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Anna Maria Colaci Professore Associato - Università del Salento

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 74-85)

annamaria.colaci@unisalento.it

Il problema dei bambini orfani e abbandonati e delle strutture predisposte alla loro assistenza è stato tra le questioni protagoniste del XX secolo ed è stata affrontata nella società occidentale con diversi provvedimenti sin dai primi decenni del Novecento, dalla Dichiarazione di Ginevra dei diritti del fanciullo (1924) e la Carta dell’Infanzia (1942), sino a giungere alla Con-venzione internazionale sui diritti dell’Infanzia, (Onu, 1959 e 1989). Tali convenzioni sancivano il diritto del bambino all’amore educativo, al gioco, e garantivano libertà di opinione, di pensiero, di culto, d’informazione e di tempo libero (Polenghi, 2020).

Iniziative assistenziali e caritatevoli con lo scopo di garantire ai bambini una parte di tali diritti non nacquero tuttavia esclusivamente nel Novecento. Testimonianze di Opere Pie ed Enti Assistenziali a favore dell’infanzia, in particolar modo di quella cosiddetta abbandonata, si hanno già nel corso del secolo precedente.

Nel lavoro di ricerca storica presso l’Archivio di Stato di Lecce è emersa la documentazione riguardo ad una particolare categoria di iniziative sorte a tutela dell’infanzia abbandonata a cavallo tra Ottocento e Novecento: le opere di assistenza a favore dei figli dei detenuti carcerari.

Si tratta di un periodo storico in cui l’opinione pubblica poco era inte-ressata alla sorte di fanciulli provenienti da famiglie delinquenti e spesso li riteneva responsabili delle colpe dei propri genitori e per questo indegni di compassione. Questi bambini erano orfani di cui lo Stato per lungo tempo non si era preoccupato, tutelati unicamente da opere benefiche, considerati a rischio per situazione ambientale e per congenita propensione a delin-quere, furono, alla fine del XIX secolo oggetto di attenzione ed assistenza anche da parte degli organi statali.

senatore Beltrani-Scalia1che presentò, nel 1897, una relazione alla R. Com-missione per la statistica giudiziaria. Take relazione porta alla luce quanto fosse grave il problema della delinquenza minorile, si apprende infatti che da un’indagine condotta in tredici carceri italiane2su 4320 arrestati in oc-casione dei moti del 1898, 388 erano minorenni maschi e 118 minorenni femmine, alla Direzione generale delle carceri, per il solo anno 1898, erano pervenute 4464 domande di ricovero per casi di minori. Queste statistiche allarmanti portarono alla luce diverse necessità, quali di combattere con ogni mezzo le cause che portavano il minore a delinquere, avviare indagini più approfondite di tali cause, di evitare il contatto tra i minori e gli adulti delinquenti all’interno delle carceri, di creare una legislazione speciale per i reati compiuti dai minori e anche di provvedere ad una classe di minorenni particolarmente a rischio di delinquere, i figli dei detenuti carcerari (Tacchi Venturi, 1899). Sorsero così diverse iniziative a tutela dell’infanzia abban-donata in relazione al problema della delinquenza minorile. Osserva Rai-mondo come

Tali iniziative, a favore dell’infanzia deviante e derelitta, possono essere considerate come il primo nucleo di servizi attenti ai bisogni dei minori. Si tratta di esperienze che non avevano scopi puramente assistenziali e si ponevano in antitesi rispetto ai modelli tradizionali di assistenza al-l’infanzia: i loro promotori pensavano a questi luoghi come a una sede per l’addestramento all’emancipazione di soggetti esclusi – per storia, condizione, cultura – da qualsiasi possibilità di riscatto sociale (Rai-mondo, 2015).

Apprendiamo così della creazione, per iniziativa della Rivista di disci-pline carcerarie diretta dallo stesso Beltrani Scalia, delle Opere Pie pei fi-gliuoli derelitti dei carcerati, che lo Stato, con R.D. n. XIII del 27 gennaio 1898 (G.U. del Regno d’Italia 11 Febbraio 1898 n. 34), eresse in Ente Mo-rale e approvandone lo Statuto.

Ciò che emerge dalla documentazione del Fondo Prefettura dell’Archivio di Lecce è una serie di documenti che accertano la nascita e l’attività nel capoluogo di Provincia di questa Opera Pia. Per il momento sono stati

ana-1 Martino Betrani Scalia: Palermo 5 febbraio ana-1828 – Palermo ana-1ana-1 febbraio ana-1909; 2 Ancona, Bari, Bologna, Como, Firenze, Livorno, Milano, Messina, Napoli, Parma,

Pavia, Piacenza, Pisa.

lizzati due fascicoli i documenti che ricoprono un arco temporale compreso tra il 1897 e il 1913. Da un documento, datato 24 gennaio 1899, redatto dalla Direzione generale delle Carceri del Ministero dell’Interno e diretto al Prefetto di Lecce leggiamo che:

Immensamente gradita mi è giunta la partecipazione fattami dalla S. V. Ill.ma circa la costituzione in questa città della pia opera destinata ad assistere i figliuoli derelitti dei condannati.

Il riconoscimento che tale fatto si è compiuto mercè il vivo interessa-mento spiegato al riguardo della S. V. la prego di accogliere, a nome anche del Consiglio Superiore della Pia Opera, le più sentite azioni di grazia (Archivio di Stato di Lecce, Opera pia per assistere i figliuoli de-relitti dei condannati, 24 gennaio 1899)

Parliamo quindi di una iniziativa considerata molto importante da parte del Ministero ma che tuttavia a Lecce, come vedremo, riuscì ad avviarsi con estremo ritardo e grandi difficoltà. Per meglio comprendere tuttavia perché era considerata così necessaria e le problematiche riguardanti la sede di Lecce occorre fare un piccolo passo indietro. Il 24 maggio 1897 è inviato al Prefetto di Lecce dal Gabinetto della Direzione generale delle carceri una circolare, n. 2975, che accompagnava il verbale della prima adunanza del Comitato Superiore della “Rivista di discipline carcerarie”. In tale circolare si legge della volontà da parte della Direzione della “Rivista” di “trovare nelle singole Provincie del Regno persone che vogliano mettersi in relazione diretta col Comitato stesso, per concorrere nell’opera comune” (Archivio di Stato di Lecce, Circolare n. 2975, 24 maggio 1897). La Direzione gene-rale delle Carceri infatti, oltre ai compiti strettamente amministrativi che le competevano, aveva anche un fine di ricerca “scientifica”. Si proponeva infatti di effettuare uno studio sui fattori della delinquenza e sui modi per porvi rimedio. Oltre a ciò, la Direzione si occupava anche dell’assistenza a coloro che la legge aveva punito. Queste due funzioni supplementari della Direzione portarono alla nascita di questa iniziativa: un’associazione che si occupasse al tempo stesso di assistere i bambini lasciati orfani dalla legge, figli di detenuti, spesso dimenticati, e allo stesso tempo una ricerca delle ragioni della delinquenza attraverso l’osservazione delle dinamiche di fami-glie con uno o entrambi i genitori delinquenti. I figli dei delinquenti erano considerati dalla maggior parte della popolazione, a causa probabilmente del clima positivista fortemente influenzato dal pensiero lombrosiano, come

naturalmente destinati ad una vita di delinquenza. Scopo della nascita di questa Opera pia era esattamente spezzare questa concezione. Leggiamo da un estratto dal n. 4 del 1898, della Rivista di discipline carcerarie, redatto da Beltrani Scalia, che tratta dei compiti che i Comitati Provinciali del-l’Opera erano tenuti a rispettare, che ci si proponeva di:

Far comprendere, con tutti i mezzi possibili, quale sia lo scopo e quale l’importanza dell’Opera nostra, combattendo il pregiudizio, pur troppo invalso che tra le classi civili: che i figliuoli dei condannati non meritano compassione; e che soccorrendo i figliuoli dei condannati noi togliamo una delle più forti controspinte a delinquere. (Archivio di Stato di Lecce, n. 4 del 1898 della Rivista di discipline carcerarie, 1898)

Scopo dell’Opera era dunque fornire assistenza a questa particolare classe di bambini sventurati “in forme diverse a seconda dei singoli casi”. L’Opera infatti si proponeva di operare in modalità diverse: “vuoi trovando famiglie oneste nelle quali collocarli gratuitamente od a pagamento, vuoi affidandoli ad Istituti di carità locali, vuoi raccogliendoli in un Istituto centrale, sotto la diretta vigilanza del Comitato” (Archivio di Stato di Lecce, n. 4 del 1898 della Rivista di discipline carcerarie, 1898)

Le diverse tipologie di intervento sarebbero state valutate caso per caso e solo successivamente all’adesione di ogni Provincia del Regno e alla co-stituzione dei vari Comitati Provinciali.

L’Opera Pia dunque, sotto la direzione della Rivista di discipline carce-rarie, si propose di costituire in ogni capoluogo provinciale un comitato lo-cale che si occupasse dei fanciulli residenti nei luoghi sotto la sua giurisdizione.

Richiesta di appoggio fu inviata anche alla Provincia di Lecce che tutta-via, come emerge da alcuni documenti datati 1898.

In una lettera inviata al Prefetto di Lecce dalla Direzione Generale delle Carceri di Roma si apprende che alla Direzione pervenne, da parte del mu-nicipio di Lecce, una lettera contenente i nominativi di coloro che, avendo a cuore la sorte di questi particolari fanciulli, si sarebbero impegnati nella fondazione di un comitato Provinciale. Tale documento accerta la ricevuta d’elenco e informa sull’iter da seguire per rendere attiva l’Opera assisten-ziale.

Ora come rileverà dagli atti che ho l’onore di racchiuderle, l’Opera Pia è stata eretta in Ente Morale ed io devo pregare la S. V. di voler non solo inviare cotesti Signori a mandare ad effetto la promessa fatta, ma di cooperare con tutti i mezzi dei quali dispone, alla buona riuscita di una Istituzione dei cui benefici effetti non è da dubitarne.

Quando il comitato locale sarà costituito ed avrà nominato il suo Pre-sidente, la S. V. è pregata d’invitarlo a rivolgersi a questo Comitato Cen-trale per mettersi di accordo sul da fare( Archivio di Stato di Lecce, Ministero Generale delle Carceri, Opera pia di assistenza ai figliuoli de-relitti dei condannati, 11 febbraio 1898).

Da una lettera del Gabinetto della Direzione Generale delle Carceri da-tata 18 aprile 1898 emerge come la questione dell’infanzia abbandonata fosse di massima urgenza per il Ministero, questo documento infatti riba-disce ancora una volta l’importanza e la necessità della fondazione di un Comitato anche nella Provincia di Terra d’Otranto: “[…] La questione del-l’infanzia abbandonata è alta questione sociale; – la teoria di prevenire, piut-tosto che reprimere, è potente mezzo di saggia amministrazione; – e fare quanto è possibile a questo scopo è dovere di chiunque ami la Patria” (Archivio di Stato di Lecce, 1898). In allegato a tale lettera una copia delle Istruzioni per la formazione dei Comitati Provinciali dell’Opera Pia destinata ad assistere i fi-gliuoli derelitti dei condannati3.

Da un altro documento, datato giugno 1898, si apprende che la Pro-vincia di Lecce tuttavia non rispose repentinamente alla chiamata della sede centrale di Roma, leggiamo infatti su un documento ministeriale:

3 “Aderendo di buon grado al desiderio manifestatomi dal Consiglio dell’ Opera Pia de-stinata ad assistere i figliuoli derelitti dei condannati, io prego la S. V. Ill.ma a voler prestare a questo benemerito Consesso tutto il suo concorso, - tutto il suo appoggio. Lo scopo che l’Opera si propone di raggiungere è altamente umanitario, perché i poveri colpevoli innocenti ai quali vuolsi portare assistenza, hanno diritto anch’essi alla carità pubblica; è altamente sociale, perché quei fanciulli abbandonati potrebbero riuscire, per doppio titolo, pericolosi al civile consorzio.

La costituzione dei Comitati provinciali darà, senza dubbio, maggior forza all’Opera nascente; e poiché essa si collega colle Società di Patronato e può considerarsi una ema-nazione delle Congregazioni di carità, non sarà difficile trovare in questi due pietosi sodalizi persone che vogliano secondare lo slancio filantropico della nuova Istituzione. Voglia la S. V. Ill.ma accusarmi ricevuta della presente, ed informarmi, a suo tempo, di quanto avrà fatto in proposito.

Il Ministro RUDINI”. (Archivio di Stato di Lecce, 1898)

Mentre in moltissimi Capoluoghi di provincia si sono costituiti, ad ini-ziativa dei Signori Prefetti, i Comitati locali per l’opera pia di assistenza ai figliuoli derelitti dei condannati, ed alcuni anzi han già cominciato a funzionare, non ho avuto sinora dalla S. V. Ill.ma risposta alla mia lettera dell’11 febbraio u.s. n.4298.

La prego perciò vivamente d’interessarsi perché anche in codesta Città si adunino al più presto le persone che Ella mi indicò come disposte ad agire per la buona riuscita dell’opera di beneficienza che tanto fervore ha incontrato in tutta Italia […]. (Archivio di Stato di Lecce, 1898)

Da un documento, datato 3 dicembre 1898, apprendiamo che la situa-zione, a sei mesi dalla lettera di sollecitazione precedente, era rimasta inva-riata, scrive il Direttore generale al Prefetto di Lecce:

Facendo seguito a precedente corrispondenza, mi è d’uopo pregare la S. V. Ill.ma onde piacciale farmi conoscere a qual punto trovansi le pra-tiche per la costituzione per la costituzione anche in codesta Provincia del Comitato locale di assistenza ai figliuoli derelitti dei condannati. Io non dubito dell’interessamento di V. S. per la riuscita di un’opera così filantropica e santa: e ciò mi affida che verrà senza dubbio superata qualunque difficoltà possa sorgere in proposito.

Attendo in ogni modo un sollecito cenno di risposta, giacché interesse-rebbe molto al Consiglio Superiore della Pia Opera che la costituzione dei Comitati locali, in quelle poche Provincie ove non è ancora seguita, avesse luogo prima della fine dell’anno corrente. (Archivio di Stato di Lecce, 1898)

Questa ennesima sollecitazione da parte della Direzione Generale delle Carceri di Roma portò, come apprendiamo dalla risposta alla nota prece-dente datata 15 dicembre 1898 n. 1996, la prefettura di Lecce a convocare una riunione per la costituzione del Comitato Provinciale per l’assistenza ai figliuoli derelitti dei condannati. Su questo documento però non è spe-cificata la data di suddetta riunione. Notiamo infatti che nel documento, redatto a mano, fu lasciato di proposito uno spazio, contrassegnato da punti, in cui inserire la data successivamente:

In relazione alla lettera contraddistinta assicuro a codesto On.le Mini-stero di aver convocato pel giorno ………. i compo-nenti da me designati con la lettera 27 luglio 1897 n. 12811 per la costituzione del Comitato provinciale per l’assistenza dei figliuoli dere-litti dei condannati.[…] (Archivio di Stato di Lecce, 1898)

Da questo documento apprendiamo inoltre che la Prefettura aveva ef-fettivamente comunicato al Ministero alcuni nominativi di referenti per costituire il Comitato nella Provincia già nel 1897, ma più di un anno e mezzo dopo non si era ancora giunti all’avviamento dell’azione di tale Co-mitato sul territorio.

Nonostante sul precedente documento non sia indicata, come abbiamo visto, la data della riunione provinciale, nell’Archivio la documentazione relativa al fascicolo 1897-1900 dell’Opera Pia contiene anche il verbale della riunione stessa, avvenuta il 23 dicembre 1898. Il verbale riporta la nomina del Comitato provinciale ai sensi del R.D. 27 gennaio 1898 Con cui l’Opera Pia a favore dei figli derelitti dei condannati viene eretta in Ente Morale.

Il 26 dicembre dello stesso anno fu inviata dal prefetto di Lecce una nota n. 19962 ai signori che nella precedente riunione erano stati eletti come parte del Comitato. Di tale nota, nel fascicolo preso in esame, è presente una bozza che riporta anche gli scopi che l’Opera Pia si proponeva di otte-nere. Leggiamo infatti:

[…] Lo scopo che l’Opera Pia si propone di raggiungere essendo alta-mente umanitario non mancherà anche in questa nobile provincia la corporazione di tutte le persone di onore per venire incontro a quegl’in-felici, fornirsi di ogni sostegno, affinché possano essere chiamati a vita laboriosa e onesta, mentre abbandonati a sé stessi potrebbero riuscire anch’essi dannosi al civile Consorzio.

La Istituzione di cui è parola deve produrre i suoi effetti in tutte le Pro-vincie del Regno, onde il bisogno della costituzione di comitati provin-ciali, i quali debbono portare il loro caritatevole ausilio al Comitato Centrale, residente in Roma. […](Archivio di Stato di Lecce, 1898)

Questa nota fu inviata, quindi, a tutti gli onorevoli signori elencati nel verbale della riunione del 23 dicembre. Le risposte di alcuni di essi sono contenute nel fascicolo in esame e non sempre testimoniano un’adesione alla causa. Come leggiamo, a titolo di esempio, nella risposta alla nota fir-mata dall’Avv. Giovanni Balsamo:

Ill.mo signor. Prefetto della Provincia di Lecce,

Onoratissimo invito a far parte del Comitato per l’opera pia dei figli dei condannati duolmi non poterlo accettare per ragioni mie personali che assolutamente me lo impediscono.

Sarò lieto se potrò individualmente conoscervi.

La prego accettare i miei ossequi e le mie scuse che presenterà anche agli egregi gentiluomini componenti il Comitato. (Archivio di Stato di Lecce, 1899)

Considerato che la risposta succitata non è l’unica testimonianza di de-fezione4allegata alla documentazione inerente la formazione del Comitato, si potrebbe supporre che il ritardo nell’avviamento nel Comitato Provinciale di Lecce potrebbe essere dovuto alla difficoltà da parte della Prefettura di formare una commissione che si occupasse dell’istituzione dell’Opera Pia. Difficoltà che fu superata entro il 24 gennaio 1899. Data del primo docu-mento citato in questa sede che riporta le congratulazioni da parte del Mi-nistero alla Provincia per la buona riuscita, finalmente, della costituzione del Comitato. Da questo momento si può considerare attiva sul territorio l’Opera Pia per l’assistenza ai figliuoli derelitti dei condannati che avrà come sede l’Ospizio Garibaldi di Lecce, un istituto fondato tramite decreto da Ferdinando II nel 1851 per accogliere gli orfani poveri ed istruirli nelle arti, nei mestieri e nell’agricoltura (A. Semeraro, 1984, p. 88).

Ulteriore testimonianza dell’attività di questo particolare tipo di Opere Pie a livello nazionale è rappresentata da una serie di carte pervenute alla sede di Lecce di iniziative organizzate da enti in altre regioni. È conservato in Archivio di Stato di Lecce il programma, datato 27 maggio 1900, di una feste organizzata dall’Opera pia a pro dei figli dei carcerati di Pompei in occasione dell’ottavo anniversario della sua fondazione, accompagnato da una lettera di invito diretta al Prefetto di Lecce redatta dal Comm. Avv. Bartolo Longo, Direttore e proprietario “dei Giornali IL ROSARIO E LA NUOVA POMPEI e VALLE DI POMPEI, dell’Orfanotrofio femminile del Rosario, dell’Ospizio Educativo per i Figli dei Carcerati in Valle di Pompei”. In tale lettera di invito si legge che:

mi reca onore di rivolgere alla S.V. premuroso invito di partecipazione alla Festa salutata dal plauso dei volti di quanti hanno a cuore, come la S. V. il beneficio dell’infanzia derelitta e della società intera.

4 Si cita ad esempio una seconda risposta pervenuta al Prefetto: “Ill.mo Sig. Prefetto, in risposta alla sua nota del 26 c. n. 19962 div. 2/2 che ricevo ora, mi rincresce dover ri-spondere alla S.V. di non poter accettare il nobile ufficio comunicatomi a causa della mia poco buona salute e per le mie occupazioni” (Archivio di Stato di Lecce, 1898)

Ella pel suo cospicuo ufficio è in grado di apprezzare meglio l’inestima-bile beneficio che da questa Istituzione di sociale previdenza deriva alla Patria nostra. La sua presenza e in ogni modo il suo saluto giungerà gra-dito e prezioso a quest’Opera che combatte con mirabili progressi il tri-ste progredire della delinquenza precoce (Archivio di Stato di Lecce, Lettera di invito al Prefetto in occasione della Festa Civile in Valle di Pompei, 23 maggio 1900).

In allegato alla lettera, il programma della celebrazione nel quale si leg-gono, oltre alle attività in programma per la giornata, anche gli scopi e gli obiettivi dell’opera assistenziale:

Domenica 27 del corrente mese di Maggio avrà luogo in questa Valle una solenne Festa Civile commemorativa dell’Ottavo Anniversario del-l’Istituzione che salva, educa e sottrae alla delinquenza i Figli dei Car-cerati. […] Trionfo sui pregiudizi della Scienza Antropologica Positiva Moderna; trionfo su un ingiusto pregiudizio sociale a danno di questi fanciulli; trionfo sulle coscienze dei delinquenti carcerati.

Questo ospizio educativo ha in fatti coll’esperienza e coi dati statistici fornita alla Scienza cosiddetta Positiva la risposta a due importanti que-siti che da anni studiavano dagli Antropologi e dai Pedagogisti, e cioè: 1)se i figli dei delinquenti, massime recidivi, ereditino fatalmente la de-linquenza. E conseguentemente se essi siano o no educabili.

2)E se educabili, quale sia il miglior metodo per educarli (Archivio di Stato di Lecce, Programma della solenne Festa Civile che avrà luogo in Valle di Pompei, 27 maggio 1900).

È possibile notare, come si legge nello stesso programma, come gli scopi dell’Opera fossero in netto contrasto con la scuola positivista, che con la teoria del “delinquente nato” lombrosiana, riconosceva in una certa tipo-logia di individui una predestinazione al crimine e al delitto basandosi su

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 74-85)

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