Claudio Crivellar
2. La crisi della scuola
Le scienze umane, come è noto, si sono interessate nel corso del tempo alla relazione tra scuola e società, elaborando una vasta letteratura, individuan- do prospettive e direzioni di senso e interrogandosi sul rapporto di interdi- pendenza.
La scuola tradizionale, almeno fino agli anni Sessanta del secolo scorso, aveva lo scopo di trasmettere cultura, muovendosi in un contesto selettivo ed elitario ancora fortemente condizionato da una matrice neoidealistica. Tale funzione entrò in crisi con l’avvento della scolarizzazione di massa, in seguito al processo di industrializzazione, alla contestazione giovanile e
all’affermarsi di correnti filosofico-educative che alimentarono un nuovo e articolato contesto culturale e la scuola, di conseguenza, venne ad assumere una funzione sempre più egalitaria, tesa ad assicurare a tutti l’uguaglianza delle opportunità educative.
La funzione egalitaria della scuola si basava sostanzialmente su teorie formative, sociali ed economiche, in base alle quali un’istruzione più diffu- sa e più equa sarebbe stata in grado di generare una maggiore giustizia so- ciale e un più diffuso benessere socio-economico (Petracca, 2013).
Negli ultimi decenni del secolo scorso, in seguito agli incerti successi formativi e alla difficile integrazione tra sistema scolastico e tessuto sociale, soprattutto nell’ambito della sociologia vennero mosse diverse critiche alla funzione della scuola e posti dubbi e interrogativi sulla reale qualità della formazione scolastica, fino a ipotizzare una società descolarizzata.
Nella ricostruzione di G. Chiosso (1997, p. 313), uno dei maggior esponenti della descolarizzazione della società è stato Ivan Illich, secondo il quale il sistema scolastico finisce con l’imporre un modello di apprendi- mento standardizzato, il cui programma non è che la riproduzione dei va- lori dell’elite dominante. Secondo Illich, la scuola estrania i poveri dalla lo- ro cultura, diffondendo i modelli di vita della classe media, inducendo falsi bisogni e conseguenti frustrazioni. Illich propone una descolarizzazione per sottrarre l’educazione a un canale troppo manipolabile e restituirla a un approccio meno impersonale2.
Nel contesto italiano la teoria dei descolarizzatori venne associata negli anni Settanta ai movimenti anarchici e in generale venne disprezzata per la sua visione educativa che rivendicava la non obbligatorietà dell’educazione e denunciava il potere esercitato dagli stati respetto ai cittadini attraverso la scuola.
Secondo i descolarizzatori le premesse di una reale alternativa a una so- cietà organizzata per la scuola sono: nessuna certificazione e nessun ricono- scimento di ruoli fissi, né diritti preferenziali legati all’assunzione di un ruolo. Rendendo i ricorsi didattici reperibili in qualsiasi momento e facili- tando tutti gli incontri tra interessati a insegnare e ad apprendere delle abi-
2 La descolarizzazione è una teoria educativa nata negli anni Settanta sulla scia dei mo- vimenti di contestazione ecologisti e studenteschi. Il termine viene proposto da Eve- rett Reimer ma diviene celebre grazie ad Ivan Illich, soprattutto grazie ai due testi “La scuola è morta” e “Descolarizzare la società”, entrambi pubblicati nel 1971.
lità o dei temi o a condividere fasi di investigazione, a loro avviso, si opta per una rivoluzione copernicana dell’educazione. Le trame non sono però realizzabili in una società dove il sistema scolastico esercita il monopolio ra- dicale e dove non sono garantite le libertà necessarie al loro sviluppo, per questo, i descolarizzatori assegnano grande importanza all’azione politica finalizzata alla liberazione della cultura dal controllo degli esperti.
Ai dubbi sulla qualità e sulla funzione della scuola, inoltre, si cercò di dare risposta immediata anche attraverso una nuova cultura comparativa e una serie di valutazioni dei sistemi formativi dei diversi paesi. Negli Stati Uniti, ad esempio, il Rapporto della Commissione presieduta da Richard Gardner del 1983 si concluse con risultati preoccupanti, individuando quattro ragioni alla base del basso livello dell’istruzione americana: debo- lezza di finalità; confusione di visione; sotto– utilizzazione di talenti; man- canza di guida.
In Europa, a distanza di qualche anno, seguirono il Rapporto Legrand che sottolineò l’inadeguatezza del sistema scolastico francese, il Rapporto Teaching Quality che avviò la riforma del sistema formativo inglese e i Rapporti Censis che evidenziarono come il sistema scolastico italiano non fosse in grado di esaltare le potenzialità e le eccellenze3.
Questa percezione generale di mediocrità dei diversi sistemi formativi, avvertita a livello internazionale, fu naturalmente determinata da una serie di motivazioni, tra cui, senza dubbio, le grandi aspettative che i paesi occi- dentali hanno da sempre riversato sui sistemi scolastici a partire dalla rivo- luzione industriale, in base alle quali la scuola come istituzione avrebbe do- vuto rispondere a tutti i bisogni educativi, anche a quelli tradizionalmente delegati ad altre agenzie. Secondo la valutazione di C. Petracca, in sostanza, nel corso del tempo è stato chiesto alla scuola di svolgere una sorta di sup- plenza sociale, a cui non era preparata e che, spesso, non le competeva, cau- sando di fatto uno sproporzionato sovraccarico funzionale.
Il modello elitario prima e quello egalitario dopo vennero così messi in discussione, mentre i contesti socio-culturali iniziarono a trasformarsi in maniera frenetica, consegnando alle nuove generazioni una società globale
3 I confronti internazionali sul profitto degli studenti, dimostrarono che su 19 test let- terario– umanistici gli studenti americani non arrivarono mai al primo o al secondo posto e, in confronto alle altre nazioni industrializzate, risultarono ultimi per sette vol- te. Circa il 13% dei diciassettenni risultò analfabeta funzionale, un dato che raggiunse il 40% tra i giovani delle minoranze.
e al tempo stesso complessa che ha coinvolto progressivamente anche i pia- ni filosofici e culturali, provocando un indebolimento di tutte le correnti tradizionali e l’impossibilità di proporre idee e valori guida, da cui scaturi- sce, sul piano individuale, una perdita del senso della storia e del sociale a vantaggio, talvolta, di una visione narcisistica e limitata alle sole esperienze immediate.