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In aggiunta agli assetti istituzionali la struttura di un’impresa è composta da tutta una serie di altri elementi, come osservato dalla tabella 1.4.

Tabella 1.4: Elementi della struttura dell’impresa per l’esame della configurazione che assumono nelle imprese familiari

Fonte: Corbetta, 1995:39

Per completezza si descrivono brevemente: - I valori d’impresa;

- L ’estensione delle combinazioni economiche; - Le condizioni patrimoniali intangibili

- La composizione dell’organismo personale - L’assetto organizzativo

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Questi elementi sono tra loro composti a sistema nello svolgimento della vita delle imprese.

I valori d’impresa

I valori d’impresa costituiscono un insieme di principi deputati ad orientare atteggiamenti, comportamenti e scelte di tutti coloro che sono coinvolti nell’azienda.

Alcuni di questi principi – la responsabilità, l’imprenditorialità, il rispetto dell’autonomia dell’impresa, il rispetto delle persone, la consapevolezza dei propri limiti, la trasparenza – favoriscono lo sviluppo dell’azienda; altri – la confusione tra famiglia e impresa, la concezione di questa come bene da usare per scopi individuali, l’ambizione senza limite alcuno, il rifiuto di ogni sacrificio personale ecc. – possono ostacolarlo.

Possono, inoltre, essere individuati dei convincimenti di fondo che a seconda se siano applicati alla famiglia o all’impresa diventano rispettivamente positivi o negativi.

Esempio ne è l’uguaglianza di trattamento tra i figli: in famiglia risulta oggettivamente legittimo, mentre in azienda può creare seri problemi se applicato a membri della famiglia che, svolgendo il loro lavoro, dimostrano di avere capacità e competenze differenziate. Principi e convincimenti di fondo si radicano sempre più nelle famiglie a maggior ragione quando questi si mostrano di successo.

Può accadere, però, che la mutevolezza dell’ambiente di riferimento in cui è collocata l’impresa faccia sì che i principi risultino obsoleti. In questi casi risulta difficile per le aziende familiari rispondere efficacemente alle esigenze di cambiamento essendo una tipologia di imprese abbastanza refrattaria al nuovo e alle ondate di cambiamento. I caratteri dell’ambiente, tra i quali le concezioni d’impresa e dell’attività imprenditoriale e manageriale dominanti nell’ambiente di riferimento e la storia dell’impresa, influenzano in modo preponderante i valori dell’impresa stessa.

Il sistema di valori che sta alla base dei comportamenti e delle scelte dei membri della famiglia coinvolti nell’impresa – in vari ruoli e in differenti posizioni – risulta di estrema importanza anche in considerazione del fatto che la dimensione, spesso medio-piccola, di

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queste imprese incrementa l’incidenza dei contributi di alcuni soggetti (attori-chiave) anche in relazione alla diffusa presenza di certi valori aziendali. 93

Nel momento in cui andiamo ad analizzare un’impresa è sempre importante cercare di comprendere ed esplicitare i valori che orientano l’azione. «Infatti, ogni disegno

strategico, oltre che essere coerente con gli altri elementi della struttura e con le evoluzioni dell’ambiente, deve essere coerente con i valori diffusi nell’impresa o, se necessario, deve partire dalla conoscenza di tali valori per produrre i necessari cambiamenti nei valori stessi».94

Condizione necessaria per l’affermarsi dei valori d’impresa è, secondo Coda, l’interiorizzazione dei cosiddetti metavalori aziendali ovvero i valori etici di base (come ad esempio la lealtà, l’onestà, l’unità familiare, il rispetto, la giustizia). 95

L’estensione delle combinazioni economiche

Con questa caratteristica strutturale ci riferiamo sia alle dimensioni delle combinazioni economiche sia al grado di varietà delle stesse misurato in termini orizzontali, verticali e spaziali. Per quanto riguarda le dimensioni, la maggioranza delle imprese familiari è di piccole e medie dimensioni. Tra le ragioni che spiegano la diffusione di questo segmento possiamo annoverarne due: in primis lo “smembramento” delle aziende che inevitabilmente ne riduce le dimensioni e la liquidazione di qualche socio, che comunemente rende più difficile il finanziamento di processi di espansione. Entrambi avvenimenti osservabili durante i passaggi generazionali; in secundis, il fatto che i proprietari delle imprese familiari non hanno convenienza ad aumentare le dimensioni, quando invece i manager, nelle imprese manageriali, hanno maggior interesse alla crescita ed allo sviluppo dimensionale dell’impresa vedendoli fenomeni strettamente collegati alle loro remunerazioni.

Infatti «nelle imprese a controllo manageriale la proprietà è diffusa tra numerosi

portatori di capitale di rischio (tradizionalmente aziende di consumo), nessuno dei quali è interessato o è in condizioni di esercitare alcuna attività di governo dell’impresa [...]

93 Del Bene L., Aziende familiari, cit.

94 Corbetta G., Le imprese familiari, cit., p. 34

95 Coda V., Valori imprenditoriali e successo dell’impresa, in AA.VV., Valori imprenditoriali e successo dell’impresa, Milano, Giuffrè, 1986.

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quindi, i membri del Consiglio di amministrazione - in maggioranza manager che non detengono quote significative del capitale di rischio dell’impresa - diventano di fatto gli unici detentori dei poteri di controllo».96

Per quel che concerne l’estensione spaziale, come avremo modo di approfondire nel prosieguo del lavoro, è assodata l’esistenza di un forte legame tra azienda familiare e territorio nel quale essa opera. Il forte radicamento territoriale in alcuni casi riuscirebbe anche a spiegare perché queste imprese sono tendenzialmente restie all’apertura di nuove unità operative su altri territori. Infatti, accade che, anche quando l’impresa familiare si presenta estesa sul territorio, tende a mantenere il baricentro dell’attività nella zona d’origine: ciò sembrerebbe rappresentare una delle ragioni del loro successo.

In relazione al grado di estensione verticale è difficile individuare delle caratteristiche comuni. L’osservazione di numerose imprese familiari, invece, confermerebbe la loro tendenza a limitare il grado di estensione orizzontale in quanto, così facendo ovvero contenendo la varietà di prodotti, si appaga sia l’esigenza di mantenere un controllo diretto sull’intera azienda sia quella di differenziarsi rispetto ai concorrenti esprimendo così appieno la propria imprenditorialità specialistica.

Le condizioni patrimoniali intangibili

Tali condizioni fanno riferimento alla conoscenza diffusa in azienda, alla dedizione e coesione del personale e alla credibilità dell’azienda. Si possono sviluppare grazie a processi specifici, ma si formano anche come conseguenza dell’attività corrente.

La conoscenza diffusa in azienda risulta molto elevata dal punto di vista tecnico- industriale e commerciale, mentre quella riferibile al patrimonio direzionale è concepita meno consistente, a causa delle frequenti difficoltà e ritardi nei processi di inserimento di dirigenti esterni, capaci di apportare cultura manageriale.

La dedizione e la coesione del personale, all’interno delle aziende familiari, sono accresciute dal momento che la famiglia rappresenta un punto di riferimento fermo e concreto per ogni membro del nucleo aziendale.

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L’immagine e la credibilità dell’azienda nei confronti dei diversi stakeholder (nuovi collaboratori, clienti, fornitori, istituti di credito) risente fortemente del grado di affidabilità della famiglia proprietaria, soprattutto in quelle dove il cognome della famiglia si ritrova nella ragione sociale dell’impresa. Le azioni, le decisioni ed i comportamenti della famiglia proprietaria si riflettono inevitabilmente nella gestione dell’azienda e possono (o meno) accumulare consensi e collaborazioni fondamentali per lo sviluppo dell’azienda stessa.

I membri familiari non sono, quindi, soltanto i portatori di variabili intangibili come, ad esempio, la conoscenza imprenditoriale oppure la credibilità nei confronti dell’ambiente esterno che deriva dalla coerenza e dalla solidità della compagine aziendale; i componenti della famiglia, con i loro comportamenti e atteggiamenti, favoriscono anche l’incremento e il mantenimento delle condizioni patrimoniali intangibili.

Tuttavia, è vero anche che non sempre i successori risultano capaci di mantenere vivi i processi di accumulo e sviluppo delle condizioni patrimoniali intangibili, il che può spingere tali soggetti a delegare l’attività di gestione a dirigenti esterni. Se ciò non succede possono essere messe a repentaglio le sorti e la longevità dell’azienda.

La composizione dell’organismo personale

Per quanto riguarda i dirigenti esterni assunti nelle imprese familiari, questi sono chiamati a dimostrare un notevole bagaglio di competenze in aggiunta ad una altrettanto notevole capacità di adattamento alle dinamiche familiari e a ritmi di lavoro sostenuti.

Spesso i manager esterni in qualche modo sono connessi alla famiglia attraverso legami di varia natura (familiare, di amicizia, collaborazioni professionali passate).

Questo può essere un limite, in quanto si tenderebbe ad avvicinare persone conosciute per la paura del confronto con professionalità più elevate, ma, dall’altro, può determinare rendimenti positivi se, al contrario, manager non conosciuti e con un alto potenziale lavorativo, non si sappiano amalgamare al contesto familiare. Da ciò può scaturire un elevato turnover dei dirigenti, che invece non si osserva nel personale esecutivo, soprattutto a causa di un’intensa identificazione tra lavoratore e azienda.

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L’assetto organizzativo

In quest’ambito, si individua il predominare di una logica che comporta una continua ridefinizione dei compiti dei singoli sulla base dell’interazione con le altre persone presenti nell’ambito lavorativo. Inoltre, in questo modo, si sviluppano la responsabilità individuale e la partecipazione dei singoli.

La scarsa formalizzazione, che caratterizza le imprese familiari e quindi la mancanza di un organigramma, è conseguenza derivante sia dall’esigenza di non creare attriti in famiglia, che si potrebbero originare da una marcata gerarchizzazione, sia dal fatto che, spesso, la presenza di uno o più familiari in diversi organi rende difficile il processo di formalizzazione.

All’interno delle aziende familiari, la programmazione e controllo di gestione non sono sistematizzati se svolti in maniera informale, oppure esistono ma non vengono applicati, perché comporterebbero la supervisione formale di un familiare su un altro membro della famiglia, situazione che potrebbe scatenare conflitti. Stessa cosa vale per i sistemi operativi di retribuzione e carriera, in cui, la mancanza di percorsi formalizzati e chiari a tutti, potrebbe creare barriere tra familiari e non familiari capaci di mettere a repentaglio la funzionalità stessa dell’azienda.

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CAPITOLO II

Dinamiche del mercato vitivinicolo

Il vino è uno dei prodotti più rappresentativi del “Made in Italy”: parlare dell’Italia e dei suoi vini vuol dire intraprendere un viaggio per la mente e per il palato, ricco di storia, cultura, tradizioni, ma anche innovazioni; ricco soprattutto di vitigni, tantissime varietà di vitigni, che in purezza o assemblati riescono a comporre un armonico puzzle di colori, odori e sapori che, senza azzardo, non ha eguali al mondo. Non per nulla, all’Italia venne attribuito dagli antichi Greci il nome di Enotria (Terra del vino).

Tabella 2.1 – Vitigni autoctoni (da vino) per paese

Italia 341 Portogallo 268 Francia 187 Grecia 159 Spagna 119 Croazia 92 Germania 40 Ungheria 18

Fonte: Castriota S., Economia del vino, in II edizione Corso di perfezionamento in

“Diritto vitivinicolo”, Università degli Studi di Firenze, 6 Maggio 2016.

Al di fuori della nostra Penisola, ogni civiltà, ogni impero, ogni avvenimento di politica e di potere ha avuto le proprie “vicende” di vino, più o meno legate agli eventi stessi che hanno delineato il corso della storia.

Come l’umanità, anche il vino vanta di un’origine antica e millenaria. Già 6000 anni fa, i Sumeri simboleggiavano con una foglia di vite l’esistenza umana. I Greci ritenevano il vino un dono degli dei e tutti i miti concordano nell’attribuire a Dioniso, il giovane figlio immortale di Zeus, l’introduzione della coltura della vite tra gli uomini, tanto che

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Dioniso, dio del vino, fu oggetto di culto anche in Etruria, e quindi nel mondo romano, dove era conosciuto come Bacco.

Il bacino del Mediterraneo, in particolare in Italia, riusciva a donare vini che andavano dal più leggero al più corposo, dal meno alcolico ad uno a più alta gradazione, dai bianchi ai rossi, secchi o abboccati; dopo l’acqua, il vino era la bevanda più utilizzata nel mondo romano antico e in diversi campi era riconosciuto il beneficio derivante dal suo consumo o utilizzo.

Antichissime sono, poi, le origini della pratica della viticoltura, come è testimoniato da non pochi documenti figurati.97 È ancora in corso il dibattito su quale sia la patria del vino e della viticoltura.

Probabilmente il tutto nasce tra il 6000 e il 7000 a.C. nella zona nota come Mezzaluna fertile, compresa tra il Caucaso e l’Egitto, per poi diffondersi ad Ovest dell’Egitto, verso Grecia e sud della Spagna, tra il 2500 e il 600 a.C. Recenti scoperte archeologiche fanno però emergere un altro Paese come più probabile terra natia del vino: l’Armenia.98

A prescindere dalle origini, è noto che, successivamente, con l’avvento dell’Impero romano, la coltivazione della vite si sparse in quasi tutta Europa e nelle regioni nord africane, mentre nel Medio Oriente il consumo di vino andò in declino a causa del decreto emesso da Maometto nel VIII secolo a.C.

È intorno al XVI secolo che si diffuse la coltura della vite anche in America del Sud per salire, poi, lungo l’intero continente fino al Nord radicandosi particolarmente in California, ancora oggi la zona più vocata degli Stati Uniti per la produzione di vino ed una delle prime a livello mondiale. Con lo sviluppo delle colonie il vino si spinse fino all’Africa meridionale e in Australia e successivamente conquistò la Nuova Zelanda.

In questi territori (Stati Uniti, Sudafrica, Australia, Nuova Zelanda) le tecniche di produzione rimasero orientate ai mercati domestici fino al 1970 anche a causa della

97 Fra i tanti si ricorda, per esempio, la pittura di una tomba tebana della XVII dinastia, dove sono

rappresentati due contadini che colgono grappoli d’uva da una pergola, circostanza interessante da cui si deduce che in Egitto già nel II millennio, era diffuso il sistema di coltivazione ‘a pergola’. Cianferoni G. C., Storia del vino (Internet), in L’alimentazione nell’Italia Antica. Ministero per i Beni e le Attività

Culturali Disponibile all’indirizzo:

http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/minisiti/alimentazione/index.html

98 Per approfondimenti si legga l’articolo di Dicova N., Armenia, la misteriosa patria del vino (Internet), in

«Slowine», 10 Dicembre 2015. Disponibile all’indirizzo: http://www.slowfood.it/slowine/armenia-la- misteriosa-patria-del-vino/

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pressione delle politiche protezionistiche dei loro governi, che iniziarono ad allentarsi proprio durante gli anni settanta e ottanta, favorendo l’affacciarsi dei suddetti Paesi del Nuovo Mondo allo scenario mondiale della produzione e del consumo del vino, affiancandosi ai Paesi del Vecchio Mondo quali Francia, Italia, Spagna e Portogallo in

primis, da secoli impegnati nelle varie fasi della filiera vitivinicola.99

E giungiamo ai giorni nostri, epoca in cui il vino è ancor più “bevanda globale” con un mercato che genera un giro di affari di oltre 200 miliardi di dollari rivolgendosi a centinaia di milioni di consumatori e centinaia di migliaia di imprese.100

Oggi, ancor più che in passato, l’attrazione per il mondo del vino raggiunge i massimi livelli e a dimostrarlo è il prestigioso ed articolato meccanismo che ruota attorno al suo business.

C’è da dire che il settore del vino è stato testimone di significativi mutamenti nel corso degli ultimi venti anni quali: la globalizzazione delle produzioni e dei consumi; la riconfigurazione dei modelli di consumo; una forte concentrazione settoriale.

A questo punto il lavoro sarà così strutturato: entreremo nello specifico dei tre elementi che hanno rappresentato la causa dell’instabilità registrata nel settore del vino negli ultimi anni.

Valuteremo (paragrafo 2.1) l’impatto e il peso che la globalizzazione ha avuto sul mercato vitivinicolo, sia dal punto di vista qualitativo sia da una prospettiva quantitativa. Andremo ad analizzare il mercato mondiale del vino per poi passare allo stesso tipo di riflessioni su scala nazionale, aprendo una finestra sul nostro Paese sul tema dell’export, quindi degli scambi tra l’Italia e il resto del mondo.

Successivamente, ci preoccuperemo di segmentare la domanda di mercato e tracciare il profilo del consumatore di vino oggi (paragrafo 2.2), soffermandoci anche sul lato dell’offerta e, quindi, sulla struttura del settore elencando le sue principali caratteristiche economico-reddituali e strategiche (paragrafo 2.3).

99 Robinson J., The Oxford Companion to Wine, London, Oxford University Press, 1994.

100 Sanguigni V., Il ruolo del Marketing per lo sviluppo internazionale delle imprese vitivinicole. Il caso Toscana Promozione, in IX convegno SIM “Marketing International ed effetto Made-in”, Benevento, 20 e

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