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Università del Salento

Senza ombra di dubbio, cogliere l’originalità educativa di un semplice mo- naco cistercense risulta un’impresa a dir poco difficile se prima non si è a conoscenza del contesto culturale locale all’interno del quale tale figura si trovò ad operare.

Celestino Cassoni, meglio noto come don Mauro (nome adottato nel 1892 dopo aver ricevuto l’Ordine sacerdotale), nacque nel 1877 a Norma, in provincia di Latina, da umilissima famiglia. Dopo aver conseguito il di- ploma di maturità classica, la sua passione per le discipline umanistiche lo indusse a laurearsi in Lettere presso l’Università di Roma e, ricevuto l’Or- dine sacro, divenne ben presto Priore e Rettore del seminario presso l’Ab- bazia cistercense di Casamari. Qui, Don Mauro, continuò a coltivare la sua passione erudita e letteraria scrivendo le sue prime opere e impegnandosi alla sistemazione dell’Archivio del Monastero di Santa Maria della Conso- lazione di Martano sin dal 1926 (anno di fondazione del Monastero) in collaborazione col Priore del tempo, Eugenio Fusciardi (P. Caputo, 1988, pp. 283-291).

Costruito con molte probabilità nel 1686, grazie all’ampliamento del già presente eremo “di contrada Liori”, e abitato dai padri Alcantarini pri- ma e dai frati Francescani poi, il Monastero di Santa Maria della Consola- zione, come si è accennato in precedenza, poté ospitare i Cistercensi, con grande entusiasmo popolare, solo a partire dal 1926 mentre solo due anni dopo (nel 1928) Don Mauro Cassoni, già priore dei Cistercensi di Casa- mari, vi fece il suo ingresso ufficiale (ivi, pp. 31-283). Cassoni dunque, sta- bilitosi definitivamente a Martano, si trovò da subito in contatto con una realtà rurale a dir poco peculiare rispetto al resto della situazione culturale italiana di quegli anni: la maggioranza della popolazione, infatti, non sol- tanto risultava analfabeta, ma si esprimeva abitualmente in un dialetto an- tico, di origine greco-bizantina, ossia il cosiddetto griko, che tuttavia affian- cava il dialetto locale, il “martanese”. La particolarità linguistica legata al-

l’utilizzo del griko nel paese di Martano – così come in tutti i restanti paesi della cosiddetta “Grecia Salentina” – rappresentava naturalmente solo un aspetto della cultura rurale dell’epoca, la quale, nonostante la successiva dominazione latina e la più recente ostilità del regime fascista nei confronti delle minoranze linguistiche, risultava altresì ancora fortemente connotata da usi e costumi di origine ellenica (ivi, p. 284). Da sottolineare, inoltre, che bisognerà aspettare l’approvazione della Legge 482 del 1999 per far sì che il griko e tutte le minoranze linguistiche presenti nel territorio italiano siano tutelate attraverso il loro inserimento nell’orario scolastico. E, con circa ottant’anni di anticipo rispetto a tale legge, fu proprio sul recupero della lingua grika e sulla valorizzazione della sua adozione all’interno del processo educativo che don Mauro Cassoni fondò il suo pensiero pedago- gico e la sua azione religiosa.

Giunto nel monastero di Martano, infatti, il Nostro, già amante della classicità e della lingua greca ,comprese sin da subito sia la particolarità lin- guistica e culturale di quella zona rurale presso cui avrebbe dovuto istruire e “formare gli spiriti”, sia la possibilità di estinzione della tradizione grika in un futuro non lontano, la quale lo affascinava e della quale riconosceva l’inestimabile valore patrimoniale– culturale.

È comprensibile, quindi, il suo primissimo impegno attivo tra i fedeli del posto, finalizzato ad ascoltare e a riscoprire la fonetica e la grammatica della loro lingua mediante la voce diretta, i lunghi dialoghi e i discorsi che intratteneva con loro: «Le vecchiette di Martano e di Castrignano ricorda- no ancora Papa Mauro quando, durante le sue passeggiate, era solito trat- tenersi con loro mentre, sedute, infilavano le foglie di tabacco. Ne appro- fittava per ascoltare le favole e le nenie funebri, sempre vigile per cogliere le inflessioni di voce e il costrutto sintattico del grico» scrive P. Caputo (1988, p. 288), il frate cistercense del monastero di Martano che, dopo la morte di don Mauro avvenuta nel 1951, integrò la prima parziale sistema- zione biografica e bibliografica già redatta da A. Lauri nel 1949, un frate del monastero di Casamari che aveva avuto modo di conoscere don Mauro quando questi era ancora priore in tale cenobio.

Inizialmente ignaro di tale dialetto, Papa Mauro – come era solito esser chiamato dalla sua gente – in poco tempo ne acquisì una dimestichezza tale da permettergli di parlare, predicare, confessare, svolgere l’intera attività li- turgica e, quindi, educare e istruire in griko, adoperando tale dialetto anche con i bambini, ai quali amava recitare canzoni e detti popolari (ibidem).

sentata dal Dizionario Greco-Otrantino, dallo stesso compilato nonché pubblicato nel 1937, affiancato da un manualetto di grammatica grika, la

Héllas Otrantina, reperibile nel Fondo Cassoni presso l’Archivio del Mona-

stero di Martano. Ed è proprio grazie al riordino delle opere presenti in tale cenobio, avviato dal già menzionato frate P. Caputo, che è stato possibile scoprire, e riscoprire, attraverso la consultazione delle altre opere (talora riedite di recente) e dei manoscritti e dattiloscritti di don Mauro Cassoni (in buona parte inediti) l’originalità pedagogica del frate, traducibile nel suo costante intento di coniugare fede e lingua, spirito e cultura, nel pro- cesso educativo complessivo: ciò che viene fuori da questo quadro, è una figura di uomo, oltre che di padre spirituale, eccezionalmente sensibile al “diverso”, rispettoso delle origini altrui e capace di amare incondizionata- mente ogni figlio di Dio all’interno di un contesto che si presentava oramai difficile e sempre più travagliato a causa soprattutto dell’allora imminente avvento del secondo conflitto mondiale.

Al di là del suo interesse prettamente linguistico, per il quale si rimanda alle riedizioni dei suoi scritti effettuati da studiosi contemporanei – tra cui si ricordi P. Parlangeli (1992) e A. Miccoli (1992) – Cassoni fu tuttavia in

primis un sacerdote e maestro la cui missione era ampiamente rivolta alla

formazione religiosa e culturale del prossimo.

La regola benedettina cui si rifaceva il suo ordine, del resto, consentiva di predicare anche fuori dal monastero e, in questo senso, la sua priorità è sempre stata quella di essere vicino ai fedeli, soprattutto ai più bisognosi, attraverso opere caritatevoli e azioni educative orientate ai valori cristiani, utilizzando, a tal fine, canti, filastrocche, poesie e preghiere. Il vero “lin- guaggio universale” per Papa Mauro, infatti, era quello religioso– cristiano, motivo, questo, per cui risulta costantemente presente in lui la forte volon- tà di avvicinare tutti alla fede attraverso letture, canti e preghiere, non sol- tanto in italiano o in latino, ma anche in griko.

Da un punto di vista pedagogico e religioso insieme, dunque, tra i ma- noscritti, editi dallo stesso Papa Mauro, e reperibili presso il già detto Fon- do Cassoni, si ricordino Procalìso min glossasu (Prega colla tua lingua), del 19351, ed E Aja Liturghìa (La Santa Messa), del 19362, attraverso i quali,

1 Archivio Monastero di Martano, Fondo Cassoni, Procalìso min glossa– su (Prega colla

tua lingua) – 1935, ms. I.18.

2 Ivi, I Aja Liturghìa – in greco salentino ad uso delle popolazioni del Salento – 1932, ms. I.16; M. Cassoni, I Aja Liturghìa (La Santa Messa), La Modernissima, Lecce 1936, ed. stampa n. 33860.

come si evince dalla traduzione, tentò di conciliare l’utilizzo della lingua

grika, anzicché del latino o dell’italiano, con l’insegnamento religioso.

Mentre il primo manoscritto, redatto esclusivamente in lingua grika, contiene una sorta di invito rivolto ai fedeli a pregare in tale “bella” lingua, il secondo, sempre in griko, oltre a scandire i momenti della messa, contie- ne una serie di preghiere, dal “Credo” al “Padre Nostro” – con rispettiva traduzione in italiano –, che i fedeli erano tenuti a recitare in tale dialetto durante l’omelia.

Si ricordi che la scelta del griko, del resto, non è finalizzata, negli intenti di Don Mauro, solo ed esclusivamente ad una comprensione diretta da parte dei fedeli martanesi, bensì rappresenta una scelta appositamente compiuta finalizzata anche alla salvaguardia di un dialetto che molto presto si sarebbe del tutto estinto.

Tale considerazione, tra l’altro, è confermata dal fatto che don Mauro non si astenne dal tradurre in tale dialetto anche le preghiere già conosciute in lingua italiana da quella gente, come attesta la traduzione, per esempio, del “Padre Nostro” che diviene Patrimo3.

Gli scritti di don Mauro, i quali presentano dunque una duplice finalità – educativa e di salvaguardia del griko – non si limitavano tuttavia ai soli contenuti religiosi, anzi, il fascino che egli nutriva verso le tradizioni popo- lari dei fedeli martanesi lo portò a raccogliere canti popolari, racconti, fila- strocche, nenie, indovinelli e ninne– nanne che le madri erano solite reci- tare ai propri bambini in lingua grika e in dialetto martanese. Conservati tutti presso l’Archivio del Monastero di Santa Maria della Consolazione di Martano, tali manoscritti e dattiloscritti, in parte autografi e in parte ri- scritti dopo la sua morte dai suoi frati, risultano per la maggior parte ine- diti, mentre alcuni di essi furono editi dallo stesso don Mauro sulle riviste «Rinascenza Salentina» e «L’Ordine», alle quali collaborò a partire dagli an- ni Trenta. Tra questi si ricordino: Leggende sacre (ms.I.14); U Cristù apù s’ar-

tari – il Cristo presso l’altare (I.89); Canzoni dialettali martanesi (Canzoniere martanese; ms. I.63); Castrignano dei Greci– Frammenti greci inediti (I.64); Frammenti di nenie martanesi (I.69).

Se, da un lato, U Cristù apù s’artari – il Cristo presso l’altare (I.89, scritto

3 Archivio Monastero di Martano, Fondo Cassoni, I Aja Liturghìa – in greco salentino

ad uso delle popolazioni del Salento - 1932, ms. I.16; M. CAassoni, I Aja Liturghìa (La Santa Messa), La Modernissima, Lecce 1936, pp. 30-31, ed. stampa n. 33860, pp. 30-

in griko e tradotto in italiano dallo stesso don Mauro, concilia chiaramente il principio della salvaguardia del dialetto ellenico e l’educazione religiosa, dall’altro, dall’opera Canzoni dialettali martanesi si evince chiaramente la volontà di don Mauro di salvaguardare non soltanto la lingua grika ma l’in- tera tradizione orale martanese, includendola nell’azione formativa: tale canzoniere, infatti, riporta per iscritto alcuni canti e storie appartenenti all’oralità martanese, espressi in dialetto locale e intrise di frasi in griko.

Si presenta, di seguito, la trascrizione di alcuni stornelli di tale mano- scritto, nonché il primo foglio:

Scire me ne volsi a nu Cunventu Pe confessare lu peccato mio. Aggiu amatu n’amante tanto tiempo E poi allu meiu stare me tradìo. La mia Mamma me disse: Amate certo, Quello nu cunto fatte ca morìo. E io le dissi, ca me dae tramonto, Cu me passà denante e disse: Addìo! Monaca la sbagliasti la carroza, Quista non è la via delu Cunventu; Ca quista è la via de lu formalìo Chi nasce na madonegia na Pumìa. Do giovanotti d’anno posto a gioco Stavane giocando la persona mia. Oh Dio ca l’incontrassi a questo loco, Vola soletta e senza compagnia! Nu bacio li daria cu scetta foco. Tenite quisto pe l’amore mia!

Don Mauro, tuttavia, non si limitò a riportare per iscritto i testi del- l’oralità grika. L’amore, spirituale e culturale, che egli provava per l’educa- zione dei più piccoli e dei giovani lo portò a comporre ex novo, sia in lingua italiana che in griko con traduzione in lingua, favole, indovinelli, ninne nanne e poesie che risultano ancora inedite.

Da questi, in particolare, si evince in maniera più immediata la peculia- re metodologia educativa di don Mauro Cassoni, tesa a conciliare tradizio- ne grika ed educazione.

Si propone di seguito l’analisi di alcuni inediti, manoscritti e dattilo- scritti, confluiti nel volume Poesie Varie rilegato successivamente dai mona- ci cistercensi di Martano: la favola manoscritta Il falso pavone (favoletta)4, e

quella dattiloscritta Il pesciolin e i pescatori all’amo5; la ninna– nanna ma-

noscritta Culla6 e, di particolare rilevanza per il presente contributo, Fac-

ciamo ninna– nanna al bambino7, un dattiloscritto in griko con traduzione

italiana, datata il giorno di Natale del 19328.

Le due favolette appena citate, scritte in lingua italiana nel rispetto del genere e i cui protagonisti sono degli animali, contengono un messaggio morale ben preciso (celebri, a tal riguardo, sono le favole di Esopo e Fedro): la prima9, manoscritta, è incentrata sulla delusione di un pavone dalle finte

4 Archivio Monastero di Martano, Fondo Cassoni, vol. Poesie Varie, Il falso pavone (fa-

voletta), ms. I.67, s.d.

5 Archivio Monastero di Martano, Fondo Cassoni, vol. Poesie Varie, Il pesciolin e i pesca-

tori all’amo, ds., s.d.

6 Archivio Monastero di Martano, Fondo Cassoni, vol. Poesie Varie, Culla, ms. I.10, 1926

7 Archivio Monastero di Martano, Fondo Cassoni, vol. Poesie Varie, Facciamo ninna–

nanna al bambino, ds., s.d. 1932.

8 Il fascicolo Poesie Varie, si ricordi, contiene, tra l’altro, un elenco di Poesie per bambine che, purtroppo, non sono pervenute, ed un manoscritto contenente una filastrocca in- teramente in griko, Sto Bambinài,, con probabile traduzione italiana a fronte che, tut- tavia, non risulta nel fascicoletto che l’avrebbe contenuta e caratterizzato dalla doppia intitolazione linguistica, ossia Ta Pedagogìa grìca Tu xomàta tu Salentù ambò Sto Bam-

binài; I Fanciulli greci di Terra d’Otranto davanti a Gesù Bambino – Martano– Natale – 1936 – XV.

Archivio Monastero di Martano, Fondo Cassoni, vol. Poesie Varie, ms. I.21 9 Trascrizione del manoscritto Il falso pavone (favoletta):

Spectatum admisi..risum teneatis, amici!

(Grazia Dio) Un pseudo Pavon con false piume avea di pavoncelli un gregge Un dì formato col favor d’un lume Che ad opre tristi incita e sorregge. Di tal fatta bellezza a tanto lume, l Pavon– Padre di gioir non regge; sol si rattrista nel suo giusto acume, che niun l’ammira e il suo valor non legge.

penne e dei suoi “pavoncelli”, la cui bellezza non venne apprezzata da nes- sun visitatore; la seconda, invece, dattiloscritta, racconta di un pesciolino talmente affamato che rischia di essere ingannato dall’amo dei pescatori.

La ninna nanna Culla10, manoscritto datato 1926, ruota dolcemente in-

torno al paragone tra l’avvento della Primavera e la nascita di un bambino, evento, questo, che riempie il cuore ai genitori, i quali non riescono a stac- care lo sguardo dalla culla del neonato.

Di singolare interesse, ai fini del nostro discorso sull’originalità educa- tiva di Don Mauro volta a coniugare educazione, religione e salvaguardia del griko, risulta la ninna nanna Facciamo ninna– nanna al bambino, un dattiloscritto dadato il giorno di Natale del 1932, sempre inedito, scritto in griko con traduzione italiana a fronte.

Si adopra, si dimena e questi e quelli a visitare mista la nidiata

dall’auree penne ed iridati anelli. L’opra veggendo alfin di mal prezzata, stanco il maggior pavone e i pavoncelli, vider la stolta impresa a mal dannata!

10 Trascrizione di Culla:

In mezzo a un ciel di rosa e di rubino Trà mille incanti de la primavera Portato in don d’un’aura leggiera, Tu vieni a noi, gentile bambino. Su la tua culla veggio un guardo chiaro Fin mirarti a l’albeggiare e a sera E gli occhi alzar ver la celeste Sfera Per mirar propizio il tuo destino.

Del Babbo è il guardo e de la Mammina buona Che d’amor pieno e d’elisir contento,

in te risalta e sol di te ragiona. Del verde maggio nel più bel momento Nascesti, o Bimbo, e i fior ti fer corona: il pianto al tuo cammin disperda il vento. Maggio 1926.

Nello specifico, è possibile osservare come questo componimento appa- ia frutto dello stretto contatto culturale e umano che il Nostro ebbe con i fedeli di Martano: tale ninna nanna, in altri termini, rappresenta una rie- laborazione delle varie ninne nanne che egli aveva avuto modo di ascoltare, e di raccoglierle per iscritto, tra la gente del posto, non solo a livello conte- nutistico ma anche per la fonetica, ovvero i suoni cantilenanti e l’inseri- mento di termini dialettali. Si riportano di seguito le prime due strofe in lingua grika con rispettiva traduzione in italiano:

NANNARIZZOME TO BOMBINAI Ninò, ninò, ninò!

Evò Pròi se xierò! Ngonatìsome eoimèsa T’ìse Rìa, t’ìse o Cristò. Mbì mbò, mbì mbò, mbì mbò ‘Addo pràma lèo ‘vò – S’agapò ma ti cardìa, Se filò, ma ti fodìa. [...]

FACCIAMO NINNA– NANNA AL BAMBINO I

Ninò, ninò, ninò! Ti saluto mio Cocò! Tutti a terra i nostri piè, che sei Cristo che sei Re!

II

Mbì mbò, mbì mbò, mbì mbò! Altra cosa dire io vò:

T’amo, t’amo, ma col cuore, E ti bacio con amore! [...]

Tali componimenti, testimonianza dell’amore di Papa Mauro per l’edu- cazione dei più piccoli, attestano, quindi, come la sua passione pedagogica si estendesse in più ambiti, fermo restando, tuttavia, i valori della fede cri- stiana.

di paese e un insegnante del Seminario attivo nel monastero, fu anche un maestro ed educatore all’interno dello stesso edificio, ossia istruiva bambini e ragazzi, ma anche adulti analfabeti, disinteressati alla professione sacerdo- tale, attraverso lezioni private non retribuite (P. Caputo, 1988, p. 200), o meglio, attraverso una sorta di “doposcuola”, come Padre Ilario, l’attuale Priore, ha tenuto a sottolineare in una recente intervista.

Ed ecco quindi che, anche in tale ambito, canti, filastrocche, favole, pre- ghiere e tante altre scritture, tradotte o trascritte in griko, o al massimo nel dialetto locale martanese, rappresentano, per il Nostro, gli strumenti di ec- cellenza non soltanto per istruire ma anche per “formare gli animi” degli alunni. Il tutto all’insegna dell’amore e della comprensione, come ci riferi- sce, prima di ogni altro, il già citato frate Lauri: per il Cassoni, “educare” significava partecipare alle esigenze dei fanciulli ed evitare di incutere loro il timore delle punizioni, calmando i loro animi e correggendo i loro difetti attraverso la bontà e l’amore (Gaetani, Lauri, 1949, p. 17).

Dopo aver trattato i manoscritti inediti, appare interessante dare uno sguardo almeno ad un articolo contenente un’analisi critica da parte dello stesso frate, un resoconto, si potrebbe dire, di quanto aveva raccolto per via orale e poi messo per iscritto, circa la costante presenza del tema della mor- te all’interno delle canzoni popolari e delle nenie e, perfino, nei racconti educativi per bambini, aspetto, questo, tipico della tradizione orale greco– otrantina. Tale articolo, dal titolo Caronte o Tanato nella letteratura greco–

otrantina, pubblicato in «Rinascenza Salentina», nel 1935, è conservato,

con il relativo manoscritto, nel Fondo Cassoni dell’Archivio suddetto11.

Morte e Caronte, argomenta don Mauro, sono due sinonimi nella cul- tura della Grecìa Salentina e sono carichi di connotazione sempre negativa risalente alla cultura dell’antica Grecia e dell’antica Roma, dal momento che Caronte rappresentava il traghettatore dell’aldilà, colui che con crudel- tà rapiva gli uomini per portarli nell’oltretomba. Don Mauro, quindi, rile- vava ancora la presenza di un legame con i miti antichi e con la superstizio- ne del Medioevo che tanti secoli di Cristianesimo non erano riusciti a sdo- ganare: «Come, dunque, non vi è stata discontinuità di lingua tra i nostri italo– greci e quelli della Madre Patria, così non vi è stata discontinuità spi-

11 Archivio Monastero di Martano, Fondo Cassoni, Caronte o Tanato nella letteratura gre-

co-otrantina – s.d., ms. n. I.20; Cassoni, Caronte o Tanato nella letteratura greco-otran- tina, in «Rinascenza Salentina», 1935, anno III, p. 28, ed. stampa n. 39864

rituale nel mondo dei miti antichi»12. Cassoni, tuttavia, nella sua pratica

educativa, non adoperava lo stesso metodo messo in atto dai genitori mar- tanesi, basato per l’appunto sui racconti contenenti l’idea della morte che “rapisce”, poiché questo aveva come effetto primario quello di spaventare, di incutere timore al piccolo, timore che lo avrebbe accompagnato per il re- sto della vita. Don Mauro, di fatto, preferiva un metodo educativo più “de- licato”, ossia quello che utilizzava la dolcezza delle ninne– nanne e delle fa- vole che la stessa tradizione greco– otrantina possedeva (Gaetani, Lauri, 1949, p. 19).

Dal quadro fin qui delineato, appare tuttavia paradossale il suo rapporto con il fascismo, con cui il Nostro si dovette confrontare dal primo momen- to in cui giunse a Martano: il menzionato frate P. Caputo (1988, p. 290), aveva messo già in evidenza tale rapporto, cercando di capire il motivo per cui un regime razzista e ostile verso qualsiasi forma di minoranza linguisti- ca e religiosa, non abbia ostacolato l’attività educativa di don Mauro nel tentativo di recuperare la lingua grika che, in ogni caso, rappresentava un