inaffidabilità] Postulando nel nostro ordinamento l’operare regolare del principio di affidamento, dovremo occuparci del suo limite che, logicamente ma anche storicamente, per primo è stato individuato dalla prassi: non può essere invocato, in
funzione limitatrice dei doveri cautelari su di lui gravanti, da chi abbia percepito l’altrui inosservanza cautelare e, tuttavia, non abbia agito in senso correttivo344.
Il principio dell’affidamento può svolgere la sua funzione solo in un contesto in cui tutti soggetti che si trovino ad interagire – in quanto titolari di doveri divisi, volti alla tutela del medesimo bene giuridico – osservino gli obblighi di diligenza loro riferibili. Il nucleo essenziale del principio di affidamento, infatti, consiste nell’autorizzare ciascun titolare di obblighi cautelari, inerenti ad una condotta commissiva o legati ad una posizione di garanzia, ad attendersi che coloro con cui ci si trova ad interagire rispetteranno a loro volta gli standard cautelari loro riferiti, in modo tale da esonerarlo da obblighi di controllo sulle condotte altrui345.
Questo meccanismo permette di conferire al principio di affidamento la funzione di perimetrare in modo maggiormente definito l’area del rischio consentito in contesti
343 Cfr. D.GUIDI, L’attività medica in équipe alla luce della recente elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, op. cit., p.
234.
344 G.IADECOLA, I criteri della colpa nell’attività medica in équipe, op. cit., p. 228: secondo il quale una seconda
eccezione al principio dell’affidamento si ha «quando lo stesso collegamento funzionale ed ambientale, che di norma contrassegna l’attività in équipe, consenta al soggetto partecipante di constatare circostanze fattuali concrete che facciano prefigurare contegni scorretti ed inadeguati (si ipotizzi, ad esempio, la percezione di altrui atteggiamenti distratti, o incerti, o delle precarie condizioni fisiche di un membro dell’équipe) o di cogliere veri e propri errori di condotta in cui taluno sia incorso. Un obbligo di tal genere riguarda tutti i membri dell’équipe; in caso di équipe gerarchicamente organizzata, esso si estrinsecherà nel segnalare al capo-
équipe quanto eventualmente riscontrato».
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plurisoggettivi. Precisamente, è possibile ritenere che in forza della funzione esonerativa dal controllo della condotta altrui propria del principio di affidamento, gli eventi che derivano dalla condotta colposa altrui rientrino, dal punto di vista dell’affidante, nell’area del rischio consentito346.
Ma questo “equilibrio” può venire meno. L’affidamento nel corretto comportamento altrui non è tutelato347 quando uno dei soggetti con cui si
interagisce compia una condotta colposa, percepibile come tale da almeno uno degli altri operatori; oppure, nel caso in cui un membro del team percepisca circostanze, oggettive o soggettive, che lasciano supporre come verosimile l’allontanarsi di uno dei garanti dallo standard di diligenza nei suoi confronti esigibile, prefigurandosi così il rischio del verificarsi dell’evento che tutti garanti sono tenuti, ope legis, ad impedire. In altre parole, l’affidamento è infirmato dal fatto che si rendano palesi, nella situazione concreta, elementi e fattori idonei a costituire un motivo per dubitare nell’ordinario comportamento prudente o perito del cooperatore o degli altri medici348.
La dottrina maggioritaria ritiene dunque che, in contesti plurisoggettivi, ogni operatore sia gravato sia da obblighi primari di diligenza, relativi alle specifiche mansioni che – a seguito della previa divisione del lavoro – è chiamato a svolgere; sia da
obblighi secondari di vigilanza ed eventuale intervento sulla percepita condotta altrui
346 M.MANTOVANI, Alcune puntualizzazioni sul principio di affidamento, op. cit., p. 1054, il quale, precisato che il
principio di affidamento si fonda sulla proiezione nei rapporti intersoggettivi dei doveri di diligenza riferibili a ciascuno dei soggetti coinvolti nel trattamento medico plurisoggettivo organizzato secondo il metodo della divisione del lavoro, evidenzia che l’effetto della sua applicazione è quello di evitare che gravi sull’affidante una sfera di rischi che rientra nella competenza altrui previamente predeterminata, legislativamente o per effetto di un atto organizzativo di divisione del lavoro. Quindi l’affidamento ha la funzione di ampliare i margini di operatività e rilevanza del rischio consentito: dal punto di vista dell’affidante sono “consentiti” quei rischi legati al comportamento negligente altrui. Ne consegue, inoltre che i concetti di “rischio consentito” e “affidamento” non si pongono su piani distinti e non comunicanti; al contrario, l’affidamento amplia il perimetro del rischio consentito. Con l’ulteriore conseguenza che, se l’affidamento amplia i margini del rischio consentito, allora quest’ultimo non può logicamente considerarsi fondamento del primo: il fondamento del principio di affidamento consiste nel riverberarsi su ogni consociato delle aspettative di comportamento corretto che l’ordinamento ha nei confronti dei singoli consociati, ed ha la funzione di determinare il comportamento dovuto da ciascuno, depurato – tendenzialmente – da obblighi di controllo e intervento sull’operato altrui, presumibilmente corretto.
347 Si parla frequentemente in dottrina di affidamento “temperato”; cfr. C.CANTAGALLI, Brevi cenni sul dovere
secondario di controllo e sul rilievo dello scioglimento anticipato dell’équipe in tema di responsabilità medica, op. cit., p. 2838 e
ss.
348 D.CASTRONUOVO-L.RAMPONI, Dolo e colpa nel trattamento medico-sanitario, op. cit., p. 990 e ss.: fra i limiti
all’operatività del principio di affidamento «viene in rilievo […] la presenza nella situazione di fatto di indizi inequivoci, concreti e specifici, introdotti da particolari circostanze, che disvelino l’erroneità della gestione della sfera altrui».
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difforme alle attese di diligenza349. Infatti, limitando il discorso al settore medico,
tramite la percezione dell’altrui condotta colposa, è percepibile il rischio di realizzazione di un evento infausto che anche chi, in precedenza, si affidava alla correttezza della condotta altrui è tenuto ad evitare. Tramite questa percezione del rischio viene meno quel limite al dovere di diligenza rappresentato dal principio di affidamento, per cui sorge in capo a costui l’obbligo di adottare una condotta che fronteggi l’altrui inosservanza, sterilizzandone gli effetti. Il che costituisce un limite al principio di affidamento: viene meno in presenza di circostanze che facciano dubitare del fatto che il destinatario degli obblighi di diligenza, con cui ci si rapporta, assicuri la loro effettiva osservanza350.
Analizziamo la prospettata situazione ponendoci nell’ottica del garante, osservante le regole di condotta lui riferibili, che abbia percepito una situazione di pericolo tale da incrinare l’efficacia del principio di affidamento351. Essendo garante
del bene sottoposto a suo potere di intervento, appare evidente come questa percepita situazione di allarme possa (rectius, debba) determinare il suo attivarsi in funzione impeditiva dell’imminente probabile evento lesivo. Questo obbligo di “contro-azione”352, null’altro è se non una riespansione dei doveri di diligenza
connaturati alla posizione di garanzia del garante che abbia percepito l’errore o il pericolo, riespansione doverosa a causa della cessazione dell’affidamento (e della limitazione dei doveri cautelari che ne deriva) nei confronti del cooperante negligente. Chi percepisca il pericolo deve, insomma, adeguare la propria condotta in maniera tale da onorare il proprio obbligo di diligenza: ha l’obbligo, avendo
349 G.MARINUCCI-G.MARRUBINI, Profili penalistici del lavoro medico-chirurgico in équipe, op. cit., p. 220 e ss.; M.
MANTOVANI, Il principio di affidamento nella teoria del reato colposo, op. cit., p. 87; E. BELFIORE, Profili penali
dell’attività medico-chirurgica in équipe, op. cit., pp. 273 e ss.; N. MAZZACUVA, Problemi attuali in materia di
responsabilità penale del sanitario, op. cit., p. 412; P.VENEZIANI, I delitti contro la vita e l’incolumità individuale. I delitti
colposi, op. cit., 207: «[…] nell’attività medico-chirurgica in équipe si dovrebbe distinguere tra un obbligo
primario ed un obbligo secondario del medico. L’obbligo primario si identificherebbe nel puntuale e corretto assolvimento dei propri compiti specifici (ed in ciò si esaurirebbe). L’obbligo secondario, avente ad oggetto la sorveglianza dell’operato altrui, sarebbe in realtà solo eventuale: esso sorgerebbe, infatti, unicamente qualora la fiducia nella correttezza dell’altrui operato dovesse venir meno, in base a specifici elementi concreti».
350 M.MANTOVANI, Sui limiti del principio di affidamento, op. cit., p. 1196. 351 G.IADECOLA, I criteri della colpa nell’attività medica in équipe, op. cit., p. 228.
352 L’espressione è mutuata da A.ALESSANDRI, voce Impresa (Responsabilità penale), in Dig. disc. pen., VI, Torino,
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percepito il pericolo, di evitare (se, in concreto, evitabile) l’evento lesivo, in conformità agli artt. 40 cpv. e 43 c.p.
Il fondamento normativo di questo obbligo di “contro-azione”, di questa modificazione o riespansione dei doveri cautelari precedentemente limitati dalla operatività del principio di affidamento, è stato ravvisato dalla dottrina dell’art. 2 Cost., ritenendolo espressione di un’istanza solidaristica rispetto al bene tutelato dai coobbligati garanti353. In definitiva, risiede nella stessa ratio essendi del principio di
affidamento. Il fatto che ciascuno, in contesti plurisoggettivi, possa agire tenendo conto delle cognizioni nomologiche che ogni appartenente alla propria cerchia di rapporti è tenuto ad avere e possa correlativamente attendersi dagli altri il rispetto delle regole cautelari loro riferibili si spiega con «l’esigenza di assicurare ai singoli una certa “libertà d’azione”, altrimenti negata dalla necessità di tenere conto di tutto ciò che sia possibile prevedere»354. Ma tale principio vale, come dicevamo, finché non
emergano in concreto circostanze tali da infirmare tale affidamento: «in questi casi l’esigenza di assicurare la libertà di azione cede il passo all’accresciuto pericolo di lesione dei beni giuridici […]»355. Tale obbligo, gravante su colui che percepisca il
pericolo rappresentato da una condotta altrui non diligente rispetto alle attese, deriva dal fatto che il proprio dovere di riconoscere il pericolo – che fonda la pretesa cautelare nei confronti di un determinato soggetto – risente sia delle conoscenze standard che derivano dal fatto di appartenere, per il fatto di esercitare una determinata attività, ad una determinata cerchia di rapporti, sia dalle circostanze del caso concreto che costituiscono l’occasione di applicare effettivamente quelle conoscenze nomologiche, eventualmente arricchite dalle conoscenze causali ulteriori che l’agente concreto dovesse avere. E fra le conoscenze causali ulteriori atte a modificare in senso ampliativo il dovere cautelare gravante su ciascuno, in contesti plurisoggettivi, rientra anche la percezione che la condotta di colui con cui si interagisce non sarà conforme a diligenza e costituisce un rischio di verificazione di un evento lesivo356.
353 M.MANTOVANI, Il principio dell’affidamento nella teoria del reato colposo, op. cit., p. 456 e ss. 354 G.FORTI, Colpa ed evento nel diritto penale, op. cit., p. 273.
355 G.FORTI, Colpa ed evento nel diritto penale, op. cit., p. 273.
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In altre parole la libertà di azione ciascuno, vincolata, per effetto del principio di affidamento, al rispetto dei soli doveri cautelari che disciplinano il compito da svolgere in contesto plurisoggettivo, viene limitata – per effetto dell’inoperatività dell’affidamento stesso – nel caso in cui siano percepite circostanze tali da porlo nel nulla in quanto lasciano intravvedere la possibilità che si verifichino eventi lesivi.
In ambito medico, qualora sia percepito l’anomalo operare del medico con cui si coopera, il singolo operatore non potrà più invocare il principio di affidamento e dovrà attivarsi al fine di prevenire o porre rimedio all’errore del collega, intervenendo direttamente sulla situazione in atto ovvero, nel caso di attività organizzata gerarchicamente, segnalando la disfunzione a chi in quella sede riveste la posizione apicale357.