2.3 Analisi del settore del vino
3.1.2 Le piccole e le medie imprese: criteri di individuazione normat
Come è sottolineato in letteratura129, è rilevante argomentare intorno alla dimensione nel momento in cui ci apprestiamo a discutere sulle caratteristiche e sul futuro del modello economico italiano.
Nel presente lavoro l’intento è di presentare una pilastro portante dell’imprenditoria italiana quali appunto le piccole e medie imprese e nel prossimo capitolo andremo ad analizzare nella fattispecie un settore, quello vitivinicolo, vessillo del Made in Italy nel mondo e che in Italia, per quel che ci riguarda, è costellato, come vedremo, soprattutto da piccole aziende a conduzione familiari.
128 Ricci R., Il finanziamento delle piccole e medie aziende, Pisa, Cursi, 1967
129 Preti P., Il meglio del piccolo: l’Italia delle PMI: un modello originale di sviluppo per il Paese, Egea,
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Approfondire la conoscenza ed analizzare i caratteri della piccola e media impresa si rivela interessante per il sistema economico italiano, perché è ragionevole ipotizzare, stando alle statistiche e alle numerose ricerche svolte in questi ultimi decenni, che sarà proprio questo segmento dimensionale di imprese a registrare la più alta concentrazione in termini occupazionale trainata dalla capacità di crescita e sviluppo secondo corrette traiettorie manageriali.
All’origine della piccola e media impresa c’è sempre l’azione di un imprenditore e spesso, per non dire quasi sempre, la proprietà è riconducibile ad una famiglia: impresa, proprietà e famiglia sono tre sistemi interconnessi. È necessario indagare su ciascuna delle tre componenti, sia singolarmente, sia considerandole in sinergia le une con le altre. Prima di affrontare proprio quest’ultima analisi e presentare le caratteristiche e i connotati principali delle piccole e medie imprese in generale scendendo, poi, nello specifico del controllo familiare, andiamo ad indagare i caratteri strutturali del sistema delle imprese italiane inquadrando il fenomeno in termini numerici.
Questo breve excursus costituirà elemento ulteriore ed oggettivo, che contribuirà a conferire autorevolezza a quanto affermato nel corso della trattazione, più volte ed in forme diverse, in tema di piccole e medie imprese, suggellando il fenomeno economico delle minori dimensioni come spina dorsale dello stivale.
Le piccole e medie imprese sono una componente sostanziale del sistema economico italiano e rappresentano un importante incubatore di idee imprenditoriali. Sono anche perno dell’economia europea, basti pensare che si stima che le PMI rappresentano il 90% del totale delle imprese dell’UE.130
Ritornando all’Italia, i dati sono confermati: al 31 dicembre 2013 l’Italia con 5,3 milioni di imprese attive è il Paese che vanta il maggior numero di microimprese e di PMI dell’Unione Europea (il 17,2 % del totale delle microimprese e PMI europee).
Dal Rapporto Cerved PMI del 2014 si evince che la maggior parte delle aziende attive in Italia ha una veste giuridica che si adatta bene ad aziende familiari o di dimensione microscopica: 3,3 milioni di imprese individuali e oltre 900 mila società di persone attive, mentre poco più di 1 milione le società di capitale.
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Alla luce delle indagini riportate appare evidente che il sistema delle imprese italiane sotto il profilo dimensionale sia composto come segue: un esiguo numero di imprese di grandissime dimensioni; un piccolo numero di imprese di medie dimensioni; un gran numero di micro e piccole imprese in cui tra l’altro è occupata la grande maggioranza degli addetti totali.131
Il sistema industriale italiano rimane, quindi, sostanzialmente caratterizzato dal cosiddetto fenomeno del nanismo.
Ciò detto è giunto il momento di andare concretamente a scomporre le piccole e medie imprese e a declinarle nelle loro caratteristiche.
Partiamo da una definizione comune, quella adottata dalla Commissione Europea anticipata in questo capitolo parlando dei parametri di tipo normativo.132
Richiamarla è, a nostro avviso, essenziale in presenza di un mercato unico come quello comunitario, sia per migliorare l’efficacia delle politiche economiche tracciate, sia per creare un deterrente per situazioni di distorsioni della concorrenza che potrebbero verificarsi, esistendo una forte ed evidente interazione fra i requisiti delle PMI e la possibilità, per le organizzazioni che li soddisfano, di accedere alle misure e alle agevolazioni comunitarie e nazionali volte a promuoverne e ad assisterne lo sviluppo.
La prima determinazione comunitaria di piccola-media impresa risale al 1996 adottata dalla Commissione Europea con Raccomandazione n. 96/208/CE, in cui erano sollecitati al rispetto della stessa definizione gli Stati membri, ma anche la Banca Europea degli Investimenti e il Fondo Europeo per gli Investimenti.133
Da allora, tale definizione è stata ampiamente applicata, sia in ambito comunitario, sia nei diversi contesti nazionali, ma ha anche mostrato diverse debolezze, lasciando spazio, oltre che ad alcune difficoltà interpretative, anche a pratiche elusive di alcuni gruppi
131 «In base agli ultimi dati disponibili, le PMI oggetto di analisi occupano nel complesso poco meno di 4 milioni di addetti, hanno realizzato un volume di fatturato complessivo pari a 851 miliardi di euro, un valore aggiunto di 183 miliardi (pari al 12% del valore del PIL) e complessivamente hanno contratto 271 miliardi di euro di debiti finanziari. Rispetto al complesso delle società di capitale non finanziarie, le PMI producono il 36% del fatturato, il 40% del valore aggiunto, hanno contratto il 30,8% dei debiti finanziari complessivi e impiegano il 48% degli addetti». Rapporto Cerved PMI 2014, p. 9.
132 Rif. paragrafo 3.1.1
133 Cf. 2003/361/CE Raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2003 relativa alla definizione
delle microimprese, piccole e medie imprese. Disponibile online all’indirizzo:
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imprenditoriali sostanzialmente di grandi dimensioni, nonostante la riconducibilità al concetto di piccola-media impresa delle singole entità aziendali componenti.
A fronte di queste problematiche, nel 2003 con la Raccomandazione del 6/5/2003, in vigore dall’1/1/2005, la Commissione Europea rivede la nozione di piccola-media impresa.
Secondo questo documento le imprese sono ripartite in quattro categorie (fig. 3.1) Le microimprese come imprese con meno di 10 occupati che realizzano un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro.
Le piccole imprese sono definite come imprese con meno di 50 occupati e che realizzano un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro.
Le medie imprese sono definite come imprese con meno di 250 occupati e che realizzano un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.
Poi si riconoscono le grandi imprese, ovvero tutte le imprese che occupano 250 o più persone, o che hanno un fatturato annuo superiore a 50 milioni di euro e un totale di bilancio superiore a 43 milioni di euro.
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Figura 3.1 – Parametri relativi alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese ai sensi della Raccomandazione della Commissione 2003/361/CE (art. 2).
Nel caso di imprese associate (due o più imprese in relazione tra loro tale per cui una detenga almeno il 25% del capitale o dei diritti di voto di un’altra) per la verifica dei criteri dimensionali è necessario sommare il numero di addetti, il fatturato e il totale di bilancio dell’impresa associata in proporzione della partecipazione al capitale. Nel caso di imprese collegate (due o più imprese in relazione tra loro tale per cui una detenga il controllo di un’altra) per la verifica dei criteri dimensionali devono essere sommati per intero il numero di addetti, il fatturato e il totale di bilancio (a meno che questi dati non siano già integrati nel bilancio consolidato). Salvo alcune eccezioni, non possono essere considerate PMI le imprese il cui capitale o i cui diritti di voto sono controllati direttamente o indirettamente da uno o più organismi collettivi pubblici o enti pubblici.134
La nuova definizione, detto in altri termini, prevede che una impresa possa essere considerata di piccole-medie dimensioni se soddisfa, contemporaneamente, tre requisiti135:
134 Cfr. 2003/361/CE Raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2003 relativa alla definizione
delle microimprese, piccole e medie imprese. Disponibile online all’indirizzo:
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2003:124:0036:0041:IT:PDF
Renda A., Luchetta G., L’Europa e le piccole e medie imprese come rilanciare la sfida della competitività.
Dipartimento politiche europee presidenza consiglio dei ministri.
135 Cfr. Comunità Europee (2006); Decreto del Ministero delle Attività Produttive 18 aprile 2005;
99 1) requisito di autonomia;
2) requisito occupazionale; 3) requisito finanziario.
Una impresa è definita “autonoma” se non è né associata né collegata, ovvero se non controlla, nei termini appena visti, altre imprese e non è controllata da altre imprese, direttamente o indirettamente.136
Se la prima condizione è rispettata, gli altri due parametri, di ordine dimensionale, identificano una impresa come:
1) “media impresa” se, contemporaneamente: a) occupa meno di 250 persone;
b) ha un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro o un attivo patrimoniale non superiore a 43 milioni di euro;
2) “piccola impresa” se, contemporaneamente: a) occupa meno di 50 persone;
b) ha un fatturato annuo o un attivo patrimoniale non superiore a 10 milioni di euro; 3) “microimpresa” se, contemporaneamente:
a) occupa meno di 10 persone;
b) ha un fatturato annuo o un attivo patrimoniale non superiore a 2 milioni di euro. In un’impresa si possono valorizzare, come abbiamo appena visto, sia i criteri quantitativi relativi alla dimensione strutturale e operativa, sia criteri qualitativi.
Abbiamo visto come il criterio classificatorio più utilizzato è quello stabilito dalla Comunità Europea, il quale si basa su criteri esclusivamente quantitativi riguardanti il numero di dipendenti ed il fatturato.
136 Eccezionalmente, le disposizioni comunitarie in materia di PMI ammettono che una impresa possa
essere definita autonoma anche se viene raggiunta o superata la soglia del 25% prevista per il vincolo di associazione qualora nella compagine societaria siano presenti specifiche e tassativamente indicate categorie di investitori (quali, ad esempio, investitori istituzionali, Università o Centri di Ricerca senza scopo di lucro, ecc.), a condizione però che tali investitori non siano individualmente o congiuntamente collegati con l’impresa in questione.
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Tuttavia per distinguere tra piccola, media e grande impresa, non sono sufficienti i numeri i quali, seppur oggettivi, sono fortemente influenzati da una molteplicità di fattori indipendenti come le caratteristiche del settore, quelle produttive, le scelte gestionali dell’imprenditore.
Ribadendo la relatività di qualsiasi definizione della dimensione e constatando che concorrono valutazioni sia qualitative che quantitative, sia statiche che dinamiche, di maggiore o minore continuità, omogeneità, coerenza preferiamo non effettuare una netta distinzione tra piccole e medie imprese, ma piuttosto ci riferiamo all’universo delle imprese di minori dimensioni.
Questo è il motivo che spinge, in questo punto della trattazione, a delineare le caratteristiche peculiari delle imprese di minori dimensioni.
Avendo ragionato fino a questo momento in termini numerici, individuiamo ora i tre aspetti qualitativi secondo i quali definire i contorni delle imprese piccole e medie; tre direttrici lungo cui individuare vincoli e opportunità di crescita delle une e delle altre137:
- La composizione del team di vertice;
- Le relazioni tra famiglia proprietaria e impresa; - Le scelte e le azioni di strategia competitiva.
L’approfondimento che dedicheremo di seguito alle tre suddette dimensioni ci consentirà di capire ancor di più perché quando parliamo di imprese di minori dimensioni e, a maggior ragione, di piccole imprese parliamo nella stragrande maggioranza dei casi di imprese familiari.
Composizione team di vertice
Nella piccola impresa una o poche persone sono portatrici dell’idea imprenditoriale. Le idee, i convincimenti, le competenze, i valori di questi attori chiave aziendali condizionano profondamente la struttura e le funzioni critiche dell’impresa e conferiscono, nello stesso tempo, rapidità e flessibilità nei processi di governo, sia a livello di pianificazione, sia di implementazione. La piccola e media impresa è
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caratterizzata in modo individuale e fa confluire sulla figura del proprietario imprenditore un insieme di funzioni tecniche e di ruoli difficili da poter svolgere separatamente.
Empiricamente138 è stato rilevato che l’imprenditorialità, concetto analizzato nel proseguo della trattazione, rappresenta il vero fattore che spinge un capo di azienda ad affermarsi. Successivamente c’è la realizzazione di un’idea innovativa, per essere in grado di mantenere la posizione conquistata. Quindi è possibile affermare che nella piccola e media impresa la strategia si forma in maniera implicita. Formalmente, detto in altri termini, non esiste in queste realtà economiche una gestione operativa e una gestione strategica, non avendo capacità critiche di analisi e diagnosi per adeguare la formula imprenditoriale al contesto di riferimento. Nella realtà, però, molte piccole e medie imprese sono in grado di intercettare i cambiamenti che provengono dall’esterno e cercano, spesso con successo, di adeguarsi in tempi brevi.
Relazioni tra famiglia proprietaria e impresa
L’istituto impresa è in larga parte sovrapposto alla famiglia/e dei proprietari del capitale aziendale: può essere una coincidenza totale (tutte le risorse umane e patrimoniali sono fornite dalla famiglia fondatrice) oppure parziale (se la famiglia apporta risorse che siano funzionali all’attività aziendale). L’aspetto da sottolineare è che questa sovrapposizione, comunque essa sia, è l’elemento che maggiormente influenza, in termini positivi e negativi, il funzionamento dell’impresa in termini di struttura, di assetto organizzativo di processi di governo, di posizionamento nel settore di riferimento e di rapporti con i vari stakeholder. Per fare solo alcuni esempi, pensiamo al fenomeno delicato del passaggio generazionale, alla condivisione di patti di famiglia, all’apertura di capitale a terzi nell’ottica della longevità aziendale.
138 Cfr. Ricerca Ernst & Young 2003 su un campione composto dai soci all’Associazione Imprenditore dell’Anno.
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Scelte e azioni di strategia competitiva
Le piccole e medie imprese si caratterizzano per operare in ambiti ristretti del mercato di riferimento. Quello che avviene è ben lontano da un contemporaneo sviluppo lungo le dimensione del raggio d’azione di un’azienda.139
Dedicheremo ampio spazio al tema delle strategie competitive delle piccole medie imprese, ma già fin da ora possiamo sottolineare come, in queste unità fondamentali del sistema economico italiano, le strategie competitive adottate sono di focalizzazione, quindi la ricerca di un vantaggio in un ambito ristretto.
Questa scelta si fonda senza dubbio nelle caratteristiche strutturali delle aziende di minori dimensioni che non possono vantare di un dispiegamento di risorse umane, finanziarie, patrimoniali ecc. tali da competere ad armi pari con le imprese più grandi. Questo non vuol dire che non riescano a sopravvivere e ad ottenere sul fronte del risultato operativo e di periodo risultati soddisfacenti.
Questo è anche il tema centrale della trattazione ovvero riuscire a dimostrare che i “calabroni” (che metaforicamente rappresentano le PMI) possono volare, sovvertendo le leggi della scienza (ovvero i policymakers, le banche) che non hanno fiducia nelle loro potenzialità.140
Mano a mano che l’impresa cresce in termini dimensionali, il team di vertice si allarga numericamente, l’ambito competitivo si amplia su più di una dimensione e la famiglia pian piano assolverà il solo compito di apportare capitale di rischio.