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1 [Quadro normativo di riferimento] Ancora una volta, similmente al

procedimento logico seguito nell’analizzare la figura del medico in posizione apicale, riteniamo doveroso richiamare i dati normativi applicabili alle figure mediche subalterne301. Ci dovremo riferire agli artt. 63 D.P.R. n. 761/1979 e 15, D. Lgs. n.

502/1992 e successive modifiche.

In particolare, l’art. 63, D.P.R. n. 761/1979 dedica a tali figure professionali i commi 3 e 4: «Il medico appartenente alla posizione iniziale svolge funzioni medico-chirurgiche

di supporto e funzioni di studio, di didattica e di ricerca, nonché attività finalizzate alla sua formazione, all’interno dell’area dei servizi alla quale è assegnato, secondo le direttive dei medici appartenenti alle posizioni funzionali superiori. Ha la responsabilità per le attività professionali a lui direttamente affidate e per le istruzioni e direttive impartite nonché per i risultati conseguiti. La sua attività è soggetta a controllo e gode di autonomia vincolata alle direttive ricevute.

Il medico appartenente alla posizione intermedia svolge funzioni autonome nell’area dei servizi a lui affidata, relativamente ad attività e prestazioni medico-chirurgiche, nonché ad attività

301 M. L. FERRANTE, Gli obblighi di impedire l’evento nelle strutture sanitarie complesse, op. cit., pp. 139 e ss.; L.

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di studio, di didattica, di ricerca e di partecipazione dipartimentale, anche sotto il profilo della diagnosi e cura, nel rispetto delle necessità del lavoro di gruppo e sulla base delle direttive ricevute dal medico appartenente alla posizione apicale».

L’art. 15, D. Lgs. n. 502/1992, invece, dopo aver richiamato, al terzo comma, il principio per cui «L’attività dei dirigenti sanitari è caratterizzata, nello svolgimento

delle proprie mansioni e funzioni, dall’autonomia tecnico-professionale i cui ambiti di esercizio, attraverso obiettivi momenti di valutazione e verifica, sono progressivamente ampliati»; autonomia

«con le connesse responsabilità [da esercitarsi] nel rispetto della collaborazione multiprofessionale,

nell’ambito di indirizzi operativi e programmi di attività promossi, valutati e verificati a livello dipartimentale ed aziendale, finalizzati all'efficace utilizzo delle risorse e all’erogazione di prestazioni appropriate e di qualità», dedica il comma 4 ai dirigenti sanitari «all’atto della prima assunzione» e con cinque anni di anzianità di servizio valutati positivamente. Nel

primo caso, «al dirigente sanitario sono affidati compiti professionali con precisi ambiti di

autonomia da esercitare nel rispetto degli indirizzi del dirigente responsabile della struttura e sono attribuite funzioni di collaborazione e corresponsabilità nella gestione delle attività. A tali fini il dirigente responsabile della struttura predispone e assegna al dirigente un programma di attività finalizzato al raggiungimento degli obiettivi prefissati ed al perfezionamento delle competenze tecnico professionali e gestionali riferite alla struttura di appartenenza». Mentre al dirigente sanitario

con cinque anni di anzianità di servizio, la disposizione stabilisce che «sono attribuite

funzioni di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, studio e ricerca, ispettive, di verifica e di controllo, nonché possono essere attribuiti incarichi di direzione di strutture semplici».

Ad una prima analisi, appare evidente come il quadro normativo delineato determini una valorizzazione della autonomia professionale, riconosciuta ad ogni profilo funzionale di cui si compone l’unico ruolo della dirigenza sanitaria. Tale autonomia tecnico-professionale nei suoi ambiti di esercizio, presenta un perimetro dimensionale progressivamente crescente, e tali incrementi richiedono il positivo superamento di obiettivi momenti di valutazione, con riferimento alla avvenuta acquisizione da parte del medico sottoposto a valutazione di quelle maggiori competenze teoriche ed empiriche che gli permettono di acquisire una autonomia

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sempre maggiore anche con riferimento a mansioni progressivamente più complesse, fino alla direzione di strutture semplici o di strutture complesse.

Con riferimento, poi, agli specifici aspetti che vanno a comporre il ruolo dei medici in posizione subalterna, le due disposizioni in analisi mostrano una certa consonanza contenutistica con riferimento alla figura del dirigente sanitario appena assunto (dunque, secondo la terminologia del 1979, il medico «in posizione iniziale»): in entrambi i testi normativi si evidenzia il fatto che a questa figura professionale possano essere affidati incarichi professionali specifici, in relazione ai quali assume una piena responsabilità, correlativamente al ruolo di autonomia professionale di cui gode. Entrambe le disposizioni, peraltro, concordano sul fatto che l’autonomia di tale professionista sia limitata: precisamente, l’art. 63, D.P.R. n. 761/1979, più preciso e dettagliato sul punto, stabilisce, come detto, che l’assistente «Ha la responsabilità per le attività professionali a lui direttamente affidate e per le istruzioni e

direttive impartite nonché per i risultati conseguiti. La sua attività è soggetta a controllo e gode di autonomia vincolata alle direttive ricevute».

Anche il medico in posizione funzionale intermedia gode di una posizione funzionale simile. La sua autonomia professionale ha un ambito maggiormente esteso, essendo affidatario di una «area di servizi» (ex art. 63, D.P.R. n. 761/1979), oppure di incarichi professionali «di alta specializzazione» oppure della «direzione di

strutture semplici». Tuttavia, anche in tal caso l’autonomia professionale incontra delle

limitazioni, in quanto devono essere rispettate le «necessità del lavoro di gruppo» e inoltre il lavoro deve essere conforme alle «direttive ricevute dal medico appartenente alla posizione

apicale». In verità, il D. Lgs. n. 502/1992 sul punto sembra distaccarsi dal dettato

normativo del D.P.R. 761/1979, non riferendosi esplicitamente al fatto che il dirigente sanitario di struttura semplice debba soggiacere al potere direttivo del direttore di struttura complessa. Tuttavia, deve ritenersi che le due disposizioni debbano essere interpretate necessariamente in modo armonico, non avendo la più recente abrogato l’anteriore – come ritenuto dalla dottrina e giurisprudenza maggioritaria – e dovendo, dunque, entrambe le norme integrarsi reciprocamente.

Il quadro normativo applicabile al tema in analisi deve essere completato col riferimento a quel potere del medico in posizione apicale di cui abbiamo fatto

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solo brevi cenni in precedenza. Abbiamo già diffusamente analizzato il potere- dovere di divisione del lavoro all’interno del reparto che grava su questa figura professionale e viene espletato attraverso l’assegnazione dei pazienti a sé o agli altri medici incardinati nella struttura. Dovremmo ora analizzare diffusamente il potere di avocazione del caso clinico alla diretta responsabilità del medico in posizione apicale, nel caso in cui emerga un dissenso – con riferimento al percorso diagnostico-terapeutico da seguire – fra questi e i medici subalterni con cui collabora.

Dunque, con riferimento ai medici in posizione funzionale subalterna, si pone il problema di analizzare, nei loro riflessi penalistici, le posizioni di «autonomia vincolata» e «autonomia» “limitata” con cui il legislatore descrive l’ambito operativo, rispettivamente, del medico in posizione iniziale e del medico in posizione intermedia302.

Dato che in entrambi i casi i limite all’autonomia professionale è rappresentato, nel caso del medico in posizione iniziale, dalle direttive e istruzioni del medico in posizione apicale, mentre, nel caso del medico in posizione intermedia, dalle sole direttive, sembra evidente che la piena comprensione delle espressioni poc’anzi debba necessariamente presupporre la soluzione del correlato tema del livello di vincolatività di tali direttive e istruzioni. Il che si traduce nel fondamentale quesito: il rapporto fra medici di diversa posizione funzionale presenta una gerarchizzazione rigida o flessibile? Precisando che intendiamo col termine “rigido” un modello gerarchico in cui gli “ordini” emanati dal superiore vincolano in toto il destinatario funzionalmente subalterno, elidendone l’autonomia professionale; col termine “flessibile” un sistema, pur gerarchico, in cui la vincolatività dell’ordine impartito dal medico sovraordinato lascia tuttavia margini di autonomia operativa al medico subalterno, potendo egli spingersi fino a dissentire da tali istruzioni, fino a disattendere nel caso in cui ritenga che possano comportare un rischio di lesione per la salute del paziente.

302 V.FINESCHI-P.FRATI-C.POMARA, I principi dell’autonomia vincolata, dell’autonomia limitata e dell’affidamento nella

definizione della responsabilità medica, op. cit., pp. 261 e ss.; L.RISICATO, L’attività medica di équipe tra affidamento ed

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Preliminarmente, prima di addentrarci nella tematica sopra sinteticamente tratteggiata, occorre precisare che il rapporto fra sanitari operanti nella stessa struttura sanitaria pubblica è un rapporto di diritto pubblico. Ciò è desumibile da diversi fattori. Anzitutto la lettera del D.P.R. 761/1979 è chiara nel riferirsi costantemente a soggetti incardinati in strutture pubbliche. Sono, infatti, numerosi gli articoli di questa legge che estendono ai sanitari le norme relative ai dipendenti civili dello Stato303. È, inoltre, probante anche il fatto che l’attività di questi soggetti

sia regolamentata da uno specifico D.P.R., oltre che dal D. Lgs. n. 502/1992: testi normativi che definiscono i tratti essenziali del rapporto fra medici di diversa posizione funzionale. Infine, il rapporto fra tali figure professionali presenta dei tratti di gerarchia pubblicistica denotati dal potere del medico in posizione apicale di emanare direttive vincolanti e di esercitare un potere di controllo sulla loro concreta attuazione, fino all’estremo dell’esercizio del potere di avocazione; e dalla correlativa autonomia delle posizioni funzionali inferiori, limitata però dai predetti poteri del vertice funzionale304.

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