• Non ci sono risultati.

Selena Candia | Francesca Pirlone

L’Economia circolare per il territorio metropolitano

La legge Delrio – n° 56/2014 – ha dato piena operatività alle Città Metropolitane italiane identificandone gli organi di governo e le principali funzioni: pianificazione territoriale, trasporti, mobilità, salvaguardia dell’ambiente, gestione dei rifiuti, sanità e istruzione. Le città metropolitane quali nuovi livello per l’ammini- strazione locale erano già state introdotte nel 1990 con la Legge 142, ma è solo a seguito della Legge Delrio che dal 1° gennaio 2015 subentrano alle omonime Province rilevando- ne le funzioni. I territori metropolitani sono caratterizzati da un centro dinamico occupato dalla città principale e da una serie di aggre- gati minori che in qualche modo gravitano e si relazionano con il centro. Se si considera que- sta nuova organizzazione territoriale le nuove periferie non sono più le aree ai margini del principale centro urbano, la “metropoli”, ma i centri delle aree interne. Queste zone, infatti, sono spesso più lontane dai servizi considerati essenziali a livello europeo per i cittadini ovve- ro il sistema sanitario, quello scolastico, la rete dei trasporti e l’accesso ad internet. Le periferie “tradizionali”, seppur continuando a presen- tare diverse problematiche dal punto di vista sociale, abitativo e di degrado risultano essere più integrate all’interno del sistema metropolita- no rispetto ai nuclei delle aree interne.

Per salvaguardare queste “nuove” periferie, le città metropolitane devono dotarsi di strumen- ti di governance per un’economia circolare del territorio, ridando un ruolo e reinserendo all’interno delle reti (economiche, infrastruttura- li, turistiche…) tutti quei centri minori altrimenti destinati a scomparire. Si tratta spesso di bor- ghi di grande interesse storico, architettonico

ed etnografico diventati “scarto” della società moderna. «L’economia circolare risponde al desiderio di crescita sostenibile, nel quadro della pressione crescente a cui produzione e consumi sottopongono le risorse mondiali e l’ambiente» (CE, 2015). In altri termini, attra- verso l’economia circolare è possibile superare l’attuale modello economico definito “lineare” che vede la creazione, l’utilizzo e infine lo scarto di prodotti e processi. Con l’economia circolare è possibile ovviare all’insostenibilità ecologia, economica e sociale di tale sistema instaurando un nuovo tipo di relazione tra produzione e consumo che invece di produrre rifiuti rimette in circolo le risorse.

Il presente paper propone di applicare i concetti base dell’economia circolare, sopra descritti, alle politiche e agli strumenti di go- vernance delle Città metropolitane. Attraverso l’economia circolare è infatti possibile reinte- grare l’ecosistema metropolitano e rivaloriz- zare economicamente i nuclei urbani esclusi dal processo produttivo e di sviluppo attuale, ad esempio piccoli centri che nell’economia lineare sarebbero destinati a diventare “rifiu- ti”. Questi nuclei, e in particolar modo i loro abitanti, conservano tradizioni e saperi ormai dimenticati e in alcuni risiedono minoranze linguistiche protette dalla costituzione. «La nuo- va struttura organizzativa della città dovrebbe essere caratterizzata da processi circolari, imitando in questo modo il sapiente metabo- lismo circolare della natura. Le caratteristiche dell’economia circolare (riassumibili nella sigla delle “6 R”: Risparmio, Riuso, Recupero, Rici- clo, Rigenerazione, Rinnovabili) sollecitano ed a loro volta sono il riflesso di scambi simbiotici: all’interno dell’apparato produttivo della città; quelli tra città con il suo sistema industriale e quelli della città con il suo territorio extraurba-

no, ogni simbiosi è fonte di risparmi di materie naturali ed energia e quindi di benefici econo- mici, oltre che di benefici ambientali» (Girard, 2016).

Analizzando i territori delle 15 Città metropo- litane, istituite con la legge Delrio, è possibile notare come la maggior parte della superficie metropolitana non sia ricoperta da una città di riferimento sia costituita ma da aree interne o di contorno. Il massimo valore in percentuale è tenuto da Roma, dove la Capitale occupa il 24% del territorio metropolitano, mentre Torino detiene il valore minimo del 2%. Le altre Città metropolitane italiane presentano valori più vicini al capoluogo piemontese: Firenze, Bari e Palermo sono al 3%, Bologna al 4%, Catania al 5% Reggio Calabria, Messina e Cagliari al 7%. Solo Venezia e Milano tendono ad avvicinarsi alla percentuale romana con rispet- tivamente il 17 e 13%. Molti dei territori non relativi dalla città principale sono comunque caratterizzati da nuclei altamente urbanizzati mediamente collegati e inseriti all’interno delle dinamiche economiche e ai processi di svilup- po di cui la città capoluogo è centro trainante. Questo vale per molti dei centri all’interno della Città Metropolitana di Milano, Venezia o Roma. Se invece si analizza il territorio di altre Città metropolitane italiane, sono presenti nu- merosissimi piccoli centri e borghi situati nelle aree metropolitane più periferiche e di confine che spesso non contano più di una trentina di abitanti. Vonzo è una frazione del comune di Chialamberto, nella città metropolitana di Torino che ha mantenuto l’aspetto originario di borgo alpino di case in pietra ma che rischia di perdere gli ultimi abitanti rimasti. Nella città metropolitana di Genova sono già diversi i borghi completamente abbandonati come Canate di Marsiglia, Costa di Soglio o Pian dei Curli ed esistono molte altre realtà che se non aiutate sono destinate a di diventare rifiu- to. La Città Metropolitane di Reggio Calabria comprende diversi nuclei abitativi di origine antichissima alle pendici dell’Aspromonte dove ancora oggi si parla il grecanico, un mix di greco antico e dialetto calabrese. Gioielli come Roghudi e Pentedattilo sono stati abbandonati, ma grazie ai fondi dell’Unione Europea è stato possibile ridare nuova vita al borgo di Bova, diventato dagli anni 2000 la capitale della cultura grecanica. Grazie al rilancio turistico

nel paese hanno riaperto bar, locali e ristoranti e il fenomeno dello spopolamento è stato inver- tito. Altre città metropolitane comprendono poi piccoli centri da tutelare all’interno di parchi di interesse nazionale o regionale come nel caso di Catania per il Parco dell’Etna o di Bari per il parco nazionale dell’alta Murgia. Nelle città metropolitane di Bologna e Firenze si trovano diversi borghi dispersi nell’appenino, come Pia- naccio, Monteacuto delle Alpi o Lutirano che difficilmente possono essere definiti come luoghi metropolitani se non analizzati secondo il concetto di rete.

Come nel caso dell’economia circolare ap- plicata ai generi di consumo, l’economia circolare metropolitana può definire una visione di sviluppo rispetto al tema del riuso/ riciclo del territorio e del paesaggio verso una strategia zero waste land and resources. I principali centri urbani devono catalizzare l’innovazione e coordinare lo sviluppo econo- mico e la qualità sociale dei centri minori con il rafforzamento di specializzazioni e comple- mentarietà. In quest’ottica l’economia circolare metropolitana va di pari passo con le politiche di coesione europee per la riduzione delle disparità all’interno delle regioni europee e per il rafforzamento dell’unione economica, sociale e territoriale definite nel trattato di Lisbona e riprese dalla Strategia Europa 2020. Le città metropolitane ricoprono un ruolo fondamen- tale nelle politiche di coesione in quanto enti incompatibili con le logiche centralistiche di unificazione amministrativa ma aperte al dialo- go con il territorio che entra direttamente a far parte dei suoi organi di governo: il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana. Perseguire la coesione non significa appiattire le identità locali rispetto a quella della città dominante, ma integrare le differenze. Rin- forzare il concetto di coesione con politiche per un’economia circolare significa ridurre al minimo gli sprechi e valorizzare al massi- mo le risorse. Ad esempio si può prevenire l’utilizzo di nuovo suolo per l’insediamento abitativo attraverso il recupero del patrimonio esistente, oppure salvaguardare e valorizzare le attività produttive legate all’agricoltura e all’artigianato locale riducendo l’acquisto di merci provenienti da zone extra metropolitane. Puntare sull’economia circolare significa infatti favorire un incremento nel ritorno alle risorse

del territorio offrendo vantaggi economici, ambientali e sociali a lungo termine e coinvol- gendo molteplici attori, in processi cooperativi. Ma mentre le principali risorse che riguardano il settore terziario e spesso anche quello secon- dario si trovano all’interno dei maggiori centri metropolitani, le aree periferiche hanno un ruolo centrale per il settore primario. L’Italia è conosciuta in tutto il mondo per la bontà e va- rietà dei suoi prodotti gastronomici, l’economia circolare metropolitana non solo può favorire il recupero dei borghi/nuclei periferici ma anche dei terreni agricoli e da pascolo favorendo le produzioni sostenibili e di qualità che caratte- rizzano il made in Italy. Come già accennato, l’attuale configurazione economica di molte cit- tà metropolitane italiane è eccessivamente rac- colta nelle città principali. Il primato del centro più che economico deve essere in innovazione culturale, sociale, ma soprattutto scientifica e tecnologica. Sono evidenti i grandi poli mentre spesso restano nascoste le piccole centralità. L’economia circolare metropolitana volta al recupero e all’integrazione del periferico non può che partire dalla riorganizzazione delle connessioni e dei trasporti. Parola d’ordine è accessibilità intesa come accesso alla mobilità, all’istruzione, al sistema sanitario e al digita- le. Solo attraverso l’accessibilità si possono attivare strategie per l’economia circolare. Per perseguire questo obiettivo le città metropolita- ne possono avvalersi di un ulteriore strumento la “Strategia nazionale per le aree interne del Paese”. Tale Strategia individua gli obiettivi, stabilisce le pre-condizioni necessarie per lo sviluppo territoriale e promuove la realizzazio- ne di progetti pilota attraverso fondi comunitari affidati alle regioni. «È evidente che esista nelle aree interne del Paese un forte potenziale di sviluppo che la costruzione di una strategia nazionale, robusta, partecipata e continuativa nel tempo può consentire di liberare» (Agenzia Nazionale per la Coesione Territoriale, 2013). Le Città metropolitane possono dunque avva- lersi della Strategia nazionale per potenziare i propri programmi di sviluppo locali. Anche migliorando l’accessibilità ai territori è però im- pensabile il raggiungimento di livelli di popola- zione atti a garantire la sopravvivenza di tutti i borghi in via di abbandono, ma è possibile invertire il trend demografico o almeno stabiliz- zarlo intorno ai numeri attuali.

È invece auspicabile un ridisegno delle reti e un potenziamento dei rapporti tra centri minori e maggiori e tra centri minori stessi. Una nuova vita agli scarti territoriali può poi arrivare attra- verso iniziative e strategie temporali atte alla chiusura del ciclo di vita.

L’urbanistica temporale per le città metropolitane

L’economia circolare può rappresentare una nuova metodologia volta ad un miglior gover- no del territorio metropolitano, costituito, come già detto, da centri urbani e centri minori, nelle aree interne. Tale approccio dovrebbe essere considerato in quelli che sono i Piani propri della nuova realtà amministrativa (Piano territo- riale metropolitano e Piano strategico metropo- litano), strumenti che attualmente sono ancora per molte città metropolitane italiane in fase di redazione vista la recente istituzione.

Come già accennato, l’economia circolare può rappresentare un’occasione per la messa in rete di realtà diverse (per dimensione, per popolazione, per vocazione,…) con potenzia- lità differenti.

In tale ottica, per rendere più efficiente l’eco- nomia circolare, una possibile soluzione da introdurre è quella legata al parametro del tem- po e più in generale al concetto di Urbanistica temporale. Le esperienze presenti nella lettera- tura scientifica tipiche dell’Urbanistica tem- porale, riportano che «le politiche temporali sono azioni di e per la qualità delle condizioni urbane del vivere dei suoi cittadini, agiscono sugli aspetti orari delle funzioni urbane e del loro coordinamento e anche sugli aspetti fisici dei luoghi» (Bonfiglioli, 1999). La regolazione dello spazio e del tempo che garantiscono l’incontro negli insediamenti urbani è di tipo spaziale e temporale. Della relazione fra le due forme di disciplina, l’una spaziale e l’altra temporale, si occupa oggi l’Urbanistica tempo- rale che rinnova l’urbanistica di tradizione spa- ziale (Piano Territoriale degli orari della città di Bergamo, 2006). Quest’ultima ha il compito di adeguare e migliorare il funzionamento di una realtà territoriale (nata originariamente per un ambito di tipo urbano) ma nello stesso tempo intende dare volto fisico alla cultura abitativa di un’epoca storica. Le aree metropolitane inse- diano funzioni e diverse attività (di tipo privato

o pubblico, collettive o individuali,…) e tali attività sono regolate da regimi di orari carat- teristici che governano le presenze nel luogo e le compresenze di persone che si ripartiscono negli spazi pubblici e privati. Partendo da una definizione di Bonfiglioli del 2006 inerente la città, si può affermare che la città metropo- litana è un arcipelago di cronotopi ossia un insieme di luoghi caratterizzati da molteplici disegni di temporalità, sia in termini di funzio- ni distribuite nel tempo, siano esse stagionali nell’arco dell’anno fino ad arrivare ad attività giornaliere, sia in termini di identità storica che ogni luogo incarna. Quest’ultimo aspetto è fondamentale se si pensa a realtà quali borghi, una volta contesti fiorenti e in oggi il più delle volte in via di abbandono o pericolanti ma che continuano a traspirare il passato.

Descrivere e mappare il territorio in un’ottica temporale è una sfida nuova e di grande interesse per la cultura dell’urbanistica (Cardia, 1997); invece di progettare solo lo spazio è dunque necessario che si progetti anche il tempo, e le attività, il funzionamento, cioè tutto ciò che si fa contemporaneamente nello spazio e nel tempo (Belgiojoso, 1997).

Gli aspetti sopra riportati possono contribui- re positivamente alla governance delle città metropolitane e rientrare a regime in quelli che sono i Piani metropolitani in via di elaborazio- ne/ultimazione.

Il territorio non è un organismo immobile-sta- tico ma al contrario è dinamico, e cambia a seconda delle ore, dei giorni, delle settimane e dei mesi. Questa nuova chiave di lettura può risultare molto utile se applicata al contesto metropolitano. Ci sono realtà attive tutte l’an- no, come i grandi centri, le città; altri contesti, tipo paesi nelle aree interne che rinascono in alcune stagioni, ad esempio con la riapertura delle seconde case,…Ci sono borghi inoltre che sono rinati grazie ad iniziative specifiche durante periodi dell’anno.

Tra quelli più noti all’interno della città metro- politane si ricordano quelli di Pentema (nella città metropolitana di Genova) e della già citata Pentedattilo (nella città metropolitana di Reggio Calabria) o altre esperienze, catalo- gabili come buone pratiche, come quelle di Realdo sempre in Liguria.

Pentema è noto a livello metropolitano grazie alla sua particolare attività che si concentra a

dicembre nel periodo natalizio. Ogni anno, da più di vent’anni, a partire dal 8 dicembre, viene organizzato uno degli appuntamenti più importanti in Liguria: il Presepe di Pentema. Molti sono i visitatori che raggiungono il borgo dove si assiste ad un presepe organizzato in vecchie case, sotto agli archi, nei risseau (tec- nica ligure di decorazione di pavimentazioni antiche per sagrati di chiese o piazzette) ri- creando un’atmosfera tipica di periodi passati che fanno rivivere ambienti e mestieri della vita contadina dell’inizio dello scorso secolo. Tale iniziativa è gestita da volontari e si mantiene economicamente grazie ad entrate derivanti dai piccoli negozi di artigianato, con offerte libere… Attraverso i commenti delle esperienze dei visitatori postate sul sito è possibile inoltre rivivere ricordi, suggestioni e coinvolgere ex novo nuovi turisti alla ricerca delle tradizioni di altri tempi.

Pentedattilo è un borgo abbandonato in Cala- bria senza abitanti ma nello stesso tempo ricco di vita. Abitato solo da un artista austriaco, il paese è rinato grazie ad associazioni giova- nili che hanno realizzato botteghe e punti di ristorazione e hanno promosso attività di tipo culturale. Una volta ristrutturata una scuola e realizzato un ostello della gioventù anche con risorse contenute, il borgo ha cambiato volto risultando una meta ospitale soprattutto per i giovani. In particolare sono stati organizzati di- versi campi scout, provenienti da tutta Europa, che hanno portato nel borgo vitalità e anche forza-lavoro volta al mantenimento fisico delle strutture del paese stesso.

Realdo, in Valle Argentina nell’imperiese, rinasce nel mese estivo di luglio quando dai 4 residenti il borgo si ripopola attraverso la riapertura delle seconde case. In particolare tale borgo diventa un ristorante diffuso dove 20 abitazioni sono aperte per accogliere ospiti offrendo loro portate tipiche nell’ambito dell’ iniziativa denominata “A casa di”.

Pensare ad un uso temporaneo del territorio (attraverso la metodologia propria dell’Urbani- stica temporale, sopra riportata), ad esempio per i borghi in via di abbandono, può essere un aspetto innovativo ed interessante da consi- derare all’interno delle politiche di governance a livello metropolitano. Tale approccio dovreb- be poi essere riportato negli strumenti metro- politani volti a mettere in rete le potenzialità

anche temporali delle diverse realtà territoriali (città, centri minori) presenti nella nuova peri- metrazione amministrativa.

La Città metropolitana di Genova e possibili soluzioni di sviluppo

La Città metropolitana di Genova ricopre un’area di circa 1840 Kmq costituita per il 69,5% da territori con caratteri montani. È un ente territoriale di area vasta con 862.175

abitanti complessivi (ISTAT, 2016) di cui il 69% risiedono entro i confini del Comune di Genova. Lungo la costa la densità abitativa raggiunge livelli elevati (con zone tra i 2000 e 30.000 ab/Kmq), nelle aree interne invece il 10% della popolazione totale metropolitana (circa 8600 abitanti) vive in modo disperso su 51 comuni che insieme ricoprono più del 70% del territorio totale metropolitano (1288 mq). Questo fa sì che in più della metà del territorio della città metropolitana la densità

Tab. 1 - Scheda predisposta per il borgo di Canate inserita nel Portale Fuori Genova della Città metropolitana di Genova

Borgo Canate

Comune Davagna

Indirizzo Fraz. Canate, Davagna

Proprietà privata

Descrizione

Borgo abbandonato ubicato a 595 m. s.l.m. nei pressi del confine nord ovest del Comune, accessibile dalla frazione di Marsiglia tramite un percorso pedonale di circa 2 ore. Si tratta di un borgo nato intorno al XII secolo... Le attività che rendevano fiorente la vita del borgo erano legate alla produzione agricola e pastorale connessa alla cura dei terreni circostanti: allevamenti, frutteti e campi coltivati; i prodotti principali del territorio di Davagna che venivano commercializzati con l’area urbana di Genova erano i pomo- dori, il vino e il latte (se ne producevano 10.000 ettolitri l’anno). Nel borgo di Canate gli arredi dimostrano la lavorazione degli stessi direttamente sul posto a testimoniare l’abilità manuale della lavorazione del legno, per la creazione di botti, contenitori per il trasporto del latte, scale e utensili da lavoro. L’insediamento ha subito uno spopolamento radicale a partire dagli anni 50 e 60 del XX secoli…. Oggi restano conservati parecchi edifici, compresi molti esemplari di arredi interni, come museo a cielo aperto a testimo- nianza della antica vita di comunità contadina e della tradizione artigiana che un tempo caratterizzava il borgo

Descrizione Tecnica

STATO DI CONSERVAZIONE: La maggior parte degli edifici presenta uno scarso/pessimo stato di conservazione (perdita del tetto e/o di parti intere di facciata, vegetazione in- festante, solai crollati …). Vi sono poi 4 edifici ancora utilizzati o parzialmente utilizzati che presentano invece condizioni di conservazione medio/scarse. Nel complesso il Bor- go conserva invece intatta la sua struttura originaria.

AGIBILITÀ: Tutti gli immobili sono inagibili in quanto non rispettano i parametri imposti dal Regolamento Edilizio.

SPAZI ESTERNI/PUBBLICI: Il paese è l’incrocio di due sentieri escursionistici che partano uno da Marsiglia e l’altro da San Martino di Struppa e proseguanoverso il colle Est del Monte Lago (847 m s.l.m.).

Superficie area Circa 17.000 mq

Possibilità di intervento

Le “funzioni di rinascita”, coerenti con la storia e le caratteristiche di Canate, potrebbero essere: il Museo a cielo aperto, il Laboratorio di antichi mestieri, per far rivivere antiche tradizioni sviluppando nuove filiere di prodotti incentivando la formazione di giovani imprese, o la Fattoria Sociale: “in quest’ultimo caso l’agricoltura sociale coinvolge nel

processo produttivo persone, per differenti motivi, a rischio di esclusione sociale”. Tali fun- zioni sono conformi alle attività previste dal PUC di Davagna per il recupero di Canate…

abitativa sia molto bassa, da 0 a 100 ab/ Kmq. L’ampiezza trasversale del sistema ap- penninico, che separa il littorale dalla pianura padana, è particolarmente elevata (con una distanza media intorno ai 50 Km) così come la pendenza dei versanti montani che delimi-