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2.1 La globalizzazione delle produzioni e dei consum

2.1.3 Produzione, consumo ed export: stime anno 2015

Le prime stime dell’OIV attestano la produzione mondiale 2015 a 276 milioni di ettolitri, il 2% in più sull’anno prima. Nella Ue si attendono circa 170 milioni di ettolitri. Il che vorrebbe dire un lieve incremento rispetto al 2014 determinato essenzialmente dall’Italia, ma anche dalla Francia che, contrariamente a quanto si era detto fino a settembre, sembra aver prodotto il 2% in più.

C’è, invece, una discreta contrazione della Spagna (-8%) la cui vendemmia sembra aver prodotto 37 milioni di ettolitri di vino. In flessione anche la produzione tedesca (- 4%), mentre la portoghese può vantare di un +8%.

Fuori dai confini dell’Europa troviamo gli Stati Uniti che superano di poco i 22 milioni di ettolitri (+1%).

In Sudamerica, intanto, la vendemmia 2015 ha ridotto notevolmente il gap tra Argentina e Cile. Australia e Sud Africa rimangono stabili sugli stessi livelli del 2014, mentre è la Nuova Zelanda ad aver registrato una decisa battuta d’arresto (-27%) dopo un 2014 da record con 3,2 milioni di ettolitri.

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Il 2015, sempre secondo stime Oiv, potrebbe essere anche l’anno della ripresa dei consumi mondiali di vino dopo la frenata del 2014 (fig. 2.1).

Figura 2.1 - Il consumo mondiale di vino (milioni di ettolitri) del 2015

*Stima

Fonte: Ismea su dati OIV - Organisation International de la Vigne e du Vin

Se analizziamo i dati relativi al consumo di vino dagli anni 2000 al 2015, notiamo che il 2008, anno di inizio della crisi economica mondiale, sembra assumere il ruolo di confine tra un periodo di costante crescita ed uno di maggiore stabilità dopo una decisa frenata tra il 2009 e 2010.

Effetto legato sicuramente alla crisi economica è stato, poi, una sorta di effetto sostituzione tra gli scambi di confezionato e di sfuso. Considerando i dati del primo semestre di ogni anno, infatti, si evidenzia come fino al 2009 la quota di vini in cisterna scambiati a livello internazionale era al di sotto del 38%, mentre negli anni successivi è salita fino al 40% e nei primi sei mesi del 2015 è arrivata al 41%.

Questo in termini di volume, mentre in valore la quota degli sfusi sul totale è molto limitata ed oscilla tra il 10 ed il 13%. Per gli spumanti, che continuano la loro corsa sebbene con tassi di crescita più contenuti rispetto a quelli registrati fino a qualche mese fa, si ha un +5% a volume e un +10% a valore.

Passando in ambito nazionale si evidenzia un miglioramento del clima di fiducia dell’industria vinicola determinato essenzialmente dall’incremento, sebbene ancora non

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ufficialmente quantificabile, della vendemmia appena terminata. Sussistono, comunque, ancora delle preoccupazioni per ordini non all’altezza delle aspettative.

Sul fronte dei prezzi invece, qualche segnale di ripresa arriva dai listini iberici del vino comune, da tavola. Il -8% dei volumi stimato nelle cantine iberiche, sembra aver ridato un minimo di impulso alle quotazioni che avevano chiuso la campagna precedente con notevoli ribassi. C’è stata una ripresa autunnale grazie alla quale il primo trimestre iberico (agosto-ottobre) segna un incremento rispetto allo stesso periodo della precedente campagna (+28%).

Questa ripresa dei listini iberici ha creato qualche aspettativa anche agli operatori italiani dei vini comuni, esistendo una stretta correlazione tra il mercato dei vini comuni nazionali e quelli spagnoli.

Il mercato delle uve italiane, analogamente a quello spagnolo, non è apparso particolarmente brillante, ma le maggiori disponibilità della vendemmia italiana, soprattutto sul mercato internazionale, sono compensate dalla minor offerta spagnola e questo potrebbe influire sui futuri andamenti dei listini anche se è ancora troppo presto per parlare di un’inversione di tendenza.

A questo si aggiunga che le giacenze italiane, secondo dati ancora provvisori, sono sì inferiori a quelle dello scorso anno (45 milioni di ettolitri), ma pur sempre superiori ai 41 milioni di ettolitri, il corrispettivo di una vendemmia scarsa.

Non si può comunque ignorare il fatto che l’indice dei prezzi alla produzione di ottobre segni per il vino una lieve crescita rispetto al mese precedente, per di più in controtendenza rispetto all’aggregato coltivazioni e agricoltura, dovuto in primo luogo alla flessione dei prezzi alla produzione del settore orticolo, cerealicolo e oleario.

Ad incidere positivamente sul risultato dei vini ci sono soprattutto i vini a denominazione (in media +8% sul listino) che, a differenza di quelli comuni (che hanno perso nel complesso un 15%), sono in lenta ma costante crescita a dimostrazione di un mercato del vino italiano che ormai sembra viaggiare su due binari separati non solo in termini di performance di prezzi ma anche di export, ad esempio.

Sul fronte dell’export, per concludere, i dati Istat confermano la buona performance del vino italiano.

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Nei primi otto mesi del 2015, infatti, gli introiti dell’export di vino sono saliti del 6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Si conferma, intanto, la battuta d’arresto delle esportazioni in volume determinato essenzialmente dai vini sfusi mentre è sempre boom degli spumanti (+16%) per un corrispettivo di 556 milioni di euro (+18%).

Ed è sempre la voce “altri spumanti Dop”, quella che comprende il Prosecco, a trascinare questa domanda con una progressione di oltre il 30% sia a volume che a valore. È nel 2015 poi che la Borsa brinda alla prima matricola italiana che ha portato con sé un avvenimento importante: la prima quotazione di una società vinicola italiana, l’Italian

Wine Brands, controllante della Giordano Vini, nel mese di gennaio. Secondo l’analisi

della performance dell’indice di Borsa mondiale del settore vinicolo elaborato da Mediobanca, investire nel vino sembra essere stato un ottimo affare. Il dato che emerge infatti è che da gennaio 2001 l’indice di Borsa mondiale del settore vinicolo è cresciuto del 336,5%, un risultato ben al di sopra delle Borse mondiali che hanno segnato un più modesto progresso dell’87%.