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Dal diario professionale di un insegnante di matematica

Micaela Castiglion

3. Dal diario professionale di un insegnante di matematica

Rispetto alla questione della coesione sociale e della prevenzione del disagio giovanile – prima che esso si esprima nella modalità più estrema del bulli- smo – che si pone come un bisogno formativo dei docenti particolarmente diffuso, pensiamo a una proposta di formazione in servizio che potenzi al- cune competenze sia specifiche che trasversali nelle figure appena richiama- te.

Tra queste competenze riteniamo cruciale:

– lo sviluppo di una maggiore conoscenza da parte delle figure educative – nel nostro caso docenti – del proprio sé personale e professionale per poter accompagnare e sostenere gli studenti nella fascia adolescenziale in un altrettanto percorso di conoscenza “di sé” e “del sé”, da mettersi in relazione con una capacità di analisi riflessiva e critica del contesto at- traversato da rapidi e complessi cambiamenti;

– è infatti, dalla possibilità di una maggiore conoscenza di sé con l’altro, nel nostro caso l’adolescente, che si può fare l’ipotesi dello sviluppo di una relazione educativa e di apprendimento più capace di contenere, so- stenere e potenziare il percorso di crescita personale, culturale, cognitivo ed emotivo dello studente. È da questa premessa posturale e relazionale (ulteriore competenza al centro del progetto) che il mondo-adulto-inse-

gnante e il mondo-adolescenziale-studente possono risultare meno estra-

nei l’uno all’altro, individuando e negoziando punti di contatto e con- dividendo il confronto con il “limite del sapere attraverso il sapere” (Re- calcati, 2014, p.5);

– dal punto di vista della vicenda apprenditiva, collocarsi in una prospet- tiva autoriflessiva, a tratti autobiografica, può contribuire a una forma e a una modalità di maggiore “coesione-collaborazione” tra il docente- educatore e lo studente, rispetto alla comprensione più condivisa del

senso dell’apprendimento e della fatica che esso comporta, dentro una

scuola e una proposta educativa sempre più svuotate di senso. Vissuto sperimentato nella nostra contemporaneità da parte di più attori coin- volti, tra cui i ragazzi e, in alcuni casi, gli insegnanti stessi.

Essere un adulto e un adulto insegnante di riferimento che accompagni lo studente adolescente nel faticoso percorso di crescita che passa attraverso molti compiti evolutivi, richieste esterne e interne, tra cui, l’accettazione e il riconoscimento di sé per poter fare altrettanto con i coetanei; il confronto con le proprie emozioni per essere più capace di riconoscerle e tradurle in parole e non solo in gesti di assoggettamento/negazione dell’altro percepito o anche solo individuato come più debole; la consapevolezza dei propri li- miti e delle proprie capacità; l’accettazione dell’adulto-insegnante, che è anche, accettazione della regola, della responsabilità, ecc., siamo convinti che sia un’azione educativa molto impegnativa che può mettere a dura pro-

va il docente dentro uno scenario complessivo come quello odierno sicura- mente non facilitante come si è già accennato.

Tuttavia, l’operazione di ri-conquista dell’esemplarità adulta ( ...), almeno dentro la scuola, in grado di restituire valore e senso alla vicenda di apprendimento considerata come importante vicenda for- mativa per mezzo della quale capire e scegliere il proprio posto nel mondo, ci sembra irrinunciabile se orientati alla progettazione di una scuola e di una didattica per l’inclusione di tutti gli studenti.

L’assunzione di questa intenzionalità pedagogica ed educativa passa at- traverso il modo di fare di didattica.

Per questo ci sembra importante ripercorrere le riflessioni di un docen- te, tra l’altro, di matematica che ha frequentato il Modulo “Contesto e Co- municazione” all’interno del TFA (Tirocinio Formativo Attivo) per l’Esa- me di Abilitazione (Classe di concorso A049)5, e che si è avvicinato alla

pratica narrativo-autoriflessiva tramite l’utilizzo del diario professionale6:

“Precauzioni per l’insegnamento-apprendimento della matematica”:7

“Lungi dall’essere in grado di proporre panacee e soluzioni rivolu- zionarie, alcune esperienze maturate sul campo ma anche grazie al laboratorio autobiografico mi hanno mostrato utili strategie per ri- durre l’ansia nei ragazzi e migliorare quindi la loro qualità di appren- dimento che risente fortemente dei sentimenti negativi provati, del confronto con gli altri compagni ritenuti più o meno capaci con tut- to ciò che questo comporta anche sulle dinamiche tra di loro e con me.

È innanzitutto importante cercare di far cogliere ai ragazzi un senso per gli sforzi profusi. Pur sottolineando l’importanza del formalismo e dell’acquisizione delle formule (e richiedendo che gli studenti rag- giungano un buon grado di competenza in tali ambiti), è fonda- mentale trasmettere prioritariamente ciò che di più stimolante possa

5 Presso l’Università di Milano-Bicocca-Dipartimento di Scienze Umane per la Forma- zione “R. Massa” (anno accademico, 2012-2013).

6 Pratica e strumento di autoriflessione professionale di cui si è parlato nel modulo di formazione e che è stata utilizzata in classe, da alcuni corsisti, durante la formazione stessa secondo un approccio di ricerca-formazione che ha sotteso il laboratorio proget- tato da chi scrive.

offrire la Matematica (il gioco, il lasciarsi portare dal proprio pensie- ro, la scoperta di una domanda, l’esigenza e la ricerca di una risposta, gli aspetti piacevoli dell’esercizio del pensiero che stimola a curiosità e l’interesse) e la propria passione, che lascia un’impronta indelebile nella mente dell’allievo. Quando uno studente chiede sfinito ‘Ma questo a cosa ci serve?’, oltre a premettere e promettere che ‘questo specifico argomento ci servirà per poter risolvere nuovi problemi’, cerco di aggiungere sempre che ‘serve innanzitutto perché è bello co- noscere8, perché ti rende felice, ti fa stare bene. E poi la matematica non serve per queste formulacce, tra 10 giorni te le sarai già dimen- ticate. Ti serve per capire l’armonia dell’ordine e del mondo di cui tu, voi fate parte. Ti serve per capire che i problemi si affrontano con gli strumenti che abbiamo. Magari quel problema non l’hai mai in- contrato, ma facendo forza su ciò che sei e che sai, anche quel proble- ma può essere risolto. Ecco perché studi matematica: è una palestra di vita, una terapia psicologica.

Talvolta riesco anche a leggere nei suoi occhi la contentezza (mista a sollievo), quando rincuorato e più carico, vede che il problema che prima gli sembrava impossibile improvvisamente diventa facile, quasi banale, solamente grazie alla percezione di ciò che si sta facendo, parla anche a lui in quanto persona e non in quanto ‘vaso da riempi- re’.

Talvolta i ragazzi si vergognano per esempio di avere delle paure (per- ché le considerano segno di debolezza), e di qui si generano alcuni sfottò, le usano come scusa per il loro comportamento sopra le righe; ma quasi sempre pensano che quelle paure siano solo loro, siano in- sormontabili, specifiche, non abbiano mai colpito e probabilmente non colpiranno mai nessun altro nel medesimo modo. Dire esplici- tamente ai ragazzi anche durante la spiegazione che l’argomento che si sta trattando non è semplice e che si sentono spaesati è normale e non dipende da una loro presunta inferiorità, spesso mi ha aiutato nell’agganciare gli studenti e, conseguentemente, anche nell’ottenere da loro risultati migliori […]. Noi docenti, soprattutto di scuola su- periore, dobbiamo essere consapevoli del vissuto della classe, di come ereditiamo i ragazzi con la loro storia, li consegniamo alle tappe suc- cessive della loro carriera formativa e lavorativa […], il docente agi- sce un po’ come una sorta di direttore d’orchestra, non perdendo mai di vista l’unicità di ciascun studente […]”.

4. “Ciascuno cresce solo se sognato”

Vogliamo concludere questo contributo con i versi di una poesia di Danilo Dolci che ci rivolge un importante invito educativo orientato ad aprire i confini della nostra immaginazione:

C’è chi insegna guidando gli altri come cavalli

passo per passo:

forse c’è chi si sente soddisfatto così guidato. C’è chi insegna lodando

quanto trova di buono e divertendo: c’è pure chi si sente soddisfatto

essendo incoraggiato.

C’è pure chi educa, senza nascondere l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni

sviluppo ma cercando d’esser franco all’altro come a sé, sognando gli altri come ora sono: Ciascuno cresce solo se sognato

(D. Dolci, 1974).

Riferimenti bibliografici

Castiglioni M. (2011). La narrazione nella relazione educativa: un percorso di senso e di metodo. In C. Bargellini, S. Cantù (eds.), Viaggi nelle Storie. Fram- menti di cinema per l’educazione interculturale e l’insegnamento dell’italiano a stranieri. Milano: Quaderni Ismu 1/2011.

Castiglioni M. (2013). La narrazione e la costruzione del sé. In M. De Rossi, C. Petrucco (Eds), Le narrazioni digitali per l’educazione e la formazione. Roma: Carocci.

Cavana, L., ...

Cederna G. (Ed.) (2016). Atlante dell’infanzia a rischio 2016. Bambini e Superoi, Save the Children in collaborazione con TRECCANI. La cultura Italiana. Dolci D.,

Jedwloski P. (2000). Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana. Milano: Bruno Mondadori.