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Tipologie di cooperazione medica] Ora, il discorso teorico sul principio

di affidamento deve essere calato nel settore oggetto della nostra indagine, quello medico-chirurgico, allo scopo di verificarne le applicazioni concrete emergenti dalla prassi. Una indagine di questo tipo ci permetterà: a) di verificare quali siano i limiti all’applicazione del principio in analisi che la giurisprudenza ha enucleato; b) di verificare se effettivamente il principio di affidamento sia propriamente un “principio” o se, invece, le eccezioni cui va incontro ne riducano talmente il raggio di applicazione da non poter fungere da generale criterio di riparto delle responsabilità in questi peculiari contesti plurisoggettivi.

L’ambito applicativo del principio di affidamento nel settore medico- chirurgico varia in dipendenza delle modalità in cui si struttura la cooperazione medica: a) cooperazione sincronica o diacronica 168 ; b) cooperazione

monodisciplinare o multidisciplinare169; c) cooperazione fra medici legati da vincoli

gerarchici o fra medici non legati in tal senso.

167 A.PALMA, La divisione del lavoro in ambito sanitario tra principio di affidamento e dovere di controllo, op. cit., p. 599:

«Secondo il prevalente orientamento, il principio di affidamento trova il proprio fondamento dogmatico nella teoria della colpa, operando quale limite al dovere di diligenza che, quindi, ove operante, determina l’atipicità del fatto colposo per carenza della componente oggettiva della colpa. In altri termini, la funzione del principio di affidamento è proprio quella di “modellare” la tipicità del fatto colposo nelle situazioni plurisoggettive, escludendo, come regola, la configurabilità di obblighi diretti al comportamento di terzi».

168 Si ha cooperazione sincronica quando una pluralità di medici cooperano allo stesso caso clinico nello stesso

contesto spazio-temporale. La cooperazione è diacronica quando lo stesso caso clinico sia trattato da una pluralità di medici con apporti temporalmente posti in sequenza e spazialmente slegati. Cfr. D.CASTRONUOVO-L. RAMPONI, Dolo e colpa nel trattamento medico-sanitario, op. cit., pp. 991 e ss.; D.GUIDI, L’attività medica in équipe

alla luce della recente elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, op. cit., passim.

169 La cooperazione è monodisciplinare quando uno stesso paziente è sottoposto alle cure di una pluralità di medici

specializzati nella stessa branca della medicina: è quanto avviene normalmente nel reparto; è invece

pluridisciplinare quando la pluralità di medici impegnata su uno stesso paziente è composta da medici

specializzati in differenti aree disciplinari. La divisione assume rilevanza in relazione alla possibilità di ciascuno di sindacare nel merito l’operato altrui, possibile nei casi di monodisciplinarietà, più problematico – come vedremo, nei casi di pluridisciplinarietà. Cfr. D.GUIDI, L’attività medica in équipe alla luce della recente elaborazione

dottrinale e giurisprudenziale, op. cit., p. 215; A.R.DI LANDRO, Vecchie e nuove linee ricostruttive in tema di responsabilità

penale nel lavoro medico d’équipe, op. cit., p. 228; F.AMBROSETTI-M.PICCINELLI-R.PICCINELLI, La responsabilità

nel lavoro medico d’équipe, op. cit., pp. 5 e ss. e 101 e ss., rispettivamente per la divisione del lavoro in senso

GIOVANNI PIETRO LUBINU

Per la presente trattazione riteniamo opportuno tracciare una summa divisio in base al criterio enunciato sub c).

Distinguere a seconda dell’esistenza o meno di vincoli gerarchici fra i medici che cooperano ad uno stesso caso clinico permette di mettere in evidenza chiari riflessi sulla metodologia di divisione del lavoro che può essere adottata in concreto: a) nel caso delle équipes organizzate gerarchicamente, la divisione del lavoro avviene in senso verticale, nel senso che il medico di livello funzionale apicale ripartisce il carico di lavoro gravante sulla struttura da lui diretta affidandolo a medici che si inscrivono nella gerarchia funzionale ad un livello sottordinato, sottoponendoli – vedremo entro quali limiti – a controllo; la divisione del lavoro può essere descritta come “verticale” perché il medico in posizione apicale, competente – ovviamente – nella stessa branca dell’arte medica in cui sono specializzati gli altri medici subalterni incardinati nello stesso reparto, mantiene un potere di controllo sull’attività altrui: egli semplicemente lo attribuisce, per esigenze organizzative, ad un medico funzionalmente inferiore nell’organigramma del reparto; la caratteristica fondamentale di questo modello organizzativo è, evidentemente, la sua monodisciplinarietà, condizione per cui ciascuno possa sindacare nel merito l’operato altrui, afferendo tutti i medici del reparto, come detto, ad una stessa branca dell’arte medica; b) invece, nelle équipes i cui componenti non sono fra loro legati da vincoli gerarchici il lavoro viene ripartito orizzontalmente in quanto i medici che vi prendono parte – afferenti a diversi reparti – sono specialisti in settori diversi della medicina; tratto fondamentale di tale modello cooperativo è la pluridisciplinarietà degli apporti, tale che ciascuno non può sindacare nel merito l’operato specialistico altrui; in tali casi, si pone il problema se siano tuttavia configurabili obblighi di controllo reciproco relativamente a rischi riconducibili alle conoscenze tecnico-scientifiche “comuni”, cioè facenti parte del bagaglio culturale comune ad ogni laureato in medicina e chirurgia, con conseguente esautoramento del principio di affidamento170.

170 Sulla distinzione, nell’alveo della cooperazione medica sincronica e diacronica, fra divisione orizzontale e

divisione verticale del lavoro, cfr. D.CASTRONUOVO-L.RAMPONI, Dolo e colpa nel trattamento medico-sanitario, op.

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Procedere in questo modo ci permetterà di trattare dei due fondamentali limiti all’applicazione del principio di affidamento che la giurisprudenza ha enucleato.

Trattando delle attività mediche organizzate gerarchicamente, viene prioritariamente in rilievo il limite per cui il principio dell’affidamento non può essere

invocato da chi abbia istituzionalmente un compito di controllo rispetto all’operato altrui171. È il

caso, nelle équipes di reparto, del “Primario”, poi “Medico in posizione apicale”, ora “Dirigente sanitario con incarico di direzione di struttura complessa”172; nelle équipes in senso stretto, è il caso del c.d. capo-équipe, la cui assimilabilità alla figura del c.d. Primario è

stata oggetto di ampio dibattito.

Trattando, invece, delle attività mediche strutturate secondo una divisione orizzontale del lavoro improntate alla cooperazione multidisciplinare, pur potendosi ravvisare – come anticipato, e riservandoci di tornare più diffusamente sul punto – un ambito di rilevanza del limite al principio di affidamento precedentemente enunciato, con riferimento al capo-équipe, rileva prioritariamente il limite per cui

l’affidamento non può essere invocato da colui che percepisca l’altrui errore, che sia – come

cit., pp. 603 e ss.; L.GIZZI, Équipe medica e responsabilità penale, op. cit., pp. 47 e ss.; nella manualistica, per tutti,

F.MANTOVANI, Diritto penale, op. cit., pp. 354 e ss.

171 Cass. Pen., Sez. IV, 28 maggio 2008, n. 24360, Rago, in F. GIUNTA-G. LUBINU-D. MICHELETTI-P.

PICCIALLI-P.PIRAS-C.SALE (a cura di), Il diritto penale della medicina nella giurisprudenza di legittimità (2004-2010),

op. cit., p. 60: «il principio di affidamento non si applica nel caso in cui all’agente sia attribuita una funzione di controllo dell’opera altrui; in questo caso egli risponde secondo le regole ordinarie delle condotte colpose del terzo da lui riconoscibili ed evitabili. (Ritenuto colpevole l’omesso controllo del chirurgo sulla composizione dell’infiltrato anestetico nel quale, per errore, l’infermiere aveva aggiunto un disinfettante, anziché una soluzione fisiologica, con successiva deformazione permanente del viso della paziente)»; Conformemente, ex plurimis, Cass. Pen., Sez. IV, 14 novembre 2008, n. 47490, Calzini; Cass.

Pen., Sez. IV, 26 giugno 2008, n. 40789, Verani; in op. ult. cit., p. 59. In dottrina, F.ALBEGGIANI, I reati di

agevolazione colposa, op. cit., p. 169; E.BELFIORE, Sulla responsabilità colposa nell’ambito dell’attività medico-chirurgica in

“équipe”, op. cit., c. 168; R.BLAIOTTA, Art. 43 c.p., op. cit., p. 498, il quale precisa: «Un’ulteriore delimitazione

del principio si ha allorché la diligenza del soggetto si fondi su un obbligo di controllo o sorveglianza nei confronti di terzi e, dunque, si inserisca in una posizione di garanzia come tale volta a controbilanciare una incapacità altrui»; A. ROIATI, Medicina difensiva e colpa professionale medica in diritto penale, op. cit., p. 249; M. MANTOVANI, Il principio dell’affidamento nella teoria del reato colposo, op. cit., pp. 11 e ss.; G.FORTI, Colpa ed evento nel

diritto penale, op. cit., pp. 242 e ss.; G.FIANDACA-E.MUSCO, Diritto penale. Parte generale, op. cit., p. 514; G.

IADECOLA, Il medico e la legge penale, op. cit., p. 78; F.C.PALAZZO, Il fatto di reato, Torino, 2004, p. 140; F.

MANTOVANI, La responsabilità del medico, in Riv. It. Med. Leg., 1980., p. 21; ID., Diritto penale, op. cit., pp. 354 e ss.;

G.MARINUCCI-E.DOLCINI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 2012, p. 305; F.C.PALAZZO, Corso

di diritto penale. Parte generale, op. cit., p. 340; S.CANESTRARI-L.CORNACCHIA-G.DE SIMONE, Manuale di diritto

penale. Parte generale, op. cit., p. 437; P.PIRAS-G.LUBINU, L’attività medica plurisoggettiva fra affidamento e controllo

reciproco, in S.CANESTRARI-F. GIUNTA-R.GUERRINI-T.PADOVANI (a cura di) Medicina e diritto penale, Pisa, 2009, p. 306; V.PIRRONE, Responsabilità dell’équipe chirurgica, in Giur. merito, 1990, p. 1142; D.GUIDI, L’attività

medica in équipe alla luce della recente elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, op. cit., p. 236.

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precisato dalla più recente giurisprudenza – evidente e non settoriale e, come tale, emendabile

con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche proprie di ogni medico173.

III. [Il concetto di “équipe”] Appare opportuno, prima di procedere oltre,

chiarire il significato del termine “équipe”.

In dottrina174 è stata proposta una tripartizione: a) l’équipe di reparto, in cui i

medici cooperano – sincronicamente o diacronicamente – secondo un’organizzazione del lavoro monodisciplinare e gerarchizzata; b) l’équipe in senso

stretto: con questa espressione ci si riferisce alla sola ipotesi della cooperazione

173 Cass. Pen., Sez. IV, 23 settembre 2010, n. 38592, De Filippi, inF.GIUNTA-G.LUBINU-D.MICHELETTI-P.

PICCIALLI-P.PIRAS-C.SALE (a cura di), Il diritto penale della medicina nella giurisprudenza di legittimità (2004-2010),

op. cit., p. 56: «Su tutti i membri dell’équipe chirurgica incombe un dovere di vigilanza, indipendentemente dalla propria specializzazione, e comunque nei limiti della normale riconoscibilità, circa l’adempimento di palesi o specificamente prescritte misure precauzionali in vista dell’intervento chirurgico. Le omissioni di taluni dei componenti dell’équipe, se ben note agli altri, non esonerano questi ultimi dalla corresponsabilità, se nulla hanno fatto per sopperire o correggere le carenze degli altri o almeno sollecitarne l’attenzione. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui è stato effettuato un intervento chirurgico normalmente controindicato nelle situazioni cliniche come quella presentata dal paziente. L’omessa effettuazione di una TAC non ha permesso di accertare le reali condizioni del paziente e dunque di mutare approccio terapeutico. Ogni membro dell’équipe chirurgica – compreso l’anestesista che, nel caso di specie, ha correttamente valutato il rischio anestesiologico relativo all’intervento – avrebbe dovuto rilevare la mancata effettuazione di tale esame basilare ed attivarsi per colmare questa lacuna prima dell'effettuazione dell’intervento chirurgico)»; Cass. Pen., Sez. IV, 14 novembre 2008, n. 47490, Calzini, in op. ult. cit., p. 59: «Il principio di affidamento non è utilmente invocabile da colui al quale sia attribuita una funzione di controllo dell’operato altrui e neanche dal soggetto – il quale ha anzi l’obbligo di attivarsi per evitare eventi dannosi – che viene a conoscenza della violazione delle regole da parte di altri partecipi della medesima attività o comunque che si trova in una situazione in cui diviene prevedibile l’altrui inosservanza della regola cautelare, che deve avere quindi i caratteri di riconoscibilità. (Disattesa la tesi difensiva per la quale la responsabilità del secondo operatore dell’équipe sarebbe stata esclusa per le assicurazioni ricevute dal primo operatore, circa lo svolgimento del tutto normale dell’intervento)».

In dottrina, oltre agli Autori già citati, cfr.; M.MANTOVANI, Sui limiti del principio di affidamento, op. cit., p. 1197;

ID., Alcune puntualizzazioni sul principio di affidamento, op. cit., p. 1057. Eterodossa la posizione di F.BRICOLA, I

problemi giuridici relativi alla sperimentazione dei farmaci, in ID., Scritti di diritto penale, I, a cura di S.CANESTRARI-A. MELCHIONDA, Milano, 1997, p. 76, il quale ritiene, invece, che la responsabilità di ogni partecipante ad un trattamento sanitario plurisoggettivo debba essere limitata al caso in cui siano violati gli obblighi di diligenza relativi ai compiti a ciascuno specificamente assegnati; in questa prospettiva un obbligo di controllo dell’operato altrui ed eventuale adeguamento del proprio non dovrebbe considerarsi meramente secondario ed eventuale rispetto alla percezione dell’altrui inaffidabilità, ma discende direttamente dalla natura e dal contenuto dei compiti spettanti a ciascun membro del gruppo; il compito di controllare l’operato altrui dovrebbe spettare unicamente al soggetto cui tale incombenza sia stata specificamente ed appositamente assegnata; in senso adesivo, per la maggiore aderenza di tale ricostruzione al principio di personalità della responsabilità penale, che presupporrebbe la previa esatta determinazione dei compiti spettanti a ciascun partecipante ad un’attività plurisoggettiva, cfr. N.MAZZACUVA, Problemi attuali in materia di responsabilità penale

del sanitario, in Riv. It. Med. Leg., 1984, p. 412.

174 D.GUIDI, L’attività medica in équipe alla luce della recente elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, op. cit., pp. 214

e ss.; A.PALMA, La divisione del lavoro in ambito sanitario tra principio di affidamento e dovere di controllo, op. cit., p. 592.

In senso parzialmente differente, A.R.DI LANDRO, Vecchie e nuove linee ricostruttive in tema di responsabilità penale

nel lavoro medico d’équipe, op. cit., pp. 228 e ss., secondo il quale la nozione di équipe «pena l’approdo ad

elaborazioni concettuali poco compatibili con le variegate ipotesi della casistica, non può […] essere estesa a tutte le plurime prestazioni cui è sottoposto un paziente nel contesto ospedaliero o extraospedaliero, ma va riferita correttamente solo alle attività che comportano una contestuale prestazione diagnostica e terapeutica, svolta da un gruppo di sanitari aventi compiti differenziati»; quindi, «[…] medici, paramedici e tecnici, i quali, con ruoli e tempi diversi, partecipano a queste varie fasi, fanno sì parte dell’organizzazione dell’ente, ma non dell’équipe in senso stretto».

GIOVANNI PIETRO LUBINU

multidisciplinare sincronica; in tal senso, il termine designerebbe unicamente le ipotesi in cui una pluralità di medici, di differente specializzazione e posizione funzionale, coopera nello stesso contesto spaziale e temporale per la cura del paziente; b) l’équipe in senso lato: il termine, secondo altra prospettiva, avrebbe un’accezione più ampia, designando, qualsiasi forma di esercizio di attività medica in forma plurisoggettiva mediante divisione del lavoro diversa dalle ipotesi precedentemente evidenziate; questa espressione è utilizzata per designare le ipotesi di cooperazione multidisciplinare diacronica, cioè “non contestuale” «in cui il trattamento medico, pur conservando carattere unitario, si snoda attraverso una pluralità di interventi specialistici ed eterogenei che, per quanto coordinati e convergenti verso un risultato comune, vengono posti in essere in fasi e tempi diversi della procedura sanitaria»175.

GIOVANNI PIETRO LUBINU

Sez. 1. Cooperazione medica organizzata mediante divisione del

lavoro in senso verticale: l’équipe di reparto.

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