vigilando] Oltre all’obbligo di corretta suddivisione del lavoro, grava sul medico in
posizione apicale anche l’obbligo di impartire direttive ed istruzioni al personale afferente alla propria divisione e di verificare che in concreto siano attuate, il tutto nel rispetto dell’autonomia professionale dei medici con cui collabora235.
232 In senso conforme, F.GIUNTA, La normatività della colpa. Lineamenti di una teorica, op. cit., p. 107: «[…] se il
soggetto cui viene affidato lo svolgimento dell’attività pericolosa è a ciò abilitato dalla legge, non può pretendersi in capo al delegante un accertamento delle capacità del delegato, che si spinga oltre la verifica dei requisiti formali che ne attestano l’abilitazione. Qui opera […] il principio dell'affidamento, come espressione dell’aspettativa dell’altrui diligenza».
233 D.GUIDI, L’attività medica in équipe alla luce della recente elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, op. cit., p. 224 234 Cfr. Cass. Pen., Sez. IV, 1 dicembre 2004, n. 9739, Dilonardo ed altri, in C.E.D. Cass., n. 230820: «In tema
di responsabilità professionale del medico, il capo dell’equipe operatoria è titolare di un’ampia posizione di garanzia nei confronti del paziente che si estende alla fase dell’assistenza post-operatoria, che il chirurgo ha il dovere di controllare e seguire direttamente, anche attraverso interposta persona. (Nella fattispecie – decesso della vittima nella fase successiva all’intervento chirurgico – il medico è stato ritenuto, insieme agli altri operatori sanitari imputati, responsabile del decesso proprio in quanto, nella sua qualità, avrebbe dovuto assicurarsi che la vittima fosse adeguatamente assistita dopo l’operazione da personale idoneo e presente in numero adeguato, cui egli avrebbe dovuto anche fornire tutte le indicazioni terapeutiche necessarie: a maggior ragione per il fatto che il chirurgo stesso aveva imprudentemente deciso di praticare un intervento altamente specialistico nell’ultimo turno pomeridiano così precostituendo le condizioni di quella prevedibile carenza di assistenza notturna successiva che avrebbe determinato la morte del paziente)».
235 A tal fine, riportiamo il contenuto dei commi 6 e 7 dell’art. 63, D.P.R. n. 761/1979: «[…] cura la preparazione
dei piani di lavoro e la loro attuazione ed esercita funzioni di indirizzo e di verifica sulle prestazioni di diagnosi e cura, nel rispetto della autonomia professionale operativa del personale dell’unità assegnatagli, impartendo all’uopo istruzioni e direttive ed esercitando la verifica inerente all’attuazione di esse.
In particolare, per quanto concerne le attività in ambiente ospedaliero, assegna a sé e agli altri medici i pazienti ricoverati e può avocare casi alla sua diretta responsabilità, fermo restando l’obbligo di collaborazione da parte del personale appartenente alle altre posizioni funzionali».
In dottrina, cfr. C.PARODI-V.NIZZA, La responsabilità penale del personale medico e paramedico, op. cit., p. 134; F.
GIOVANNI PIETRO LUBINU
Proprio in questo genere di ipotesi si innesta il limite all’operatività del principio di affidamento. Chi abbia istituzionalmente un obbligo di controllo dell’altrui operato non potrebbe confidare nella sua correttezza, assurgendo questa proprio ad oggetto della propria vigilanza236. Inteso in questi termini, il dovere di
controllo segna un limite apparentemente invalicabile all’applicazione del principio di affidamento. Questo principio esclude di regola la configurabilità di obblighi di diligenza aventi ad oggetto la condotta altrui; e non dovrebbe, logicamente, nei casi in cui i doveri cautelari incombenti sul soggetto considerato contemplino proprio la vigilanza sulla correttezza del comportamento di coloro con cui si trovi a cooperare.
Il problema che si pone in questi casi consiste nel comprendere se la presenza di obblighi di controllo sull’operato altrui escluda completamente la possibilità di fare affidamento sulla altrui diligenza, con conseguente configurabilità di una cooperazione colposa in caso di evento infausto derivante dall’altrui condotta inosservante non percepita né emendata. In tal caso, appare evidente il rischio di contrasto col principio di responsabilità penale personale, ex art. 27, comma 1 Cost.: ipotizzare un obbligo di controllo tanto pervasivo da non consentire alcun margine di affidamento sulla bontà dell’operato altrui significa esporre a responsabilità penale il medico in posizione apicale per ogni evento lesivo possa occorrere nel reparto affidato alla sua direzione. Ciò, a prescindere da fattori quali le dimensioni della struttura, il numero di pazienti ricoverati, l’assegnazione degli stessi a medici di livello funzionale inferiore ma comunque dotati per legge di un’autonomia professionale il cui rispetto è imposto alla stessa figura apicale.
S’impone quindi la ricerca di soluzioni interpretative che, pur facendo salvo l’obbligo di controllo in analisi, individuino spazi di rilevanza per il principio di
DI LANDRO, Vecchie e nuove linee ricostruttive in tema di responsabilità penale nel lavoro medico d’équipe, op. cit., pp.
246 e ss.;
In giurisprudenza, cfr. Cass. Pen., Sez. IV, 2 maggio 1989, n. 7162, Argelli, in C.E.D. Cass., n. 181340; Cass., Pen., Sez. IV, 17 novembre 1995, n. 1095, Ferraro, in C.E.D. Cass., n. 205212.
236 G. MARINUCCI-G. MARRUBINI, Profili penalistici del lavoro medico-chirurgico in équipe, op. cit., p. 220; M.
MANTOVANI, Sui limiti del principio di affidamento, op. cit., pp. 1195 e ss.; A.MASSARO, Principio di affidamento e
“obbligo di vigilanza” sull’operato altrui: riflessioni in materia di attività medico-chirurgica in équipe, op. cit., p. 3861; A.R. DI LANDRO, Vecchie e nuove linee ricostruttive in tema di responsabilità penale nel lavoro medico d’équipe, op. cit., pp. 252
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affidamento, in maniera tale da ricondurre la responsabilità del c.d. «primario» entro i limiti tracciati dalla Carta costituzionale237.
III. 1. 2. 1. [Omissione di direttive o istruzioni al personale] I casi
astrattamente prospettabili sono riconducibili a due fondamentali categorie. Possiamo citare anzitutto il caso in cui il medico in posizione apicale non impartisca affatto direttive o istruzioni al personale medico alle sue dipendenze, oppure queste siano erronee rispetto al caso concreto. È la ipotesi più semplice, effettivamente. In tal caso, il medico in posizione apicale, avendo disatteso obblighi di diligenza facenti parte della propria posizione di garanzia, risponde dell’evento infausto. Si pone, in questo caso, il problema della corresponsabilità del medico in posizione funzionale inferiore che abbia portato ad esecuzione la direttiva o istruzione erronea, in adesione fedele alla scelta diagnostico-terapeutica in essa condensata e promanante dal medico in posizione apicale. Il problema, relativo al grado di vincolatività delle direttive o istruzioni impartite dal medico in posizione apicale in rapporto alla garanzia, ribadita dal D. Lgs. n. 502/’92, dell’autonomia professionale di ogni dirigente sanitario, sarà affrontato successivamente, attenendo alla responsabilità del medico in posizione funzionale inferiore per fatto del superiore gerarchico238.