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4 4 2 [Applicabilità del principio di affidamento anche in caso d

obbligo di controllo sull’operato altrui] Anche a voler accogliere il pur criticabile orientamento giurisprudenziale riferito, volto – come detto – alla piena assimilazione fra le figure del medico in posizione apicale del reparto ed il capo dell’équipe chirurgica, riteniamo comunque estensibili al capo-équipe le considerazioni precedentemente svolte con riferimento alla figura del «direttore di struttura complessa».

Riteniamo che il semplice fatto di rivestire una posizione di sovraordinazione funzionale che implica la titolarità di una posizione di garanzia nei confronti del paziente che include anche obblighi cautelari rivolti verso il comportamento dei medici con cui si trovi a cooperare contestualmente non implichi per ciò solo la non invocabilità da parte sua del principio di affidamento

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circa la correttezza dell’operato altrui. Anche in questi contesti, la valorizzazione dell’autonomia professionale dei medici incardinati in ogni posizione funzionale comporta un margine di libertà operativa alla quale non può non corrispondere una correlativa possibilità di fare affidamento sulla correttezza del loro operato da parte del medico in posizione apicale.

Inoltre, anche in contesti di cooperazione sincronica deve darsi rilievo alla tipologia di attività e, di riflesso, di errore medico che in concreto assume rilevanza, essendo di intuitiva evidenza che medici che per legge hanno un ampio margine di autonomia operativa possono essere lasciati relativamente liberi di operare in contesti “routinari”, dovendo invece il capo-équipe incrementare i propri controlli in contesti più complessi sotto il profilo scientifico o anche organizzativo293. In

particolare, si è recentemente sostenuto che il capo-équipe debba verificare che non vengano compiuti errori decisionali o di valutazione (c.d. “mistakes”) mentre non potrebbe pretendersi, in forza dell’applicazione del principio dell’affidamento come precipitato tecnico dell’opzione per il metodo della divisione del lavoro, che egli possa verificare che non siano compiuti errori di distrazione o comunque di mera manualità (c.d. “slips”)294.

In definitiva, anche per quanto concerne la figura del capo-équipe è possibile concludere che il giusto equilibrio fra doveri di controllo e possibilità di invocare il principio di affidamento possa rinvenirsi nella giusta valorizzazione dei parametri della prevedibilità ed evitabilità dell’errore altrui295: il capo-équipe che abbia diviso

293 A.R.DI LANDRO, Vecchie e nuove linee ricostruttive in tema di responsabilità penale nel lavoro medico d’équipe, op. cit.,

p. 255, secondo cui «può risultare utile distinguere tra casi delicati (o «di difficile soluzione»), ai quali egli deve prestare la massima attenzione […]; e i casi di semplice soluzione (o di routine), per i quali invece si potrebbe immaginare una sorta di «espansione» del principio dell’affidamento nell’operato dei medici subordinati». Cfr. altresì E.BELFIORE, Sulla responsabilità colposa nell’ambito dell’attività medico-chirurgica in «équipe», op. cit., c. 167, il quale esclude la responsabilità concorsuale del chirurgo in caso di errore del collaboratore verificatosi in una situazione di assoluta normalità; mentre tale responsabilità concorsuale può ravvisarsi nel caso in cui l’errore del collaboratore fosse dal capo-équipe riconosciuto o riconoscibile.

294 A.R.DI LANDRO, Vecchie e nuove linee ricostruttive in tema di responsabilità penale nel lavoro medico d’équipe, op. cit.,

p. 256.

295 In termini simili, A.ROIATI, Medicina difensiva e colpa professionale medica in diritto penale, op. cit., p. 298: con

riferimento all’ipotesi in cui il capo-équipe assume la direzione di un intervento cui è materialmente presente, l’Autore evidenzia come vi sia «il rischio di configurare una vera e propria culpa in re ipsa, soprattutto laddove l’astratta inapplicabilità del principio di affidamento porti a non considerare, nella complessiva valutazione della fattispecie concreta, la necessità di assolvere anche alle proprie incombenze. La perentorietà dell’affermazione secondo cui la posizione di controllo di per sé preclude la possibilità di invocare il legittimo affidamento, infatti, rende di certo poco pregnante il riferimento ai requisiti della riconoscibilità ed evitabilità dell’altrui condotta colposa, che inevitabilmente finiscono per essere presunti nello spettro indeterminato

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correttamente il lavoro fra i vari cooperatori e non ravvisi nello specifico motivi per dubitare del corretto espletamento da parte dei propri collaboratori dei compiti loro assegnati potrà invocare in funzione nei propri confronti liberatoria da responsabilità penale il principio di affidamento296. Soluzione che si impone anche

in considerazione del fatto che il capo-équipe dovrebbe svolgere una funzione di controllo dell’operato altrui in aggiunta al naturale disimpegno dei compiti tecnico- professionali a lui spettanti297. È chiaro, quindi, che significherebbe gravare tale

figura di compiti e responsabilità eccessive – a detrimento, in definitiva, della sicurezza del paziente – imporgli un dovere di controllo dal perimetro così lato, come inteso dalla giurisprudenza maggioritaria: oltre che risolversi in una violazione dell’art. 27, comma 1 Cost. – essendo, di fatto, un’ipotesi di responsabilità oggettiva – si tratterebbe di una scelta organizzativa cautelarmente inefficace, esponendo anzi il paziente a rischi maggiori.

Alla luce dei canoni interpretativi proposti, potrebbe risolversi differentemente il caso citato supra298, relativo alla somministrazione nel paziente di

della culpa in vigilando. Decisivo rilievo deve quindi essere conferito all’analisi dei peculiari elementi fattuali del singolo caso, piuttosto che valutazioni di principio radicate su formule tralatizie di un’ampiezza tale da prestarsi agevolmente a manipolazioni interpretative».

296 Sembra uniformarsi a tale opzione interpretativa la recentissima Cass. Pen., Sez. IV, 18 giugno 2013, n.

43988, in <www.avvocatopenalista.org.>, la quale, pur richiamando il principio giurisprudenziale per cui ogni cooperatore deve rispettare gli obblighi di diligenza riferibili alla propria specifica mansione ma anche conoscere e valutare l’altrui precedente o contestuale operato, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui siano evidenti e non settoriali, con riferimento alla posizione del capo-équipe ha annullato con rinvio la sentenza di condanna emessa in appello in cui non si è verificato in concreto se il comportamento colposo altrui fosse in concreto riconoscibile dal predetto capo-équipe. A conferma del fatto che rivestire una posizione apicale all’interno del gruppo di lavoro non implica per ciò solo la non invocabilità dell’affidamento sulla correttezza della condotta altrui, non apparentemente erronea.

297 Cfr. A.R.DI LANDRO, Vecchie e nuove linee ricostruttive in tema di responsabilità penale nel lavoro medico d’équipe,

op. cit., p. 253, il quale evidenzia che «se è vero che la competenza di controllare e coordinare le prestazioni dei

collaboratori spetta in via autonoma al capo-équipe, è anche evidente che un tale obbligo generico si specifica poi in concreto relazione alla percezione (o alla possibilità di percepire) da parte del primario di errori di condotta già verificatisi, in corso o che stanno per verificarsi […]. Con la precisazione che, ad escludere la valenza del principio di affidamento, non è l’errore che, pur riconoscibile, sia insignificante, ma solo l’errore che sia anche fonte di pericolo per il paziente».

In giurisprudenza, ex multis, cfr. Pret. Vibo Valentia, 15 marzo 1999, Garruzzo, in Riv. it. Med. Leg., 2000, p 875 e in Cass. pen., 1999, p. 3264: «In ipotesi di omicidio colposo per responsabilità professionale medica, il comportamento

colposo altrui imprevedibile esclude la responsabilità degli altri partecipanti all’attività d’équipe, ed è imprevedibile quando non risultino elementi tali, nel caso concreto, da far venire meno il principio dell’affidamento, e cioè quando nel caso concreto non si dimostrino circostanze tali da rendere prevedibile la negligenza altrui, quale ad esempio può essere un’attività colposa già in atto, oppure un errore commesso in fase preparatoria, oppure le cattive condizioni fisiche del collega: esclusa la sussistenza di tali circostanze, la divisione delle responsabilità è dovuta alla necessità di consentire che ciascuno si concentri sul proprio lavoro facendo affidamento sulla professionalità dell’altro».

298 Cass. Pen. Sez. IV, 16 giugno 2008, n. 24360, Rago, in F. GIUNTA-G. LUBINU-D. MICHELETTI-P.

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disinfettante anziché di soluzione fisiologica, con conseguente necrosi di tessuti del volto: la semplicità dell’incombenza dal capo-équipe delegata all’assistente ben poteva giustificare l’applicazione del principio di affidamento, a meno che in concreto non fossero riconoscibili segnali di rischio come ad esempio la confondibilità dei flaconi contenenti le diverse sostanze299.

IV. [La responsabilità dei medici in posizione funzionale subordinata].

Dopo avere analizzato la responsabilità del medico in posizione apicale, il discorso sul riparto delle responsabilità nei rapporti medici strutturati secondo il modello della divisione del lavoro in senso verticale deve essere completato col riferimento alla responsabilità dei medici in posizione funzionale subalterna300.

In astratto, due sono le situazioni prospettabili: a) la responsabilità del medico in posizione funzionale inferiore per fatto da lui materialmente commesso in attuazione di direttive o istruzioni erronee impartite dal medico in posizione apicale, a cui egli abbia prestato acquiescenza; b) il caso in cui il fatto sia compiuto dal

299 Analogamente, A.ROIATI, Medicina difensiva e colpa professionale medica in diritto penale, op. cit., p. 299, il quale

evidenzia che «il rivestimento di una posizione apicale accentua sì l’obbligo di vigilanza sull’operato dei collaboratori, ma non può spingersi al punto di configurare un obbligo di controllo costante ed ininterrotto sull’altrui condotta, dovendo essere inteso piuttosto come dovere generico di supervisione e coordinamento delle attività poste in essere dai compartecipi, fermo restando l’obbligo di attivarsi direttamente per prevenire o porre rimedio ad eventuali e percepibili condotte colpose altrui». Nello stesso senso, D.GUIDI, L’attività medica in

équipe alla luce della recente elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, op. cit., p. 240; A. MASSARO, Il principio di

affidamento e obbligo di vigilanza sull’operato altrui: riflessioni in materia di attività medico-chirurgica in équipe, op. cit., p.

3867.

300 L.FORNARI, La posizione di garanzia del medico, op. cit., pp. 854 e ss.;A.R.DI LANDRO, Vecchie e nuove linee

ricostruttive in tema di responsabilità penale nel lavoro medico d’équipe, op. cit., pp. 231 e ss.; D.GUIDI, L’attività medica

in équipe alla luce della recente elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, op. cit., p. 228 e ss.; L.GIZZI, Équipe medica e

responsabilità penale, op. cit., pp. 127 e ss.; R.FRESA, La colpa professionale in ambito sanitario, op. cit., pp. 347 e ss.; A.

PALMA, La divisione del lavoro in ambito sanitario tra principio di affidamento e dovere di controllo, op. cit., pp. 617 e ss.; F.

AMBROSETTI-M.PICCINELLI-R.PICCINELLI, La responsabilità nel lavoro medico d’équipe, op. cit., pp. 36 e ss.;V.

FINESCHI-P. FRATI-C. POMARA, I principi dell’autonomia vincolata, dell’autonomia limitata e dell’affidamento nella

definizione della responsabilità medica, op. cit., pp. 261 e ss.; M.RIVERDITI, Responsabilità dell’assistente medico per gli

errori terapeutici del primario: la mancata manifestazione del dissenso dà (sempre) luogo ad un’ipotesi di responsabilità per “mancato impedimento dell’evento”?, in Cass. Pen., 2001, p. 157; L.RISICATO, L’attività medica di équipe tra affidamento

ed obblighi di controllo reciproco, op. cit., pp. 51 e ss., secondo cui il severo orientamento giurisprudenziale

commentato «è stato talora smentito da pronunce coraggiose della giurisprudenza di merito, dove il rapporto tra membri dell’équipe non è più inteso come una relazione tra “affidante” e “affidatario”, bensì come l’interazione tra persone dotate d valide competenze e professionalità (in piena coerenza col più autentico spirito del Vertrauensgrundsatz). Secondo questa diversa impostazione, in atto del tutto minoritaria, l’operatività del principio di affidamento non sarebbe intaccata dal fatto che il primario abbia il coordinamento e di controllo dell’altrui operato, ben dovendo anche in tale ambito ciascuno dei sanitari poter contare sulle capacità altrui, tranne che nei casi in cui l’evento lesivo sia concretamente prevedibile. Ne consegue che il comportamento colposo altrui imprevedibile escluderebbe la responsabilità penale degli altri componenti dell’équipe».

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medico in posizione apicale con la collaborazione del medico in posizione funzionale inferiore.

Giova premettere come la giurisprudenza sia, sul punto, particolarmente rigida, anzitutto non operando alcuna delle distinzioni cennate; ed inoltre, riconoscendo in modo pressoché automatico casi di cooperazione colposa in simili ipotesi: nel caso sub a) per non avere il medico in posizione funzionale inferiore rilevato l’erroneità degli ordini diagnostico-terapeutici ricevuti; nel caso sub b) per non aver colto l’inosservanza cautelare del medico in posizione funzionale superiore, ponendo rimedio all’errore nell’interesse del paziente.

In sostanza, la giurisprudenza sembra postulare una sorta di obbligo di «controllo incrociato» fra i vari medici in differente posizione funzionale, supponendo, dunque, che anche il medico funzionalmente inferiore possa sindacare nel merito l’operato dei medici più esperti e porre rimedio ad eventuali defaillances professionali.

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