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verdi” in spazi d’arte. I vuoti come luoghi di rinascita così come quella che solo la cultura rigenera, come l’idea della riqualificazione del quartiere della Riva Gauche di Parigi, all’inter- no del quale il ruolo della Biblioteca è determi- nante come attrattore di uno spazio di riquali- ficazione denotato dal aver posto accanto agli alloggi dei servizi. Per cui lo spostamento di approccio alla città da parte del Governo con l’attuazione del Piano Italia 4.0 pone obiettivi ambiziosi, soprattutto in quelle città metropoli- tane italiane che da Nord a Sud determinano la nuova geografia di un Paese, che alterna luoghi densamente abitati ad altri vuoti deter- minati dalla logica dello sprawl, fenomeno che si manifesta nelle zone periferiche, dove la loro rigenerazione se attuata potrà fare sorgere nuove coscienze ed attrattori di investimenti non solo pubblici, ma privati di e per la cultura rigenerata nella nuova concezione di pensare la periferia quartiere vivo, non più dormitorio. Della rigenerazione delle periferie come occasione per scelte strategiche per le città del futuro si è occupato anche il recenteconvegno a Modena con la presentazione e discussione del programma per “la riqualificazione urbana e la sicurezza della periferia nord della città: fascia ferroviaria”, mentre la Scuola di Go- verno del Territorio della Biblioteca/Archivio Emilio Sereni promuove un corso con il tema di “Qualificare le città. Rigenerare le periferie”

riportando l’attenzione sul tema della qualifica- zione urbana, letta attraverso il parametro del- la rigenerazione delle periferie urbane, poiché la Periferia oggi non è un luogo geografico, ma è una situazione urbana diffusa a macchia di leopardo, legata a condizioni di degrado fisico, di marginalità sociale, di carenza di accessi- bilità e di servizi. Occorre dunque affrontare questo tema in modo interdisciplinare e in uno stretto legame fra tecnica della pianificazione e sviluppo di efficaci politiche urbane.3La Scuola

intende come momento conclusivo quello di trovare il “modo di innovare la cassetta degli attrezzi”, come P.La Greca e M.Carta scrivono infatti: «Gli urbanisti, infatti, sono culturalmente attrezzati per agire secondo una logica evoluti- va che sfida eticamente a declinare in maniera proattiva gli scenari futuri e a guardare in ma- niera ottimistica le trasformazioni profonde che interessano l’economia e la società in tempo di crisi: Non è cieca fiducia nell’evoluzione, ma

consapevolezza di un’azione riformatrice che sappia essere anche rifondatrice.

È possibile immaginare un modo diverso di pianificare le città e i territori? Quali strumenti della cassetta degli attrezzi degli urbanisti sono ancora validi e quali vanno invece aggiornati o abbandonati per renderli effi- caci?» Con il Decreto del Pres. Cons. Min. 6/12/2016 è stata approvata la graduatoria del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle Periferie, di cui al decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 25 maggio 2016. Si tratta dei progetti di 24 enti locali che benefi- ceranno per primi degli stanziamenti per rea- lizzare i progetti presentati per la riqualifica- zione delle Città metropolitane di Bari, Firenze, Milano, Bologna e dei Comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana di Avellino, Lecce, Vicenza, Bergamo, Modena, Torino, Grosseto, Mantova, Brescia, Andria, Latina, Genova, Oristano, Napoli, Ascoli Piceno, Sa- lerno, Messina, Prato, Roma, Cagliari. Svolta epocale ha costituito prima ancora dell’idea- zione della progettazione l’attenzione da parte della Governance sul tema della riqualifica- zione dei quartieri periferici come importante volano delle città metropolitane.

Per molto tempo l’Istituto Case Popolari ha svolto il compito tramite i suoi diversi IACP nelle svariate realtà regionali italiane occupan- dosi della realizzazione e gestione dell’edilizia pubblica residenziale. La sua opera nelle mol- teplici forme di attuazioni in Italia ha segnato più di un secolo di svariate forme di quartieri residenziali. L’est ex sovietico è caratterizzato da forme molteplici di progettazione di “quar- tieri di massa” detti appunto “massiv” in cui si attuava la logica della pianificazione zonale su grande scala legata al capacità di offrire lavoro in quell’area, si configurava così la «città laboratorio basata sul rapporto ottimale tra addetti all’industria ed esigenze del loro apparato produttivo. Funzione e forma della città in tal senso si integrano compiutamente ed il sistema è integralmente programmato in tal senso.»

La pianificazione residenziale italiana è stata caratterizzata dalla discontinuità delle politi- che abitative. L’intervento in Italia nel settore abitativo organizzato su due “piani settennali” fu affidato all’INA- CASA con la creazione di

grandi quartieri residenziali. Negli anni ‘50 compaiono i primi P.R.G. nei comuni italiani, con la legge 167 del 1962 sorgono i primi Piani per l’edilizia economica e popolare ed i piani di zona attuativi degli stessi PEEP e PRG. Segue la “legge ponte” n.765/1967 e la legge 865/1977 di riforma per la casa (legge, istituzione degli Istituti Autonomi per le case popolari IACP), ma solo successivamen- te con l’istituzione delle Regioni, ciascuna di essa comincerà a dotarsi dei propri strumenti legislativi ed urbanistici.

Oggi il tema della gestione sociale si pone accanto alla progettazione di riqualificazione di queste grandi aree periferiche concepite in un passato ormai remoto, la questione abitati- va va ripensata infatti da modello economico a modello sociale di oggi. La trasformazione dell’idea stessa di casa per sopperire l’esi- genza abitativa va infatti ripensata in base ai nuovi nuclei familiari ripensando la Casa in termini di abitare e riguardante gran parte della popolazione che ruota intorno alle città metropolitane che offrono non solo lavoro, ma anche servizi a chi vi gravita intorno. Il ripensare la periferia pone accanto alla pianificazione lungimirante anche l’attenzione a riqualificare il preesistente e non continuare l’uso di nuovo suolo. Giuseppe Samonà scrive: «Nella crescita di ogni città, lungo il corso dei secoli c’è un senso vitale, che configura tutte le cose in essa esistenti, una coerenza che si riconosce nel costume come negli spazi e per cui ogni parte della città, o almeno ogni parte veramente essenziale, ha un significato in quanto appartiene alla continuità del modo di estendersi del tessuto urbano secondo caratte- ristiche inconfondibili4.» Nella pubblicazione

di Pasquale Mistretta e Chiara Garau dal titolo Città e Sfide Conflitti e Utopie Strategie

di impresa e Politiche del territorio Successi e criticità dei modelli di Governance edito nel 2013 si ha un interessante contributo di riflessione sul futuro lontano delle città analiz- zando il «XX secolo che nel periodo compreso tra l’Esposizione Colombiana di Chicago del 1893 e il modello della scuola di Los Angeles del 1980. Per questo tema sono state prese in considerazione alcune fasi caratterizzanti della storia urbana, mettendo a fuoco il rapporto tra le città e i sistemi di governance – democratici, oligarchici o assolutisti – per capire quale sia

stata la “produttività” concreta della governan- ce sullo sviluppo e sulla progettualità della città (…) Ogni data segna il tempo di straordinarie innovazioni non solo nella forma urbana, nel disegno, nelle dimensioni, nelle funzioni della città e nei rapporti con il territorio, ma anche perché attraverso questi modelli storici si pos- sono capire meglio le interdipendenze tra la governance politica e i fattori di crescita delle grandi città.» Renzo Piano in Periferie diario

del rammendo delle nostre città scrive che “La bellezza naturale del nostro Paese non è merito nostro. Ciò che può essere merito nostro è mi- gliorare le periferie, che sono la parte fragile della città e che possono diventare belle”, e lui non è nuovo all’idea di periferia, che aveva già anni addietro trattato a Berlino. Renzo Piano parla di periferie del mondo, di periferia universale contrapposta all’idea stessa di città ed alla domanda su cosa sia e dove si trovi la periferia risponde che: «essa è il luogo dove i valori della città muoiono, ma può esserci periferia anche nel cuore di una metropoli.» Nella sua esperienza di architetto racconta di come: «il plateau Beaubourg prima del centro Pompidou, oppure Postdamerplatz a Berlino o ancora la zona dell’Auditorium a Roma, pure non essendo ai margini, erano pezzi di peri- feria imprigionati nel tessuto urbano. Luoghi dove erano spariti i valori della città, l’incon- tro, il lavoro, lo scambio fisico.»

L’interrogativo posto a Piano costituisce dibat- tito attualmente in tutto il mondo e soprattutto in Europa, dove si confronta non solo con le preesistenze di un passato remoto a cui non appartiene come conformazione spaziale urbana, ma anche con la realtà obsoleta del suo tempo divenuto passato prossimo in cui era comparsa. Le periferie si trovano così a dover fronteggiare i cambiamenti sociali, urbani e politici che la coinvolgono da protagonista nella globale riorganizzazione fisico-spaziale degli insediamenti umani, che i mutati scenari politici e sociali hanno determinato e che la moderna tecnologia sta caratterizzando. Nel gruppo di lavoro di Piano per le periferie italiane sono importanti i richiami accanto alla progettazione alla necessità di bellezza e di una cultura rigenerante gli spazi periferici spes- so e per troppo tempo intensi come sinonimi di degrado, chiaramente riassunti nel film esem- plare La Haine del 1995 che in bianco e nero

mostra uno spaccato della banlieu parigina. Lo stesso Piano afferma che “spesso alla parola “periferia” si associa il termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo lasciare in eredità? Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città?» Dalla riqualificazione di queste aree emergerà la coscienza della tutela di parte del nostro patrimonio, il nuovo considerato alla stregua dell’antico, se acconto alla logica del recupero sociale si affiancherà quello del gran- de patrimonio edilizio delle aree periferiche delle città metropolitane si sarà accolta la sfida epocale che la cultura possa rigenerare anche quei luoghi «perché ricordatevi, è nelle perife- rie che “nascon fiori dove camminate”.»5

Note

1. Tema della Conferenza SIU tenutasi a Roma dal 12 al 14 Giugno 2017

2. Definizione di Tiziana Villani in «Demolizione-ricostruzione. Il cor- po-passione della periferia.», in Nigrelli, F.C. (a cura di), (2001) Metropoli immaginate, Manifestolibri, 2001, pag.89, Roma 3. Tema della Scuola di Governo del Territorio E. Sereni dal 8 al 22

Giugno 2017

4. Giuseppe Samonà, L’urbanistica e l’avvenire delle città,1967 5. Da Il Sole 24 del 26 gennaio 2014 su “Il rammendo delle pe-

riferie”

6. Carta, M., «Ripartire dalle periferie» in Gattopardo n. 16, (2017), (pag. 44)

Riferimenti Bibliografici

Carta, M., La Greca, P. (a cura di) (2017) Cambiamenti

dell’Urbanistica, responsabilità e strumenti al servizio del paese, Donzelli Editore, (pag. 26), Lavis (TN)

Nigrelli, F.C. (2001), “Vuoti da riempiere. Vuoti per costruire senso” in Nigrelli, F.C. (a cura di) Metropoli

Immaginate, Manifestolibri, (pag.8), Roma

La Greca, P., Martinico, F., Occhipinti, S. (2008), “Le periferie della conurbazione catanese” in Fregolent, L. (a cura di), Periferia e periferie, Aracne editrice (pag.147), Roma

Carta, M. (2017), “Ripartire dalle periferie” in Gattopardo n. 16 (pag. 43)

Mistretta, P., Garau, C. (2013), “Città e Sfide Conflitti e Utopie Strategie di impresa e Politiche del territorio Successi e criticità dei modelli di Governance”, CUEC Editrice, (pag. 10-11), Cagliari

Il governo del territorio e il confronto Italia- Francia

Il tema della partecipazione e il débat publi- que, il dilemma circa la scala adeguata per intercettare e sostenere al meglio le dinamiche sociali e le economie di accumulazione ecc. sono tutte riflessioni che hanno trovato terreno fertile in una contaminazione Italia-Francia, proprio per la possibilità di confrontare le due diverse esperienze.

Molta letteratura si occupa da tempo non solo del processo di rescaling in Italia e Francia, ma propone su di esse uno sguardo incrociato come modalità di indagine per interpretare al meglio i fenomeni sottesi. Una parallelismo dunque, portato avanti da studiosi, ma anche dai legislatori nazionali, che, perfino nelle relazioni ufficiali di accompagnamento alle novità legislative non mancano di sottolineare differenze/similarità/complementarietà fra i due Paesi (Relazione Legge Delrio, 2014). Le travagliate leggi sulla decentralizzazione e sul federalismo, e più in generale il cambia- mento del rapporto fra le istituzioni (compreso il recente fenomeno di metropolizzazione), sono tutti aspetti che hanno, da una parte, ori- gine comune nel processo di europeizzazione, dall’altro attengono anche a caratteri peculiari che legano il passato, ma anche il presente dei due stati: i tempi lunghi delle riforme, la lunga gestazione dell’istituzione regionale, il conse- guente attrito alla comparsa delle città metro- politane, la loro imposizione top-down. Tale simbiosi analitica ha infatti molteplici condivisibili motivazioni: molte sono infatti le vicende storiche che le hanno viste fianco a fianco nell’evoluzione istituzionale e legislativa, come caratterizzate da una medesima scansio- ne temporale.

Facciamo un passo indietro. Il “governo del ter- ritorio” costituisce un’espressione molto dibattu- ta e che dà spesso adito a differenti interpreta- zioni. Spesso, tale termine viene esplicitamente utilizzato in luogo di “urbanistica” e “pianifi- cazione territoriale” proprio a significare un insieme più omnicomprensivo di strumenti, procedure e azioni, non riconducibile alla sola attività di tipo spaziale. Del resto, l’evoluzione della mentalità urbanistica e i cambiamenti nell’ordinamento legislativo hanno introdotto nuovi lessici ad indicare nuove acquisizioni culturali e sociali ben note anche in altri campi: la concertazione, la decentralizzazione, il rapporto pubblico-privato, ecc.

Ad oggi, infatti, si può parlare opportunamen- te di “sistemi di governo del territorio” (basti pensare a quelli a civil law e a common law) come ad una espressione inequivocabilmente riconosciuta; tuttavia la definizione di “governo del territorio” non è altrettanto univoca e la sua dizione appare a volte addirittura anacronisti- ca, poiché essa si riferisce per lo più ad ambiti specifici nazionali. Ad oggi, essa potrebbe essere esemplificata mediante l’insieme delle azioni dei poteri pubblici agenti su un determi- nato territorio. Al fine di darne una traduzione valida e omnicomprensiva, ci si riferisce qui al governo del territorio come quel coacervo di azioni ed iniziative a vari livelli e gradi che trasformano lo spazio attraverso effetti posi- tivi sulla società in diversi ambiti di azione: l’organizzazione spaziale (tradizionalmente), lo sviluppo economico e delle infrastrutture, la salvaguardia dei territori naturali e del patri- monio culturale. Poiché la sfera del governo del territorio non è solamente tecnica (non si tratta infatti di una enunciazione matematica univocabilmente intesa), ma attiene (quasi) principalmente alle scienze sociali, è chiaro

INTERCOMUNALITà, METROPOLIzzAzIONE E