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1.2 Il cambiamento nelle e delle organizzazion

1.2.2 Apprendimento e cambiamento

Affinché si compia qualsiasi cambiamento organizzativo è necessario un processo di apprendimento che va ad agire sulla cultura organizzativa, una sorta di schermo che filtra i segnali che l’organizzazione percepisce dall’ambiente esterno, così da influenzare le soluzioni elaborate per adattarsi ai mutamenti percepiti44.

L’apprendimento organizzativo rappresenta una condizione fondamentale per la creazione di nuova conoscenza finalizzata alla gestione del cambiamento attraverso l’azione organizzativa e manageriale.

Sul piano teorico, il tema del cambiamento ha generato alcune importanti questioni di natura epistemologica, legate in primo luogo alla diversità di ipotesi sulla natura dei fenomeni di change management45.

In realtà l’interesse scientifico si è concentrato sulla messa a punto di una teoria dell’organizzazione, fondandola sulla definizione delle condizioni in grado di garantire, in via permanente, l’equilibrio del sistema aziendale46. In estrema sintesi, dalle teorie organizzative (soprattutto di ispirazione sistemico - situazionale) la spiegazione del cambiamento può solo essere dedotta: si danno le leggi dell’ordine precedente e dell’eventuale nuovo ordine; ciò che sta in mezzo, il cambiamento organizzativo, è un fenomeno transitorio, variamente pianificato e implementato il cui significato è solo quello di adattare il sistema alle mutate condizioni ambientali.

È da ritenersi, invece, che ben più approfondita debba essere l’analisi che concerne il cambiamento organizzativo, fenomeno che caratterizza e condiziona, ormai in via permanente, il funzionamento delle organizzazioni.

Esso non può più considerarsi un evento eccezionale e perturbativo, ma un evento che si produce e si esplica, in via continuativa, a supporto dell’efficacia e dell’efficienza delle organizzazioni47.

Si tratta, in altri termini, di riconoscere nel cambiamento organizzativo i caratteri di un vero e proprio fenomeno evolutivo. Entro tale concezione, il mutamento non si genera solo per ristabilire equilibri sistemici genericamente perduti, ma è la risultante di un “gioco competitivo” di forze

44

La cultura organizzativa viene definita come un paradigma, rifacendosi allo studio di G. Johnson, da A. Gilardoni, A. Danovi, op. cit., 2000.

45 G.F. Frassetto, Organizzare per competere: cambiamento e apprendimento, Giappichelli, Torino, 2003. 46 G. Bonazzi, op. cit., 2002; J.G. March, H.A. Simon, Teoria dell’organizzazione, Franco Angeli, Milano, 1970.

eterogenee che derivano dal contesto macroambientale e dal contesto organizzativo interno.

In questa prospettiva, il cambiamento organizzativo è anche un processo continuo di ridefinizione e manovra dei confini aziendali e dell’ambito relazionale, nonché processo di regolazione e organizzazione dei meccanismi di apprendimento, di creazione e di manovra di sistemi simbolici, ideologici, culturali, di tutti quei meccanismi organizzativi cioè, che evidenziano i processi di articolazione, interiorizzazione ed evoluzione delle conoscenze48.

Il cambiamento risulta essere determinato congiuntamente dall’intersezione di tre insiemi di elementi che possiamo chiamare “fattori di cambiamento”:

• intenzionalità soggettiva;

• contesto macroambientale;

• storia organizzativa della configurazione.

Quest’ultima definisce, attraverso i processi di sedimentazione delle conoscenze organizzative, le caratteristiche del patrimonio cognitivo, condiziona le possibili traiettorie di cambiamento e determina i fattori sistemici e soggettivi di inerzia al mutamento.

Il dinamico combinarsi di tali insiemi definirà, per ogni organizzazione, uno specifico “modo d’essere” della transizione: cambiamenti innovativi o adattivi, mutamenti limitati ad una o poche variabili organizzative, vere e proprie riforme strutturali, processi implementativi di tipo partecipativo o imposti attraverso leadership autoritarie, ecc.

Le relazioni tra cambiamento, cultura e apprendimento si esplicitano in modo che il successo di una riorganizzazione sia dipendente dalla volontà del management, dall’attivo supporto prestato e dalla sua apertura a ripensare i modelli mentali, gli atteggiamenti e i processi, favorendo il cambiamento culturale.

Le principali connessioni tra cambiamento, cultura ed apprendimento possono essere sintetizzate con un ciclo di quattro stadi:

1. cause esterne o determinanti interne all’organizzazione danno vita a processi di apprendimento;

2. l’apprendimento modifica la cultura, le strategie organizzative e le relative procedure di implementazione;

3. le modifiche strategiche o procedurali influenzano ambiente esterno ed organizzazione interna, sviluppando un nuovo modello di riferimento per le scelte future;

4. l’evoluzione della cultura organizzativa implica, da un lato, il cambiamento delle lenti attraverso cui vengono selezionati gli input per l’apprendimento e, dall’altro, l’affermarsi di nuovi assunti fondamentali o di nuovi valori, capaci di influenzare i processi di apprendimento successivi.

48

I. Nonaka, “The Knowledge-Creating Company”, in Harvard Business Review, novembre-dicembre, 1991.

In funzione dei mutamenti culturali e delle forme di apprendimento richieste si possono distinguere quattro tipi di cambiamento organizzativo:

• “apparente”: consiste nell’adozione di nuove procedure di implementazione, che comportano la rivisitazione di abitudini, senza intaccare la cultura organizzativa;

“normale”: agisce in primis sulle strategie e poi, in via indiretta, sulle procedure di implementazione attraverso un apprendimento operativo che non coinvolge la cultura organizzativa49;

• tramite “incrementalismo culturale”: comporta lo sviluppo di nuovi valori e assunti fondamentali attraverso un processo di apprendimento concettuale che interessa strategie e procedure di implementazione;

• “radicale”: a seguito di circostanze uniche o eccezionali si ha una vera e propria “rivoluzione culturale”, dovuta all’affermarsi di assunti e valori diversi dai precedenti, che presuppongono un apprendimento concettuale. Deriva, in genere, da un ripensamento dell’intera organizzazione in termini di missione, valori, processi, attività.

Frassetto (2003) propone una tipologia del cambiamento configurandone

due macro categorie50:

1. cambiamenti strategici e incrementali, 2. cambiamenti reattivi e anticipatori.

Alcuni cambiamenti organizzativi, sia pur significativi, interessano solo alcune componenti dell’organizzazione. Lo scopo fondamentale è quello di migliorare l’efficacia dell’azione organizzativa all’interno della struttura, della strategia, del modello e dei valori già esistenti. Questi cambiamenti, definibili incrementali, sono frequenti nelle organizzazioni.

Altri tipi di cambiamento, definibili strategici, invece, influiscono sull’intero sistema organizzativo e portano ad una ridefinizione fondamentale dell’organizzazione, oppure ne modificano le caratteristiche di base, comprese le strategie, le strutture, le risorse umane, i processi e i valori.

I cambiamenti che rispondono ad eventi esterni si definiscono reattivi mentre quelli motivati dall’anticipazione di eventi si definiscono anticipatori.

Combinando le due dimensioni otteniamo una tipologia con quattro voci (tipi) di cambiamento:

1. cambiamento incrementale - anticipatorio: si definisce “di sintonizzazione” in quanto modifica in anticipo parti specifiche del sistema in previsione di eventi futuri;

2. cambiamento incrementale - reattivo: rappresenta invece una risposta di adattamento dell’organizzazione ad un evento;

49

K. Weick, op. cit, 1993. 50 G.F. Frassetto, op. cit., 2003.

3. cambiamento strategico - anticipatorio che riorienta l’organizzazione in previsione di eventi futuri;

4. cambiamento strategico - reattivo è successivo al verificarsi di un evento che porta ad una ristrutturazione del sistema.

INCREMENTALI STRATEGICI

ANTICIPATORI sintonizzazione ri-orientamento

REATTIVI adattamento ri-creazione (ristrutturazione)

Fig. 3: Tipi di cambiamento organizzativo. Fonte: G.F. Frassetto, (2003).

L’apprendimento nasce da una tensione, da un conflitto, da una rottura di stabilità; la “teoria” che quell’organizzazione aveva elaborato non è più “sostenibile”, a poco a poco si sperimentano e si affermano nuove norme, nuove teorie d’azione, nuovi costrutti collettivi.

Ciò che differenzia un’organizzazione che apprende (la learning

organization) da un’organizzazione che non apprende, è la “soglia di

sostenibilità” oltre la quale il proprio modello entra in crisi.

Di fronte a un ambiente dinamico, che fornisce costantemente stimoli al cambiamento, un’organizzazione innovativa è quella che riesce a rimettere in discussione più facilmente e con più frequenza il proprio modello, che percepisce e attiva, nell’ambiente, continue opportunità di sviluppo; viceversa, un’organizzazione burocratica si difenderà dalle pressioni al cambiamento finché potrà, cercherà di ignorarle e rimanerne immune finché non sarà “costretta” a farvi fronte.

Questo, d’altronde, è stato il modo più diffuso di cambiamento nella Pubblica Amministrazione italiana; la nostra burocrazia “non avvertiva il bisogno” di cambiare, di apprendere, quindi non ne era capace. A meno che non vi fosse stata “costretta”, con una crisi esplosa in tutta la sua evidenza e irreversibilità che ha innescato processi di adattamento e di ristrutturazione che, ex ante, avevano, comunque, un esito incerto e imprevedibile51.

Altra caratteristica dei processi di apprendimento è, infatti, la loro imprevedibilità. Non dobbiamo credere che l’apprendimento sia sempre un atto deliberato o comunque governabile e orientabile. Ricadremmo in una visione meccanicistica dell’organizzazione. Se vi è crisi l’organizzazione comunque reagisce, attiva i suoi meccanismi di protezione o di trasformazione interna. Soltanto ex post, ricostruendone le dinamiche, possiamo valutare l’esito più o meno positivo di questa reazione, ad esempio rispetto ai fini per cui l’organizzazione è stata posta in essere. L’unico modo per stimolare o per orientare i processi di apprendimento nella giusta direzione consiste nel basare l’azione organizzativa sulla produzione di un tipo particolare di conoscenza, quella che ricostruisce e analizza la propria esperienza concreta.

La grande difficoltà delle Amministrazioni risiede nel non essere state abituate a occuparsi del contingente, del caso singolo. Sono organizzazioni che hanno basato la costruzione del loro modello su criteri di regolamentazione astratti, universali, impersonali. Così facendo esse hanno bandito dal proprio codice genetico il flusso dell’esperienza.

Perché una burocrazia si trasformi in una learning organization - o, almeno, in una learning bureaucracy - occorre, innanzitutto, che essa riconduca l’attenzione alla propria esperienza e sviluppi una capacità di leggerla e interpretarla in modo attivo all’interno dei meccanismi legittimi di funzionamento. Se si continua a invocare la norma universale, che garantisce un comportamento oggettivo e impersonale del dipendente pubblico, la P.A. si allontanerà sempre di più dalla realtà e dalle opportunità di cambiamento che essa offre52.