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Testualità e “letterarietà” dell’etnografia

Anselmo R Paolone

4. Testualità e “letterarietà” dell’etnografia

In tal senso, la sfida posta da un uso innovativo dell’etnogafia nella ricerca comparativa in educazione, più che comportare la necessità di grandi sin- tesi teoriche, pone problemi di rappresentazione testuale (Paolone, 2010). In particolare, K. Knorr-Cetina (1981) sostiene che i progressi ottenuti re- centemente nello studio dei microprocessi sono più ampi di quelli ottenuti nello studio dei macrosistemi. Dunque il problema non sarebbe tanto quel- lo di come integrare i due approcci, bensì di come le prospettive macro pos- sano essere reintrodotte nei resoconti di studi micro. Knorr-Cetina elenca tre modalità di ricomposizione, a livello testuale, delle prospettive micro e

macro: a) si rappresentano i macrosistemi come semplice somma di microsi- tuazioni; b) il macro viene rappresentato come esito della totalità delle con-

seguenze non intenzionali derivate dal complesso delle microsituazioni o

microprocessi; c) i macrosistemi sono rappresentati per come vengono imma-

ginati o registrati entro i processi vitali di una micro situazione studiata e interpretata in dettaglio. Questa, tra l’altro, è stata a mio avviso una delle più stimolanti tematiche affrontate dai cultural studies. In tal senso, nell’ot- tica di quella “continuità” tra letteratura e scienze umane, cara agli studiosi

di certa estrazione postmodernista, cito qui a titolo di esempio emblema- tico le riflessioni di R. Williams sull’argomento della connessione tra il sa- pere della nostra società e la sua rappresentazione entro i generi letterari di scrittura realistica. Williams afferma che nelle scienze sociali, tecniche po- sitivistiche quali quelle statistiche sono state messe a punto per compensare la difficoltà di comprendere la troppo vasta società contemporanea a parti- re dall’esperienza diretta. Senza l’unione di teoria statistica e criteri per il ri- levamento di dati statistici, la società emersa dalla rivoluzione industriale (data la sua inedita vastità e complessità) sarebbe stata inconoscibile. In The

Country and the City, Williams (1973) ha sviluppato il contrasto tra la tra-

dizionale comunità conoscibile “a colpo d’occhio”, e la nuova sensazione di inconoscibilità legata alla modernizzazione e complessificazione della so- cietà. Secondo Williams, a partire dalla rivoluzione industriale, (che in tal senso riproponeva in termini in parte nuovi un problema preesistente) si è sviluppato un tipo di società interpretabile in misura minore a partire dal- l’esperienza, intesa come contatto diretto con le articolazioni disponibili, inclusa la loro comparazione. La conseguenza è che siamo diventati sempre più consapevoli: A) del valore positivo delle tecniche di analisi che sono in grado, al meglio delle loro potenzialità, di interpretare per esempio i movi- menti di un’economia mondiale integrata; e: B) per converso, dei limiti di un’osservazione ingenua che non può mai acquisire conoscenza su realtà di questo tipo. Williams sostiene che allora nelle scienze sociali esperienza di- venne una parola desueta, mentre sarebbe stato necessario considerarla una parola ancora utile (sia pure a condizione di un “rinnovamento” della stes- sa, perché esistono molti tipi di sapere che nessuna forma di esperienza, in- tesa nei suoi significati comuni, potrà mai darci).

In questo senso, prendendo spunto dalle difficoltà incontrate in ambito letterario (che a suo dire sono indicative anche per altre forme di espressio- ne e rappresentazione, incluse le scienze sociali) Williams afferma che la questione generale che ha messo alla prova molti autori della letteratura più recente è stata se rompere definitivamente con la tradizione realista o pro- vare a espanderla. Egli ritiene che ci sia spazio per verificare fino a che pun- to alcuni ambiti che la letteratura di ispirazione borghese tendeva ad esclu- dere, possano oggi essere integrati nel romanzo. Ciò ha creato enormi dif- ficoltà alla forma tradizionale, perché questa si basava sull’idea di una co- munità conoscibile, mentre oggi siamo di fronte al fatto che la società che cerchiamo di descrivere non è più una comunità e non è conoscibile secon-

do i criteri del passato. Il risultato è una crisi estrema della forma. Williams sostiene la necessità di una discussione teorica più approfondita delle po- tenzialità presenti in tutte le forme disponibili. Assieme a questo dibattito teorico abbiamo bisogno di molti esempi di pratica, in modo che si possa verificare fino a che punto è possibile espandere una data forma di rappre- sentazione testuale (Williams, 1981, pp. 164-165).

Prendendo spunto da quanto è avvenuto nell’ambito del romanzo, allo- ra con riferimento a questa fase sperimentale e etnografica della storia della teoria sociale occidentale, Williams ha definito la “costruzione del testo” co-

me l’elemento determinante per integrare il livello macro nel micro, combi-

nando i resoconti dei sistemi impersonali entro le rappresentazioni della vi- ta in quanto forme culturali allo stesso tempo autonome e costituite dai contesti di ordine superiore. Ma queste sue intuizioni possono forse essere in parte applicate ai resoconti scritti delle ricerche etnografiche, e alla con- nessa analisi interpretativa, visto che con il rilancio di queste ultime, i pro- blemi pratici di descrizione e esposizione sarebbero diventati simili ai pro- blemi che il romanzo realista di orientamento socialista, di cui parla Wil- liams, ha dovuto affrontare nel ventesimo secolo.

Di fatto Williams condivide aspetti di questa sua impostazione, con raf- finati adepti dell’etnografia dell’educazione come P. Willis.

Nella sua etnografia, Willis (1981) è attento alla questione dell’interpre- tazione della cultura, ma si cura anche di inserire tale analisi di dati raccolti etnograficamente, in un quadro più generale del sistema mondiale dell’eco- nomia capitalista. Willis, tra l’altro, considera l’etnografia a partire dalle proprie precedenti esperienze di critico letterario, e quindi anche come for- ma testuale, partecipe della “letterarietà” e dei meccanismi evidenziati da Williams.

In questo senso, dunque, a detta di G. E. Marcus (1997, p. 235) R. Wil- liams chiarirebbe gli estremi della questione per quegli etnografi che, come P. Willis, nella loro scrittura sono interessati sia al modo di vita specifico e

micro, sia ai sistemi mondiali, contribuendo così a delineare lo strumento di

un’etnografia capace di aiutare la ricerca comparativa in educazione a met- tere insieme queste due dimensioni (sinergia essenziale per comprendere la complessa società contemporanea) e ad affrontare così alcune delle più complesse sfide che l’attendono nel mondo attuale.

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La scuola di Jddu Krishnamurti e la pedagogia italiana