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3.2 Imprenditori, manager e strategie competitive

3.2.1 L’imprenditore e l’imprenditorialità: caratteri general

L’imprenditore, uni o pluripersonale, rappresenta una figura cruciale nelle aziende familiari, specialmente se ha fondato l’azienda.

Da lui deriva l’imprinting aziendale sia in termini di scelta che di visione del business. È indubbio che dietro il successo di ogni impresa c’è la dedizione intelligente e l’identificazione dei lavoratori, di tutti i livelli gerarchici, ma sembra ancor non evidenziato largamente il ruolo fondante dell’imprenditore.

L’immagine dell’imprenditore deve essere diffusa e proposta, a nostro parere, come positiva, come forse la vera risorsa economica del nostro Paese. Ed è positiva l’accezione che è necessario conferire alla figura dell’imprenditore dell’azienda famigliare.

Riconoscere, non solo in termini simbolici, la figura dell’imprenditore si allinea alla necessità di voler sottolinearne i doveri sociali, a favorire l’interesse della collettività e ad emarginare le figure imprenditoriali, poche per fortuna, che danneggiano l’immagine e la categoria complessiva con la loro più vicina somiglianza a pirati invece che a costruttori di imprese.

Se questo ultimo aspetto prendesse piede, ovvero se si creassero nuove generazioni di imprenditori che avessero come ultimo ed unico obiettivo quello di far cassa e rimpinguare il portafoglio, sarebbe deleterio per ogni tipo di impresa, ma, a maggior ragione, per le piccole e medie imprese familiari.

La ragione di questa affermazione risiede nella natura stessa di questa tipologia di realtà economiche che si caratterizza, per i motivi che abbiamo visto poc’anzi e che vedremo anche in seguito, per essere portatrice di una storia di una famiglia e di un territorio e di offrire prodotti divulgatori e testimoni di un percorso economico, ma prima ancora culturale e sociale.

Non c’è impresa senza imprenditore, dunque.144

La figura dell’imprenditore ha ricevuto varie definizioni. Senza voler soffermarsi troppo sull’analisi di ciascuna, ci sembra però comunque opportuno effettuare una rassegna delle definizioni dell’imprenditore in modo da avere un’idea più precisa di quelle che sono le funzioni tipiche, i relativi attributi e collocazioni e il ruolo all’interno

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degli organo di governo e di gestione, per apprezzare criticamente ed analizzare il ruolo di questa figura nelle imprese famigliari.

Gli economisti classici qualificano l’imprenditore come il proprietario terriero, colui che apporta capitale e si distingue per il reddito percepito.

Altro orientamento riconosce l’imprenditore in base alla posizione occupata nell’impresa e da questa impostazione sono tratte considerazioni circa le motivazioni sociali, psicologiche che sono la molla per la diffusione e la creazione di imprenditorialità e per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale.

L’approccio funzionale associa invece la figura dell’imprenditore a quella di colui che svolge le funzioni di coordinatore o di decision maker, ponendo in risalto in questo senso le funzioni di guida, comando e coordinamento, oppure indicando come caratteristica fondamentale dell’imprenditore l’attività innovativa.

Schumpeter è fautore della costruzione teorica sicuramente più conosciuta e che, a parare di chi scrive, è maggiormente esplicativa della funzione tipica e del ruolo rivestito nell’impresa dall’imprenditore, rispetto alle altre figure, sopra tutte quella del manager.145 Lo studioso intravede nella capacità innovativa la caratteristica tipica che qualifica l’imprenditore e l’elemento propulsivo del progresso del sistema economico. L’innovazione si esplica attraverso nuove combinazioni di prodotti, processi produttivi, mercati, fonti di approvvigionamento o la riorganizzazione di un settore produttivo. L’innovazione porta l’azienda a godere di una posizione di vantaggio competitivo ovvero di una superiorità qualitativa, nelle condizioni operative di gestione, che si traduce in una superiorità quantitativa, maggiore redditività, misurabile in termini economico finanziari.146

A conclusione di questa panoramica passiamo in rassegna le definizioni elaborate dalla dottrina aziendale italiana, che non affronta lo studio della figura imprenditoriale e le funzioni che ne caratterizzano l’attività in maniera sistematica.

145 Infatti anche se, come vedremo, soprattutto in questo periodo storico si parla di sovrapposizione tra

imprenditori e manager e quindi di imprenditori-manager, questo non vuol dire che rivestano un’importanza e delle funzioni diverse nel microcosmo aziendale.

146 Il vantaggio competitivo nasce dal valore che un’azienda è in grado di creare per i suoi acquirenti, che

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Il comune denominatore delle posizioni dei principali autori italiani è l’idea che la funzione imprenditoriale venga svolta, non da un solo soggetto, bensì da una pluralità.147

Per Zappa l’imprenditore «appare quasi come il deus ex machina della produzione:

egli è il principale operatore che guida la gestione dell’impresa nelle vie sempre nuove della convenienza particolare e dell’unità collettiva».148

Concludendo con la parte definitoria elenchiamo ciò da cui secondo Ferrero avrebbero origine i caratteri distintivi dell’imprenditore.

«Avrebbero origine: a) da un apporto di capitali durevolmente vincolato al rischio

d’impresa; b) dall’apporto di iniziativa imprenditoriale, ossia del lavoro al più alto livello, estrinsecatesi, quanto meno, attraverso l’esercizio del supremo potere di promozione e di decisione, al quale di fatto sono subordinate le fondamentali scelte che configurano la condotta economica dell’impresa; c) dall’apporto di un’attività direttivo organizzativa, che implica pur sempre lavoro di alto livello, per altro qualificabile soltanto in relazione alle svariate e mutevoli esigenze di coordinazione dei fattori e dei processi produttivi, determinate dall’economico esercizio dell’impresa».149

Dopo questa parentesi teorica e dottrinale, ritorniamo al tema centrale, le piccole e medie imprese familiari, e domandiamoci quale collocazione riservare ai valori imprenditoriali all’interno di queste ultime.

Nelle realtà controllate da una famiglia, infatti, l’influenza esercitata dai valori imprenditoriali sulle scelte effettuate all’interno dell’azienda è di particolare interesse dato che, in virtù dei rapporti familiari, alcune persone, non soltanto imprimono le proprie idee e le proprie convinzioni sulla concezione di impresa e sulle modalità di gestione della stessa, ma, in parte anche inconsciamente, sovrappongono le norme aziendali con quelle personali. Ed è soprattutto parlando di piccole medie imprese che l’importanza di tali persone aumenta, dal momento che, la dimensione non elevata di tali imprese valorizza ancor più gli apporti di alcuni attori-chiave – come appunto gli imprenditori, ma anche i manager – anche in relazione alla diffusione di certi valori; ed è altresì chiaro l’effetto del processo osmotico tra i due sistemi impresa e famiglia che trasla alcuni valori su cui si

147 Si riprende così il concetto di imprenditore diffuso di Pantaleoni. Si veda Pantaleoni M. Il

sindacalismo e la realtà economica, in Politica, 1924; ristampa della seconda edizione, in Nuova collana degli economisti, Utet, 1932.

148 Zappa G, Le produzioni nell’economia delle imprese, Tomo I, Giuffrè, 1957, p. 419. 149 Ferrero G., Istituzioni di economia d’azienda, Giuffrè, 1968, p. 54.

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fondano le scelte della famiglia nell’ambito della gestione aziendale. Ci stiamo riferendo a quelli che la dottrina chiama metavalori ovvero valori sovraordinati che afferiscono all’etica dell’uomo come tale. 150 Ci riferiamo in particolare all’onestà, la lealtà, l’unità familiare, il rispetto della vita e del benessere dell’Uomo. Questi, sostiene il Coda, «rappresentano delle precondizioni dell’apprendimento di valori d’impresa rispondenti

alle esigenze di funzionalità duratura della stessa».151

Al di là dei metavalori etici e dei principi economico-aziendali universali, ciascuna azienda avrà idee e valori guida permanenti, propri e differenti valori di fondo ovvero convinzioni in merito a ciò che è buono o cattivo, giusto o sbagliato. Metavalori etici, principi economico-aziendali e valori guida permanenti, costituiscono il nucleo centrale della base ideologico-valoriale che informa di sé l’attività gestionale, gli indirizzi del disegno imprenditoriale e l’intento strategico che condurrà, anche in relazione alla vision degli uomini di vertice e alle strategie emergenti, ad un diverso disegno.

Ne consegue che, questi valori, sono certamente la base fondante dell’idea imprenditoriale senza identificarsi con essa.

Quali sono, quindi, i principi guida di un’impresa familiare?152

Sicuramente, la prima decisione critica per ogni famiglia proprietaria riguarda proprio le idee, le convinzioni, i valori di fondo, come sono chiamati in dottrina, che stanno alla base delle sue scelte concrete e dei comportamenti. In particolare possono riguardare i seguenti aspetti:

 Le politiche di remunerazione del lavoro svolto dall’imprenditore e suoi familiari e quelle del capitale di rischio conferito dall’azienda di consumo della famiglia;

 Le politiche di selezione e di carriera dei membri della famiglia e dei dirigenti non appartenenti alla famiglia;

150 Per approfondimento vedi: Bianchi Martini S., Introduzione all’analisi strategica, Giappichelli, 2009.

Chirieleison C., Le strategie sociali nel governo dell’azienda, Milano, Giuffrè, 2002.

151 Coda V., Valori imprenditoriali e successo dell’impresa, in “Finanza, Marketing e Produzione”, giugno,

1985.

152 Montemerlo D., Preti P. (a cura di), Piccole e medie imprese. Imprese familiari, volume 17 della rivista Management anno.

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 L’ammissione dei membri della famiglia agli organi di governo economico, la composizione di tali organi e le modalità di funzionamento;

 Lo svolgimento dei processi di successione nel ruolo imprenditoriale;  Il coinvolgimento di investitori esterni alla famiglia nel capitale proprio dell’impresa

 Le politiche di investimento del risparmio dell’azienda di consumo;  Le scelte di crescita e di sviluppo dell’impresa.

Anche in questa sede è fondamentale rimarcare come l’equilibrio tra i due istituti famiglia ed impresa sia necessario. Non deve verificarsi una sovrapposizione tra famiglia e impresa, per non far sì che i rapporti di scambio tra i due sistemi non avvengono come tra parti di un unico sistema; nello stesso tempo non deve verificarsi la prevaricazione della famiglia sull’impresa per scongiurare varie e rischiose conseguenze nei processi di crescita e sviluppo dell’impresa.

Il concetto di imprenditore spesso intercetta l’esplicazione del concetto di imprenditorialità.

Basti pensare alla definizione di Shumpeter secondo il quale, come abbiamo visto, è imprenditore chi è innovatore, non facendo altro che riferirsi in realtà ad una qualità che deve contraddistinguere lo svolgimento della funzione imprenditoriale.

Ed in generale, in diverse definizioni di imprenditore si tratteggiano qualità che si concretizzano nella funzione imprenditoriale, a dimostrazione che l’imprenditorialità connota le decisioni e le operazioni poste in essere dall’imprenditore.

La definizione di imprenditorialità è alquanto indeterminata e non è possibile rintracciare una definizione univoca, ma proviamo brevemente a far chiarezza, senza pretese di esaustività, presentando di seguito i tratti principali dei contributi di vari autori che hanno focalizzato la loro attenzione sulle diverse prospettive legate al seguente tema. Considerando il precedente approccio funzionale l’imprenditorialità può essere interpretata come una qualificazione positiva dello svolgimento dell’attività posta in essere dall’imprenditore.153

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Secondo la visione di Kao e Stevenson154 l’imprenditorialità rappresenta il «tentativo di una o più persone di generare valore mediante: il riconoscimento di significative opportunità di mercato; la volontà di gestire il conseguente rischio nello sviluppo del progetto; la capacità di mobilitare le necessarie risorse umane, materiali e finanziarie per realizzare tale progetto».

Ad essere poste in risalto secondo questa prospettiva sono: la capacità di interpretare il mercato ed i suoi andamenti, per cogliere occasioni di business; l’attività di coordinamento delle risorse; la capacità di valutare il rischio in termini sia economico- patrimoniali, sia di valutazione costi-benefici.

Proseguendo, Moltemi riconduce l’imprenditorialità alla «capacità di uno o più attori

aziendali di elaborare e realizzare una sintesi economicamente valida tra un bisogno individuato (manifesto o latente) e le risorse atte a soddisfarlo, sintesi dotata di caratteristiche innovative»155

La definizione plurifunzionale dell’imprenditorialità emersa dallo studio di Cole156 conduce a un’estensione eccessiva dell’attività imprenditoriale che finirebbe per comprendere qualsiasi azione effettuata da chi ha potere decisionale, non permettendo, secondo alcuni autori157, di distinguere le attività e le caratteristiche appartenenti alla connotazione imprenditoriale da quelle riferibili alle attività manageriali, cosa che invece sostiene Bertini, come vedremo nel prossimo paragrafo.

L’imprenditorialità viene definita da Drucker158 come la propensione a creare qualcosa di nuovo, proponendo un cambiamento o una trasformazione di valori. Imprenditorialità

154 Kao, Stevenson, 1985, citato in Del Bene, Aziende familiari: tra imprenditorialità e managerialità,

Torino, Giappichelli, 2005, p. 128.

155 Moltemi M., Direzione aziendale e proprietà di fronte al cambiamento in Invernizzi G, Moltemi M,

Corbetta G, Management imprenditoriale, Angeli, Milano, 1990, p. 18.

156 Secondo Cole « L’imprenditorialità può essere definita come un’attività intenzionale, comprendente una integrata sequenza di decisioni, svolta da un individuo o da un gruppo di individui associati, allo scopo di iniziare mantenere ingrandire una struttura economica orientata al profitto avente per scopo la produzione o la distribuzione di beni e servizi, che consideri i vantaggi pecuniari o dell’altro genere come meta o la misura del successo, in interazione con, od entro le condizioni stabilite dalla situazione interna dell’unità stessa, o con le circostanze economiche, politiche e sociali (istituzioni o pratiche) di una realtà che consenta un apprezzabile grado di libertà di decisione» (Cole A.H., Il contesto istituzionale

dell’imprenditorialità, in Pagani A., Il nuovo imprenditore, Milano, Angeli, 1964, p. 84. Versione originale

Cole A.H., Entrepreneurship and entrepreneurial history: the institutional setting, in Charge and the

entrepreneur, Harvard University Press, Cambridge, 1949, p. 85-107; citato in Del Bene, 2005 p. 131). 157 Vedi: Pagani A., Il nuovo imprenditore, Milano, Angeli, 1964, citato in Del Bene, 2005, p. 131; Zanni L.,

Imprenditorialità e territorio, Cedam, Padova, 1995, citato in Del Bene, 2005, p. 131.

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non si identifica con la nascita di nuove imprese: così si creano nuovi imprenditori, ma non esiste necessariamente creazione di imprenditorialità.

Approviamo la definizione di chi per imprenditorialità intende la capacità di proiettarsi nel futuro per individuare nuove possibilità di sviluppo esigendo un comportamento proattivo, dinamico, propenso all’innovazione ed al cambiamento.159 Essere imprenditore oggi, sostiene Bertini, «significa gestire soprattutto l’innovazione, il cambiamento; prima

sul fronte esterno, del mercato, e poi su quello interno, dell’organizzazione […] esiste l’imprenditore come figura astratta, espressione di una collegialità. Ed esiste l’imprenditorialità […] il più importante fattore critico di successo».160

L’azienda è, quindi, artefice del suo sviluppo, per mano degli uomini che infondono la volontà della combinazione aziendale e stabiliscono la direzione di crescita tra le alternative possibili dell’ordine economico generale. Le persone nelle aziende apportano energie, costituendo l’organismo personale, oppure apportano capitali. Le iniziative, le decisioni e le azioni generate dal sistema umano, sono il modo attraverso il quale si estrinseca l’operare dell’azienda.

Non esistono, quindi, nel divenire di quest’ultima, scandito dal processo di governo, traiettorie casuali e preordinate.

Il sistema umano è scomponibile in sottosistemi che in modi diversi contribuiscono alla trasformazione delle idee in operazioni.

Il processo di conversione del sistema delle idee in operazioni, tramite le decisioni, è riconducibile al modo di fare azienda e investe il sistema umano che comprende: il soggetto economico (responsabile della conversione delle idee in decisioni), il sistema del management (responsabile del passaggio dalle decisioni alle operazioni) e la tecnostruttura.161

Il sistema delle operazioni è l’incontro tra la gestione oggettiva e soggettiva, è il momento culminante dell’impegno gestionale del sistema umano che esaurisce la propria funzione con l’azione esercitata dalle persone all’interno dell’azienda.

159 Garzella S., Il sistema d’azienda e la valorizzazione delle potenzialità inespresse. Una visione strategica per il risanamento, Giappichelli, 2005.

160 Bertini U., Scritti di politica aziendale, Torino, Giappichelli, 1995, p. 29.

161 Garzella S., Il sistema d’azienda e la valorizzazione delle potenzialità inespresse. Una visione strategica per il risanamento, Giappichelli, 2005.

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Nel passaggio dalle idee alle operazioni tramite le decisioni, a qualificare l’anima della azienda ed a valorizzare le condizioni operative sono le idee imprenditoriali e manageriali.

Imprenditorialità e managerialità rappresentano, allora, prerogativa irrinunciabili del sistema umano aziendale. Abbiamo parlato della prima, cerchiamo ora di definire il secondo fondamentale concetto, prima di approfondire le loro implicazioni nell’ambito dell’azienda familiare. Per managerialità si intende l’insieme delle qualità tecnico- organizzative atte a garantire il collimarsi tra la combinazione produttiva e le idee imprenditoriali. Si estrinseca nella capacità di creare sinergia ed armonia tra le forze ed i fattori esogeni ed endogeni per consentire all’azienda di presidiare posizioni di eccellenza. Anche nei confronti della managerialità troviamo un contributo di Drucker, il quale tra i compiti principali del manager pone in risalto la capacità «di rendere efficaci

tutte le risorse di cui dispone – soprattutto le risorse umane – e neutralizzare i punti deboli dell’organizzazione».162

3.2.2 Imprenditori, imprenditorialità e managerialità nelle imprese