sono scesi arrivando al 34% a cui va aggiunto un -9% stimato entro il 2019. Da sottolineare però che si beve meno, ma meglio: cioè la qualità del prodotto è migliorata e anche il valore alla fine è superiore al passato.
Puntando un faro sulla nostra Penisola andiamo nel dettaglio a stilare una classifica regionale dove troviamo, in termini di export di vino nel 2014, il Veneto che ha allungato il vantaggio crescendo di oltre il 5% grazie ai due driver del Prosecco e dell’Amarone; seguono a ruota Piemonte (+1,6%) e Toscana (+1,9%).
Ha sofferto molto l’Emilia Romagna: -20%. Secondo il Direttore Nomisma «L’Emilia
Romagna è ancora molto legata all’export di vino sfuso. E i prezzi dello sfuso l’anno scorso sono scesi molto dopo l’offensiva del vino spagnolo». Peraltro un terzo del vino Made in Italy è ancora costituito dallo sfuso, in particolare esportato verso la Germania.
Nella classifica regionale, balza del 20% e del 10% l’export di Friuli e Campania ma partono da una base export limitata, da 90 a 40 milioni.
La statistica di Wine Monitor sugli operatori internazionali, ha misurato anche la brand
awareness dei territori vinicoli europei e ha messo in luce le principali zone di produzione
di vini di successo: ben sei regioni sono italiane. Tra queste primeggia ancora una volta il Veneto – che sembra aver ormai conquistato una sorta di leadership nel panorama dell’export enologico internazionale – seguito nell’ordine da Toscana, Sicilia.
L’Area Studi di Mediobanca, che analizza 122 società produttrici con fatturato superiore ai 25 milioni, registra come, nonostante in Italia le vendite domestiche siano rimaste invariate rispetto al 2013, il fatturato estero dei maggiori produttori con passaporto italiano cresce del 2,8%, trainando il fatturato complessivo a un +1,4%. Gli
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spumanti si riconfermano primi anche nella classifica degli investimenti tecnici segnando un +58% rispetto al 2013.
Al vertice della graduatoria 2014 per fatturato si riconferma primo il Gruppo Cantine Riunite-GIV con 536 milioni di fatturato. Nonostante le flessioni rispetto al 2013, al secondo gradino del podio rimane Caviro con 314 milioni, segue Campari (209 milioni). Cresce invece il fatturato del Gruppo Antinori a 180 milioni (+4,8% sul 2013) che si colloca in quarta posizione davanti alla cooperativa Mezzacorona, quinta a 171 milioni (+5%). Record di crescita nel 2014 spetta alla forlivese Mgm, seguita da Ruffino.
Se invece si considera la proiezione estera la medaglia d’oro va a Ruffino, che realizza all’estero il 92,9% del fatturato, seguita da Masi Agricola (90,5%) e da Fratelli Martini (89,5%). La più grande azienda nostrana, Cantine Riunite-GIV, supera la cinese Yantai Changyu che continua ad arretrare, e si attesta sesta a livello mondiale (preceduta dalla cilena Viña Concha y Toro).