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2 1 3 [L’interpretazione del 113 c.p alla luce della concezione

normativa della colpa] In tempi recenti, acquisita la concezione normativa della colpa sul piano monosoggettivo385, autorevole dottrina ha cercato di trasporre tale

risultato nell’interpretazione dell’art. 113 c.p.. Tratto comune alle diverse teorie è – oltre, ovviamente, alla necessità di abbandonare del tutto una concezione della colpa in senso meramente psicologico – la ritenuta insufficienza del requisito strutturale del legame psicologico fra le condotte per applicare una disciplina maggiormente rigorosa come quella concorsuale: un contingente legame di reciproca consapevolezza di concorrere non aggiungerebbe un apprezzabile disvalore aggiuntivo rispetto alla affine ipotesi di concorso di cause colpose indipendenti.

III. 2. 1. 3. 1. [Tesi della prevedibilità dell’altrui condotta colposa] In questo

solco si colloca l’opinione di chi ha ritenuto essenziale ai fini della configurazione di una ipotesi di cooperazione colposa la prevedibilità dell’altrui condotta colposa come concorrente con la propria386. Tale elemento permetterebbe di fondare il

rimprovero per colpa: attraverso tale elemento normativo, la prevedibile violazione cautelare altrui permette l’imputazione dell’evento, in quanto riconoscibile in via mediata attraverso, appunto, l’altrui violazione cautelare. Questo criterio conferisce all’art. 113 una funzione diversa a seconda che si considerino i reati causalmente orientati o i reati a condotta vincolata. Nel primo caso, il criterio della prevedibilità della condotta altrui colposa attribuirebbe all’art. 113 una funzione di disciplina relativamente a condotte già tipiche monosoggettivamente. Con riferimento, invece,

384 L.CORNACCHIA, Concorso di colpe e principio di responsabilità per fatto proprio, Torino, 2004, p. 146.

385 M.GALLO, Il concetto unitario di colpevolezza, Milano, 1958, p. 60; ID., voce Colpa penale (dir. vig.), op. cit., p. 634;

G.MARINUCCI, La colpa per inosservanza di leggi, op. cit., p. 85 e ss.; ID., Il reato come “azione”. Critica di un dogma, Milano, 1971, p. 112 e ss.; T.PADOVANI, Il grado della colpa, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1969, p. 864 e ss.; F. GIUNTA, Illiceità e colpevolezza nella responsabilità colposa, op. cit., passim.

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ai reati a condotta vincolata, assistiamo ad un pieno esplicarsi della funzione incriminatrice dell’art. 113 c.p., purché il partecipe abbia integrato sia la misura oggettiva, sia quella soggettiva della colpa387: l’art. 113 c.p. attribuisce rilevanza, in

sede concorsuale, ad una condotta originariamente atipica rispetto alla fattispecie monosoggettiva.

III. 2. 1. 3. 2. [Tesi della violazione di regole cautelari secondarie] Altra

ricostruzione388 degna di menzione ha preso le mosse dalla critica all’orientamento

interpretativo che considera il legame psicologico fra i compartecipi, cioè la consapevolezza di concorrere con altri ad un fatto plurisoggettivo, come requisito indefettibile della cooperazione colposa e come criterio distintivo fra questa ipotesi ed il concorso di cause colpose indipendenti389. Tale ipotesi sarebbe accettabile se si

muovesse dal presupposto che tutti i contributi concorsuali, ex art. 113 c.p., siano già di per sé tipici rispetto alla fattispecie di parte speciale, e, di conseguenza, il legame psicologico tra le condotte servirebbe unicamente ad applicare – nell’ambito dei reati causali puri – la disciplina concorsuale. Si sostiene, quindi, che la piena affermazione delle concezione normativa della colpa impone, anche in sede concorsuale, di ravvisare, a monte di un asserito comportamento di partecipazione, una violazione cautelare.

Fra le regole cautelari – normalmente volte a fornire all’agente che eserciti un’attività rischiosa un protocollo comportamentale atto a evitare o ridurre il rischio di verificazione dell’evento lesivo – ne sono individuabili alcune di una tipologia particolare: sono dirette non al proprio ma all’altrui comportamento, imponendone la verifica, il controllo, l’impedimento390. Si tratterebbe di regole cautelari c.d.

«secondarie», volte non già direttamente ad evitare l’evento lesivo, ma ad evitare un comportamento altrui pericoloso e dunque – mediatamente – ad evitare l’evento lesivo. Quindi l’art. 113 permetterebbe di dare tipicità, quindi rilevanza penale, alla violazione di questo genere di regole cautelari e, di conseguenza, è possibile

387 P.SEVERINO DI BENEDETTO, La cooperazione nel delitto colposo, op. cit., p. 123. 388 G.COGNETTA, La cooperazione nel delitto colposo, op. cit., pp. 63 e ss.

389 G.COGNETTA, La cooperazione nel delitto colposo, op. cit., pp. 86 e ss. 390 G.COGNETTA, La cooperazione nel delitto colposo, op. cit., p. 88.

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apprezzare una sostanziale differenza strutturale fra la colpa monosoggettiva e quella rilevante ex art. 113. Mentre nella colpa monosoggettiva il soggetto risponde per la violazione di una regola cautelare che si ponga in nesso di rischio con l’evento in concreto realizzatosi, nel caso dei comportamenti atipici di partecipazione il partecipe risponde dell’evento se la condotta ha agevolato o determinato la condotta colposa dell’esecutore principale ed egli abbia agito nonostante la rappresentabilità di tale condotta, elemento che fa sorgere l’obbligo di conformare il proprio comportamento ad una regola cautelare “secondaria” che mirava a prevenire l’evento imponendo l’adozione di ulteriori cautele391.

Assumendo, dunque, che l’art. 113 c.p. permetta di conferire tipicità a condotte che violano specifiche regole cautelari, caratterizzate dal fatto di essere rivolte non al proprio ma al comportamento altrui, non si omette di precisare che colui che violi tali regole non risponderà per un qualsiasi evento che dovesse causalmente derivarne, ma solo per ciò che fosse prevedibile ed evitabile rispettando l’obbligo cautelare secondario.

In ultima analisi «l’imputazione concorsuale della condotta di cooperazione colposa, atipica rispetto alla esecuzione della fattispecie monosoggettiva, non si basa su di un rapporto psichico, ma sull’inosservanza di una regola cautelare avente ad oggetto l’altrui comportamento e finalizzata ad impedire che questo possa rappresentare una fonte di pericolo di eventi lesivi»392.

Questa ricostruzione, come appare evidente, poggia sulla teoria dell’accessorietà nel senso che il contributo atipico in prospettiva monosoggettiva, pur contrastante con un obbligo cautelare secondario, rimane atipico in assenza di una condotta principale colposa393.

Con riferimento al rapporto fra l’art. 113 c.p. ed il principio di affidamento, questa ricostruzione sembra solo apparentemente coerente con quanto affermato con riferimento al limite generale all’applicabilità di tale principio. La genesi del dovere cautelare secondario di controllo ed eventuale impedimento della condotta altrui colposa sorge se questa sia rappresentabile al soggetto agente. In altre parole si

391 G.COGNETTA, La cooperazione nel delitto colposo, op. cit., p. 89. 392 G.COGNETTA, La cooperazione nel delitto colposo, op. cit., p. 91. 393 G.COGNETTA, La cooperazione nel delitto colposo, op. cit., p. 91.

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