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Provvedimenti legislativi e valorizzazione dell’infanzia

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 181-184)

Infanzia e scuola: approccio storico e prospettive Brunella Serpe

2. Provvedimenti legislativi e valorizzazione dell’infanzia

Bisogna attendere il 1968 perché nel nostro Paese, con l’approvazione della legge 444 istitutiva della scuola materna statale, si affermi il pluralismo isti-tuzionale e, con esso, l’inizio di una nuova sensibilità che vede la nascita e l’incremento delle istituzioni educative per l’infanzia finalmente svincolate da interessi di natura esclusivamente economica. Interessi che per almeno un secolo erano stati il motore dell’iniziativa privata, laica e religiosa; un’ini-ziativa comunque sempre provvidenziale anche quando di mera custodia, finanche quando a questi soggetti privati si affiancano i comuni che favo-riscono un incremento quantitativo delle scuole materne che, meno legate a logiche di mercato, si diffondono sul territorio configurandosi come con-creta alternativa alle scuole private. La nascita e la diffusione delle scuole materne statali e comunali rappresentano una concreta opportunità per ri-durre le sperequazioni territoriali esistenti tra Nord, Centro e Sud, e per contrastare le disparità tra l’infanzia delle grandi città e quella delle comu-nità più piccole, delle aree interne e periferiche. Una presenza importante per le tante famiglie, di medio e basso reddito, che vengono sgravate da costi rivelatisi spesso troppo onerosi e per tutta quell’infanzia che, final-mente, può entrare in un ambiente educativo e di precoce decondiziona-mento socio-culturale. Anche quando, come recita il testo degli Orientamenti del ’69, ad essa non è possibile riconoscere la prerogativa della vera scuola per l’assenza di specifici percorsi e traguardi formativi e cognitivi che la caratterizzano come segmento prescolastico, come scuola che marginalizza la dimensione cognitiva e che si colloca prevalentemente sul piano dell’affettivo, il significato della scuola materna statale e del testo delle attività educative meritano di essere sottolineati per il totale vuoto che entrambi i provvedimenti vengono a colmare.

Il testo degli Orientamenti del ’69, a distanza di anni, ovviamente, mo-stra limiti evidentissimi. In una società complessa, profondamente attra-versata dalle innovazioni scientifiche e tecnologiche, dall’espandersi delle reti e dei linguaggi mass-mediologici, dalla velocità dei cambiamenti e dal-l’accentuarsi delle situazioni di natura multiculturale e plurietnica, si avverte la necessità di un nuovo progetto politico a favore dell’infanzia e della sua scuola che si ponga nella logica di considerare i servizi educativi essenziali, da diffondere su tutto il territorio nazionale, ma anche pedagogicamente e didatticamente fondati; come istituzioni necessarie, come terreno dove

fanzia è messa in condizione di acquisire la sua peculiare dimensione sociale che la configura come soggetto di diritti. Anche il Rapporto intermedio (Lo-schi, 1989; De Luca et alii, 1989) stilato dalla Commissione ministeriale e pubblicato nel 1989, preliminare alla revisione degli Orientamenti del ’69, risponde all’esigenza di delineare chiaramente il carattere e le finalità che devono connotare la nuova scuola dell’infanzia chiamata ad agire in un con-testo sociale e culturale profondamente cambiato; la sfida più significativa è rappresentata dal bisogno di disegnare un nuovo modello di scuola per il bambino e per la bambina o, ancor meglio, di una scuola del bambino e della bambina in grado di rispondere alle esigenze di un’infanzia plurale per estrazione sociale, per vissuti familiari e per collocazione geografica, di accogliere tutti i soggetti offrendo loro stesse opportunità formative. Un gradino della scuola di base che sappia essere attrattivo, concepito come necessario e quindi obbligatorio, per l’infanzia tutta, delle grandi e piccole città, del centro, delle periferie e delle aree interne normalmente poco rag-giunte dalla scuola. Un documento che, dunque, offre spunti e riflessioni interessanti che vengono integralmente ripresi, studiati e valorizzati, dal testo dei Nuovi Orientamenti approvati nel giugno del 1991 con i quali si disegna la nuova identità della scuola dell’infanzia il cui solido impianto guarda a un’infanzia colta in relazione all’ambiente che la circonda e in cui si muove e ai rapporti e alle relazioni di vita che la qualificano come sog-getto. Una scuola dell’infanzia riconfermata nella sua importante funzione di primo gradino del sistema scolastico e ora dotata di un innovativo pro-getto curricolare che crea le condizioni per superare la sua vocazione di as-sistenza alle famiglie e di custodia per l’infanzia.

L’ulteriore sviluppo di questa scuola si profila, pertanto, – come recita un passo della Premessa degli Orientamenti del ’91 – come generalizza-zione di un servizio educativo di elevata qualità, impegnato a diffondersi senza squilibri e disuguaglianze sul territorio nazionale, espressione di una progettualità politica e pedagogica consapevole delle sfide prove-nienti dalle nuove dinamiche della cultura e della società e in grado di tradurre nei fatti la convinzione che l’infanzia rappresenta una fase ine-ludibilmente preziosa dell’educazione dell’uomo e del cittadino1.

1 D.P.R. 3 giugno 1991 n. 139 – Premessa. Orientamenti dell’attività educativa nelle scuole materne statali.

Nella Premessa si afferma con estrema chiarezza la convinzione dell’im-portanza di una scuola dell’infanzia come luogo e contesto di apprendi-mento, non più e non solo come fattore intellettualistico, all’interno del quale i bambini e le bambine sono soggetti attivi nel complesso processo di interazione che vede la famiglia, la scuola e tutte le altre realtà formative, collaborare in un rapporto di influenza reciproca e di continuità. A partire da ciò

La scuola dell’infanzia accoglie ed interpreta la complessità dell’espe-rienza vitale dei bambini – indicano ancora gli Orientamenti – e ne tiene conto nella sua progettualità educativa in modo da svolgere una funzione di filtro, arricchimento e valorizzazione nei riguardi delle espe-rienze extrascolastiche, allo scopo di sostenere il sorgere e lo sviluppo delle capacità di critica, di autonomia del comportamento e di difesa dai condizionamenti2.

Per quanto rappresentato, il testo degli Orientamenti del ’91 non può essere considerato una semplice revisione del documento approvato nel ’69. L’identità pedagogica della scuola dell’infanzia è chiaramente delineata nella sua funzione di contesto educativo, di apprendimento, di socializzazione, di fucina di azioni emancipatrici che devono tendere alla soddisfazione delle esigenze di tutti i bambini e di tutte le bambine; anche di quell’infanzia meno privilegiata, che vive in ambienti deprivati e poveri di relazioni e di opportunità. Anche il fiorire di un considerevole patrimonio di studi (Pon-tecorvo 1990; Frabboni, Pinto Minerva, Trebisacce 1990; Scurati, Zani 1991; Trebisacce 1991; Pinto Minerva 1996), di manuali (Borghi, Guerra 1992; Bonfiglioli, Volpicelli 1992), di iniziative seminariali e convegnisti-che, la straordinaria ricchezza delle riviste del settore, ben rappresentano la soddisfazione di quanti credono nel ruolo strategico della nuova scuola per l’infanzia, come diritto inalienabile di ogni bambino e di ogni bambina.

Per realizzare quanto detto, per ridurre le disuguaglianze territoriali ri-scontrabili nella diffusione di queste istituzioni educative, è estremamente importante che la presenza della scuola dell’infanzia si rafforzi anche nelle piccole città e nelle periferie delle grandi città, nelle aree interne e nelle aree

2 Parte I. Infanzia, Societa’, Educazione, paragrafo 4, Ambienti di vita e contesti educativi, ivi.

di montagna, nel Sud e nelle Isole e in tutte le aree poste nel Nord-Est del Paese dove l’istituzione risulta essere meno presente; è necessario, ancora, che la scuola dell’infanzia, tanto quella statale che quella non statale, sia ca-pace di offrire un servizio qualitativamente accettabile e, questo, non av-viene per molte province meridionali che, numerose, si collocano agli ultimi posti della graduatoria, come rilevato dalla ricerca “La scuola materna statale e non statale” che ha visto coinvolto il Ministero della P.I. e l’Università “La Sapienza” di Roma3. Dati e analisi che parlano di un Sud lontanissimo nel confronto tra scuola materna statale e non statale anche in riferimento alla qualità del servizio, sempre inferiore agli indicatori medi, ma soprat-tutto anche di «[…] un’Italia spaccata in due per quanto riguarda la scuola materna statale. Da un lato, si osserva una scuola dotata di servizi (mensa, scuolabus) e di strutture (spazi attrezzati a verde e a giochi) e con un’alta presenza di stranieri nel Centro-Nord; dall’altro, una scuola priva general-mente di servizi ricreativi e funzionante solo in orario antimeridiano nel Sud»4.

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 181-184)

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