Letterio Todaro
3. L’infanzia spiritualizzata
La famosa “scoperta” dell’infanzia, qualora – come canone storiografico im-pone (Oliviero, 2014) – la si voglia far valere come una grande scoperta moderna, ma portata completamente ad effetto solo con l’avvento del XX
secolo – par excellence secolo del fanciullo (Pironi, 2019; Ceccarelli, 2019) – rappresenta comunque un “cantiere di lavoro” già abbondantemente av-viato nell’Ottocento liberale e già ampiamente radicato, attraverso un’insi-nuazione profonda delle sue sorgenti, nelle trame di impianto della moderna scienza pedagogica su basi scientifico-evoluzionistiche a Ottocento avanzato (Macinai, 2013, pp. 79-103).
Il passaggio nel nuovo secolo segna, tuttavia, un potenziamento assai evidente della centratura degli interessi della pedagogia sull’età dell’infanzia, segnando su queste tracce un fenomeno che si impone con assoluta evidenza a livello internazionale e che corre praticamente, con moto parallelo, a de-scrivere l’irruzione in pedagogia della cosiddetta stagione dell’Educazione Nuova (Hofstetter & Schneuwly, 2006).
Attorno a tale fenomeno si propongono i principali movimenti culturali, relativi allo studio del mondo dell’infanzia, di carattere maggiormente in-novativo e contrassegnati dall’affermazione di spinte culturali di segno pro-gressivo, visibili tanto sul piano della scienza pedagogica – alla ricerca di nuovi metodi, nuove forme, nuovi assetti per l’educazione dei più piccoli -quanto sul piano dell’acquisizione di spazi sociali sempre più significativi in riferimento al valore specifico da attribuire, in seno ai più larghi interessi della vita collettiva, all’ambito proprio dell’infanzia1.
Tuttavia, una novità veramente caratterizzante della svolta primo-nove-centesca, entro cui prende consistenza la stessa “scoperta dell’infanzia” e su cui procede via via a trovare una piattaforma di consolidamento la cultura riformatrice dell’Educazione Nuova consiste nella costruzione di un’imma-gine di infanzia “spiritualizzata”.
Si tratta, a questo proposito, dell’organizzazione di un paradigma peda-gogico che attraversa fronti trasversali dal punto di vista della varietà delle impostazioni culturali e che naturalmente s’intreccia anche con fenomeni di reviviscenza di indirizzi di ordine culturale solidamente poggiati su con-vinzioni di carattere religioso, ma che nondimeno coinvolge e interessa ampi schieramenti di cultura laica, a livello cross-nazionale.
Insomma, ciò che si vuole specialmente sottolineare, è che il fenomeno di “spiritualizzazione” dell’infanzia appare come un fatto culturale appena
1 Per una visione d’insieme si suggerisce Tomarchio M., D’Aprile G. (eds.), Educazione Nuova e Scuola Attiva in Europa all’alba del Novecento. Modelli, temi, figure. In I
problemi della pedagogia, 4-6, 2010 e I problemi della pedagogia, 4-6, 2011.
parzialmente e solo limitatamente riducibile a situazioni aventi a che fare con una sorta di riappropriazione del tema educativo dell’infanzia entro presupposti e fondamenti collocati in un discorso di tipo religioso. Si tratta piuttosto di un’opzione che corre in senso inverso e che per gran parte viene portata avanti da una cultura di stampo laico-progressista, la quale, attraverso la via della “spiritualizzazione” dell’infanzia, s’impegna a co-struire un modello culturale e pedagogico che intende più che mai affer-mare l’indeducibilità e l’irriducibilità dei bisogni che caratterizzano la vita dell’infanzia dalla sfera di vita e di azione degli adulti e salvaguardarne, quindi, la dinamica di sviluppo rispetto ad una forma di indebita intro-missione, per ritagliare giusto intorno all’infanzia e al suo mondo un do-minio speciale.
A ciò concorre specificamente la costruzione di un modello pedagogico assolutamente plasmato da una visione d’infanzia, come “regione eterna” dell’umanità in/potenza, che si fa “figura spirituale”.
La mitologia pedagogica che caratterizza questa stagione e che solita-mente si celebra nell’idea ‘floreale’ e nella metafora ‘germinativa’ dell’infan-zia – fiore che lentamente sboccia, germoglio che lentamente espande la sua vitalità energetica, gemma che progressivamente si trasforma in una pianta sempre più solida e ramificata – viene a rappresentare in qualche modo l’immagine più esemplificativa di tale stagione della pedagogia e la figurazione allegorica che ne custodisce il segreto (Strongoli, 2017, pp. 96-105).
E non si tratta solo di un fenomeno che interviene a segnare il sorgere di una stagione ‘poetica’ dell’infanzia, primariamente divulgata da quel-l’orientamento neo-idealistico che, specialmente, in Italia, in virtù delle sue proprie categorie teoriche rielabora una visione di “spiritualità” tipica dell’infanzia (Chiosso, 2019, pp. 119-153). Si tratta, invece, di un inten-dimento di grande portata e di forte capacità di compattamento del di-scorso pedagogico a livello internazionale e che si rende visibile, in maniera specialmente eclatante, negli enunciati riscontrabili nei documenti-mani-festo di maggiore rilievo dell’Educazione Nuova, così come si può cogliere in quelle formule che dichiarano già il significato più profondo dell’edu-cazione come autentico processo di liberazione dello ‘spirito’ che dall’in-terno informa la vita dell’infanzia: «Le but essentiel de toute éducation est de préparer l’enfant à vouloir et à réaliser dans sa vie la suprématie de l’esprit; elle doit donc, quel que soit par ailleurs le point de vue auquel se
place l’éducateur, viser à conserver et è accroitre chez l’enfant l’énergie spi-rituelle»2.
E così allora, paradigmaticamente vincenti sarebbero risultate quelle pe-dagogie capaci di interpretare al meglio questa intenzione di costituzione dell’infanzia come “figura spirituale”, dotata di una sua vita “a parte”; quelle teorizzazioni pedagogiche capaci di interpretare nell’educazione un ordine di successione simbolica e un ordine di linearità genealogica che non pro-cede per via di trasmissione dall’adulto al bambino, ma per capacità di ‘crea-zione’ dal bambino all’adulto. Il bambino è padre dell’uomo (De Serio, 2014): l’enorme popolarità del discorso montessoriano avrebbe certamente mantenuto il segreto del suo successo nell’uso di un linguaggio spiritualiz-zato, per cui dire infanzia avrebbe largamente evocato l’idea di uno scrigno di potenzialità da cui sarebbe dipesa la stessa possibilità di assicurare e sal-vaguardare la costruzione di un mondo più “umano” (Raimondo, 2019; Bobbio, 2018, pp. 67-75).