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Gabriella Pultrone

mento delle stesse, dei soggetti e dei livelli di

governance e ad una migliore comprensione

dei contesti di sviluppo urbano.

Il macro-obiettivo di stabilire un approccio inte- grato e coordinato più efficace alle politiche e alla legislazione EU con un impatto potenziale sulle aree urbane (contribuendo anche alla coesione territoriale attraverso la riduzione di divari e squilibri presenti sia all’interno delle stesse aree urbane che nelle diverse regioni) è fondato su tre pilastri che hanno un impatto trasversale sulle politiche comunitarie – cono- scenza, regolazione e finanziamenti – e non prevede la costituzione di nuove infrastrutture o capitoli di spesa. I dodici ambiti tematici ver- ticali al centro dell’Agenda sono chiaramente indicativi delle sfide che le città devono affron- tare in un contesto dinamico per il quale le pre- visioni diventano sempre più difficili: inclusione di migranti e rifugiati; qualità dell’aria; povertà urbana; politiche abitative; economia circola- re; lavoro e competenze per l’economia locale; adattamento climatico; transizione energetica; uso sostenibile del suolo; mobilità urbana; transizione digitale; acquisti pubblici innovativi e responsabili. E questo Patto è solo l’avvio di un percorso che prevede dodici partnerships trasversali, composte di un numero variabile tra dieci e venti membri su base volontaria, rappresentanti di Governi Nazionali, autorità locali, organizzazioni urbane (CEMR, Euroci- ties), programmi urbani europei (Urbact, UIA), stakeholders e ONG per redigere un Action

Plan per ciascuno dei suddetti assi, in un perio- do di attività di tre anni (Allulli, 2016). La costruzione dell’Agenda urbana, come rile- vato nel Secondo Rapporto sulle città. Le agen-

de urbane delle città italiane (Urban@it, 2017), dipende da fattori di diversa natura e non tutti dipendenti esclusivamente dall’azione pubbli- ca: il ciclo politico locale, nazionale e sopra- nazionale; le retoriche dominanti nel discorso politico e nell’opinione pubblica; l’interazione tra le scelte di policy e la costruzione dei problemi da parte dei media; la capacità degli interessi, economici e sociali, di influenzare la selezione delle priorità; l’immaginario che pre- domina nella società civile e tra i cittadini. Pur tuttavia, proprio l’azione pubblica può influen- zare l’agenda attraverso un processo selettivo strategico che dà la priorità ad alcuni problemi collettivi rispetto ad altri.

Alla luce di queste considerazioni, il suddetto Rapporto indica i requisiti che dovrebbe avere un’Agenda urbana nazionale, alla quale nel nostro Paese si sta lavorando, anche se non con la dovuta continuità, grazie al contributo di numerose competenze multidisciplinari: un primo requisito è la costruzione dal basso attraverso un dialogo costante e proficuo con tutti gli attori del governo locale, riconoscendo nella varietà delle situazioni urbane una risorsa da valorizzare; un secondo requisito è l’essere il quadro di riferimento di politiche ordinarie che finalmente superino la logica dell’eccezio- nalità e dell’emergenza affinché le città siano protagoniste di politiche, azioni, interventi, a condizione che sia garantito il terzo requisito, ovvero risorse certe; un quarto requisito è un adeguato apparato legislativo che costitui- sca un quadro di riferimento certo all’azione amministrativa; un quinto requisito è la presen- za di conoscenze esperte e competenze con funzione di alimentare il processo, partendo dal coordinamento e dalla messa a sistema del ricco patrimonio di conoscenze e studi prodotti sui diversi temi nel panorama tecnico-scientifico e culturale; un ultimo requisito è la capacità di dialogo che un’Agenda urbana dal basso deve avere a livello internazionale, affinché le città, in coordinamento unitario con il governo na- zionale, siano realmente protagoniste in grado di creare consenso sulle proprie proposte ed orientamenti.

Le possibili declinazioni dello sviluppo sosteni- bile, in chiave ambientale o di produzione, di innovazione sociale e/o tecnologica, richie- dono comunque la sperimentazione di forme di coordinamento tra attori che agiscono su livelli e scale diverse, l’integrazione funziona- le, la partecipazione e coinvolgimento della comunità locali per un ambiente più attrattivo e accogliente.

A riguardo si ritengono indispensabili i concetti chiave di cogenza, territorio e misurabilità: la

cogenza riguarda la capacità delle politiche di avviare pratiche in grado di generare nel tem- po sviluppo economico endogeno; il territorio è il contesto abilitante per eccellenza, l’ambito in cui le politiche, grazie a competenze esper- te, si traducono in azioni di valorizzazione e messa a sistema di risorse locali inespresse e le loro stesse competenze. Sono pertanto azioni territoriali sostenibili perché rispettose

dell’identità locale, richiedono un processo circolare di apprendimento continuo contro ogni forma di spontaneismo e improvvisazione che implica il monitoraggio e la misurazione (misurabilità) con indicatori chiari e compren- sibili utili per la valutazione delle politiche in un’ottica di miglioramento continuo, anche se la sfida maggiore è quindi quella di trovare un sistema per misurare le dimensioni qualitative, oltre a quelle quantitative, rispetto agli obiettivi stabiliti.

Reti e strumenti per nuove dinamiche metropolitane

Da quanto fin qui esposto, è evidente che le politiche di sviluppo sostenibile delineano uno scenario che vede da un lato le città protago- niste, nella delicata fase di traduzione delle agende in azioni concrete e misurabili, dall’al- tro la sempre maggiore diffusione e rilevanza delle reti di cooperazione, a livello transnazio- nale, nazionale e locale, che attingono dalle intelligenze e dalle risorse degli attori metropo- litani.

Per molti aspetti le relazioni fra le città metro- politane (ma per molti versi anche quelle di dimensione media e piccola) stanno diventan- do più importanti di quelle fra gli stati naziona- li, e numerose reti connettono le città fra loro, nei network city-to-city, nelle attività produttive e nell’economia della conoscenza (Roberts, 2016).

A livello UE è inoltre riconosciuta l’importanza della diversità urbana, della governance multi- livello, della partecipazione dei cittadini e dei partenariati pubblico-privato, degli aspetti so- cio-economici dello sviluppo urbano, di capita- lizzare le strutture e programmi esistenti (quali URBACT, INTERREG, UIA) che rispondono allo priorità strategiche delle città per lo sviluppo urbano e a tutte le altre reti networks, inizia- tive e piattaforme UE. Fra queste la METREX, mediante cui le regioni e le aree metropolitane europee collaborano, comunicano tra loro e con le istituzioni europee sulla programmazio- ne territoriale (METREX, 2014).

Il concetto di competizione urbana legato a quello di collaborazione fra città potrebbe suonare solo apparentemente come un ossimo- ro (si potrebbe usare il termine coopetizione), in realtà si tratta di un modello crescente in

un panorama globale in cui le città intendono rimanere competitive, crescere economicamen- te e migliorare gli standard di vivibilità dei cittadini. Considerato che per prosperare e diventare più sostenibili sono necessari nuovi modelli di sviluppo economico, i vantaggi della collaborazione hanno la prevalenza su quelli competitivi, basandosi su nuovi accordi di go- vernance, ad esempio relativi all’accesso alle risorse pubbliche, alle infrastrutture e ai servizi per ottimizzarne l’efficacia e ridurre i costi, o ancora lo sviluppo di accordi city-to-city per corridoi di sviluppo economico, in cui abbiano un ruolo anche le città minori ad essi connesse (Roberts, 2016).

Le città metropolitane sono in particolare nodi importanti del sistema del trasporti transna- zionale, nelle quali anche il trasporto urbano riveste un ruolo chiave per la competitività economica, la coesione sociale e la crescita sostenibile. Allo stesso tempo, molti sono gli effetti negativi derivanti dalle infrastrutture della mobilità, quali congestione, inquinamento e incidenti stradali, ai quali si aggiungono le infrastrutture obsolete e con sezioni inadeguate al traffico veicolare, specialmente nei centri storici, il cattivo funzionamento del trasporto pubblico e i problemi a scala ampia, quali il riscaldamento globale e la dipendenza dall’e- nergia con suoi costi crescenti. Soprattutto la congestione produce effetti negativi sulla salute delle persone, sull’uso dello spazio pubblico e sul PIL locale (Sustainable Urban Mobility

Plans-SUMPs). Per questo motivo, le infrastrut- ture (nelle sub-articolazione di: infrastrutture legate alla residenza, infrastrutture sociali, ICT e mobilità urbana) costituiscono uno degli indicatori per misurare la qualità della vita e la vivibilità, come si osserva nell’ambito dell’ini- ziativa City Prosperity Initiative for Metropoli-

tan Cities (CPI-MC), lanciata da UN-Habitat e International City Leaders (ICL), con l’obiettivo di promuovere approcci innovativi alla gover-

nance urbana e alla gestione per assistere i leader metropolitani a guidare le proprie città verso un futuro urbano più prospero.

Lo strumento di valutazione elaborato ad

hoc è il City Prosperity Index (CPI), un indice multidimensionale articolato in sottodimensioni definite da un gruppo di indicatori che vengo- no misurati per ciascuna delle città esaminate. In occasione della Conferenza Habitat III (Qui-

to, 2016) esso è stato proposto per monitorare il già citato Goal 11 (Make cities and human

settlements inclusive, safe, resilient and su- stainable) assieme agli altri obiettivi connessi alla dimensione urbana (UN-Habitat, 2015 e 2016). Il CPI è applicabile a differenti contesti, offre un quadro unitario ed olistico ed articola differenti dimensioni della crescita urbana in quanto: è una struttura flessibile di monitorag- gio; promuove l’integrazione; è uno strumento innovativo basato su analisi spaziali e strumen- to di decision-making multiscalare. Nel 2015

Global City Report vengono riportati i risultati dell’applicazione del metodo a livello mon- diale in più di sessanta città e, fra le ventuno città europee esaminate, Milano è l’unica città metropolitana italiana presente. Gli altri indi- catori, oltre alle infrastrutture, sono la produt- tività, la qualità della vita, equità e inclusione sociale, sostenibilità ambientale, governance e legislazione.

Conclusioni

Le città metropolitane possono giocare un ruolo fondamentale nell’UE all’interno di un modello di sviluppo territoriale policentrico equilibrato e rinnovato perché, motori dell’economia, luoghi di connettività, creatività e innovazione, e centri di servizi, sono determinanti nel supera- mento della crisi economica, della disgrega- zione sociale e nel percorso verso la sosteni- bilità (Cities of Tomorrow, 2011). Per questo motivo esse devono perseguire l’obiettivo della sostenibilità e divenire: luoghi di progresso sociale avanzato, piattaforme di democrazia, partecipazione e dialogo interculturale, luoghi di rigenerazione verde, ecologica e ambienta- le, di attrattività e motori di crescita economica e sviluppo, con ambiente costruito di elevata qualità e spazi pubblici che migliorano la qualità della vita.

Uno sviluppo urbano sostenibile deve inoltre riflettere uno sviluppo economico equilibrato, in una organizzazione territoriale costituita da una struttura urbana policentrica, che compren- da centri regionali che offrono buona accessi- bilità a servizi di interesse economico genera- le, avere una struttura ad insediamenti compatti con sprawl limitato, godere di un elevato livello di protezione e qualità ambientale. Per questo è altrettanto indispensabile la modernizzazione

delle reti infrastrutturali e sistemi di trasporto accessibili, sicuri e sostenibili.

Riconosciuta l’importanza del fare rete e dello scambio di esperienze e buone pratiche fra città, fra quelle previste dagli strumenti della programmazione europea, potrebbe essere utile estendere l’uso del CPI a tutte le città metropolitane, a livello sia transnazionale che nazionale, per monitorare e valutare gli effetti delle politiche e delle azioni dei governi locali, facendo presente, quando necessario, anche le responsabilità della politica nazionale, ancora carente (nonostante le iniziative in campo, tra le quali il Bando Periferie o il Pon Metro) dal punto di vista dell’integrazione di temi e settori in un quadro organico, che ponga al centro la questione del governo del territorio nella sua complessa multidimensionalità. Le difficoltà potrebbero infatti derivare dai processi di go- vernance multilivello: verso l’alto (governo e re- gioni); verso il basso (quartieri); verso i comuni contermini. Il percorso è lungo ma necessario per passare dall’agenda all’azione.

Riferimenti Bibliografici

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