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Maria Rita Schirru

Strumenti di governo della città metropolitana All’interno di un quadro di prospettive generali di sviluppo del territorio metropolitano possono essere individuate componenti della crescita che, pur caratterizzate da elementi di criticità ambientali e socio-economiche, rappresentano potenzialità non secondarie dal punto di vista dell’analisi e della conseguente individuazione di strumenti di governance, per facilitare il reperimento di risorse economiche per la com- plessa gestione della città metropolitana. Tra i fenomeni che nel corso degli ultimi quarant’anni hanno rappresentato in maniera significativa la trasformazione delle aree di limite della città compatta, il fenomeno pe- riurbano presenta aspetti peculiari e diffusi sull’intero territorio metropolitano: le carenze della pianificazione legale e la diffusione della crescita spontanea hanno determinato nel tempo la necessità di affrontare – spesso a posteriori – le situazioni che si erano venute a determinare sotto il profilo del disagio urbano e sociale. Sulla base di quanto argomentato la ricerca presentata in questo contributo1 si pro-

pone di dimostrare l’utilità dell’applicazione di alcune misure:

1) la differenziazione dei tributi in funzione della densitàabitativa e delle attività localizzate; 2) la proporzionalità delle tariffe ai costi di erogazione dei servizi ed il riconoscimento di una percentuale in tariffa ai comuni;

3) l’introduzione di una “tassa di localizza- zione” intercomunale alla francese, ossia uno strumento di governo che accompagni l’Ur- banistica con la tassazione, prevedendo che laddove le densità sono minori si debbano corrispondere oneri maggiori e viceversa. Differenziare i tributi in funzione della densità abitativa e delle attività localizzate soddisfa il

richiamato “principio della causalità”, in base al quale chi causa maggiori costi di urbaniz- zazione e di erogazione dei servizi pubblici, a fronte di maggiori vantaggi individuali, deve corrispondere somme maggiori e viceversa. In particolare, si tratta di rendere i contributi agli oneri di urbanizzazione direttamente proporzionali al costo, applicando il principio di proporzionalità diretta degli oneri ai costi sostenuti per urbanizzare le aree del periurba- no, in modo tale che quanti causano maggiori costi e conseguono maggiori vantaggi indi- viduali abbiano l’obbligo di corrispondere contributi più elevati.

Si propone inoltre di rendere le imposte immo- biliari (per esempio lIMU sulle seconde case e sugli immobili di impresa) inversamente pro- porzionali alla densità abitativa e alle attività svolte, in modo da prefigurare nuovi e diversi criteri di ripartizione delle imposte stesse: ne consegue l’inversione dell’attuale assetto e la possibilità di ricavare un gettito maggiore dalle aree di minore densità, essendo il periurbano fonte di maggiori costi di urbanizzazione e di erogazione dei servizi pubblici.

Differenziare le tariffe in funzione della densità abitativa e delle attività svolte significa ren- derle proporzionali ai costi di erogazione dei servizi e riconoscere una percentuale in tariffa ai comuni significa reperire nuove entrate e non essere costretti a fare cassa con l’urbanisti- ca (si tratta di un problema di riorganizzazio- ne complessiva della finanza locale che non riguarda solo il periurbano). Occorre pertanto riconoscere ai comuni una percentuale di utile in tariffa sull’acqua e sull’energia, al di là dei risparmi che derivano dall’attribuire i costi di infrastrutturazione alla società erogatrice. L’introduzione di una “tassa di localizzazione” intercomunale alla francese, simile alla taxe

professionnelle unique (TPU), ora in fase di ridefinizione, deve accompagnare l’urbanistica con la tassazione, prevedendo che laddove le densità sono minori si debbano corrispondere oneri maggiori e viceversa. L’introduzione della TPU in Francia ha determinato la cancellazione delle ineguaglianze di pressione fiscale tra i comuni all’interno del perimetro dei comuni “raggruppati”, l’unificazione della tassazione locale delle imprese e la riduzione della con- correnza fiscale tra i comuni.

Tale metodologia impositiva contribuisce alla diminuzione delle ineguaglianze di pressione fiscale tra i comuni della città metropolitana e alla riduzione della potenziale concorrenza fiscale tra loro, qualora si vengano a determi- nare disomogeneità nel grado di attrattività tra territori contermini.

Si rileva inoltre come una nuova strumentazio- ne di natura economico-fiscale, per risultare efficace, dovrà essere integrata nella esistente pianificazione urbanistica ed energetica delle città: si tratta di ribaltare la situazione attua- le, nella quale la strumentazione urbanistica funziona scarsamente rispetto all’obiettivo di governo proposto, perché le convenienze in gioco (soprattutto individuali, ambientali, sociali ed economico-finanziarie), numerose e in capo ad una moltitudine di soggetti diversi, restano a quest’ultimi, mentre i maggiori costi sono ripartiti su tutta la collettività.

Altre proposte di governo dal dibattito in corso Emerge la necessità di tener conto di alcuni suggerimenti originati dal dibattito in corso e dalle esperienze svolte in alcuni paesi europei, tra cui l’interessante esperimento effettuato in Lombardia ed in Veneto (con l’utilizzo dello strumento endogeno-esogeno e con il ricorso allo strumento SAU per l’occupazione delle aree agricole a fini edificatori) e quanto opera- to in Francia, dove i provvedimenti appaiono frutto di una più organica politica di governo del periurbano, inteso come una “normale” componente della crescita urbana.

Si propone di incentivare forme di “fiscalità ambientale”, attraverso l’orientamento di una parte del sistema di tassazione verso finalità ambientali per il mantenimento o l’acquisizione di aree verdi e la destinazione di parte dei contributi all’acquisizione di aree per riserve

fondiarie: la gestione d’uso dei terreni potreb- be essere affidata dal Comune alla proprietà collettiva dei residenti, per esempio per la rea- lizzazione di orti urbani o di verde attrezzato. Si ipotizza la rimodulazione dell’IMU in funzione di categorie ambientali che limitino l’occupazione del suolo: questa proposta ri- guarda l’adozione di agevolazioni fiscali per i cambi di destinazione d’uso degli edifici senza aumento del carico urbanistico, ovvero delle aree edificabili o già edificate e dismesse; un’altra proposta, sulla stessa linea, riguarda la riduzione delle aliquote IMU e l’applicazio- ne di esenzioni IMU per i terreni agricoli di alta qualità ambientale e paesaggistica;2 un

altro suggerimento prevede inoltre la riduzione delle aliquote IMU delle aree edificabili per chi si impegna a non edificare per più anni e sui terreni agricoli per chi ne mantiene la destina- zione ed adotta i disciplinari dell’agricoltura biologica e biodinamica; un’altra ipotesi anco- ra prevede la modulazione dell’IMU a seconda delle caratteristiche ambientali dell’immobile e l’applicazione di un’aliquota massima (o di aliquote anche superiori) alle nuove costruzioni che abbiano caratteristiche di maggiore impat- to ambientale.

Un altro ambito propositivo prevede di soste- nere l’agricoltura biologica con trasferimenti fi- nanziari specifici, attraverso lo stanziamento di risorse locali aggiuntive rispetto a quelle messe a disposizione dalla politica agricola comuni- taria e incentivando l’immissione sul mercato immobiliare del patrimonio abitativo rurale o ex rurale, favorendo il cambio di destinazione d’uso. A tale proposito si sottolinea quanto fatto dalle regioni con i cosidetti “piani-casa”, in ottemperanza a provvedimenti di carattere legislativo nazionale, nei quali con forme diver- se tra loro e con un diverso grado di libertà sono stati favoriti ampliamenti del patrimonio esistente, soprattutto per l’edilizia minore e cambi di destinazione d’uso anche dell’edi- lizia rurale non più attiva, sia pure con forti limitazioni. La grande novità è stata tuttavia rappresentata dalla possibilità di riconvertire ad edilizia sociale i complessi industriali ed ar- tigianali dismessi: nel caso del piano adottato ad agosto del 2011 dalla Regione Lazio3, tale

eventualità è stata prevista sino alla soglia di ben 15.000 mq di superficie coperta. La “leg- ge sulla rigenerazione urbana” della Regione

Lazio, che è stata approvata nel luglio del 2017 e che ha assorbito il citato Piano casa, è andata nella stessa direzione con la previsione di una premialità per il rinnovo del patrimonio edilizio esistente, per le opere pubbliche e per le cessioni di aree aggiuntive, che arriva fino al 35 per cento della superficie lorda esistente (fino al 40 per cento nel caso in cui la super- ficie esistente sia ridotta almeno del 10 per cento a favore della superficie permeabile), prevedendo inoltre che nei “programmi di rigenerazione urbana” andrà indicata anche la quota almeno del 20 per cento di alloggi di edilizia residenziale pubblica e sociale. L’esperienza francese

A titolo di comparazione si prende il caso della Francia che ha affrontato sin dal 1977, con il Rapporto Mayoux,4 il problema dell’ha-

bitat individuale periurbano in cui viene per la prima volta riconosciuto il fenomeno della periurbanizzazione quale elemento strutturante della crescita della città metropolitana, secon- do un approccio critico in cui vengono indivi- duati strumenti efficaci di governo del territorio metropolitano.

Dall’esperienza francese si ipotizza il raf- forzamento dell’intercomunalità, ossia di piani urbanistici di livello intercomunale, il più possibile condivisi e i cui orientamenti e principi possano tracciare direzioni precise per organizzare le eterogenee attività individuali di micro-trasformazione del territorio (questo perché i confini amministrativi non riescono a contenere e regolare la reale dimensione urbana del fenomeno che, ormai, è a scala territoriale: si parla infatti di “agglomerazione territoriale”), anche attraverso l’incentivazione di trasferimenti finanziari specifici: l’intercomu- nalità rappresenterebbe la terza via, tra le due ipotesi maggiormente sostenute nel dibattito in corso: la promozione del piano comunale o del piano di area vasta.

Occorre anche riflettere sul rapporto tra le nuo- ve forme di occupazione ed utilizzazione del suolo ed i nuovi stili di vita (individuali e collet- tivi) sottesi ai modelli di sviluppo emergenti. In particolare, due modelli insediativi sembrano rispondere con maggior efficacia all’equilibrio tra le esigenze di localizzazione dei servizi ed il rispetto dell’ambiente naturale: la “città par-

co” ed il “rurbano”. Il modello insediativo della “città parco” è un dispositivo coerente con la fornitura di servizi urbani completi, dotato di una adeguata rete di trasporti e di distribuzio- ne e di una pluralità di centri di attrazione: uno spazio abitato poco denso, un insieme organizzato di attività non inquinanti nel verde (si tratta di una ipotesi senz’altro ispirata alla tradizione internazionale della città giardino, specie nelle sue più recenti riproposizioni della città ecologica).

Il “rurbano” è uno spazio rurale che si adatta ad accogliere anche attività non rurali che non implicano servizi collettivi di tipo urbano. L’obiettivo di pervenire all’equilibrio tra espan- sione urbana e rispetto dell’ambiente (parte del più ampio e difficile rapporto tra crescita e sviluppo, dibattuto in molte ed autorevoli sedi a partire dalla fine degli anni Sessanta) va costruito con una forte azione di “protezione dei siti sensibili e degli equilibri essenziali” (connotando tutta la pianificazione in chiave ecologica e/o ambientale); con la costruzione di attrezzature ed infrastrutture limitata all’es- senziale, ponendo al centro delle strategie di intervento la questione ambientale e la qua- lità del paesaggio urbano; con la previsione di un’azione volta alla “rivitalizzazione dei borghi rurali” preesistenti, anche accogliendo la casa individuale con giardino negli spazi interstiziali della “città-centro” o nelle periferie più vicine e ricercando tipi edilizi intermedi tra quello individuale e quello collettivo; con la promozione della “qualità della forma dell’ur- banizzazione” a piccola e a grande scala che incentivi l’interesse di soggetti economici e sociali ad operare nello spazio periurbano. Conclusioni

Ci si augura, dalla lettura delle analisi svolte in questo contributo, che emergano motivi di riflessione sulla necessità di confrontarsi “laicamente” con le scelte operate nelle diverse realtà territoriali europee, non tanto ai fini di una ipotetica omologazione legislativa (che, nel caso dei processi di crescita urbana, risulta condizionata dalle peculiarità dei territori), quanto ai fini di una diversa e non ideologica considerazione del fenomeno periurbano, inte- so quale componente “di diritto” del più ampio processo di crescita della città, in equilibrio tra

espansione e rispetto dell’ambiente. Il periurba- no è divenuta una componente primaria nello sviluppo delle città e deve essere integrato nel tessuto urbano, costituito da tutte le componenti della crescita.

Occorre, pertanto, dotare il territorio di un adeguato sistema di infrastrutture, una rete costituita da elementi materiali e immateriali che interagiscono in un ambito unitario di relazioni. L’aumento dell’età media della popo- lazione, la più lunga permanenza nel mondo del lavoro e le diverse, innovative modalità del suo svolgimento, l’ampliamento della platea di utenti delle piattaforme web, suggerisce una rapida riconversione del metodo di gestione del lavoro e del tempo libero, con modalità tali da svincolare il più possibile i soggetti attivi di questo processo dalle vecchie logiche di trasfe- rimento fisico delle persone, delle informazioni e delle merci, potenziando la rete delle nuove tecnologie.

Note

1. Schirru 2012.

2. In Francia a partire dal 1993 le proprietà non costruite classi- ficate nelle categorie da 1 a 6 (terreni, frutteti, vigne, boschi e lande) 8 (laghi e stagni) e 9 (giardini) sono esonerati dalla tassa fondiaria sulle proprietà non costruite, mentre in Italia alcuni comuni disciplinano l’imposizione con particolari moda- lità. Ad esempio nel 1999 il Comune di San Pietro in Casale, ha deliberato un aliquota IMU del 4,5 per mille per i terreni agricoli sui quali viene realizzato un intervento di riequilibrio ecologico (agevolazione per 5 anni a decorrere dall’anno di realizzazione dell’intervento).

3. La L. R. 13 agosto 2011, n. 10 (c. d. “Piano Casa” della Re- gione Lazio), non più in vigore è stato sostituita dalla L. R. 18 luglio 2017, n. 7 “Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio”.

4. Mayoux 1980

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