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Il principio di affidamento nella cooperazione medica multidisciplinare

sincronica] Nell’ambito della cooperazione multidisciplinare sincronica, il principio di affidamento sembra trovare uno spazio applicativo particolarmente ampio363. Nei

casi di divisione del lavoro in senso orizzontale, infatti, non è riscontrabile un obbligo di controllo reciproco normativamente fondato come invece riscontrabile – seppure, entro i limiti già analizzati – con riferimento ai rapporti strutturati gerarchicamente. L’interesse fondamentale, in vista della massima tutela del paziente, è quello di lasciare libero ogni cooperatore di adempiere liberamente ai propri compiti, senza l’obbligo di controllare continuamente la correttezza dell’operato altrui. Ciò è del resto conforme al nucleo fondamentale del principio di affidamento, che consiste precisamente nel fornire a ciascun cooperatore un ambito di libertà operativa relativamente ai compiti specificamente assegnati. Un dovere di controllo dell’operato altrui sarebbe infatti disfunzionale perché rallenterebbe i tempi di intervento e distrarrebbe dal diligente espletamento delle proprie mansioni, oltre ad essere di fatto inapplicabile in contesti caratterizzati da urgenza.

363 L.RISICATO, L’attività medica di équipe tra affidamento ed obblighi di controllo reciproco, op. cit., p. 62, la quale, con

riferimento alla cooperazione fra medici di diversa specializzazione, evidenzia che «in questo particolare fattispecie […] la divisione del lavoro tra i vari componenti opera in senso orizzontale, trattandosi di professionisti del medesimo rango professionale (posti a livello paritetico) dotati di specializzazioni cliniche differenti. Essi dovrebbero poter adempiere le loro funzioni in piena autonomia e nel rispetto delle leges artis dei rispettivi settori di appartenenza».

GIOVANNI PIETRO LUBINU

Come abbiamo in precedenza posto in luce, tuttavia, il principio di affidamento viene meno nei casi in cui sia percepibile che la condotta di uno o più dei propri cooperatori verosimilmente non rispetterà gli obblighi cautelari che ne conformano il contenuto in senso compatibile col livello di rischio consentito per quella specifica attività; il semplice indizio dell’altrui negligenza lascia intravvedere mediatamente il pericolo di verificazione di un evento lesivo, escludendo quella limitazione dei doveri cautelari operata dal non più invocabile principio di affidamento. Sorge dunque un obbligo cautelare aggiuntivo, di verifica ed eventuale intervento sulla condotta altrui, allo scopo di evitare che il fattore eziologico così attivato possa sfociare in un evento lesivo, del quale potrebbe dunque rispondere, concorsualmente, anche colui che, avendo percepito l’altrui negligenza, sia rimasto inerte e non abbia attivato quei rimedi possibili ed efficaci.

Si pone, evidentemente, il problema di stabilire in quali casi possa essere considerato percepibile ed evitabile l’errore altrui, posta l’insussistenza di un generalizzato obbligo di controllo dell’operato altrui.

Questo tema di scinde in due aspetti fondamentali:

a) è configurabile un obbligo di controllo sull’operato altrui, tale da permettere l’eventuale

percezione di un errore?

b) in contesti di cooperazione multidisciplinare, in cui, come abbiamo visto, interagiscono

soggetti dotati di differente specializzazione, quali caratteristiche deve avere l’errore altrui per poter essere considerato percepibile da specialisti in diversi settori e, quindi, essere posto a suo carico in caso di mancata rilevazione con conseguente esito infausto?

Con riferimento a questi aspetti, l’operatività del principio di affidamento – che, come tale, esclude che ciascuno debba controllare che altri, da presumersi autoresponsabili ed ugualmente vincolati al pieno e puntuale rispetto delle leges artis, compiano condotte colpose – sembra confinare la percezione dell’altrui errore alla mera eventualità, al puro caso. In altre parole, sembra potersi affermare che se, in linea di principio, ciascuno deve concentrarsi solamente sul corretto disimpegno dei compiti a lui assegnati, essendo autorizzato a fare affidamento sul fatto che gli altri facciano altrettanto, essendone ugualmente obbligati, allora la percezione dell’errore altrui non può considerarsi come autonomo dovere cautelare a ciascuno spettante.

GIOVANNI PIETRO LUBINU

In effetti ciò si porrebbe in contrasto con la logica della divisione del lavoro su cui poggia la stessa ratio del principio di affidamento: che senso avrebbe dividere il lavoro fra più professionisti, peraltro esperti in branche della medicina differenti, se poi ciascuno dovrebbe, oltre a pensare al diligente compimento dei propri doveri, verificare ed eventualmente correggere la condotta altrui colposa, casualmente percepita come tale?

Tuttavia un simile argomentare potrebbe sembrare antisolidaristico, in quanto legittimerebbe ciascuno a disinteressarsi completamente dell’operato altrui. Così facendo «si rinuncia ad un coordinamento minimo tra i vari professionisti che cooperano al trattamento multidisciplinare»364 con conseguente rischio di vanificare

la finalità stessa per cui il principio di affidamento è posto: garantire attraverso la divisione del lavoro la migliore cura per il paziente.

III. 1. [L’obbligo di controllo reciproco nella giurisprudenza di legittimità]

Su questi aspetti la giurisprudenza, da tempo, è approdata ad un orientamento interpretativo costante. Ricorre frequentemente il principio giuridico per cui in caso di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, ogni sanitario è tenuto ad osservare, oltre che le regole di diligenza e prudenza connesse alle specifiche e settoriali mansioni svolte, gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico della salvaguardia della salute del paziente. Il singolo medico, quindi, non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio365.

364 C.CANTAGALLI, Brevi cenni sul dovere secondario di controllo e sul rilievo dello scioglimento anticipato dell’équipe in

tema di responsabilità medica, op. cit., p. 2839.

365 Cfr. ex multis, Cass. Pen. Sez. IV, 11 ottobre 2007, n. 41317, Raso e altri, in C.E.D. Cass., n. 237891, così

massimata: «In tema di colpa medica nell’attività di “équipe”, ciascuno dei soggetti che si dividono il lavoro risponde

dell’evento illecito, non solo per non aver osservato le regole di diligenza, prudenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, ma altresì per non essersi fatto carico dei rischi connessi agli errori riconoscibili commessi nelle fasi antecedenti o contestuali al suo specifico intervento». Cfr. altresì Cass. Pen. Sez. IV 12 luglio 2006, n. 33619, Iaquinta, in C.E.D.

Cass., n. 234971: «In materia di colpa medica nelle attività d’équipe, del decesso del paziente risponde ogni componente

dell’équipe, che non osservi le regole di diligenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, e che venga peraltro meno al dovere di conoscere e valutare le attività degli altri medici in modo da porre rimedio ad eventuali errori, che pur posti in

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Quindi, mentre la dottrina nei casi di cooperazione multidisciplinare tende a ritenere che il principio di affidamento possa avere un ambito applicativo ampio – anche in considerazione della diversità di specializzazioni che non consente un controllo “nel merito” dell’operato altrui – e, di conseguenza, dovrebbe parlarsi in tali casi di affidamento “necessario”; al contrario, questo orientamento giurisprudenziale sembra porsi in linea di frontale contrasto con l’interpretazione sopra illustrata, postulando un obbligo di controllo e valutazione dell’operato altrui che si spinge fino all’intervento correttivo su errori che siano evidenti e non settoriali366.

In base a questa ricostruzione, la previa divisione del lavoro – contrariamente a quanto si verificherebbe applicando fedelmente il principio di affidamento – non esonera, di per sé, ciascuno di essi dal verificare la correttezza dell’altrui operato. A carico di ogni sanitario sarebbero configurabili obblighi di diligenza primari e obblighi di diligenza secondari367. I primi hanno ad oggetto il

corretto espletamento delle proprie mansioni e il corretto coordinamento della propria attività con quella altrui; i secondi, meramente eventuali, sorgono solo nel

essere da altri siano evidenti per un professionista medio»; Cass. Pen. Sez. IV, 2 marzo 2004, n. 24036, Sarteanesi, in

C.E.D. Cass., n. 228577: «In tema di colpa professionale, nel caso di “équipes” chirurgiche e, più in generale, in quello in

cui ci si trovi di fronte ad ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell’attività medicochirurgica, sia pure svolta non contestualmente, ogni sanitario, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, è tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio o facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio». Cass. Pen. Sez. IV, n. 2325/1999, Altieri ed altri, in Dir. Pen. Proc., 2001, p. 469 e ss., con commento di A.VALLINI, Cooperazione e concause in ipotesi di trattamento sanitario

diacronicamente plurisoggettivo, e in Il Nuovo diritto, 2000, p. 605 e ss., con nota di A.CIAURI, Colpa professionale di

“équipe” medica in fattispecie di trapianto di organi: «nella fattispecie, relativa alla complessa procedura del trapianto di organi,

ogni sanitario non potrà esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da un altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza ponendo, se del caso rimedio – ovvero facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio – ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio».

366 L.RISICATO, L’attività medica di équipe tra affidamento ed obblighi di controllo reciproco, op. cit., pp. 62 e ss.: «[…] la

Suprema Corte, Eppure per molto tempo ha mantenuto un approccio empirico e casistico alla tematica qui affrontata, sembra orientata persino in questo caso a configurare – forse appena più cautamente – obblighi reciproci di vigilanza e controllo dell’altrui operato. […] In tal modo la Cassazione tenta di conciliare le esigenze di tutela della vita e dell’integrità psico-fisica del paziente con il carattere personale della responsabilità penale: il dovere del professionista di valutare l’attività del collega e la sua correttezza incontra il duplice limite della rilevabilità e rimediabilità degli errori altrui da parte di un medico non specialista nel settore interessato, oltre che della loro prevedibilità nella concreta situazione fattuale»; A.ROIATI, Medicina difensiva e

colpa professionale medica in diritto penale,, op. cit., pp. 257 e ss.

367 G.MARINUCCI-G.MARRUBINI, Profili penalistici del lavoro medico-chirurgico in équipe, op. cit., p. 220 e ss.; G.

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momento in cui un membro del team operatorio percepisca un errore altrui relativo agli obblighi primari gravanti su quest’ultimo. A questo punto, cessando l’operare del principio di affidamento si attualizza un obbligo di valutazione e di intervento sull’operato del collega.

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