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Gestione delle risorse umane e cambiamento

2.2 Dall’amministrazione del personale alla gestione delle risorse umane

2.2.1 Motivazioni, risorse umane e competenze

Un problema sempre attuale è quello di conoscere quali sono le aspettative e le motivazioni dei lavoratori: una lettura attenta di questi elementi è necessaria per indirizzare e rafforzare i comportamenti dei collaboratori39. La motivazione può essere definita come l’insieme dei fattori che sollecitano e orientano l’azione in determinate direzioni40.

In genere, tutti i comportamenti sono motivati, cioè presuppongono un motivo che spinge all’azione - un bisogno - e perseguono un piano, la soddisfazione del bisogno. L’idea associata al tema della motivazione è, pertanto, quella dell’obiettivo, del traguardo, della meta, che rappresentano l’esito dell’agire.

Per questo la valutazione della performance non può prescindere dalla motivazione dei dipendenti: occorre stabilire, con chiarezza, il collegamento tra lavoro prestato, conseguimento dell’obiettivo stabilito e premio/ricompensa per il risultato raggiunto: in realtà governare le HR significa anche valutare le prestazioni lavorative con attenzione a esigenze e necessità peculiari che vanno oltre il concetto della semplice amministrazione.

La lezione che si ricava dai vari studi sulla motivazione delle persone al lavoro è quella della ricerca di un modello sempre più efficace di gestione nel quale, in coerenza con l’evoluzione degli obiettivi e delle esigenze

39 F. Avallone, M. Bonaretti, op. cit., 2003. 40

A. Maslow, Motivation and personality, Harper, New York, 1954. Nel 1954 Maslow aveva teorizzato che il contenuto delle motivazioni ad agire parte dal bisogno, da intendere come mancanza di un “oggetto” desiderato, in modo che un soggetto indirizzi il suo comportamento per cercare di ottenerlo e quindi soddisfarsi. Maslow ha stabilito una scala alla cui base ha posto i bisogni fisiologici e la sicurezza - da intendere come bisogni primari - seguiti dal bisogno di appartenenza, di stima, di autorealizzazione, da considerare invece come bisogni superiori. L’individuo non considera i bisogni superiori finché non riesce a soddisfare quelli primari. In ogni caso tutti i bisogni presentano delle implicazioni organizzative sul lavoro in quanto:

• i bisogni fisiologici si riflettono sul salario e sulle condizioni di lavoro;

• il bisogno di sicurezza si riverbera sulle condizioni di lavoro, sui benefici aziendali e, ovviamente, sulla sicurezza nello svolgimento delle mansioni lavorative;

• il bisogno di appartenenza si esprime attraverso il desiderio di crearsi una rete relazionale in cui si è riconosciuti;

• il bisogno di stima richiede delle ricompense sociali;

• il bisogno di autorealizzazione si manifesta svolgendo lavori stimolanti e nel conseguimento dei risultati.

Il modello di Maslow, nonostante le critiche a cui è stato sottoposto - a partire dalla variabilità dell’ordine e dell’intensità di manifestazione dei bisogni tra persone diverse - consente di porre in luce la complessità del legame tra motivazione e valutazione e le conseguenti responsabilità per chi è chiamato a gestire il capitale umano.

dell’organizzazione, assume sempre più rilevanza l’individuo all’interno di essa41.

Il dipendente va “capito, motivato e orientato” perchè solo così si realizza il passaggio da un lavoratore subordinato “che ha l’obbligo di lavorare” a un dipendente-cliente interno “che gradisce lavorare”, maggiormente disponibile a dare il suo apporto professionale, a collaborare alla realizzazione degli obiettivi prefissati, a essere “fidelizzato” al sistema in cui è inserito.

Nelle strategie motivazionali la cultura organizzativa occupa un ruolo di primo piano perché, con la condivisione di mission e vision dell’organizzazione, si può guidare e indirizzare positivamente la partecipazione dei dipendenti ad ogni iniziativa intrapresa in quanto le risorse umane acquisiscono, governano e applicano il patrimonio delle conoscenze42.

Fidelizzare un dipendente come un cliente non significa solo “trattenerlo” nell’organizzazione, ma motivarlo ad un maturo e completo contributo professionale che sia proficuo per l’azienda e gratificante per lui.

La P.A., oltre ad affinare le tecniche di selezione e reclutamento e a seguire con maggiore attenzione la formazione e l’aggiornamento professionale, deve saper utilizzare al meglio e di più le abilità di coloro che vi operano, superando le barriere e i retaggi del passato - derivanti dalla tradizionale e rigida divisione delle mansioni e da una diffusa cultura burocratica e gerarchica - e affidandosi maggiormente alla ricchezza e alle competenze delle proprie risorse umane43.

Fino a qualche anno fa, termini come “risorse” e “competenze” erano completamente sconosciuti all’interno dell’Amministrazione italiana; oggi, invece, come in una qualsiasi azienda privata, anche nella P.A. questi due vocaboli sono diventati strategici rispetto al risultato da conseguire e alla qualità dei servizi da offrire ai cittadini.

In generale, il termine “competenza” indica la capacità degli individui di combinare, in modo autonomo, tacitamente o esplicitamente e in un contesto particolare, le conoscenze e le abilità possedute. D’altra parte una definizione precisa del concetto di competenza è assai ardua da stabilire, in quanto questa nozione presenta molte sfaccettature ed il termine racchiude diversi significati, secondo il contesto e la cultura in cui viene utilizzato44. Un individuo rende al datore di lavoro servizi sottoforma di conoscenze, capacità di analisi e di decisione45 e le competenze sono proprio i

41 M. Bonaretti, P. Testa, Persone al lavoro. Politiche e pratiche per il benessere organizzativo nelle

amministrazioni pubbliche, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003.

42 F. Herzberg, “Come motivare i propri dipendenti”, in Harward Business Review, n. 5/1987. 43

F.P. Cerase, D. Farinella, La teoria della motivazione per il lavoro pubblico: un caso italiano, Il Mulino, Bologna, 2007.

44 P. Testa, P. Terranova, La gestione per competenze nelle Amministrazioni pubbliche, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006.

45

A. De Chiara, La gestione delle risorse e delle competenze per il cambiamento della piccola impresa, Cedam, Padova, 1998.

comportamenti determinanti, le qualità personali che permettono la produzione di un output - riconosciuto rispetto a standard stabiliti - per raggiungere gli obiettivi organizzativi46.

A tal fine ciascun dipendente mette in campo:

1. conoscenze riguardanti una padronanza mentale, formale e astratta dell’operatività, che denotano l’avvenuta acquisizione e comprensione di un contenuto (fatti, concetti, regole, procedure, ecc.) e consentono di disporre di regole per agire e interpretare un fenomeno, una situazione, un processo, per descrivere “come fare”, “come procedere”, “a cosa adattarsi”;

2. abilità tecnico-operative, specifiche di un contesto professionale e direttamente riconducibili ad una professionalità, che rappresentano componenti del know how legati all’ottenimento di una performance distintiva, oggetto di differenziazione competitiva del lavoratore; 3. comportamenti organizzativi e risorse psico-sociali, che riguardano

l’insieme delle rappresentazioni sociali, dei valori, degli atteggiamenti, dei comportamenti, dei talenti e delle motivazioni della persona. Rappresentano il patrimonio emotivo, comportamentale ed etico che orienta l’individuo nella sua vita personale e professionale, rendendolo capace di interagire con contesti sociali e lavorativi. Sono gli aspetti più difficili da esprimere e da descrivere ma non devono, per questo, essere trascurati.

Le organizzazioni più efficienti sono quelle con i dipendenti più soddisfatti e il clima più partecipativo, mentre le carenze producono disagio in ciascuno dei membri che vi fanno parte. Nasce quindi l’esigenza di una rinnovata cultura per la gestione delle risorse umane, capace di rispondere, con efficacia, alla grande richiesta di valorizzazione delle potenzialità delle persone e di meritocrazia che proviene dal basso; una cultura attenta al rapporto tra le persone, al contesto di lavoro e agli effetti che tale rapporto produce sulla “salute” dell’organizzazione47.

Il ruolo giocato dal personale dipendente in termini di concorso al cambiamento e, in ultima analisi, di capacità di risposta alle sollecitazioni del contesto di riferimento rappresenta il pilastro su cui fondare

performance di successo48.

Alcune delle leve più rilevanti che le organizzazioni utilizzano per sviluppare gli strumenti di gestione del personale più coerenti con la cultura, la vision e gli obiettivi sono:

• il processo di selezione e reclutamento del personale;

• la valutazione;

46

R.M. Grant, op. cit., 1994.

47 M. Bonaretti, L. Codara, S. Mannelli, Ripensare il lavoro pubblico: come gestire le risorse umane e la

contrattazione nelle Amministrazioni Pubbliche, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2001; P. Iacci, Le relazioni interne: nuove forme di gestione del personale, Guerini, Milano, 1997.

48

G.A. Rummler, A.P. Brache, Migliorare la performance aziendale, Franco Angeli, Milano, 1996; B. Bolognini, Comportamento organizzativo e gestione delle risorse umane, Carocci, Roma, 2001.

• le politiche retributive;

• la formazione e lo sviluppo;

• la comunicazione interna.

L’excursus che segue vuole unicamente offrire rapidi cenni sulle leve HR per prospettare poi il ventaglio degli strumenti a disposizione per gestire un delicato processo di cambiamento organizzativo49.