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Nuove sfide e nuove strategie

Claudio Crivellar

3. Nuove sfide e nuove strategie

Attualmente il contesto sociale è in continua trasformazione e il carattere dominante è la diversità, presente in ogni ambito, per cui il fine della scuo- la, oggi, deve essere quello di valorizzare le eccellenze in un quadro di equi- tà, come raccomandato dalle stesse strategie europee in tema di istruzione e formazione.

Partendo da tali presupposti, infatti, l’Unione Europea ha recentemente aggiornato gli indirizzi dell’istruzione. Il 22 maggio 2017, infatti, il Con- siglio ha varato la nuova Raccomandazione sul Quadro europeo delle quali-

fiche per l’apprendimento permanente e il 22 maggio 2018 due Raccoman-

dazioni relative alle Competenze chiave per l’apprendimento permanente, in entrambi i casi basandosi sulle rispettive proposte avanzate il 17 gennaio 2018 dalla Commissione europea, e facendo anche tesoro di quanto emer- so dal Primo summit europeo sull’educazione, finalizzato a Porre le basi del-

lo Spazio europeo dell’istruzione: per un’educazione innovativa, inclusiva e ba- sata sui valori, tenuto a Bruxelles il 25 gennaio 2018 (Marostica, 2018).

Diverse possono essere le strategie per conseguire gli obiettivi, a partire dal ripensamento del concetto stesso di obbligo scolastico, declinato in modo tale da assicurare il più ampio successo formativo attraverso la diffe- renziazione dell’offerta e attraverso l’esaltazione delle potenzialità di cia- scuno.

In sostanza, oggi non è più possibile affermare l’uguaglianza solo da un punto di vista formale, poiché ogni alunno ha diritto al successo formativo e pertanto il modello didattico deve essere orientato al principio della per- sonalizzazione educativa, al fine di rafforzare le competenze necessarie a un apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

L’analisi dei contesti sociali mostra in maniera evidente che la comples- sità pone i soggetti di fronte a una pluralità di stimoli educativi e formativi spesso in condizione di semplice coesistenza, talvolta di sovrapposizione e

di contraddittorietà, con risultati finali non sempre adeguati alle esigenze sociali. Se invece l’azione di tutte le agenzie presenti su un determinato ter- ritorio fosse integrata all’interno di un unico progetto formativo, globale e condiviso, si potrebbero conseguire risultati educativi sicuramente superio- ri a quelli risultanti dalla semplice somma dei singoli interventi. E anche se la scuola non può far fronte da sola a tutti i bisogni educativi, il suo ruolo all’interno di un sistema formativo resta centrale e determinante, soprat- tutto perché, a differenza delle altre agenzie, per la scuola la funzione edu- cativa è un obbligo prioritario e istituzionale.

Alla scuola dovrebbe quindi spettare il compito di costruire strategie e percorsi per favorire il raccordo e l’integrazione tra le diverse istituzioni, di- venendo strumento di mediazione tra i diversi protagonisti, attraverso il ri- corso alla pedagogia, alle scienze che alimentano l’azione educativa e a un approccio didattico transdisciplinare e moderno.

Per questo motivo la scuola deve anzitutto operare un’analisi critica dei fattori sociali che hanno determinato i cambiamenti, per poi farne una va- lutazione attenta, e infine utilizzare questi elementi per elaborare strategie e progetti educativi in grado di orientare il tutto secondo obiettivi forma- tivi ed educativi. Solo in questo modo la scuola può concretizzare azioni di mutamento e trascinamento sociale in senso positivo e costruttivo. Perciò, come la società agisce sulla scuola, così allo stesso modo la scuola deve po- ter agire sulla società, attraverso un chiaro rapporto d’interazione. Ed è cer- tamente in questa chiave che va inquadrato anche tutto il processo di au- tonomia scolastica, che dovrebbe consentire alle scuole di rispondere alle nuove esigenze culturali e formative che emergono dal contesto territoriale, dalle dinamiche sociali e dal vissuto dei giovani ai quali l’offerta formativa è destinata, sforzandosi di raggiungere il maggior numero di soggetti, at- traverso il contenimento e possibilmente il superamento del persistente fe- nomeno della dispersione, ancora troppo diffuso nelle società occidentali. Il fenomeno della dispersione scolastica, mutando nel tempo le proprie caratteristiche, rappresenta una sfida sempre nuova verso i diversi aspetti, come l’abbandono, le frequenze irregolari, le ripetenze, i ritardi e, più re- centemente, la qualità degli esiti formativi e il disagio scolastico4.

Negli approcci più recenti la dispersione viene indagata già all’interno del sistema scolastico, cercando di cogliere i motivi che determinano il

mancato raggiungimento dei risultati attesi, poiché, finalmente, l’insucces- so nell’apprendimento è anch’esso considerato una forma di dispersione.

Nell’ambito degli studi sulla dispersione, inoltre, negli ultimi anni si è sviluppato un ampio dibattito relativo al disagio scolastico, da cui scaturi- sce una varietà di comportamenti, talvolta anche devianti. Insuccessi, ripe- tenze, ritardi e abbandoni, infatti, sono spesso indici di un malessere più profondo, genericamente identificato come disagio scolastico5.

I problemi scolastici sono di tipo diverso e richiedono strategie mirate, poiché spesso non sono la conseguenza di una singola causa, ma sono do- vuti al concorso di molti fattori che riguardano sia lo studente, sia il con- testo in cui egli viene a trovarsi. Da una concezione di uomo come organi- smo biologico si è passati, infatti, a una concezione di essere umano come relazione, continuamente impegnato a riposizionarsi rispetto ad altri esseri umani e quindi ad attivare processi adattivi di integrazione delle dimensio- ni interpersonali.

Attraverso l’analisi della vasta letteratura esistente sul tema della disper- sione scolastica e delle numerose ricerche realizzate nel corso degli ultimi anni è stato possibile individuare una serie di fattori esterni e interni alla scuola che in misura più o meno rilevante possono contribuire a spiegare il fenomeno e, di conseguenza, a contrastarlo in maniera efficace.

Tra i fattori esterni, particolare importanza è data dal contesto socio– economico e da quello familiare. È stato ampiamente dimostrato, infatti, che fattori come il reddito disponibile medio pro– capite, il livello medio di istruzione, il tasso di disoccupazione, il livello di criminalità, la disponi- bilità di infrastrutture, la disponibilità di offerte formative, culturali e ri- creative offerte dal contesto istituzionale ed interistituzionale risultano de- terminati nel favorire o contenere la dispersione (Schizzerotto; Barone, 2006).

Altrettanto importanti appaiono le variabili esterne al sistema scolastico relative all’ambito della soggettività, come le competenze personali dello studente, la tendenza all’autoemarginazione e alla demotivazione, la de- vianza minorile, le perturbazioni del periodo adolescenziale.

Tra le variabili interne alla scuola che possono condizionare il fenome- no della dispersione scolastica, invece, sono da considerare le strutture, le possibili situazioni di sovraffollamento, la formazione e la stabilità del cor-

po docente, le attività di orientamento e l’organizzazione generale, nella consapevolezza che la rigidità dei percorsi didattici rispetto agli interessi e agli stimoli spontanei può rivelarsi un elemento determinante.

L’Unione Europa ha riservato ampio spazio anche al problema della di- spersione, ponendo con insistenza al centro delle politiche degli Stati membri il tema del successo formativo e della formazione come requisito fondamentale per uno sviluppo economico e democratico.

A integrazione degli obiettivi già definiti all’interno del processo di Li- sbona, nel giugno 2010 il Consiglio Europeo ha adottato la strategia Eu- ropa 2020, che si pone come obiettivo la riduzione, entro il 2020, del tasso di abbandono scolastico nell’UE a meno del 10% con una percentuale di laureati pari al 40% dei giovani.

A distanza di anni, le analisi comparative confermano che l’Italia conti- nua a registrare un divario rilevante rispetto agli altri Paesi europei, renden- do ormai inderogabile il ricorso ad azioni mirate a mantenere i giovani al- l’interno dei percorsi di studio e formazione e a ridurre in modo significa- tivo la percentuale di NEET, not (engaged) in education, employment or trai-

ning, che indica persone non impegnate nello studio, nel lavoro e nella for-

mazione6.

Determinante in questo senso può risultare la funzione orientativa della scuola, che consiste nell’educare gli studenti a fare scelte meditate e auto- nome attraverso la ricerca di strumenti e di modalità finalizzate a rendere i giovani autonomi, consapevoli, in grado di prendere le migliori decisioni sul proprio futuro scolastico e professionale.

Garantire il successo formativo ai singoli alunni significa esaltare le po- tenzialità formative di ciascuno, pertanto le finalità generali dell’orienta- mento nella scuola sono riconducibili in particolar modo alla maturazione dell’identità personale e sociale di tutti gli studenti e al conseguente svilup- po di una propria capacità decisionale. Orientare significa guidare l’alunno alla conoscenza di sé e all’elaborazione di un proprio progetto di vita: orientare significa educare e con tale consapevolezza, anche in tema di

6 Il tasso medio di dispersione scolastica nei Paesi membri è diminuito drasticamente negli ultimi anni, passando da una percentuale del 17% nel 2002 (17 giovani tra i 18 e i 24 anni su 100 hanno soltanto la licenza media) a una del 10,7% nel 2016. In Italia, il tasso di dispersione e ancora lontano dall’obiettivo del 10% da conseguire entro il 2020, attestandosi sul 13,8%, collocando il nostro Paese davanti solo a Malta, Spagna, Romania e Portogallo. (Fonte Eurostat).

orientamento l’Unione Europea ha promosso iniziative specifiche, consi- derando l’orientamento come una componente fondamentale di tutto il percorso formativo lungo l’intero arco della vita.

Gli interventi di orientamento costituiscono per i giovani un’opportu- nità per progettare il proprio futuro e per creare strategie per una preven- zione sia dell’abbandono scolastico che dei possibili problemi occupazio- nali, per ridurre il divario tra mondo della formazione e mercato del lavoro e favorire concretamente l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

Del resto, i cambiamenti del mercato del lavoro rendono necessario che la scuola ponga attenzione sin dall’inizio al sistema delle competenze da ac- quisire per adattarsi alle rapide e continue trasformazioni, così come richia- mato dall’Unione Europea che considera fondamentale per gli individui l’acquisizione delle Career Management Skills, ovvero le competenze di orientamento al lavoro attraverso modalità strutturate e finalizzate a racco- gliere, analizzare e organizzare autonomamente informazioni in materia di istruzione e lavoro.

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