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Le ricadute pedagogico-didattiche della storia dell’educazione

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 36-41)

Barbara De Serio Professore Associato - Università di Foggia

4. Le ricadute pedagogico-didattiche della storia dell’educazione

Per raccontare ai bambini i loro diritti si potrebbe oggi ripartire dalle sol-lecitazioni rodariane. Le più belle pagine scritte da Gianni Rodari sono quelle che hanno come protagonisti i bambini “ribelli”, che riescono ad en-trare nella realtà dalla finestra, anziché dalla porta (1997), che rompono i canoni del consueto per operare rovesciamenti e decostruzioni (Cambi, 1985).

Consapevole della centralità della formazione del pensiero divergente a partire dall’infanzia, Rodari era solito richiamare l’attenzione

sull’opportu-7 Nel 2014 la casa editrice Progedit ha pubblicato un’edizione rivista e illustrata della versione integrale del suddetto romanzo (Korczak, a cura di De Serio, 2014).

nità che il bambino abbia lo spazio e il tempo necessari, dopo la lettura o l’ascolto di una storia, per inventare un nuovo finale e creare un diverso modo di vedere le cose: “a un certo punto – scriveva riferendosi al bambino – metterà da parte il libro e si accingerà a fare qualcosa che il libro gli ha suggerito (spesso senza saperlo). Questa non sarà una sconfitta per il libro, ma una vittoria” (1977). Immaginare che le cose siano andate in un deter-minato modo, che non è necessariamente quello che racconta lo scrittore, consente di non farsi intrappolare dal “finale unico”, spesso veicolo di un’immagine falsata della realtà, e di guardare la realtà attraverso una mol-teplicità di prospettive, espressione di una pluralità di possibilità, tutte ugualmente praticabili (Bruner, 1986/1998). Le storie, quelle che si smon-tano e si rimonsmon-tano, che non presensmon-tano un mondo già dato, ma invismon-tano a costruirlo, diventando uno strumento ermeneutico di lettura della realtà, hanno il vantaggio di formare il pensiero prospettico, che crede nel non-ancora e si impegna per costruirlo, anche a costo di piccole e grandi conte-stazioni, proprie dei bambini che accettano di lasciare il certo per l’incerto per poter vedere quello che altri non vedono o, più semplicemente, per im-parare, da soli, a costruire la propria visione del mondo, forse sbagliata, forse surreale, ma pur sempre coraggiosa, perché espressione di chi si mette in viaggio per sperimentare sentieri mai battuti. Un modello di infanzia molto ben rappresentato da Martino Testadura (Rodari, Testa, 2010), il personaggio rodariano che pretende di andare controcorrente e che nella sua naturalezza, mista spesso a una nota di ingenuità, vuole tutto sperimen-tare8, salvo poi cadere sempre e “dappertutto”, come Alice Cascherina (Ro-dari, in Id., 2011, pp. 155-168), che però sa che dagli errori si impara e che spesso, contravvenendo alle regole imposte, si diventa grandi autono-mamente e si impara ad affrontare con coraggio le piccole sfide quotidiane, che non risparmiano neanche la giovane età, contrariamente a quello che l’iperprotezionismo adulto vuol far credere, sortendo l’effetto opposto e li-mitando le infinite potenzialità di sviluppo dell’intelligenza infantile. In fondo i bambini preferiscono Giuseppe il Ragioniere (Rodari, in Id., 1964,

8 Sulla “buona letteratura” rodariana, che non intende formare bambini remissivi, ma che vuole, al contrario, esortarli a investigare, a fare ricerca e a migliorare continua-mente se stessi e il mondo del quale fanno parte si sono espressi, nel corso degli anni, secondo diverse modalità e focalizzando l’attenzione su aspetti differenti, Cambi, 1990; Ascenzi, 2002; Catarsi, 2002; Boero, 2010.

pp. 160-172), che vorrebbe volare liberamente, alla sua mamma, che per impedire che il vento lo porti via gli mette ogni giorno un mattone nello zaino: quanta fatica combattere contro questi “prudenti contrappesi geni-toriali” (Ivi), che hanno il solo scopo di rafforzare condizionamenti culturali ormai sedimentati, che vedono nel bambino un “non ancora adulto”, da tutelare o da far crescere in fretta, in questo caso perché troppo incline a una natura infantile disordinata e maleducata9. I bambini, invece, lo sanno: solo chi rifiuta il codificato e chi si lascia ancora meravigliare da ciò che è inedito e inattuale può essere capace di giudizi autonomi. A ricordarlo fu sempre Rodari, in uno dei suoi grandi capolavori sul ruolo delle costruzioni fantastiche nella letteratura (1997). E poiché il pensiero divergente non è innato, ma è il risultato di processi formativi complessi (Morin, 1999/2000), è necessario educare la creatività a partire dalla primissima in-fanzia, soprattutto attraverso la tutela del valore dell’unicità dell’essere umano: più fluido è l’apprendimento nel bambino, più radicato sarà il va-lore delle sue potenzialità; più libero il processo del pensiero e più consa-pevole l’esercizio dei suoi diritti, a partire dal diritto di pensare e di esprimere e raccontare liberamente i propri pensieri.

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9 Il tema del bambino sopraffatto dagli adulti fu ripreso, tra gli anni Settanta e Ottanta, da Donatella Ziliotto, che insieme a Bianza Pitzorno inaugurò, in quel periodo, la sta-gione post-rodariana della letteratura per l’infanzia. Cfr., tra gli altri, Il bambino di

pla-stica, che dà il titolo anche al primo racconto della raccolta, il cui protagonista

principale, un bambino immobile, volutamente adottato dopo gli otto anni, risponde al bisogno della madre di tenere tutto sotto controllo, compresa la natura infantile, troppo incline alla vivacità e all’ilarità. (Ziliotto, 1979).

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Cultura pedagogica e visioni dell’infanzia:

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 36-41)

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