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4 2 [Il principio di autoresponsabilità] La necessità di svincolare il

principio dell’affidamento dalla teoria del rischio consentito ha indotto la dottrina, in

GIOVANNI PIETRO LUBINU

particolare quella di lingua tedesca109 a rintracciare tale base nel principio di

«autoresponsabilità»110.

Pur con varietà di accenti, le teorie che muovono da questo presupposto concordano sul fatto che l’esenzione da responsabilità del soggetto diligente per eventi lesivi cagionati da condotte imprudenti altrui derivi dal dovere che tutti i consociati hanno di sottostare alle pretese dell’ordinamento giuridico. È possibile ritenere che chiunque rispetti le pretese che l’ordinamento rivolge nei suoi confronti, in quanto ognuno agisce nel traffico giuridico come un soggetto responsabile. Da ciò – come sostenuto da autorevole dottrina tedesca111 – deriva una aspettativa

sociale giuridicamente tutelata circa la correttezza – cioè, la conformità alle regole cautelari di volta in volta rilevanti – del comportamento altrui112. Le norme

giuridiche, comprese le regole cautelari, contengono sempre, implicitamente o esplicitamente un riparto delle sfere di responsabilità fra soggetti che si trovino ad interagire in un dato contesto. Questo dato normativo, unito al fatto che sia rivolto a soggetti che devono presumersi autoresponsabili, comporta una rigida ripartizione delle sfere di responsabilità: il principio di affidamento limita i doveri cautelari ai rischi derivanti dalla condotta individuale di ciascuno, mentre si è di regola esonerati

109 Cfr. M.MANTOVANI, Il principio di affidamento nella teoria del reato colposo, op. cit., pp. 87 e ss. per gli opportuni

riferimenti alla dottrina tedesca.

110 Nella dottrina italiana, il fondamento del principio di affidamento su quello di autoresponsabilità è stato

sostenuto da F.ALBEGGIANI, I reati di agevolazione colposa, op. cit., pp. 154 e ss.; O.DI GIOVINE, Il contributo della

vittima nel delitto colposo, Torino, 2003; F.MANTOVANI, Il principio di affidamento nel diritto penale, op. cit., p. 543; ID,

Diritto penale, op. cit., p. 353; G. FIANDACA-E. MUSCO, Diritto penale. Parte generale, op. cit., p. 513; P.

ALDROVANDI, Concorso nel reato colposo e diritto penale dell’impresa, Milano, 1999, pp. 106 e ss.

111 G.STRATENWERTH, Arbeitsteilung und ärtzliche Sorgfaltsplifcht, in Festschrift für Eberhard Schmidt, Göttingen,

1961, citato daM.MANTOVANI, Il principio di affidamento nella teoria del reato colposo, op. cit., pp. 96 e ss.

112 M.MANTOVANI, Il principio di affidamento nella teoria del reato colposo, op. cit., pp. 87 e ss; F.ALBEGGIANI, I reati

di agevolazione colposa, op. cit., p. 170: «[…] il riferimento al principio della personalità dell’illecito ed alla sfera di

responsabilità di ogni soggetto che sia capace di autodeterminarsi, impongono di considerare come criterio base quello per il quale una responsabilità per comportamenti illeciti di terze persone va di regola esclusa»; G. FIANDACA-E.MUSCO, Diritto Penale, Parte generale, op. cit., p. 513: «Il rispetto del principio di affidamento è

[…] imposto dalla esigenza di circoscrivere l’ambito del dovere obiettivo di diligenza entro limiti il più possibile compatibili col carattere “personale” della responsabilità penale: in altri termini, se si presuppone in ciascun individuo capace di intendere e volere l’attitudine ad una “autodeterminazione” responsabile, ne consegue che ognuno deve evitare soltanto i pericoli scaturenti dalla “propria” condotta; ciò di cui invece non si ha l’obbligo è […] di impedire che realizzino comportamenti pericolosi terze persone altrettanto capaci di scelte responsabili».

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da responsabilità per fatti lesivi derivanti da comportamenti altrui ugualmente autoresponsabili113.

Il concetto di autodeterminazione, che si assume carattere proprio di ogni consociato, sembra consistere nella capacità di ciascuno di orientare le proprie scelte verso il rispetto delle prescrizioni imposte dall’ordinamento giuridico 114 .

L’aspettativa che ognuno è autorizzato a riporre circa l’altrui diligenza deriverebbe dal fatto che l’ordinamento pretende da ogni soggetto autoresponsabile, in egual misura, la conformazione del suo comportamento ai precetti cautelari posti dall’ordinamento stesso: è il congiunto combinarsi fra cogenza generalizzata dei precetti e autoresponsabilità, da presumersi esistente in ogni consociato, a legittimare qualsiasi soggetto che si trovi a cooperare con altri ad aspettarsi una condotta diligente da parte sua. Sullo sfondo, una chiara ascendenza indeterministica: il diritto penale può legittimamente sanzionare solo condotte offensive che siano frutto di scelte libere e consapevoli, quindi responsabili. È il diritto penale, in breve, a fondarsi sul principio di autoresponsabilità115.

113 Cfr. ancora le chiare parole di F.ALBEGGIANI, I reati di agevolazione colposa, op. cit., pp. 150 e ss.: «[…] una

responsabilità per comportamenti illeciti di terze persone deve considerarsi eccezionale e, pertanto, quando la norma cautelare non vi faccia esplicito riferimento, deve essere esclusa. Tale regola, oltre che nel principio generalissimo del favor rei, trova il suo specifico fondamento nella circostanza che, in un ordinamento come il nostro, basato sulla natura personale della responsabilità penale, quando la produzione di un evento lesivo costituisce il risultato delle condotte di più soggetti, ciascuno dei quali è capace di autodeterminarsi in maniera responsabile, non solo può essere affermata la responsabilità di ognuno per il proprio comportamento ma si può anche individuare una corrispondente delimitazione delle rispettive sfere di responsabilità. Poiché in ogni soggetto viene presupposta un’autonoma capacità di autodeterminazione ciascuno di essi è tenuto ad orientare il proprio comportamento in maniera tale da non porre direttamente in pericolo il bene tutelato e non anche in maniera tale da evitare che un altro faccia ciò».

In giurisprudenza, ex plurimis, Cass. Pen., Sez. IV, 18 marzo 2004, n. 24049, Montemagno, in F.GIUNTA-G.

LUBINU-D. MICHELETTI-P. PICCIALLI-P. PIRAS-C. SALE (a cura di), Il diritto penale della medicina nella

giurisprudenza di legittimità (2004-2010), op. cit., p. 62: «Nel caso di ripartizione degli obblighi tra più soggetti, il principio di affidamento implica che colui che si affida (volontariamente o per una scelta del paziente) non possa essere automaticamente ritenuto responsabile delle autonome condotte del soggetto cui si è affidato; e ciò in base al principio di autoresponsabilità. Non esiste infatti un obbligo di carattere generale di impedire che terzi, responsabili delle loro scelte, realizzino condotte pericolose. Tuttavia, nel caso in cui l’affidante ponga in essere una condotta causalmente rilevante, la condotta colposa del affidato, anch’essa con efficacia causale nella determinazione dell’evento, non vale ad escludere la responsabilità del primo in base al principio dell’equivalenza delle cause e dell’efficacia non esclusiva della causa sopravvenuta».

114 F. MANTOVANI, Il principio di affidamento nel diritto penale, op. cit., p. 543: «[…] il principio

dell’autoresponsabilità [… ] sta ad indicare l’ovvia verità: 1) che ciascun soggetto è tenuto all’osservanza delle norme cautelari concernenti le attività rischiose, da lui poste in essere, poiché tali norme cautelari tutelano solo parzialmente il bene giuridico […]; 2) che ciascun soggetto risponde degli eventi dannosi derivanti dalla inosservanza delle rispettive regole cautelari».

115 H. SCHUMANN, Strafrechtliches Handlungsunrecht und das Prinzip der Selbstverantwortung der Anderen, Tübingen,

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Questa aspettativa può essere legittimamente affermata, peraltro, finché non emergano indizi concreti e riconoscibili tali da inficiare la suddetta aspettativa nei confronti dell’agente e a determinare l’insorgenza, in capo a chi con lui venga in contatto, di doveri secondari di diligenza116.

Sono proprio i limiti al principio di affidamento117 a porre difficoltà

interpretative con riferimento al principio di autoresponsabilità. Il principio di affidamento dovrebbe venire meno solo nel caso in cui il soggetto con cui si interagisce non garantisca il corretto assolvimento delle proprie incombenze in quanto riconoscibilmente incapace di autodeterminarsi liberamente. Il che limiterebbe l’applicabilità dell’affidamento solo in casi eccezionali: bambini, individui visibilmente incapaci di intendere e di volere, e altri casi simili.

Anche il limite all’operatività del principio di affidamento rappresentato dalla riconoscibile inaffidabilità del soggetto con cui si coopera non trova soddisfacente spiegazione nel principio di autoresponsabilità. Ipotizzare in tal caso l’inapplicabilità del principio di affidamento – come sembra corretto – significa equiparare il soggetto (potenzialmente) negligente, imprudente o imperito ad un soggetto incapace di autodeterminarsi. Ma è evidente che la mera possibilità di non ottemperare ad uno standard cautelare non vale a qualificare un individuo come incapace di autodeterminarsi responsabilmente118.

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