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Vi è oggi l’esigenza primaria di rilanciare le politiche di sviluppo infrastrutturale e di coe- sione del Paese con una pianificazione, una programmazione ed una progettualità orien- tata al futuro, facendo tesoro delle esperienza del passato, delle “best practice”, ma anche delle, numerose, “bad-practice”. Per essere in grado di affrontare la realtà ed i suoi cam- biamenti, occorre partire proprio dalla realtà storica sia a livello territoriale che istituzionale, legislativo e ambientale. Nessuno può negare la lentezza e la fatica della portualità italiana nell’adeguarsi ai repentini cambiamenti del mercato globale, come pure dei “vecchi” piani regolatori portuali invischiati in procedure far- raginose e veti, incapaci di gestire la velocità dei cambiamenti e del gigantismo navale. Se, da un lato, tutti gli aspetti della globalizzazio- ne e del suo influsso sulla portualità italiana vanno sapientemente inquadrati nel contesto sfaccettato della contemporaneità nella qua- le viviamo, d’altra parte non possiamo non riconoscere che il nostro Paese è l’esito di una storia specifica, sedimentata fino a diventare l’odierna geografia storica della multiforme portualità diffusa. Val la pena rilevare che i Sistemi Logistici e Portuali, come le città metro- politane o le province, sono tutti componenti di un territorio storicizzato che è unico; pertanto le riforme, non potranno essere solo settoriali, anzi una visione settoriale probabilmente fini- rebbe per peggiorare l’attuale situazione. La necessità di un coordinamento per una corretta programmazione e attuazione delle politiche dell’uso del territorio, della logistica e della portualità implicano un’attenzione globa- le verso il processo di riforme in atto. Il disegno di riassetto istituzionale promosso dalla Legge n. 56/2014 (cd legge Delrio) ha indotto da un lato, un riassetto istituzionale, tra province,

città metropolitane etc., mentre la riforma dei porti (D. Lgs. N. 169/2016) approvata dal Consiglio dei Ministri il 4 agosto 2016, ha soppresso 24 Autorità Portuali, prevedendo 15 nuove Autorità di Sistema Portuale che dovran- no gestire complessivamente 57 porti con la relativa logistica territoriale (Fig. 1).

Far funzionare le Riforme

Da una opportuna sinergia tra le due recenti Riforme, atteso che tutte le città metropolitane del Sud sono città portuali, può nascere una nuova e reale governance di sistema, orientata allo sviluppo logistico del territorio del mezzo- giorno d’Italia.

Occorre rilevare che il governo del territorio e della portualità, cioè dei flussi di merci e persone che dal mare, “atterrando” sul territo-

Fig. 1 - autorità di sistema portuale (n. 15 come da allegato al d. lgs. n. 169/2016)

rio nei nodi portuali, si incrociano con le reti infrastrutturali nazionali ed europee, interessa diverse altre materie di competenza legislativa statale e regionale, con conseguenti molteplici intrecci di competenze. Si auspica quindi una possibile contaminazione e sinergia tra le due riforme, anche perché gli enti istituzionali di nuova formazione, come le città metropolitane o le Autorità di Sistema Portuale, incidono sulle politiche e sulle programmazioni e pianifica- zioni orientate ad una strategia di sviluppo e competitività del Sistema Paese. La costruzio- ne quindi di un sistema logistico integrato di infrastrutture della mobilità, costituisce il primo impegno dei nuovi organi di governo delle Autorità di Sistema Portuale e delle rispettive città portuali, nella prospettiva tracciata dal Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica.

Come affermato recentemente a Messina (29/05/17) dal presidente ANCI e sindaco della città metropolitana di Bari, Antonio De- caro: “Io, non sono un visionario, al contrario

un amministratore che cerca di essere concreto, vi invito però a guadare alle cose positive. Per non farci cogliere da quella malattia conta- giosa alla quale Marcello Veneziani ha dato un nome: la suddità, la rappresentazione di un Sud che soffre e si lamenta. Il quadro non è nero, le risorse ci sono, la ripresa sembra iniziata. Tocca a noi, nuova classe dirigente del Sud, cogliere con responsabilità l’occasione di un riscatto”. Ciò vuol dire anche far funzionare realmente ed in tempi rapidi i nuovi organi di governo e di partenariato previsti dalla riforma portuale, come il Comitato di Gestione delle Autorità di Sistema Portuale. L’occasione per la rinascenza del sud e quindi dell’intero Paese è rappresentata proprio dalla centralità, nel Mediterraneo, delle città-porto del sud, naturali porte d’accesso all’Europa dei traffici transo- ceanici provenienti dal far-est. Tale possibilità deve essere perseguita sia attraverso una cor- retta gestione della programmazione 2014-20, ma anche pretendendo l’applicazione della “Perequazione Infrastrutturale” introdotta dalla Legge delega al Governo in materia di federa- lismo fiscale n.42/2009, che, all’art. 22pre- vede di colmare il “deficit infrastrutturale” del Paese, a valle di apposita ricognizione. La riforma di riassetto istituzionale della portua- lità, affinché non si perda nel rinvio di com-

petenze, ma si configuri quale valorizzazione delle potenzialità del Sistema della portualità italiana attraverso gli Organi delle Autorità di Sistema Portuale, deve partire subito: le città metropolitane e le Autorità di Sistema Portuale o le aree interne del Paese non devono essere le une il negativo delle altre, ma una rete, un sistema integrato e interconnesso di cui deve essere colta la componente logistica e dina- mica, ma anche la certezza legislativa sugli strumenti di pianificazione e programmazione di ogni ente ed istituzione. La proposta di una politica portuale integrata con le politiche ter- ritoriali ed istituzionali, deve essere capace di interpretare il cambiamento, deve cogliere gli elementi di compensazione e le relazioni nella filiera di governo (Europa, Stato, regioni, Città Metropolitane, Sistemi Logistico-Portuali, Co- muni) come pure deve individuare i porti con maggior propensione allo sviluppo merci e/o passeggeri, a partire dal livello di infrastruttura- zione e dall’attitudine delle comunità incediate all’utilizzo consapevole delle stesse potenziali- tà. Le competenze logistiche ed infrastrutturali delle Autorità di Sistema Portuale non possono non coordinarsi con le competenze delle città metropolitane, presenti con le Regioni nei Comitati di Gestione delle stesse AdSP: tali Co- mitati di Gestione, agendo con responsabilità e competenza, potranno diventare i luoghi del riscatto del Sud.

Occorre infatti attivare, tra aree metropolitane ed aree di pertinenza delle Autorità di Sistema Portuale, una tessitura di reti di partenariato, proprio a partire dal Comitato di Gestione e dal previsto: “Tavolo del Partenariato” che attinga dalle Istituzioni, dalle intelligenze e dalle risorse degli attori logistici e portuali responsabili. È importante creare, attraverso tale “Tavolo del Partenariato”, organizzazioni efficienti e condivise e stabilire modalità di cooperazione leale e efficace tra i vari attori, oltre che tra le varie istituzioni, con razionale distribuzione dei compiti e delle responsabili- tà per la costruzione di nuove governance a geografie istituzionali variabili, coerenti con la nuova riforma della portualità e con i reali pro- blemi logistici e territoriali da affrontare nelle aree metropolitane, portuali e retro-portuali. Inoltre, MIT, Agenzia della Coesione, RFI, ANAS, Enel, e tutti i principali attori pubblici e privati, devono rendersi disponibili a costru-

ire attraverso strategie integrate e condivise le necessarie convergenze programmatiche e gestionali per la costruzione di nodi e reti infrastrutturali adeguate per rendere i territori sempre più competitivi, a partire dalla possi- bilità, per le Autorità di Sistema Portuale di sottoscrivere Accordi Quadro e/o Contratti Istituzionali di Sviluppo, riguardanti le infra- strutture di collegamento con i retro-porti e con le reti nazionali su ferro e su gomma.

Reti TEN-T e PON: Connettere il Sud

Nella visione strategica che animava lo studio del “Corridoio Meridiano” del 2007 del MIT, lo sviluppo territoriale del sud d’Italia veni- va potenziato in una visione che assegnava ad alcune città-porto la funzione di “poli di commutazione” del sistema euro mediterraneo: luoghi in cui le grandi reti provenienti dalla via della seta, dalla Cina e dall’India atterrano sul territorio, solidificano i loro flussi e fertilizzano i sistemi logistici locali. La logica di riferimento era quella di un’efficace dimensione territoriale delle strategie secondo una visione dello svilup- po che guardava al territorio come “progetto implicito”, come selezionatore di istanze. Oggi, a dieci anni di distanza, è maturata la consapevolezza che solo nell’incontro tra le città del Sud, messe a sistema con i loro porti ed una revisione dei corridoi trans-europei, con l’allungamento a sud del Corridoio Baltico-A- driatico, si potrà creare uno sviluppo inclusivo e sostenibile che attraverso le politiche di coe- sione si estenda dal livello europeo e naziona- le al livello locale. Se è vero, come ama ripeter spesso il ministro Delrio che: la Geografia è Destino”, il Mezzogiorno può diventare volano e non più peso per il Sistema Paese, attraverso la rete delle sue città-porto. Questa è la scom- messa e l’occasione irripetibile per il Mezzo- giorno a valle della riforma della portualità: la rete delle città portuali del Mezzogiorno, strettamente connesse via ferro, come Gateway dell’Europa sul Mediterraneo, potrà rivelarsi il nuovo motore dell’economia del Mezzogiorno. Ma se davvero si vuole scommettere sull’eco- nomia del mare, dei servizi alle merci, alle imprese e alla persona, sull’incremento dell’of- ferta tecnologica di logistica e dei beni prodot- ti e/o sbarcati nel Mezzogiorno, va detto che l’intensità della trasformazione deriverà anche

dalla soppressione dei colli di bottiglia (a livello di infrastrutture ma soprattutto di buro- crazia e servizi) nei collegamenti ultimo miglio mare-terra-ferro. Nel definire un programma che consideri davvero le politiche logistiche, trasportistiche ed urbane del Mezzogiorno, parte integrante non solo del disegno di rilan- cio del Mezzogiorno, ma dell’intero paese, non si può fare a meno di domandarsi prima di tutto verso quale trasformazione si vuole indirizzare il Mezzogiorno, e di cosa c’è biso- gno per creare condizioni logistico-ambientali favorevoli e, conseguentemente, in quali scelte infrastrutturali tutto ciò si traduce. L’Accordo di Partenariato del PON orienta a finalizzare la programmazione 2014-20 al “Migliora- mento della competitività del sistema portuale e interportuale” attraverso le “Aree Logistiche Integrate (ALI)”, che dovranno includere un si- stema portuale, eventuali retroporti, interporti o piattaforme logistiche correlate a tale sistema e le rispettive connessioni ai corridoi multimodali della rete TEN-T. Scopo delle ALI è quello di costituire un luogo di confronto ed integrazione tra Stato e Regione, (PON e POR) impegna- ti negli stessi obiettivi tematici, costruendo, col partenariato, una strategia condivisa di sviluppo delle stesse Aree Logistiche Integrate. Le cinque diverse Aree Logistiche Integrate, (Fig. 2) così come individuate, (i cui attori sono le Autorità di Sistema Portuale, le Regioni, le Città Metropolitane, RFI, ANAS), dando vita ai diversi Tavoli di Coordinamento, dovranno candidare gli interventi infrastrutturali di ogni territorio sul Programma Operativo Nazionale 2014/2020. Attraverso tale processo, coe- rentemente a quanto previsto anche dal Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica e con un occhio al “Masterplan del SUD”, (che non può essere la somma algebrica degli elenchi di progetti pensati separatamente da ciascun Tavolo, sommati ad altri elenchi progetti delle varie regioni e/o delle aree metropolitane), occorrerà individuare le opere realmente utili ai porti del Mezzogiorno perché siano, lato Mediterraneo del Nord, Porte d’accesso all’Europa attraverso l’intermodalità mare/ferro con le rispettive necessità di investi- mento “ultimo miglio” (infrastrutture e servizi). Al riguardo andrebbe rilevato un “errore di prospettiva”, almeno dal punto di vista cro- nologico, nell’individuare (Fig. 2) il corridoio

Scandinavo Mediterraneo come la “rete lunga” che collega i porti del Sud e le relative “ALI” all’Europa centro settentrionale. Occorrerà valutare, nell’ambito dei Comitati di Gestione delle AdSP, ed attraverso il Tavolo del Partena- riato, la possibilità di un “Contratto Istituziona- le di Sviluppo”, (ultimo miglio ed intermodalità nel Mezzogiorno) con RFI al fine di garantire sia la connessione rapida che il collegamento “lungo” dal Mediterraneo all’Europa Centrale, attraverso l’auspicabile prolungamento fino a Bari/Brindisi/Taranto del Corridoio Baltico Adriatico (l’unico in grado di collegare, oggi e non nel 2030, i porti del sud all’Europa con- tinentale, atteso che la pendenza e le gallerie della Firenze-Bologna non consentono, attual- mente o nei prossimi 10 anni, il formarsi di tre- ni-cargo a pieno carico nel corridoio Scandina- vo Mediterraneo che attualmente rappresenta l’unico Corridoio Europeo che, “teoricamente”, collegherebbe il Sud d’Italia all’Europa). Il

prolungamento del “Corridoio Baltico-Adriati- co” potrà connettersi attraverso la Bari-Napoli con i porti del Tirreno, in linea con gli obiettivi comunitari, al servizio dello Sviluppo e della Coesione Territoriale dell’intero Mezzogiorno. La rigenerazione portuale e la modernizzazio- ne infrastrutturale della portualità meridionale, dotata di ampi spazi retro-portuali, sono pro- getti dei “paesaggi del domani”, di “infrastrut- ture prioritarie nazionali”, dove, ad esempio, anche le infrastrutture informatiche (Smart Port) o le prestazioni energetiche (Green Port),non siano corredo ma linfa, componenti del cam- biamento e dello sguardo volto al futuro, verso uno sviluppo competitivo coniugato alla storia urbana specifica ed alla coesione sociale delle comunità insediate.

Fig. 2 - Aree Logistiche Integrate (Pon Infrastrutture & Reti 2014-2020)

L’ECONOMIA CIRCOLARE E L’URbANISTICA TEMPORALE