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composto da variegate o differenti micro forme culturali ma molto simili nella loro macro struttura. Il risultato è un esito confuso, confor- mato e contrastante verso la tradizione e la storia relative alla costruzione antica del territorio così come verso lo stesso senso espresso nel passato dalla collettività. Nel territorio storico del Veneto la topografia disegnata da Cristoforo Sorte e da Andrea Palladio per la “villa”, termine risalente all’impero romano; era pensata ed organizza- ta come una tenuta rurale di carattere produtti- vo disposta integralmente ad altri manufatti agricoli e residenziali, il cui risultato è un insieme di magisteri che oggi chiameremo i saperi interdisciplinari in cui letteratura, topografia, disegno, cartografia, filosofia, geometria, matematica e astronomia garantiva- no un tutt’uno capace di esplorare nell’interez- za un’educazione realistica che allo stesso modo si palesava concreta nei fatti. Questa preparazione ante litteram al concetto e al governo di “villa” messo in atto anche dallo stesso Palladio e da Cristoforo Sorte, ha contribuito alla continuità storica, alla custodia e alla valorizzazione del disegno geografico

territoriale e costruttivo del Veneto fino a tutto il Settecento. Infatti, dopo Palladio ritroviamo Vincenzo Scamozzi, e poi ancora Francesco Antonio Muttoni, i discendenti principali di Palladio e capaci costruttori, il cui modus

operandi ha dato avvio a quello che la storio- grafia chiama il “Palladianesimo” che ha influenzato formalmente il mondo anglosasso- ne, ma più incisivamente e meno superficial- mente la cultura veneta. Quella del controllo, della custodia e della formazione del sapere è una questione innanzitutto definita dal disegno nel suo complessivo ed unitario magistero. La singolare bellezza ed onestà propria del disegno si adopera perfettamente a rinvenire, meglio ad estrarre, i fatti che la misura della costruzione di un territorio con la misura della costruzione dei semplici manufatti antichi hanno reso come un continuo rimando al significato ed alla unità del dimensionamento con il proprio luogo. Ne sono esempio la praticità e la relazione duale e anche lessicale che intercorre ed emerge nell’arte del coltivare la terra con l’arte dell’edificare. Questi due modi di praticare l’uso del suolo, cioè la coltivazione e la costruzione edilizia si basano

Fig. 1 - Ridisegno del sistema luogo- villa relativo alla “Casa di Villa Pisani” a Bagnolo di Lonigo (Vi). Elaborato di: Elena Gullion, Tatiana Merlino e Francesca Zozzoli, Lab. di Recupero del Manufatto, A.A. 2011/12, Università di Udine, docente: Andrea Donelli

sulla natura, principalmente sul dato orografico che contribuisce a restituire la necessità di dare forma e anche dimensione al territorio stesso. Tale forma si realizza con la componente della logica e della ragione, della coerenza, ed è essa stessa la misura esplicita del rapporto che si instaura nel carattere morfologico prima insediativo, poi tipologico edilizio e di conse- guenza distributivo e costruttivo. La perdita di questo insieme ha decretato la crisi del dise- gno della città che è di fatto la crisi stessa del progetto e della governance della città. A tale smarrimento fa eco il concetto di smart city, ossia di città cosiddetta intelligente. Tale “intelligenza” risiede ancora nelle procedure che si basano in quegli aspetti che hanno ricusato il disegno e sulle conseguenze che esso promuoveva. L’indifferenza sistematica sui fatti architettonici e urbani, senza alcuna considerazione verso la ricchezza del nostro passato considerato e visto più come un dato scomodo e nemico anziché come un preciso e sicuro alleato, ha provocato l’eliminazione di ciò che il disegno esplicitava e attuava nel concetto fondativo determinato da fatti portanti che si manifestavano come logica di sapere, di

bellezza, di forma e di custodia del loro carattere. Si è pensato di sostituire l’impegno e la fatica del disegno con l’approssimazione, usando la scorciatoia meramente tecnica sia della parola scritta, che della suggestione dell’immagine e del dato numerico come quantificazione delle informazioni. L’espedien- te ricorrente dell’illustrazione, della fotografia, della ripresa animata, suscita un fascino “immediato” rispetto allo strumento tradiziona- le del disegno. In realtà tali atteggiamenti rimangono estranei all’architettura, ponendosi nell’ambiguità dei ruoli, senza penetrare e riconoscere l’intellegibilità dell’architettura che solo un tipo particolare di analisi è in grado di legittimare, essi inoltre sono cosa stucchevole, gratuita e scontata per ogni persona di media cultura. Il disegno storico dei luoghi, la forma

agri o urbis, la misura della costruzione, il carattere stesso di un luogo genera e decreta un valore di particolare bellezza poiché reso dall’unitarietà degli elementi determinati dal disegno, dalle permanenze e conseguentemen- te dagli elementi costituivi per cui tali insiemi garantivano l’equilibrio dell’abitare e il rappor- to con la natura stessa delle cose. Natura,

Fig. 2 - Sintesi delle permanenze e degli elementi primari dell’habitat rurale della provincia di Verona. Andrea Donelli, studio riferito all’analisi degli elementi costitutivi relativi al disegno storico del suolo

cultura e società si associano a competenza, critica e riflessione. In questo avvertimento risiedeva l’atteggiamento didattico-culturale di Giuseppe Samonà e di E.N. Rogers. Per entrambi era essenziale il contributo offerto in materia di contenuti alla formazione della futura classe dirigente di architetti e/o ingegne- ri. La sfida educativa si basava nel formare e nel far apprendere ai futuri laureati un ruolo da pensatori-ricercatori affinché considerassero l’analisi per il progetto nel rappresentarla e ne riconoscessero nel descriverla il principio di unità inscindibile necessario per il corretto progetto di architettura. Tale insegnamento costituiva un intrinseco valore umano, un apporto aggiuntivo, ma come tutte le cose che hanno valore si è pensato bene di eliminarlo con l’accanimento dell’indifferenza. Qualcuno dovrebbe fornire una plausibile e seria giustifi- cazione per questo, ammesso che ne abbia lo spirito. I contenuti che si devono basare sulla comprensione e sulla conoscenza del disegno anche storico con cui descrivere le permanen- ze e le immanenze costituiscono la base utile e necessaria su cui incentrare il processo di analisi. Per Confucio il primo atto di un buon governo è ristabilire il significato delle parole, Valeria Pezza scrive: “nel nostro caso metropo- li proviene da mètér (μήτηρ) e polis (πόλις), città madre e indicava la capacità del costruire di generare polis, di generare cioè un sistema di legami che radicavano l’esistenza umana in luoghi, forme e strutture comunitarie precise e riconoscibili.”2 In una parola la governance

ossia l’insieme dei principi, delle regole e delle procedure che riguardano la gestione e il governo di una società, di un’istituzione, di un fenomeno collettivo e di un sapere.

Per un’educazione didattica

La questione essenziale legata alla governan- ce è la formazione e la capacità dei discenti divenuti, nel senso semantico, dei ricercatori capaci di attuare equilibri a vantaggio delle at- titudini respingendo il mal costume dell’oppor- tunismo e della rincorsa alla visibilità. Al tempo del Palladio, l’avvertenza principale era di far acquisire dignità teorica e struttura scientifica al sapere. Lo stesso Palladio inizialmente ave- va intrapreso il lavoro in qualità di lapicida, passando dalla bottega del Cavazza a quella

più prestigiosa di “Pedemuro”, dove apprese le nozioni del disegno. Tuttavia, egli darà vero significato alla sua attitudine solo presso l’accademia del Trissino, compiendo studi clas- sici, matematici e teorici che lo porteranno a conseguire la misura, la logica, la razionalità del costruire, a comprendere la ragion d’essere dell’architettura, come attività pratica, come sapere scientifico e tecnico, come espressio- ne artistica. Oggi viviamo all’interno di una società “civile” molto articolata, complessa e confusa, paradossalmente omologata in setta- rismi, separatezze da cui emerge la perdita di un senso comune della costruzione architettoni- ca e urbana, in sostanza il disegno del luogo. I pensatori più eruditi sono d’accordo nel rite- nere che la crisi del disegno del luogo è anche la crisi stessa del disegno del luogo. In tale affermazione ritroviamo ancora una volta la figura di Samonà che constata che: “la caduta di significato del disegno è proprio da attribu- irsi all’astrattezza di quello che ha finito per rappresentare nei piani”3. Voglio riportare qui

e valorizzare il pensiero di Alessandra Ami- co ripreso dal lavoro della sua tesi4: “Arché

significa “principio”, ma in più sensi. Risponde in primo luogo alla domanda: «Da dove ha avuto origine tutto?», quindi è principio nel senso di origine e di causa. Risponde però anche alla domanda: «Qual è il fondamento di tutte le cose?», o in altri termini «quale ne è la sostanza?» Il principio è quindi la “stoffa” dell’universo, la materia che forma le singole cose. Il concetto di arché intende risolvere infine un altro problema: la realtà è molteplice, ma per essere compresa razionalmente deve essere ricondotta ad un principio unitario, co- noscendo il quale diventa possibile conoscerne la struttura. L’arché esprime quindi anche la razionalità del reale, ciò che rende conosci- bile l’esistente. Ciò è vero anche riguardo a un’altra questione: nel mondo tutto cambia, diviene, ma per conoscere razionalmente la realtà occorre presupporre una continuità nel divenire, una regolarità sotto il cambiamento: l’arché è immutabile. Queste ragioni spiegano perché la definizione dell’arché costituisca un aspetto basilare delle prime filosofie: esso è il fondamento della realtà e al tempo stesso ne costituisce la razionalità, rendendo così possi- bile la conoscenza scientifica Traendo ispirazio- ne da questi concetti che sono alla base della

filosofia e della ricercaho pensato che, anche oggi, il lavoro dell’architetto debba continuare a muoversi nella medesima direzione. Dell’uso della ragione come calcolo, misura, che porta con sé anche relazioni tra gli uomini attraverso il discorso, la parola, il linguaggio, è intrisa la forma dei luoghi. Essa infatti, intellegibile e misurabile, non è affatto una forma spontanea, irrazionale ma segue un sistema di perma- nenze quasi fosse una mappatura genetica. Ecco l’immanenza delle tracce nella storia che, strato dopo strato, mi prefiggo di rilevare per “riconoscere nel passato la parte visibile del futuro”5 della mia Ceglie.”

Note

1. cfr. Tommaso d´Aquino, Quaestiones disputatae, in http://www. edizionistudiodomenicano.it/pagina.php?id=38, Maggio 2017 2. Valeria Pezza, Città e Metropolitana, Napoli, Clean edizioni,

2005. (pag.9-14)

3. Giusa Marcialis, “Il contributo di Giuseppe Samonà”, in Urbani-

stica 78, (pag.80-83)

4. Alessandra Amico, “Archè e lògos nella rappresentazione di un luogo. Ceglie Messapica: l’immanenza del di-segno nella storia”, scritto relativo alla tesi di laurea, Politecnico di Milano, Relatore,

Andrea Donelli 5. Op. cit. Valeria Pezza

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